Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 27324 del 22 ottobre 2024

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 27324 del 22/10/2024
Circolazione Stradale - Art. 174 del Codice della Strada - Interruzione dei periodi di guida - Operazioni di carico e scarico delle merci - Corretta registrazione delle attività - Il tempo impiegato dal conducente per il carico e scarico delle merci non può essere registrato quale interruzione del periodo di guida poiché trattasi di sospensione operosa dalla guida che deve essere inclusa nel calcolo della durata del tempo di lavoro e non nel periodo di interruzione della guida, durante il quale il conducente non può svolgere altre mansioni, in quanto dedicato unicamente al suo riposo.


RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO

Ritenuto che:

- con ricorso depositato dinnanzi al Giudice di Pace di (Omissis), (Soggetto 1) e (Soggetto 2) impugnavano il verbale di accertamento di illecito amministrativo, n. prog. (Omissis)/2016 prot. n. (Omissis), elevato il 10 maggio 2016, con il quale la Direzione Territoriale del Lavoro di (Omissis), a seguito di ispezione amministrativa, contestava ai ricorrenti, nelle rispettive qualità di conducente e di responsabile in solido, la violazione dell'art. 7 del reg. CE n. 561/2006 e dell'art. 174, comma 4 del C.d.S., per non avere l'autista, (Soggetto 1), effettuato i periodi di pausa dalla guida, prescritti dalla normativa in materia, durante il viaggio con i veicoli targati (Omissis) e (Omissis), in sette diversi giorni (17, 23, 25 e 29.09, nonché 15, 16 e 19.10) dell'anno 2015, eccependo la nullità e l'illegittimità della contestazione elevata in difetto di potere della D.T.L., trattandosi di sanzioni in materia di violazione delle norme del Codice della Strada e, nel merito, lamentando l'insussistenza della violazione contestata, per avere l'organo accertatore, da un lato, disapplicato l'art. 15 del reg. 3821/85 CE ritenendo erroneamente inosservato il periodo di pausa tra i vari periodi di guida, dato che l'autista nei giorni 15 e 16 ottobre 2015 aveva omesso di inserire manualmente sulla carta del conducente dei periodi di pausa dovuti al suo allontanamento dal mezzo e, dall'altro lato, per avere lo stesso omesso di calcolare i brevissimi tempi di guida intercorrenti tra le frequenti operazioni di carico e scarico merci;

- instaurato il contraddittorio, nella resistenza dell'Amministrazione intimante, il Giudice adito, istruita la causa, con sentenza n. (Omissis) del 2018, affermata la competenza degli Ispettori del lavoro all'accertamento delle violazioni de quibus, nel merito, rigettava il ricorso;

- in virtù di gravame interposto dagli originari opponenti, inizialmente dinanzi al Tribunale dell'Aquila e poi, con riassunzione, avanti al Tribunale di Chieti per competenza funzionale, nella resistenza dell'appellato, con sentenza n. (Omissis) del 2020, il Giudice d'appello rigettava la domanda e condannava gli appellanti alle spese, evidenziando che l'atto impugnato in primo grado era un verbale di accertamento reso dagli operatori della D.T.L. contenente l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria e non un'ordinanza ingiunzione, di competenza prefettizia. Inoltre, riconosceva la legittimazione dell'organo sanzionatore alla contestazione della violazione e alla irrogazione della sanzione alla luce della giurisprudenza di legittimità. Nel merito, ritenute non convincenti le risultanze delle prove per testimoni assunte, ravvisava la legittimità della sanzione conseguente all'accertamento della condotta illecita, puntualizzando che "le interruzioni di guida non sono utili ove non coprano ciascuna il lasso temporale per aversi riposo dalla guida stessa", non essendo neanche utili ai fini del conteggio del tempo di guida le "interruzioni non annotate su supporto cartaceo", non convincenti le dichiarazioni rese dai testi. Infatti, il Tribunale riteneva computabili le sole pause dalla guida nei momenti in cui l'autista non doveva né guidare né dedicarsi ad altre attività, quali il carico e lo scarico delle merci;

- per la cassazione della sentenza del Tribunale di Chieti, (Soggetto 1) e (Soggetto 2) propongono ricorso, articolato in quattro motivi, cui resistono con controricorso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l'Ispettorato territoriale del lavoro di (Omissis).

