Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 6275 del 17 febbraio 2025
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 6275 del 17/02/2025
Circolazione Stradale - Art. 140 del Codice della Strada e 589-bis c.p. - Omicidio stradale - Condotta di guida - Velocità non commisurata alle condizioni del veicolo ed alle condizioni della strada - Il conducente coinvolto in un sinistro stradale con esito mortale per un terzo trasportato che circola alla guida del veicolo assumendo una condotta di guida spericolata, collocando tutti i passeggeri sul sedile posteriore così da determinare una complessiva distribuzione del peso dei soggetti trasportati tali da creare pregiudizio per la stabilità della vettura, al fine di centrare il baricentro delle masse mantenendo elevata velocità nei tratti curvilinei e consentendo al mezzo di assumere effetti rotazionali, è responsabile dei reato di omicidio stradale.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di Appello di Catanzaro ha confermato la sentenza emessa il 03/12/2021 dal Tribunale di (Omissis) con la quale (Soggetto 1) era stato condannato alla pena di un anno di reclusione per il reato previsto dall'art. 589-bis del cod. pen. - previo riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 589-bis, comma settimo, cod. pen., nonché delle circostanze attenuanti generiche - con i benefici della sospensione condizionale e della non menzione e con applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per la durata di un anno; l'imputato era stato altresì condannato al Risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili, da liquidarsi in separato giudizio.
Era stato contestato all'imputato, nell'atto di esercizio dell'azione penale, di avere, nel percorrere a bordo della vettura modello Fiat (Omissis) tg. (Omissis) la strada provinciale n. (Omissis) in direzione (Omissis), cagionato il decesso della persona offesa (Soggetto 2), assumendo una condotta di guida spericolata tenendo una velocità stimata in almeno 79 km/h, non commisurata alle condizioni del veicolo e alle condizioni della strada, che presentava varie doppie curve; in particolare, era stato contestato al (Soggetto 1) di avere posto in essere un "gioco spericolato" consistente nel fare posizionare i tre passeggeri della vettura sul sedile posteriore al fine di centrare il baricentro delle masse mantenendo elevata velocità nei tratti curvilinei e consentendo al mezzo di assumere effetti rotazionali; perdendo in tal modo il controllo dell'automezzo che, lanciato in curva ad alta velocità, aveva invaso l'opposta corsia di marcia assumendo una traiettoria tangente e andando a impattare, con la parte anteriore sinistra, il muretto presente sulla sinistra della carreggiata, sfondandolo e precipitando quindi lungo la prospicente scarpata per circa trenta metri, in tal modo cagionando lesioni mortali alla suddetta vittima; il tutto con imprudenza e negligenza e con violazione degli artt. 79, 140, 141, 14, 146 del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 nonché dell'art. 186, comma 1, lett. a), del C.d.s., essendo stato accertato un tasso alcolico di 0,58 g/l.
La Corte territoriale ha premesso la ricostruzione dell'evento operata dal Tribunale; ha esposto che, il 29/11/2017 l'imputato, dopo avere trascorso la serata insieme alla persona offesa nonché a (Soggetto 3) e (Soggetto 4), aveva deciso di dirigersi insieme agli stessi verso (Omissis), utilizzando una vettura di proprietà dell'ascendente (Soggetto 1) e a lui stesso in uso; ha esposto che, durante il tragitto, il conducente aveva perso il controllo del mezzo invadendo l'opposta corsia di marcia e sfondando il muro di pietra delimitante la strada, precipitando in una scarpata e cagionando quindi il decesso di (Soggetto 2); ha esposto che, sulla base delle deposizioni dei tecnici escussi durante il giudizio, era emerso che il mezzo si trovava in stato di cattiva manutenzione.
La Corte, passando all'esame dei motivi di appello, ha rigettato quello prospettante un'interruzione del nesso causale tra la condotta dell'imputato e il decesso della persona offesa e asseritamente derivante dalla condotta dell'ente proprietario della strada, che avrebbe omesso la predisposizione di idonee barriere protettive sul tratto in questione; esaminando le fonti normative secondarie rilevanti in materia, ha esposto che non sussisteva un obbligo di adozione di misure protettive più rigide, in considerazione della relativa epoca di realizzazione; e che, pertanto, unica responsabilità addebitabile allo stesso ente era quello della mancata verifica dell'efficienza dei dispositivi di ritenuta, ritenendo che tale elemento potesse unicamente essere posto a fondamento - ai sensi dell'art. 589-bis, comma settimo, cod. pen. - della concessione della relativa circostanza attenuante.
