Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 7411 del 20 febbraio 2024

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 7411 del 20/02/2024
Circolazione Stradale - Art. 189 del Codice della Strada - Comportamento in caso di incidente - Inottemperanza all'obbligo di fermarsi e di prestare assistenza alle persone ferite - Stato di necessità - La sussistenza dello stato di necessità, avanzato a discolpa dall'indagato per il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione dell'assistenza occorrente, deve basarsi non già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d'animo dell'agente consistente dalla volontà di prestare assistenza al famigliare caduto poco prima, bensì su dati di fatto concreti, tali da giustificare l'erroneo convincimento in capo all'imputato di trovarsi in tale stato.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 24 marzo 2023, confermava il giudizio di penale responsabilità nei confronti dell'imputato (Soggetto 1) in relazione ai reati di cui all'art. 81 cpv. cod. pen. e di cui all'art. 189 co. 1 e 6 e 189 co. 1 e 7 C.d.S., per aver causato un incidente stradale a seguito del quale (Soggetto 2) riportava lesioni personali, violando i conseguenti obblighi di fermarsi e di prestare assistenza.

2. Con l'atto di appello, l'imputato chiedeva l'assoluzione per assenza di dolo in quanto riteneva di aver agito in buona fede, inconsapevole di aver causato un sinistro stradale; in subordine, invocava la scriminante dello stato di necessità perché la sua condotta era stata dettata dalla volontà di prestare assistenza alla madre, avendo egli appreso da una telefonata della sua caduta; infine, chiedeva l'assoluzione per mancanza dell'elemento psicologico.

La Corte d'Appello, nel respingere la doglianza circa l'assenza di dolo, sottolineava come ciò si scontrasse con le dichiarazioni rese dall'imputato stesso in relazione alla dinamica dei fatti e alla sua scelta di non fermarsi. In particolare, risultava inverosimile che egli fosse ritornato dopo qualche ora sul luogo dell'incidente senza notare la presenza degli agenti di Polizia Municipale ancora impegnati nei rilievi, i quali, d'altronde, si sarebbero avveduti del passaggio del veicolo sprovvisto di specchietto retrovisore esterno. Altro elemento considerato dai Giudici di merito è stata la mancanza di collaborazione da parte dell'imputato, il quale non ha mai messo a disposizione la sua auto per accertamenti, ragion per cui il suo comportamento complessivo e l'impossibilità di attribuire a terzi la responsabilità escludevano l'assenza di dolo. Non c'erano gli estremi, poi, per integrare lo stato di necessità poiché l'imputato non era l'unico soggetto che avrebbe potuto prestare soccorso alla madre: la telefonata durante la quale avvisa il figlio di essere caduta non è sufficiente per violare l'obbligo di cui all'art. 189 C.d.S.

3. Ha proposto ricorso l'imputato, per il tramite del proprio difensore di fiducia, innanzitutto, lamentando violazione di legge ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen. in riferimento alla sussistenza dell'elemento psicologico di entrambi i reati ascritti. La Corte d'appello ha erroneamente interpretato la normativa relativa all'elemento psicologico, ritenendo sussistente il dolo, nella forma del dolo eventuale, senza effettuare una distinzione tra i due reati contestati. Difatti, affinché sia integrato il reato di mancata prestazione di assistenza in caso di incidente, occorre che il pericolo di danno alle persone si sia concretizzato in effettive lesioni all'integrità fisica delle stesse. Il dolo deve ritenersi escluso qualora l'omissione di soccorso sia conseguenza di un errore di valutazione in cui è occorso l'imputato; è necessario considerare le circostanze da egli concretamente percepite al momento del fatto al fine di evitare l'attribuzione di colpevolezza a titolo di responsabilità oggettiva. È, quindi, da escludere che l'imputato potesse immaginare di aver arrecato delle lesioni alla persona offesa, stante i minimi danni visibili sul veicolo.

4. Con un secondo motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione di legge ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen. in relazione alla mancata sussistenza della scriminante dello stato di necessità, almeno in forma putativa. L'incidente accaduto alla madre dell'imputato è un fatto concreto, non una sensazione soggettiva, provato grazie alle dichiarazioni dei testi e altresì considerato dai giudici lai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. La valutazione circa la sussistenza dello stato di necessità va compiuta ex ante, per cui non è possibile la sua esclusione sulla base del fatto che ex post; la signora non abbia riportato danni gravi. L'imputato ha agito, invero, nella convinzione di trovarsi in una situazione emergenziale.

5. Con un terzo motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione di legge ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen. in relazione alla violazione della "presunzione di innocenza" e dei principi in tema di onere della prova. La Corte territoriale ha attribuito all'imputato la responsabilità del comportamento negligente degli inquirenti, Difatti, essa ha riconosciuto la non accuratezza degli accertamenti svolti, fatto di cui non è possibile attribuire responsabilità all'imputato, il quale non ha l'obbligo di svolgere attivamente dei compiti volti a ricostruire gli elementi costitutivi del reato e la sua riconducibilità all'imputato stesso.

6. Con un ultimo motivo di ricorso, il ricorrente lamenta violazione di legge ex art. 606, lett. b), cod. proc. pen. in relazione al mancato riconoscimento della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen. Difatti, è possibile l'applicazione ex officio di suddetta causa di esclusione di responsabilità, sulla base degli stessi indici valutati positivamente ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va preliminarmente esaminato il punto relativo alla sussistenza della scriminante dello stato di necessità, oggetto del secondo motivo di ricorso.