Atteso che:

- con il primo motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., i ricorrenti censurano la sentenza per la violazione e la falsa applicazione degli artt. 12 D.Lgs. n. 285/1992 e 57 c.p.p., per avere il Tribunale di Chieti erroneamente riconosciuto agli Ispettori del lavoro il potere di accertare ed irrogare sanzioni in materia di violazione delle norme sulla circolazione stradale.

Il motivo è infondato.

La costante giurisprudenza di legittimità, in materia di violazione delle disposizioni del regolamento comunitario avente ad oggetto la disciplina del trasporto su strada, riconosce al Ministero del Lavoro non solo poteri di accertamento ma anche sanzionatori in siffatta materia, dovendosi disattendere la tesi difensiva dei ricorrenti, secondo cui la competenza a irrogare le sanzioni appartiene in via esclusiva agli organi individuati nell'art. 12 del D.Lgs. n. 285 del 1992 e nell'art. 57 c.p.p. (da ultimo, v. Cass. 26 settembre 2018 n. 22896). Si deve tenere conto che tale potestà di controllo e sanzionatoria per la violazione della disciplina attinente ai tempi di guida degli autoveicoli adibiti al trasporto di persone o cose, di cui al regolamento comunitario del 15 marzo 2006 n. 561, che reca la disciplina "in materia sociale nel settore dei trasporti su strada, che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e n. 2135/98 e abroga il regolamento n. 3820/85 del Consiglio", è riconosciuta espressamente nell'art. 174 comma 2 cod. strada.

Nella specie, è contestata la violazione dell'art. 7 primo comma del Reg. n. 561/2006, che prescrive al conducente di osservare un'interruzione di almeno 45 minuti, dopo aver effettuato un periodo di guida di quattro ore e mezzo, a meno che non inizi un periodo di riposo. Le disposizioni del regolamento - che sono direttamente applicabili nell'ordinamento interno senza necessità di trasposizione - perseguono finalità di garantire sia la sicurezza dei trasporti su strada, sia la protezione dei lavoratori addetti a tale attività.

Occorre considerare poi, che l'art. 174 cod. strada sanziona la violazione delle prescrizioni dei regolamenti comunitari commesse sia dai conducenti che dai datori di lavoro, per i quali peraltro sussiste tanto una responsabilità per fatto proprio (per inadempimento degli obblighi gravanti direttamente sugli stessi), sia quella solidale per le violazioni commesse dai propri dipendenti (art. 174, comma 13 cod. strada). In altri termini, gli obblighi posti a carico del datore di lavoro, pur finalizzati alla protezione del lavoratore dipendente, soddisfano indirettamente anche l'esigenza di sicurezza dei trasporti; analogamente gli obblighi posti a carico dei conducenti, pur miranti alla sicurezza dei trasporti, proteggono anche l'attività lavorativa dei conducenti medesimi (Cass. n. 13364/2003; Cass. n. 17779/2003 in motivazione; Cass. n. 14501/2003).

Pertanto, la ripartizione delle competenze per i controlli su strada - e quindi sui conducenti - attribuita agli organi di polizia e per i controlli nelle imprese - e quindi sui datori di lavoro - attribuita agli organi ispettivi (fra cui le direzioni provinciali del lavoro) non importa separazione, ma complementarietà dei due livelli di protezione, come testualmente riconosciuto anche nel comma 2 dell'art. 174 del Codice della Strada. La norma, infatti, obbliga tanto i conducenti quanto i datori di lavoro all'esibizione, "per il controllo", dei "registri di servizio" di cui al Reg. (CE) n. 561/2006, non solo "al personale cui sono stati affidati i servizi di polizia stradale ai sensi dell'art. 12 del presente codice", ma "anche ai funzionari del Dipartimento per i trasporti, la navigazione ... e agli ispettori della direzione provinciale del lavoro", attestando così una duplice competenza di controllo agli organi individuati che è perfettamente confacente alla duplice ratio di tutela della norma.