In ordine al secondo e terzo motivo di appello, inerenti alla effettiva condotta tenuta dall'imputato e alla sua efficienza causale rispetto al sinistro, la Corte - fondandosi sul contributo dei consulenti tecnici escussi nel primo grado di giudizio - ha esposto che sulla strada era presente un segnale di pericolo generico, che il manto stradale era presumibilmente umido in considerazione dell'orario notturno e che lo stesso si presentava in condizione idonee; ha quindi rilevato che, pure in presenza dell'assenza di segnali limitativi della velocità e di un'andatura tenuta dal mezzo corrispondente (sulla base di quanto riferito dal consulente del p.m.) a circa 39 km/h, non sussistesse dubbio in ordine alla violazione - da parte del conducente - del disposto dell'art. 141 del C.d.s.; ha altresì ritenuto che sussistessero ulteriori profili di colpa, derivanti dal pessimo stato di manutenzione della vettura (con specifico riferimento allo stato degli pneumatici) e alla posizione assunta dai passeggeri coinvolti, tutti e tre collocati sul sedile posteriore del mezzo in modo tale da compromettere la stabilità del veicolo nella fase di curvatura.
Ha quindi esposto che il cedimento del muretto di protezione non poteva considerarsi come causa sopravvenuta sufficiente a escludere il nesso causale tra la condotta dell'imputato e il sinistro, ritenendo immune da censure il complessivo percorso motivazionale seguito dal Giudice di primo grado.
2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione (Soggetto 1), tramite il proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, nel quale ha dedotto - ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. - la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine agli artt. 40, 43 e 589-bis del cod. pen., avendo la Corte di appello omesso di individuare concretamente la regola di condotta violata dall'imputato e la relazione causale con l'evento.
Ha premesso che la Corte territoriale - a fronte dell'originaria contestazione - aveva ritenuto che, a cagionare l'urto con il muro di delimitazione, fosse stata l'eccessiva velocità tenuta in orario notturno, con la conseguente scarsa visibilità nonché le cattive condizioni dell'autoveicolo, sottolineando - peraltro - che il consulente del p.m. aveva stimato la velocità stessa in 39 km/h; ha quindi affermato che la Corte sarebbe, nell'operare tale affermazione, incorsa nel vizio di violazione di legge e di motivazione in punto di sussistenza del necessario nesso causale.
Ha esposto che la Corte territoriale aveva dato risalto alla posizione dei tre passeggeri del veicolo, con conseguente compromissione della stabilità, argomentando che la responsabilità per colpa potesse essere ascritta solo in presenza di elementi identificativi del fatto che tale instabilità fosse stata determinata dalla posizione statica dei passeggeri suddetti; ha dedotto che vi fossero elementi identificativi del fatto che la posizione dei passeggeri avesse determinato l'instabilità del mezzo solo nel momento antecedente rispetto all'impatto.
Ha dedotto che, anche facendo riferimento a quanto esposto dal teste Osso (che, nelle curve che precedevano quella da cui era avvenuta l'uscita di strada, aveva riferito di una sbandata del mezzo e di una velocità stimata in 70/80 km/h), la corretta manovra di curvatura era stata impedita dall'instabilità determinata dal posizionamento dei passeggeri, alla cui condotta era quindi da ascrivere l'impossibilità di porre in atto la corretta manovra di guida.
3. Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Va premesso che, vertendosi in una fattispecie di c.d. doppia conforme, le due decisioni di merito vanno lette congiuntamente, integrandosi le stesse a vicenda, secondo il tradizionale insegnamento della Suprema Corte; tanto in base al principio per cui "Il Giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile" (Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, A., Rv. 209145; in conformità, tra le numerose altre, Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003, V., Rv. 224079; Sez. 6, n. 23248 del 07/02/2003, Z., Rv. 225671; Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, G., Rv. 266617).
3. L'unitario motivo di ricorso è inammissibile, in quanto estrinsecamente aspecifico.
Va pregiudizialmente richiamato il principio in base al quale l'onere del necessario confronto con la motivazione della sentenza impugnata - nel caso, come quello in esame, in cui sia dedotto un vizio argomentativo rilevante ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. - impone al ricorrente di prendere in esame l'intero contenuto del provvedimento gravato e non soltanto la parte di esso che specificamente si riferisce all'analisi della doglianza proposta con il gravame che viene fatta oggetto di critica in sede di legittimità; di modo che non è consentito, cioè, "parcellizzare" il provvedimento impugnato - sia pur seguendo l'ordine di trattazione delle specifiche questioni che in esso viene fatto - senza considerare argomentazioni spese in altra parte della sentenza e che sono rilevanti rispetto al giudizio sul tema devoluto in sede di legittimità (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, L., Rv. 259425; Sez. 3, n. 3953 del 26/10/2021, dep. 2022, B., Rv. 282949).
Venendo quindi in considerazione l'ulteriore principio per cui deve considerarsi inammissibile, per difetto di specificità, il ricorso per cassazione che si limiti alla critica di una sola delle diverse rationes decidendi poste a fondamento della decisione, ove queste siano autonome ed autosufficienti (Sez. 3, Ordinanza n. 30021 del 14/07/2011, F., Rv. 250972; Sez. 3, n. 2754 del 06/12/2017, dep. 2018, B., Rv. 272448).
4. Tale ultimo principio deve quindi ritenersi direttamente rilevante nel caso di specie, atteso il percorso argomentativo seguito dai giudici di merito e il tenore delle censure poste alla base del ricorso.
