Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Consiglio di Stato, Sezione seconda, sentenza n. 873 del 25 gennaio 2023

 

Consiglio di Stato, Sezione II, sentenza numero 873 del 25/01/2023
Circolazione Stradale - Art. 12 e del Codice della Strada - Coinvolgimento in sinistro stradale cagionato colposamente - Appartenente all'Arma dei Carabinieri al di fuori del servizio - Sospensione disciplinare a tempo determinato dall'impiego - Anche se l'essere stato coinvolto in un sinistro stradale, cagionato colposamente, non sia un evento contrastante con i principi di moralità e rettitudine di un appartenente all'Arma dei Carabinieri libero dal servizio e senza uniforme, è altrettanto vero che la causa effettiva dell'incidente, dovuta al mancato rispetto delle regole della sicurezza stradale, va correlata allo stato di ebbrezza dell'interessato, una simile condotta si ponga in antitesi con gli interessi e le finalità dell'amministrazione di appartenenza.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4785 del 2019, proposto dal signor (Soggetto 1) rappresentato e difeso dall'avvocato P. P., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell'economia e delle finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, sezione seconda, n. (Omissis) resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 26 luglio 2022, il consigliere Francesco Frigida;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;

 

FATTO E DIRITTO

1. Il signor (Soggetto 1) maresciallo capo dell'Arma dei carabinieri, ha proposto ricorso (Omissis) dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna per l'annullamento: a) del decreto del Ministero della difesa, direzione generale per il personale militare, n. (Omissis), notificatogli in data 25 agosto 2016, con cui è stata disposta la sua sospensione disciplinare dall'impiego per due mesi; b) del provvedimento del Comando interregionale carabinieri "(Omissis)" n. (Omissis) del 15 aprile 2016; c) della relazione finale dell'inchiesta formale disciplinare; d) del provvedimento del Comando interregionale carabinieri "(Omissis)" n. (Omissis) del 23 giugno 2016.

1.1. Il Ministero della difesa si è costituito nel giudizio di primo grado, resistendo al ricorso.

2. Con la sentenza in epigrafe è stato respinto il ricorso e sono state compensate tra le parti le spese di lite.

2.1. Il T.a.r. ha puntualmente sintetizzato i fatti di causa come segue: «Il militare ricorrente il 4 ottobre 2009, libero dal servizio, causava alla guida dell'autovettura, di proprietà del genitore, un sinistro stradale ove rimaneva ferita anche la conducente del veicolo con il quale collideva (lesioni gravi). All'epoca dei fatti il dipendente dell'Arma era effettivo all'Aliquota Operativa del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di (Omissis). Dalla ricostruzione dei fatti operata in sede di rilievi stradali, risultava che il (Soggetto 1) aveva perso il controllo del proprio veicolo, invadendo la corsia di marcia opposta, nella quale sopraggiungeva l'altro automezzo. I feriti venivano traspostati, con autoambulanze, all'Ospedale di (Omissis) e venivano sottoposti agli accertamenti sanitari e all'analisi del tasso alcoolemico. Al ricorrente è stata riscontrata la presenza nel suo organismo di un tasso alcoolico molto elevato, di g/l 2,16. È stato condannato, sia in primo che in secondo grado (rispettivamente nel 2012 e nel 2014) a 8 mesi di reclusione ed a € 4.000 di ammenda, con sospensione della patente di guida per anni 1. Successivamente la Corte di Cassazione, con sentenza n. (Omissis) del 10 dicembre 2015, ha annullato senza rinvio il giudizio di secondo grado, in quanto il reato ascritto al militare si era nel frattempo estinto per prescrizione. A seguito di tale decisione il Comandante Interregionale Carabinieri "(Omissis)" ordinava l'avvio di "inchiesta formale" ai fini di accertare l'eventuale rilevanza disciplinare della condotta assunta dal dipendente. Il Comandante, acquisita la relazione finale, proponeva l'irrogazione della sanzione disciplinare della "sospensione dall'impiego" per mesi 5. A conclusione del procedimento la Direzione Generale del Ministero della Difesa, con l'impugnato decreto n. (Omissis), disponeva, l'applicazione della "sospensione disciplinare dall'impiego" per mesi 2, in applicazione dell'articolo 1357, comma primo, lettera a) del Decreto Legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (...) il ricorrente ha chiesto l'annullamento dell'impugnato decreto, formulando le seguenti censure 1) violazione degli artt. 1346, 1348, 1349, 1350 e 1352 del Decreto Legislativo n. 66/2010, 2) eccesso di potere per carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione nonché per erronea ricostruzione dei presupposti di fatto e di diritto. Si sostiene che l'incidente [(...) potrebbe essere dipeso] da (genericamente "altre cause") e che i rilievi ematici potrebbero essere affetti da "nullità/inutilizzabilità". Si è costituita l'Amministrazione chiedendo il rigetto del ricorso, diretto a sindacare il merito delle valutazioni espresse».