Si deve, quindi, dare continuità al principio (a cui la sentenza impugnata si è evidentemente attenuta) per il quale, "in tema di violazioni delle disposizioni previste dall'art. 174 cod. strada, l'esame dei registri di servizio e dei dischi cronotachigrafi installati sull'autoveicolo è finalizzato all'accertamento del rispetto dei limiti temporali dell'orario di lavoro e risponde, quindi, alla duplice esigenza di garantire la sicurezza della circolazione e di tutelare i lavoratori addetti al settore dell'autotrasporto. Pertanto, la competenza a svolgere tali verifiche e ad irrogare le relative sanzioni appartiene, oltre che ai soggetti normalmente preposti alla sicurezza stradale, anche all'ispettorato del lavoro" (Cass. 12 ottobre 2016 n. 20594);

- con il secondo motivo, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione da parte del Tribunale di Chieti dell'art. 174, comma 4 del D.Lgs. n. 285/1992 e dell'art. 7 del Reg. n. 561/2006, nonché dell'art. 15, par. 2 del Reg. n. 3821/85, per avere il giudice del gravame ritenuta erroneamente accertata, per i giorni 15 e 16 ottobre 2015, la violazione del prescritto periodo di riposo tra i diversi momenti di guida non tenendo conto che l'autista aveva omesso di annotare manualmente sull'apparecchio di controllo le pause dallo stesso effettuate, per avere disinserito la scheda mentre si allontanava dal mezzo.

Il motivo è infondato.

La disciplina in oggetto prevede due distinti obblighi. Il primo, posto in capo all'impresa di trasporto, impone al titolare di rispettare le disposizioni di cui al Reg. n. 561/2006, obbligandolo alla corretta tenuta dei documenti di viaggio prescritti dalla normativa europea, formandoli e conservandoli in modo completo e senza alterazioni.

Sono punite, infatti, agli effetti dell'art. 174 comma 14 C.d.S., "le infrazioni correlate alla non corretta tenuta della documentazione concernente le rilevazioni effettuate, sia mediante cronotachigrafo digitale, sia mediante cronotachigrafo analogico, atteso che la disciplina normativa di origine comunitaria da esso richiamata ha la finalità di enucleare, in via generale, gli obblighi correlati alla formazione della suddetta documentazione, indipendentemente dal supporto che la fornisce" (in massima, Cass. 14 marzo 2023 n. 7397).

Pertanto, la giurisprudenza di legittimità riconosce la possibilità di ricorrere a diversi supporti, digitali o analogici, per la formazione della documentazione attestante i tempi di guida e di riposo effettuati dai conducenti. Su questi, inoltre, grava il secondo obbligo, consistente nell'annotazione manuale o mediante apposito dispositivo dei tempi passati a svolgere attività che comportano l'allontanamento dal mezzo. In particolare, ai sensi dell'art. 15 par. 2 del Reg. n. 3821/85, quando il conducente si allontana dal veicolo, e non può utilizzare l'apparecchio di controllo montato sul mezzo, deve provvedere ad annotare, manualmente o mediante apposito dispositivo, i tempi trascorsi nello svolgimento delle attività di cui al par. 3, secondo trattino della stessa disposizione, e rispettivamente individuati nello svolgimento di "altre mansioni" comunque incluse nell'orario di lavoro (lett. b), nei "tempi di disponibilità" (lett. c) e nelle "interruzioni e (ne)i periodi di riposo giornaliero" (lett. d).

È, pertanto, onere del conducente provvedere alla corretta formazione della documentazione attestante i tempi di guida, i periodi di tempo dedicati alle altre attività connesse, diverse dalla guida e incluse nell'orario di lavoro, e quelli di interruzione e riposo, al fine di garantire una corretta rilevazione del rispetto dei tempi di guida e riposo previsti dall'art. 7 del Reg. n. 561/2006, così da garantire un agile controllo da parte delle autorità preposte. Nel caso di specie, è insussistente la censura dedotta dai ricorrenti, in quanto il giudice di merito, ricorrendo ai principi ricavabili dalla normativa in materia e sopra esposti, ha rilevato l'inutilità delle interruzioni non annotate sul supporto cartaceo allorché il conducente si è allontanato dal mezzo, essendo lo stesso obbligato dalla legge a provvedere nel medesimo contesto a tale annotazione e risultando oltremodo inutili le poco convincenti deposizioni dei testi addotti dallo stesso (v. p. 3 della sentenza); - con il terzo motivo i ricorrenti censurano la sentenza, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., denunciandone la nullità, per avere il giudice di merito omesso di pronunciarsi sulla domanda con la quale gli appellanti chiedevano di dichiarare l'erronea inclusione, nel calcolo dei tempi di guida, dei momenti spesi per attività diverse dalla guida, nonché sulla mancata applicazione della tolleranza di calcolo prevista dalla Decisione n. 3579 del 7 giugno 2011 della Commissione europea.

