Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 7197 del 19 febbraio 2024
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 7197 del 19/02/2024
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza - Rifiuto di sottoporsi agli accertamenti - Lavori di pubblica utilità - Mancata applicazione - Presupposti - Nel reato di guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool all'imputato che ha già beneficiato in passato della sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità non è concedibile ulteriormente il beneficio medesimo alla luce del disposto dell'art. 186, comma 9-bis del C.d.s., ai sensi del quale "Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di una volta.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Bologna, in riforma della sentenza emessa il 04/02/2022 dal Tribunale di (Omissis) nei confronti di (Soggetto 1), ha dichiarato la nullità parziale del provvedimento impugnato per omessa pronuncia in ordine al reato previsto dall'art. 186, comma 2, lett. b), D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 disponendo trasmettersi gli atti al giudice di primo grado e, contestualmente, ha confermato la sentenza medesima in ordine al reato previsto dall'art. 186, comma 7, C.d.s., per la quale era stata irrogata la pena di mesi sei di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda, con applicazione della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida per anni due.
La Corte territoriale ha premesso la ricostruzione del fatto operata dal Tribunale; nella quale era stato rilevato che - in data (Omissis) - i Carabinieri avevano notato una vettura ferma con il motore acceso davanti a un negozio, accertandosi che al posto di guida era presente l'odierno imputato, il quale aveva denotato eloquio sconnesso, difficoltà nella deambulazione e alito vinoso; mentre, sullo sportello del lato guidatore, era stata riscontrata un'evidente e recente macchia di vomito; che, alla luce di tali elementi, gli operanti avevano deciso di sottoporre il (Soggetto 1) a test etilometrico ma che questi aveva rifiutato il relativo controllo; la Corte ha quindi rilevato che, sulla base di tali elementi, il Tribunale aveva ritenuto la penale responsabilità dell'imputato per il reato previsto dall'art. 186, comma 7, C.d.s., in relazione alla cornice edittale prevista dallo stesso art. 186, comma 2, lett. c).
Il giudice di appello ha quindi ritenuto che il Tribunale avrebbe erroneamente "riqualificato" il fatto sotto la specie di quello previsto dall'art. 186, comma 2, lett. c), ritenendo che la menzione in sede di imputazione del disposto dell'art. 186, comma 2, lett. b), fosse stata operata ai soli fini sanzionatori; quando - dalla lettura dell'imputazione - si evinceva che al prevenuto era stato ascritto anche il reato di guida in stato di ebbrezza, anteriormente rispetto a quella del rifiuto di sottoporsi ad accertamenti, ravvisandosi quindi una omessa pronuncia sul punto e una conseguente nullità parziale della sentenza.
Ha quindi rigettato il motivo di appello inerente alla circostanza che l'imputato, trovato nella posizione del conducente di un veicolo non in movimento, non si trovasse alla "guida" dello stesso, ritenendo che anche la fase della fermata rientrasse nella nozione di circolazione stradale e quindi di guida; ritenendo non provata la deduzione difensiva in base alla quale il conducente del veicolo sarebbe stato il passeggero (Soggetto 2); argomentazioni dalle quali ha motivato l'infondatezza delle deduzioni difensive in ordine al carattere giustificato del rifiuto di sottoporsi all'accertamento del tasso alcolemico.
La Corte ha altresì rigettato il motivo inerente alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, essendo insufficienti sul punto gli elementi addotti dalla difesa anche in considerazione della presenza di una precedente condanna per fatto di analoga oggettività giuridica, oltre che in considerazione del comportamento processuale dell'imputato; ha altresì rigettato il motivo di appello riguardante la durata della sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida.
Ha, infine, ritenuto non accoglibile la richiesta volta alla sostituzione della pena detentiva con i lavori di pubblica utilità, atteso che l'imputato ne aveva già beneficiato in precedenza e tanto in riferimento all'art. 186, comma 9, C.d.s.
2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione (Soggetto 1), tramite il proprio difensore, articolando tre motivi di impugnazione.
Con il primo motivo di impugnazione ha dedotto - ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen. - l'illogicità o manifesta contraddittorietà della motivazione della sentenza nella parte in cui aveva disposto la restituzione degli atti al Tribunale di (Omissis) in relazione al reato previsto dall'art. 186, comma 2, lett. b), C.d.s.
