Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione seconda, sentenza n. 5124 del 27 febbraio 2024

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione II, sentenza numero 5124 del 27/02/2024
Circolazione Stradale - Art. 6 del Codice della Strada - Sanzioni amministrative - Circolazione senza autorizzazione nell'area aeroportuale rientrante nel territorio di altro Comune - Competenza territoriale - Il criterio della competenza territoriale non è rinvenibile solo nel territorio del comune cui appartiene l'area aeroportuale, ma si estende necessariamente all'intera estensione della stessa nel caso in cui la suddetta area aeroportuale comprenda più comuni. La speciale competenza attribuita dal c.d.s. all'autorità aeroportuale in materia di circolazione stradale all'interno dell'area di competenza comporta che, nel caso in cui essa ricada su più comuni, la predetta autorità possa avvalersi ai fini dell'espletamento del servizio di polizia e dell'accertamento delle violazioni, in coordinamento con i comuni interessati, di tutti i corpi di polizia municipale dei diversi comuni.


RITENUTO IN FATTO

(Soggetto 1) propose opposizione avverso l'ordinanza ingiunzione emessa dal Prefetto di Milano che le irrogava una sanzione amministrativa per la violazione di cui all'art. 6, comma 14, c.d.s., accertata dalla Polizia municipale di Milano, per avere circolato alla guida della propria autovettura senza autorizzazione nella "corsia partenze - porta 4" dell'area aeroportuale di Linate "benché agli accessi fossero esposti i segnali indicanti una corsia riservata per detta area".

Il Giudice di pace di Milano accolse il ricorso, per la ragione che, essendo stata l'infrazione rilevata in un tratto stradale dell'area aeroportuale rientrante nel territorio del comune di Segrate, la Polizia municipale di Milano era incompetente all'accertamento.

Proposto appello sia dalla Prefettura - UTG che dal comune di Milano, il Tribunale, con sentenza n. 3235 del 9. 6. 2020, rigettò l'opposizione, rilevando che l'area aeroportuale di Linate ricade nel territorio di diversi comuni (Milano, Segrate e Peschiera Borromeo) e che, sulla base delle ordinanze n. 7/2015 e n. 1/2017 emanate dall'Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, competente, ai sensi dell'art. 6, comma 7, c.d.s., a disciplinare la circolazione stradale all'interno della predetta area, ciascuno dei suddetti comuni era titolare del potere di accertare le violazioni commesse all'interno della stessa.

Per la cassazione di questa sentenza, con atto notificato l'8.1.2021 ha proposto ricorso (Soggetto 1), affidandosi a due motivi.

Il comune di Milano ha notificato controricorso, mentre la Prefettura - UTG non ha svolto attività difensiva.

Avviato per la decisione in camera di consiglio, con ordinanza n. 22376 del 25.7.2023 la trattazione del ricorso è stata rimessa alla pubblica udienza.

Il P.M..

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1, comma 1, della legge n. 689/1981, dell'art. 1, comma 1 e 4, della legge n. 33/2012, dell'art. 4, comma 1, n. 3), della legge n. 65/1986, degli artt. 5, comma 3, 6, comma 7 e 12, comma 1, lett. e), c.d.s. 1992, degli artt. 4 e 5 - all. E - L.A.C. n. 2248/1865 e dell'art. 3, comma 2, disp. sulla legge in generale, dell'ordinanza ENAC n. 7/2015 e dell'ordinanza ENAC n. 1/2017, censurando la sentenza impugnata per avere riconosciuto la competenza della Polizia municipale di Milano all'accertamento dell'infrazione in violazione del principio della territorialità.