Difatti, tanto il giudice di primo grado quanto la Corte territoriale, hanno ravvisato plurimi profili di colpa specifica a carico dell'odierno imputato.
Difatti, è stata ravvisata una violazione del disposto contenuto nell'art. 141 del c.d.s., ai sensi del quale, in forza di quanto stabilito nei primi tre commi: "1. È obbligo del conducente regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione.
2. Il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizione di sicurezza, specialmente l'arresto tempestivo del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità e dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile.
3. In particolare, il conducente deve regolare la velocità nei tratti di strada a visibilità limitata, nelle curve, in prossimità delle intersezioni e delle scuole o di altri luoghi frequentati da fanciulli indicati dagli appositi segnali, nelle forti discese, nei passaggi stretti o ingombrati, nelle ore notturne, nei casi di insufficiente visibilità per condizioni atmosferiche o per altre cause, nell'attraversamento degli abitati o comunque nei tratti di strada fiancheggiati da edifici".
I giudici di merito hanno quindi osservato che la condotta tenuta dell'imputato si era posta in violazione dei predetti principi informatori in ordine ad autonomi e distinti profili; essendo stato accertato che il prevenuto - pure in assenza di segnalazione specifica in ordine al limite di velocità - aveva tenuto un'andatura non adeguata alle specifiche condizioni della strada, percorsa in orario notturno e avente limitata visibilità in considerazione dei ripetuti tratti curvilinei, il tutto valutando la circostanza rappresentata dal collocamento sul percorso di un segnale di pericolo generico.
Hanno altresì ravvisato - assumendo tale profilo di fatto a specifico fondamento di un ulteriore profilo di colpa - che il conducente aveva pilotato il mezzo facendo collocare tutti e tre i passeggeri sul sedile posteriore, in tale modo determinando (tanto anche in riferimento a quanto emerso dagli accertamenti tecnici disposti nel corso del giudizio e confluiti nel materiale utilizzabile ai fini della decisione) una complessiva distribuzione del peso dei soggetti trasportati tali da creare pregiudizio per la stabilità della vettura, in particolare nei tratti curvilinei.
Inoltre, i giudici di merito hanno ravvisato un distinto e ulteriore profilo di colpa specifica, consistito nella violazione dell'art. 79 del C.d.s., il cui primo comma prevede che "I veicoli a motore ed i loro rimorchi durante la circolazione devono essere tenuti in condizioni di massima efficienza, comunque tale da garantire la sicurezza (....)", mentre il secondo comma prevede che nel regolamento di attuazione "sono stabilite le prescrizioni tecniche relative alle caratteristiche funzionali ed a quelle dei dispositivi di equipaggiamento cui devono corrispondere i veicoli, particolarmente per quanto riguarda i pneumatici e i sistemi equivalenti", disposizioni che sono fonte di obblighi facenti capo non solo al proprietario, ma anche al conducente del mezzo (cfr. Sez. 4, n. 13277 del 25/01/2023, A., Rv. 284368).
I giudici di merito hanno quindi, con valutazione conforme, rilevato come il mezzo in questione si presentasse con pneumatici anteriori quasi completamente consumati, in quanto praticamente privi di battistrada sulla parte laterale esterna e con la parte gommosa superficiale dello stesso battistrada, nella parte anteriore e superficiale, in avanzato stato di invecchiamento.
5. A fronte degli addebiti di colpa precisati dai giudici di merito, va quindi osservato che il ricorso si è limitato, sulla base di alcune osservazioni di carattere tecnico, ad argomentare che l'instabilità del mezzo nella specifica fase di curvatura anteriore all'uscita dalla sede stradale non avrebbe trovato la sua origine in alcuna violazione delle disposizioni del codice della strada ma, in modo ritenuto esclusivo, sarebbe stata da ascrivere alla "condotta tenuta dai tre passeggeri che occupavano il sedile posteriore; condotta che ha determinato l'impossibilità del guidatore di compiere, con esito positivo la giusta manovra di guida".
Con tali argomentazioni, la difesa ha quindi ascritto alla condotta dei soli passeggeri la responsabilità delle violazioni dei principi informatori della circolazione in punto di modalità di collocazione sul mezzo delle persone trasportate (e contenuti nell'art. 169 del C.d.s.); ma, nell'esporre tale argomentazione, ha omesso di formulare qualsiasi critica rispetto alle conclusioni dei giudici di merito in punto di efficienza causale degli altri profili di condotta colposa prima riassunti, in tal modo incorrendo nel descritto vizio di aspecificità.
6. Sulla base delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla declaratoria d'inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Nulla va liquidato a titolo di spese nei confronti della costituita parte civile, essendosi la stessa limitata a precisare le proprie conclusioni e non essendo dovute le spese medesime - in sede di rito non partecipato - solo quando la parte abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione (Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960 - 03).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Nulla per le spese alla parte civile.
Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2025.
Depositata in Cancelleria il 17 febbraio 2025.
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