Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 658 del 9 gennaio 2024

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 658 del 09/01/2024
Circolazione Stradale - Artt. 141, 190 e 191 del Codice della Strada - Comportamento dei pedoni e dei conducenti nei confronti dei pedoni - Attraversamento della carreggiata - Investimento di pedone - Comportamento negligente ed imprudente - Responsabilità - La prevedibilità che il pedone attraversi la carreggiata, pur con comportamento negligente, imprudente e con incedere lento al di fuori degli attraversamenti pedonali su di un tratto rettilineo e con buona visibilità configura il reato di omicidio colposo per il conducente del motociclo che lo investe.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Venezia ha confermato la sentenza del Tribunale di (Omissis), con la quale (Soggetto 1) era stato condannato per omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale (art. 141, commi 1, 2 e 4, codice strada), ai danni del pedone (Soggetto 2), per avere tenuto, a bordo di un motociclo, una condotta di guida che non gli aveva consentito, nell'occorso, di evitare la collisione con il citato pedone che si trovava in fase di attraversamento della carreggiata a distanza di mt. 66 dal più vicino passaggio pedonale demarcato, provocandone la morte, conseguente ai traumi riportati, in concorso di colpa con la vittima (in (Omissis), il 30/3/2009).

2. In sintesi, questa la ricostruzione dei fatti per cui è processo operata conformemente dai giudici di merito anche sulla scorta degli esiti della consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero e, ancor prima, degli accertamenti della Polizia municipale. L'imputato, per sua stessa ammissione, stava viaggiando a circa 50 Km/h e aveva cercato di evitare il pedone che avanzava lentamente, anche a causa dell'età, in fase di attraversamento di una strada rettilinea e a visuale ottima, allorquando si era trovato in un punto prossimo al centro della strada. L'attraversamento era, dunque, già iniziato e il pedone era visibile al motociclista che aveva frenato, inclinandosi per evitare l'urto, finendo con "intraversarsi" con la strada, secondo quanto dichiarato dallo stesso imputato, non riuscendo però a scongiurare l'impatto della fiancata destra del motociclo con il pedone.

La Corte, ritenuti accertati alcuni elementi fattuali (visibilità della strada, andamento rettilineo, velocità del motociclo come stimata dallo stesso imputato, tipo di manovra approntata, inclinazione del mezzo e non suo arresto) ha ritenuto che l'attraversamento del pedone fosse stato lento, non solo a causa dell'età avanzata, ma anche per la presenza dei cordoli delimitanti la pista ciclabile che l'anziano aveva dovuto superare prima di intraprendere l'attraversamento della carreggiata. Il consulente del pubblico ministero, poi, aveva chiarito che, essendosi trovato il (Soggetto 1) in condizioni di ottima visibilità, senza che il suo mezzo fosse preceduto da altri veicoli, egli non aveva arrestato la marcia con tempestiva azione frenante o deviando verso il margine destro, manovra che gli avrebbe consentito di aggirare l'ostacolo, utilizzando l'ampia fascia libera alle spalle del pedone, rigettando la tesi del consulente della difesa, secondo il quale la velocità del motociclo era stata pari a 30 Km/h, ciò era in contrasto con quanto affermato dallo stesso imputato e, in ogni caso, andavano considerati lo stato dei luoghi, l'assenza di ostacoli e l'età anziana del pedone, oltre alla prossimità al centro della carreggiata del punto ove era avvenuto l'impatto (come da quel giudice ricavato dalle riproduzioni fotografiche in atti), elementi che congiuntamente facevano ritenere il concorso di colpa dell'imputato, il quale aveva avuto il tempo e la possibilità di accorgersi dell'attraversamento, scegliendo la manovra di inclinazione per scansarlo, piuttosto che l'arresto del mezzo.

3. La difesa dell'imputato ha proposto ricorso, formulando due motivi.

Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione, in relazione al giudizio di responsabilità, avendo i giudici territoriali seguito un iter argomentativo quantomeno carente, oltre che fallace, siccome fondato sul mero richiamo a una serie di riscontri operati nel corso del giudizio di primo grado dal consulente tecnico nominato dal pubblico ministero, senza indicazione, tuttavia, dei motivi del proprio convincimento e della valutazione del parere del consulente tecnico di parte che aveva affermato l'assenza di colpa in capo al motociclista, opinione liquidata come inattendibile sulla scorta di elementi che non sarebbero stati adeguatamente motivati, tra i quali la ritenuta prossimità del punto d'impatto al centro della strada, avendo lo stesso consulente del pubblico ministero evidenziato l'assenza di elementi sufficienti per risalire all'ubicazione del punto d'investimento del pedone.