In particolare, il ricorso assume l'erroneità della decisione sotto i seguenti profili: 1) per avere ritenuto, in violazione dell'art. 1, comma 1, della legge n. 689/1981, nonché del principio "nulla poena sine praevia lege", applicabile alla fattispecie il potere di accertamento che sarebbe derivato in capo alla Polizia locale del Comune di Milano dall'ordinanza ENAC n. 1/2017, la quale era stata emanata in data posteriore alla contestata violazione, avvenuta in data 29. 3. 2016; 2) per avere omesso di disapplicare le ordinanze ENAC nn. 7/2015 e 1/2017, nelle parti in cui, nonostante disposto dell'art. 1, comma 4, della legge n. 33/2012 ed in contrasto con il principio di territorialità stabilito dagli artt. 4, comma 1, n. 3), della legge n. 65/1986 e 5, comma 3, 6, comma 7, e 12, comma 1, lett. e), c.d.s. 1992, conferivano alla Polizia locale del Comune di Milano il potere di accertare infrazioni sul territorio di altro comune, nella specie di Segrate; 3) per avere il Tribunale giustificato la soluzione accolta con l'affermazione a contrario secondo cui sarebbe "irragionevole... imporre alle singole polizie, prima di sanzionare una violazione, di verificare se il singolo automezzo si trovi in una posizione di strada posta all'interno del territorio del Comune di appartenenza dalla stessa Polizia".

Il motivo è infondato.

Va premesso che, come risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso, l'infrazione contestata alla ricorrente per la quale è stata emessa l'ordinanza ingiunzione opposta è consistita nella violazione dell'art. 6, comma 14, c.d.s., per avere circolato alla guida della propria autovettura all'interno dell'area dell'aeroporto di Linate in un tratto riservato alla circolazione di mezzi autorizzati.

Ora, l'art. 6, comma 7, c.d.s. conferisce al direttore della circoscrizione aeroportuale e al comandante di porto capo del circondario la competenza a disciplinare, con proprie ordinanze, la circolazione delle strade interne all'area portuale, in conformità alle norme dello stesso codice della strada.

L'art. 1 della legge 18 aprile 2012, n. 33, attribuisce all'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) competente per territorio, al fine della salvaguardia della sicurezza della circolazione, dell'accessibilità, della fruibilità e della sicurezza dell'utenza, il potere di istituire, ai sensi dell'art. 5, comma 3, c.d.s., corsie o aree nelle quali è limitato l'accesso o la permanenza dei veicoli (comma 1), autorizzando specificatamente l'uso, per l'accertamento delle violazioni dei limiti di accesso o di permanenza nelle corsie o aree, di apparecchiature o i dispositivi elettronici direttamente gestiti dagli organi di polizia stradale che svolgono servizio in ambito aeroportuale, in conformità alle norme vigenti (comma 4).

Sulla base di tale quadro normativo il Tribunale ha ritenuto legittimo l'accertamento della violazione operato dalla Polizia municipale di Milano sulla base della considerazione che l'area dell'aeroporto di Linate ricade nel territorio di diversi comuni, tra cui quello di Milano, e che la Polizia di detto comune era nella specie autorizzata all'accertamento in forza della ordinanza emessa dall'ENAC n. 1 del 2017, che faceva seguito all'ordinanza n. 7 del 2015 e conferiva espressamente alle Polizie locali dei territori su cui insiste l'aeroporto le attività di vigilanza e di accertamento delle infrazioni al codice della strada.

Assume al riguardo il ricorso che il Tribunale avrebbe dovuto disapplicare la suddetta ordinanza dell'Enac in quanto illegittima, non rispettando il principio della competenza territoriale stabilito per i Corpi di polizia municipale dall'art. 12, comma 1 lett. e), c.d.s., in forza del quale essi espletano i servizi di polizia stradale "nell'ambito del territorio di competenza", cioè nel solo territorio del comune. Si aggiunge che tale regola costituisce un limite alle ordinanze delle autorità aeroportuale in forza del richiamo contenuto nello stesso art. 6, comma 7, citato, secondo cui esse debbono essere conformi alle norme del codice della strada.

La censura non merita accoglimento.