Ha dedotto che, erroneamente, la Corte territoriale avrebbe ritenuto originariamente contestato anche il reato di guida in stato di ebbrezza, atteso che - dalla lettura dell'imputazione - si evinceva invece che il fatto contestato era unicamente quello relativo al rifiuto di sottoporsi al test alcolemico, come desumibile dal tenore letterale dell'accusa formulata nell'atto di esercizio dell'azione penale, prescindendo dall'errore materiale in ordine al rinvio al trattamento sanzionatorio previsto dal comma 2, lett. b) anziché a quello previsto dal comma 2, lett. c) dell'art. 186 C.d.s..; considerando altresì che, data la mancata misurazione del tasso e la contestazione operata sulla sola base di elementi sintomatici, la contestazione medesima avrebbe dovuto essere operata, eventualmente, in ordine alla meno grave ipotesi di al comma 2, lett. a), punita con sola sanzione amministrativa.
Con il secondo motivo di impugnazione ha censurato la sentenza impugnata - in riferimento all'art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen.
- per l'erronea applicazione della legge penale e per insufficiente, illogica e comunque contraddittoria motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche; in relazione alla specifica argomentazione della Corte territoriale, ha dedotto che la scelta processuale di non collaborare con l'autorità giudiziaria non poteva essere assunta come elemento decisivo sfavorevole ai fini del riconoscimento delle predette attenuanti, deducendo altresì che il giudice di appello aveva preso come parametro per il diniego anche le circostanze fattuali sottese alla stessa integrazione del reato e quindi prive del carattere di ulteriorità apprezzabile a tali fini.
Con il terzo motivo ha dedotto - ai sensi dell'art.606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. - l'erronea applicazione della legge penale e la mancanza, illogicità e/o manifesta contraddittorietà della motivazione in ordine alla mancata conversione della pena in quella dei lavori di pubblica utilità; sul punto, ha difatti argomentato che la precedente concessione del beneficio non aveva mai dato luogo all'effettivo inizio dei lavori stessi per ragioni di salute, tanto che la sanzione sostitutiva era stata revocata con conseguente emissione di ordine di esecuzione e contestuale decreto di sospensione.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato limitatamente al primo motivo, mentre va rigettato nel resto.
2. Il primo motivo, riguardante la correttezza della trasmissione degli atti al Tribunale di (Omissis) per l'omessa pronuncia in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza, è fondato.
Va difatti rilevato che deve ritenersi non condivisibile la valutazione della Corte territoriale nella parte in cui ha ritenuto che, nell'atto di esercizio dell'azione penale, fossero stati originariamente contestati all'imputato tanto il reato previsto dall'art. 186, comma 2, lett. b), C.d.s. quanto quello previsto dall'art. 186, comma 7.
Tanto si evince dal tenore letterale del capo di imputazione nel quale -in relazione all'art. 186, comma 7, C.d.s. - dopo avere esplicitamente fatto riferimento alla circostanza in base alla quale l'imputato "aveva condotto l'autovettura BMW modello (Omissis), tg. (Omissis), in stato di ebbrezza in conseguenza ad abuso di bevande alcoliche", ulteriormente si rilevava che l'imputato "successivamente sostando in via (Omissis) del territorio di (Omissis) si rifiutava di sottoporsi al test per l'accertamento del tasso alcolemico", in tale modo ritenendo implicitamente assorbita la condotta di guida in stato di ebbrezza nella successiva condotta concretizzata dal rifiuto di sottoporsi al test alcolemico.
Interpretazione, incidentalmente, che deve ritenersi condivisibile alla luce dell'argomento ermeneutico desumibile dal testo dello stesso art. 186, comma 7, C.d.s., che punisce la condotta di rifiuto con la sanzione prevista per la più grave ipotesi di guida in stato di ebbrezza sanzionato ai sensi del precedente comma 2, lett. c), in tale modo escludendo che possa ipotizzarsi un concorso tra le due fattispecie, il rapporto tra le quali può essere collocato nell'ambito della progressione criminosa.