Con il quarto motivo di ricorso, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3), i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 174 comma 4 C.d.S., 4 lett. j) e 7 del Regolamento (CE) n. 561/2006 con riferimento alla Decisione n. 3579 del 7 giugno 2011 della Commissione Europea, per avere il giudice di secondo grado incluso nel calcolo dei tempi di guida massimi consentiti dalla suddetta normativa anche i tempi impiegati dall'autista per il carico e lo scarico delle merci e delle altre attività lavorative diverse dalla guida.

I due motivi - che per la connessione logica che avvince le prospettate questioni vanno trattati congiuntamente - sono infondati.

Va preliminarmente osservato che l'esame dei registri di servizio e dei dischi cronotachigrafi è finalizzato all'accertamento del rispetto dei limiti temporali dell'orario di lavoro, che risponde alla duplice esigenza di garantire la sicurezza della circolazione e la tutela del lavoratore (cfr. Cass. n. 36429/2021; Cass. n. 25622/2014 e Cass. n. 21062/2014). Del resto, il Regolamento (CE) n. 561/2006, la cui ratifica ha comportato la modifica dell'art. 174 C.d.S., comma 4 (con la legge n. 120 del 2010), ha riformato la disciplina in materia di riposo degli autotrasportatori e viene dallo stesso legislatore comunitario qualificato come atto comunitario incidente sia in materia di rapporto di lavoro degli autotrasportatori sia in materia di sicurezza stradale, come a tal fine, invero, è stato osservato anche dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea con la valorizzazione dei considerando nn. 19 e 22 del Regolamento. In questi, infatti, viene esplicitamente annoverata la sicurezza stradale tra le finalità ultime dell'obbligo assunto dagli Stati membri dell'UE di disporre misure e di eseguire controlli sul rispetto dei periodi di riposo giornalieri e settimanali degli autotrasportatori. Allo stesso modo, anche l'art. 1 proietta la regolamentazione dei periodi di guida, interruzione e riposo nell'ottica del miglioramento delle condizioni di lavoro e della sicurezza stradale. L'argomento letterale illustrato è oltretutto confermato e rafforzato da diversi pronunciamenti della Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nei quali si afferma che il Regolamento (CE) n. 561/2006 mira ad armonizzare le condizioni di concorrenza relative al settore stradale e a migliorare le condizioni di lavoro del personale di tale settore nonché la sicurezza stradale (cfr. Corte Giust. CCEE, Lundberg, 0310-2013, in causa C-317/12), ed egualmente che nell'ambito del medesimo Regolamento tali obiettivi consistono, da un lato, nel miglioramento delle condizioni di lavoro dei conducenti nonché della sicurezza stradale in generale, e, dall'altro, nella definizione di criteri uniformi relativi ai periodi di guida e di riposo dei conducenti nonché nel loro controllo all'interno degli Stati membri dell'Unione (cfr. Corte Giust. CCEE, Urbén contro Vàmés PénzugyOrség Észak-alfdldi Regionélis Parancsnokséga, 09-02- 2012, in causa C-210/10).

In sintesi, affermata l'effettiva incidenza e la diretta applicabilità del regolamento comunitario in esame, sia in materia di tutela dei lavoratori nel settore del trasporto su strada, sia in materia di sicurezza stradale, si deve tenere conto di tale duplice ratio nell'interpretazione delle norme determinati le modalità di calcolo dei tempi di guida a cui i conducenti devono alternare dei tempi di riposo.