2. Il motivo è infondato. È principio consolidato che l'allegazione da parte dell'imputato dell'erronea supposizione della sussistenza dello stato di necessità deve basarsi non già su un mero criterio soggettivo, riferito al solo stato d'animo dell'agente, bensì su dati di fatto concreti, tali da giustificare l'erroneo convincimento in capo all'imputato di trovarsi in tale stato (Sez. 6, n. 4114 de 14/12/2016, imputato G, Rv. 269724 - 01; Sez. 4 - n. 2241 del 16/10/2019, PG in proc. Z.; Rv. 277955 - 01). Nel caso di specie, la Corte territoriale ha correttamente applicato il principio esposto, rilevando che l'imputato non aveva mai documentato nulla in ordine alla circostanza della narrata caduta della anziana madre; anzi, come anche rilevato dal primo giudice, non risultava neppure che fosse stata chiamata l'ambulanza, elemento, questo, tale da escludere in radice una situazione di pericolo di gravità tale da integrare i presupposti della scriminante invocata.

3. Venendo all'esame dei restanti motivi di ricorso, va ribadito che il reato di fuga dopo un investimento e quello di mancata prestazione dell'assistenza occorrente, previsti rispettivamente dal sesto e dal settimo comma dell'art. 189 C.d.S., hanno diversa oggettività giuridica, essendo la prima previsione finalizzata a garantire l'identificazione dei soggetti coinvolti nell'investimento e la ricostruzione delle modalità del sinistro, mentre la seconda è finalizzata a garantire che le persone ferite non rimangano prive della necessaria assistenza (Sez. 4, Sentenza n. 6306 del 15/01/2008, Rv. 239038; Sez. 4, n. 23177 del 15/03/2016, Rv. 266969). Si è inoltre costantemente affermato che l'elemento soggettivo del reato previsto dall'art. 189 C.d.S., comma 6, è integrato anche in presenza del dolo eventuale, ravvisabile in capo all'utente della strada il quale, in caso di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare in termini di immediatezza la concreta eventualità che dall'incidente sia derivato danno alle persone, non ottemperi all'obbligo di fermarsi, Dunque, per le modalità di verificazione del sinistro e per le complessive circostanze della vicenda, l'agente deve la rappresentarsi la semplice possibilità che dall'incidente sia derivato un danno alle persone (Sez. 4, n. 34335 del 03/06/2009 - dep. 04/09/2009, R., Rv. 245354; Sez. 4, n. 17220 del 06/03/2012 - dep. 09/05/2012, T., Rv. 252374; Sez. 6, n. 21414 del 12/03/2013, Rv. 255429.).

4. Ciò posto, mentre nel reato di "fuga" previsto dall'art: 189 C.d.S., comma 6, è sufficiente che si verifichi un incidente riconducibile al proprio comportamento che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, per il reato di omissione di soccorso il dolo deve investire non solo l'evento dell'incidente, ma anche il danno alle persone e, conseguentemente, la necessità del soccorso. Si è costantemente ritenuto che l'elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell'assistenza occorrente in caso di incidente (art. 189, comma 7, cod. strada), può essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all'agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall'incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all'obbligo di prestare assistenza ai feriti. La giurisprudenza di questa Corte ha altresì precisato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all'elemento volitivo, può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio (Sez. 4, n. 33772 del 15/06/2017, D., Rv. 271046 - 01; Sez. 4, n. 34134 del 13/07/2007, A., Rv. 237239 - 01).

5. La Corte territoriale, nel rispondere ai motivi di gravame sul punto, si è lungamente soffermata sulla sussistenza della prova della sicura riconducibilità dell'incidente all'imputato, considerando, con argomentazioni immuni da vizi logici, che non era credibile la versione fornita dall'odierno ricorrente che, pur ammettendo di aver causato il sinistro così come verificatosi, era altresì certo di non aver provocato alcuna conseguenza stante l'assenza di danni sul proprio autoveicolo. Considera invero la Corte, con argomentazione che resiste alle prospettate censure, che le modalità del sinistro, compiutamente descritte nella parte in fatto e altresì analizzate dal primo giudice (secondo i noti principi, la sentenza di primo grado forma un unico corpo motivazionale con la sentenza impugnata, trattandosi di doppia conforme) porta a ritenere pienamente integrati i reati contestati al ricorrente. Tenuto infatti conto della improvvisa invasione della corsia opposta da parte dell'imputato, delle repentine manovre di emergenza adottate, che avevano costretto la persona offesa ad uscire fuori dalla carreggiata arrestandosi sulla banchina laterale, della perdita della calotta dello specchietto a seguito dell'urto, l'imputato ben poteva rappresentarsi le conseguenze dell'incidente provocato, rifiutando invece di procedere ad ogni doveroso accertamento ed accettando pienamente il rischio della relative conseguenze.

6. Quanto all'ultimo motivo, basterà rammentare che la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis cod. pen. non può essere dedotta per la prima volta in cassazione, ostandovi il disposto di cui all'art. 606, comma 3, cod. proc. pen., né sul giudice di merito grava, in difetto di una specifica richiesta, alcun obbligo di pronunciare comunque sulla relativa causa di esclusione della punibilità (Sez. 5 - n. 4835 del 27/10/2021, P., Rv. 282773 - 01; Sez. 3, n. 19207 del 16/03/2017, C., Rv. 269913 - 01).

7. Si impone dunque il rigetto del ricorso. Segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Roma, 23 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2024.

 

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