3. Il secondo motivo di impugnazione, con il quale il ricorrente ha censurato la sentenza di secondo grado per la dedotta illogicità e/o contraddittorietà della motivazione in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche - specificamente censurando il passaggio argomentativo facente riferimento al comportamento processuale tenuto dall'imputato - è infondato.
Sul punto, in relazione alla stessa giurisprudenza richiamata dal ricorrente, va rilevato che il dato rappresentato dal comportamento processuale non collaborativo non può essere, da solo, assunto come base per il diniego delle circostanze attenuanti generiche (in tal senso, Sez. 6, n. 44630 del 17/10/2013, F., Rv. 256963; Sez. 5, n. 32422 del 24/09/2020, B., Rv. 279778; mentre, secondo altro orientamento, la condotta processuale dell'imputato che mantenga un atteggiamento non collaborativo può - da sola - giustificare il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; in tal senso Sez. 2, n. 28388 del 21/04/2017, L., Rv. 270339; Sez. 4, n. 20115 del 04/04/2018, P., Rv. 272747).
Peraltro, nel caso di specie, la Corte territoriale non si è limitata a porre alla base del diniego delle circostanze attenuanti generiche il solo dato costituito dal comportamento processuale dell'imputato, ma ha fatto riferimento espresso alla mancanza di elementi in grado di giustificarne l'applicazione; tanto in relazione al principio in base al quale il riconoscimento delle predette circostanze richieda la specifica dimostrazione di elementi positivi idonei a giustificarne la concessione e dalla cui assenza legittimamente deriva, già di per se' stessa, il relativo diniego (Sez. 2, n. 9299 del 07/11/2018, V., Rv. 275640; Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, D. C., Rv. 281590).
Nel caso di specie, la Corte d'appello ha d'altra parte congruamente giustificato il diniego delle circostanze attenuanti generiche, non solo sulla base della mancanza di elementi positivi idonei a giustificarne la concessione, ma sulla scorta degli elementi ostativi rappresentati dalla sussistenza di una precedente condanna per fatto di analoga oggettività giuridica nonché alla oggettiva gravità del fatto.
Ricordando sul punto - e contrariamente a quanto argomentato in sede di prospettazione difensiva - che uno stesso elemento può essere legittimamente valutato dal giudice tanto al fine della determinazione della pena quanto ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche (Sez. 2, n. 933 del 11/10/2013, dep. 2014, D., Rv. 258011).
4. Il terzo motivo, attinente alla correttezza della mancata applicazione dei lavori di pubblica utilità, è infondato.
In ordine all'insussistenza dei presupposti per l'applicazione della sostituzione della pena detentiva con lavori di pubblica utilità, la Corte territoriale ha rilevato che l'imputato aveva già beneficiato in passato della sostituzione e che la relativa sanzione era stata revocata; ritenendo quindi non concedibile ulteriormente il beneficio medesimo alla luce del disposto dell'art. 186, comma 9-bis, C.d.s., ai sensi del quale "Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di una volta".
Sul punto, in riferimento al generale canone di autosufficienza del ricorso, il motivo di impugnazione non risulta corredato da documentazione idonea a sostenere la relativa allegazione difensiva, ovvero quella in base alla quale il beneficio non avrebbe - di fatto - trovato applicazione in quanto originariamente revocato stante l'impossibilità di dare corso ai lavori di pubblica utilità per ragioni di salute; essendo allegato al ricorso il solo ordine di esecuzione emesso dal p.m. in correlazione alla precedente sentenza emessa per fatto di analoga oggettività giuridica e per l'intera entità della relativa pena detentiva.
5. Per l'effetto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio limitatamente al capo che ha disposto la restituzione degli atti al Tribunale di (Omissis); con rigetto nel resto e declaratoria di irrevocabilità, ai sensi dell'art. 624 cod. proc. pen., in ordine all'affermazione di responsabilità dell'imputato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nella parte in cui dichiara la nullità parziale della sentenza n. 125/2022 resa dal Tribunale di (Omissis) in data 4 febbraio 2022 per omessa pronuncia in ordine al reato di cui all'art. 186, comma 2, lett. b), C.d.s., con trasmissione degli atti al Tribunale di (Omissis); rigetta il ricorso nel resto. Visto l'art. 624 cod. proc. pen. dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità dell'imputato.
Così deciso il 23 gennaio 2024.
Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2024.
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