L'art. 7 primo comma del Regolamento (CE) n. 561/2006 prescrive al conducente "un'interruzione di almeno 45 minuti consecutivi", dopo avere effettuato un periodo di guida di quattro ore e mezza; ovvero, al secondo comma, alternativamente, "un'interruzione di almeno 15 minuti, seguita da un'interruzione di almeno 30 minuti", qualora questi due momenti di pausa siano intercalati in un periodo di guida della durata totale di quattro ore e mezza, così da rispettare complessivamente l'alternanza di una interruzione di 45 minuti dall'attività lavorativa, per ogni periodo di quattro ore e mezza di guida.

Ai sensi dell'art. 4 primo comma, lettera d) del suddetto Regolamento, per "interruzione" deve intendersi un "periodo in cui il conducente non può guidare o svolgere altre mansioni e che serve unicamente al suo riposo". È pertanto un arco temporale in cui il conducente deve godere della propria inattività, astenendosi tanto dalla guida, quanto dallo svolgimento delle "altre mansioni", così come normativamente definite dalla lettera e) della medesima disposizione.

L'interpretazione sistematica, quindi, alla luce delle definizioni di cui all'art. 4 del Regolamento, permette di individuare nel periodo di "interruzione" di cui all'art. 7, un tempo in cui il conducente non deve dedicarsi ad alcuna delle "attività comprese nella definizione di orario di lavoro diverse dalla "guida", ai sensi dell'articolo 3, lettera a) della direttiva 2002/15/CE, nonché qualsiasi operazione svolta per il medesimo o per un altro datore di lavoro, nell'ambito o al di fuori del settore dei trasporti" (art. 4, primo comma, lettera e), Regolamento (CE) n. 561/2006). Non si deve, pertanto, considerare quale effettiva interruzione la sospensione operosa dalla guida in cui il conducente si occupa del carico e dello scarico delle merci. Questa attività, in quanto "altra mansione" (art. 4, primo comma, lettera e), deve essere inclusa nel calcolo della durata del tempo di guida e di lavoro e non nell'arco temporale dell'interruzione, essendo un'attività espressamente compresa nella definizione di orario di lavoro diversa dalla guida, ai sensi dell'articolo 3, lettera a), n. 1), punto ii) della direttiva 2002/15/CE, "concernente l'organizzazione dell'orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto". Pertanto, come si è già avuto modo di sottolineare, i motivi di ricorso sono privi di pregio, poiché in modo conforme alla sopraesposta interpretazione della disciplina in oggetto, il Giudice di secondo grado ha osservato che le interruzioni alla guida non risultano significative ai fini del calcolo della corretta alternanza tra tempo di guida e tempo di riposo, se questi non costituiscono un momento di effettiva sospensione dell'attività lavorativa, intendendosi tale non solo l'attività di guida, ma anche le altre mansioni incluse normativamente nell'orario di lavoro degli autotrasportatori (v. p. 3 della sentenza).

Infine, alla luce di quanto rilevato, è inconferente e infondata la denuncia di nullità della sentenza di cui al terzo motivo di ricorso, non sussistendo alcuna omissione nella pronuncia del giudice di merito.

Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità (v. da ultimo, Cass. n. 12131 del 08/05/2023) si configura la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un'eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d'ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un'altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (v. in massima: Cass. n. 7406/2016, Cass. n. 11844/2006, Cass. n. 13649/2005).

Nella specie, non sussiste alcuna omissione, ma si rileva un implicito rigetto della domanda con cui l'appellante chiede al Tribunale di espungere dal calcolo del tempo di guida i tempi di interruzione della stessa e dedicati dal conducente all'attività di carico e scarico delle merci. Il giudice di merito ha, infatti, implicitamente escluso la fondatezza di tale domanda, facendo corretto governo del principio di diritto sopraesposto per cui il tempo dedicato ad altre mansioni collegate all'impiego di autotrasportatore deve essere considerato tempo di lavoro e, quindi, incluso nel tempo di guida, osservando che "le interruzioni di guida non sono utili ove non coprano ciascuna il lasso temporale per aversi riposo dalla guida stessa" (v. p. 3 della sentenza impugnata).

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo,

seguono la soccombenza.

In considerazione del tenore della pronuncia, va dato atto - ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 - della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso;

condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio in favore del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dell'Ispettorato del Lavoro di C-P che si liquidano in complessivi Euro 1.400,00, oltre a spese prenotate e prenotande a debito.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 31 gennaio 2024.

Depositato in Cancelleria il 22 ottobre 2024.

 

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