Assorbente appare la considerazione che il conferimento alla competente autorità del potere di regolamentare la circolazione stradale per tutta l'estensione dell'area aeroportuale ha carattere necessariamente unitario e coinvolge tutti gli organi e corpi che svolgono servizi di polizia in tale territorio. Il criterio di collegamento della competenza non è rinvenibile pertanto solo nel territorio del comune cui appartiene l'area aeroportuale, ma si estende necessariamente alla intera estensione della stessa, in quanto elevata dalla stessa legge a circoscrizione unitaria, soggetta al medesimo potere di regolamentazione. La competenza all'accertamento delle violazioni, nel caso in cui la suddetta area comprenda più comuni, è data pertanto dalla combinazione dei criteri fondati sul territorio del comune e su quello dell'area aeroportuale, senza che il primo possa prevalere sul secondo. La speciale competenza attribuita dall'art. 6, comma 7, c.d.s. all'autorità aeroportuale in materia di circolazione stradale all'interno dell'area di competenza comporta così che, nel caso in cui essa ricada su più comuni, la predetta autorità possa avvalersi ai fini dell'espletamento del servizio di polizia e dell'accertamento delle violazioni, in coordinamento con i comuni interessati, di tutti i corpi di polizia municipale dei diversi comuni.

Questa interpretazione della disposizione in esame risponde altresì al criterio di ragionevolezza in funzione dell'interesse protetto dalla legge, che coincide nel caso di specie, come recita l'art. 1 della legge n. 33 del 2012, anche con la sicurezza degli aeroporti e della utenza, che sarebbe frustrato se si ritenesse prevalente su ogni altro il criterio della competenza comunale, suddividendo a tal fine l'area aeroportuale in porzioni soggette ciascuna al controllo di un determinato corpo di Polizia municipale. Correttamente il Tribunale ha argomentato la sua decisione sottolineando come sarebbe "irragionevole... imporre alle singole polizie, prima di sanzionare una violazione, di verificare se il singolo automezzo si trovi in una posizione di strada posta all'interno del territorio del Comune di appartenenza dalla stessa Polizia". Tanto più, deve aggiungersi, considerando il caso concreto, emblematico dell'incertezza e degli inconvenienti sul piano della applicazione della norma a cui la soluzione invocata dal ricorso comporterebbe, risultando l'infrazione contestata commessa in una strada, come precisato dalla sentenza impugnata, sita in parte nel territorio di Milano, in altra in quello di Peschiera Borromeo e in altra parte in quello di Segrate.

Sulla base di queste considerazioni va disattesa anche la censura che contesta l'applicazione da parte del Tribunale della menzionata ordinanza dell'Enac n. 1/2017, in quanto emessa successivamente all'infrazione contestata, avvenuta nel 2016. Il rilievo critico non è decisivo, in quanto il Tribunale, a sostegno della conclusione accolta, ha anche richiamato la precedente ordinanza ENAC n. 7/2015, riproducendone il contenuto, che conferiva espressamente alle polizie locali dei territori su cui insiste l'aeroporto di Milano Linate il potere di svolgere le attività di vigilanza e di accertamento delle violazioni al codice della strada. La legittimità dell'accertamento della violazione da parte della Polizia municipale di Milano rimane quindi fondata sulla ordinanza del 2015.

Il motivo va pertanto respinto.

Il secondo motivo di ricorso lamenta - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. - la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 383, comma 1, reg. c.d.s. 1992 anche con riferimento al modello VI, per aver la sentenza impugnata erroneamente omesso di rilevare l'invalidità dell'accertamento dell'infrazione in oggetto, nonostante il verbale di accertamento indicasse in maniera errata la "località" ove la violazione era avvenuta.

Anche questo motivo è infondato.

Il Tribunale di Milano, rispondendo ad una contestazione della opponente, ha affermato che il verbale di accertamento della violazione non dava luogo ad alcuna incertezza sul fatto oggetto di addebito, risultando sufficientemente preciso nell'indicare, oltre che la condotta ascritta, il giorno, l'ora e la località in cui era avvenuta.

Tanto premesso il motivo non merita accoglimento atteso che, in ordine alle indicazioni di fatto in esso contenute, il verbale di accertamento di violazione amministrativa è coperto da fede privilegiata propria dell'atto redatto da pubblico ufficiale, ai sensi dell'art. 2700 c.c., sicché eventuali contestazioni circa non già la sufficiente indicazione ma la veridicità dei fatti ivi riportati avrebbero potuto essere mosse solo attraverso la querela di falso, nella specie non proposta.

Il ricorso va pertanto respinto.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo in favore del comune controricorrente, seguono la soccombenza.

Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, che liquida in Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 27 febbraio 2024.

 

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