Con il secondo, ha dedotto violazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, per omesso vaglio del contenuto delle conclusioni con le quali si era chiesta la declaratoria di non luogo a procedere per prescrizione del reato, la Corte non avendo neppure fatto riferimento alla richiesta, dando luogo a una nullità ai sensi dell'art. 178, comma l, lett. c), cod. proc. pen.

4. Il Procuratore generale, in persona del sostituto L. T., ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

Il giudice d'appello ha ritenuto provato il concorso di colpa dell'imputato nella causazione del sinistro, in maniera coerente con il ragionamento esplicativo seguito dal primo giudice, tenendo conto delle censure veicolate con il gravame come riportate in premessa della sentenza impugnata, dando rilievo a dati fattuali rimasti accertati nel processo, confermati dallo stesso racconto dell'imputato. Ha utilizzato gli esiti della consulenza disposta dal pubblico ministero in maniera tutt'altro che acritica, giungendo alle proprie conclusioni alla stregua di elementi ricavati dalle riproduzioni visive dei luoghi e dagli accertamenti della Polizia municipale" disattendendo motivatamente le contrarie conclusioni del consulente della difesa.

Le doglianze difensive veicolate con il ricorso, oltre a ripercorrere lo schema di quelle esaminate motivatamente dalla Corte territoriale, prospettano, ad onta della premessa operata, una versione alternativa della ricostruzione fattuale, tuttavia disattesa dai giudici del doppio grado anche alla luce dello stesso contributo del (Soggetto 1), non essendo contestato, peraltro, che costui avesse scelto la manovra ricostruita in sentenza (inclinazione del mezzo) e non quella di arresto del motociclo per evitare l'impatto con un pedone che l'agente aveva potuto vedere, stanti le condizioni di tempo e luogo dell'azione.

Quanto ai limiti del vizio motivazionale deducibile in questa sede, peraltro, non è ultroneo ricordare che sono estranei al vaglio di legittimità gli aspetti del giudizio che si sostanzino nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Tale principio costituisce il diretto precipitato di quello, altrettanto consolidato, per il quale sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, M., Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, M., Rv. 253099).

Nella specie, la decisione censurata ha fatto corretta applicazione anche dei principi in materia di affidamento nell'ambito della circolazione stradale, descrivendo una situazione fattuale dalla quale era emersa la prevedibilità del comportamento, pur negligente e imprudente, della vittima. Nel settore della circolazione stradale, infatti, l'utente della strada (che riveste una posizione di garanzia rispetto agli altri utenti e ai terzi, delineata dal coacervo delle regole contenute nel codice strada (cfr., sul punto specifico, sez. 4, n. 14145 del 20/2/2015, G., Rv. 263143; n. 44811 del 3/10/2014, S., Rv. 260643)) può far sì affidamento sull'altrui osservanza delle norme cautelari, ma tale principio trova in materia un opportuno temperamento in quello, per il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui, purché rientri nel limite della prevedibilità (sez. 4, n. 27513 del 10/5/2017, M., Rv. 269997, in fattispecie in cui la Corte, proprio in un caso analogo, ha ritenuto immune da vizi la sentenza con la quale era stata ritenuta la responsabilità per lesioni del conducente di un ciclomotore che aveva investito un pedone mentre. attraversava al di fuori delle strisce pedonali, in un tratto rettilineo ed in condizioni di piena visibilità, per la condotta di guida non idonea a prevenire la situazione di pericolo derivante dal comportamento scorretto del pedone, rischio tipico e ragionevolmente prevedibile della circolazione stradale; n. 8090 del 15/11/2013, dep. 2014, P.M. in proc. S., Rv. 259277; n. 5691 del 2/2/2016, T., Rv. 265981; n. 12260 del 9/1/2015, M. e altro, Rv. 263010).

3. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.

Nel prospettare la questione inerente alla consumazione del termine di prescrizione, il ricorrente ha omesso di considerare che, in base all'art. 157, cod. pen., il termine di prescrizione per il reato di omicidio aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, avuto riguardo all'epoca del commesso reato e al regime applicabile, soggiace al raddoppio dei termini, con la conseguenza che lo stesso è pari ad anni dodici oltre all'aumento di un quarto, ai sensi dell'art. 161, cod. pen., con la conseguenza che, a prescindere dall'esistenza di eventuali cause :li sospensione ai sensi dell'art. 159, cod. pen., esso spirerà non prima del 30 marzo 2024.

Stante l'erroneità, in diritto, della pretesa veicolata con le conclusioni, la mancata risposta da parte della Corte territoriale non assume rilievo in questa sede: in tema di impugnazioni è, infatti, inammissibile, per carenza d'interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l'eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014, dep. 2015, B., Rv. 263157-01; n. 35949 del 20/6/2019, L., Rv. 276745-01; sez. 3, n. 46588 del 3/10/2019, B., Rv. 277281-01).

4. Alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso il 12 dicembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 9 gennaio 2024.

 

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