Tale ricostruzione dei fatti non risulta specificamente contestata dalle parti costituite, sicché, in ossequio al principio di non contestazione recato all'art. 64, comma 2, del codice del processo amministrativo, deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

2.2. Il tribunale ha così motivato la propria statuizione: «Le norme che sono state applicate risultano essere, principalmente: - l'art. 732 comma 3 lett. d) del regolamento militare DPR 90/2010 che impone l'obbligo di "astenersi dagli eccessi nell'uso di bevande alcoliche ed evitare l'uso di sostanze che possono alterare l'equilibrio psichico". - il 5° comma dello stesso art. 732 che dispone che "Il personale dell'Arma dei carabinieri deve improntare il proprio contegno, oltre che alle norme previste dai precedenti commi, ai seguenti ulteriori doveri: a) mantenere, anche nella vita privata, una condotta seria e decorosa"; -il comma 6° lett. c del medesimo art. 732 stabilisce che "Per il personale dell'Arma dei carabinieri costituisce grave mancanza disciplinare: ... c) fare uso smodato di sostanze alcooliche o, comunque, di sostanze stupefacenti".

Dunque le previsioni riferite al "Norme di comportamento - Contegno del militare" non possono essere confinate e limitate, come asserisce il ricorrente, alla sola "attività in servizio". L'Amministrazione ha fornito, a sostegno della decisione sanzionatoria assunta, adeguata motivazione sia in via diretta, con lo svolgimento di autonomo procedimento disciplinare, sia per relationem con richiamo ed utilizzo degli atti del processo penale (entrambi di condanna, Tribunale e Corte d'Appello, poi estinti per prescrizione). In particolare l'inchiesta disciplinare ha utilizzato, correttamente, "fatti ed elementi" enucleabili dai procedimenti penali di condanna di primo e secondo grado: "fatti ed elementi" che non vengono "azzerati" dalla pronuncia di applicazione della prescrizione, con estinzione per la durata del processo. Si consideri che, in questo caso, l'applicazione della prescrizione ha impedito "il permanere" della condanna (già pronunciata, in modo omogeneo e concorde, da parte di Tribunale e Corte d'Appello di (Omissis)) essendo stata la prescrizione applicata dalla Corte di Cassazione nel terzo grado di giudizio. Tutti i "Fatti ed elementi" che non hanno consentito di addivenire ad un giudicato di condanna a causa di un fattore "esterno" (estinzione prescrizione), possono (anzi devono) essere presi in considerazione in sede di valutazione disciplinare. Il decreto che ha irrogato la sanzione della sospensione disciplinare di 2 mesi contiene adeguata motivazione, affermando che: "Tale condotta, accertata in sede istruttoria e per la quale non si addiveniva a un proscioglimento nel merito in quella penale, è da ritenersi biasimevole sotto l'aspetto disciplinare, in quanto contrario ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l'agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato, e quelli di correttezza ed esemplarità propri dello "status" di militare e di appartenente all'Arma dei Carabinieri". Ciascun militare è obbligato a tenere, in ogni circostanza, una condotta esemplare, astenendosi da comportamenti che possono screditare l'immagine dell'Amministrazione, minando quell'atteggiamento di fiducia e di stima di cui gli appartenenti all'Arma dei Carabinieri devono sempre godere. Dunque si riscontra l'oggettiva gravità della condotta del militare sotto l'aspetto disciplinare. In riferimento al profilo procedimentale contestato risulta che le deduzioni difensive del ricorrente sono state attentamente vagliate, come emerge dalla relazione finale di inchiesta disciplinare dell'Ufficiale Inquirente e dal complesso degli atti esaminati, nonché dallo stesso decreto impugnato. Tanto è vero che, proprio anche sulla base della valutazione di queste, l'irrogazione della sanzione finale è stata di 2 mesi (e non di 5, come era stata proposta a livello locale interregionale). E ciò in considerazione dell'"occasionalità del comportamento tenuto e al considerevole tempo trascorso dai fatti" (cfr. motivazione nelle premesse del decreto impugnato). Si consideri, peraltro, che (come già richiamato) il militare aveva ammesso, nelle controdeduzioni, i fatti, riconoscendo la violazione degli obblighi di comportamento, evidenziando problematiche familiari oggettivamente gravi. In definitiva il Collegio ritiene che il procedimento di irrogazione della sanzione si è svolto in modo legittimo, sia in termini sostanziali, con ampia valutazione degli elementi attinenti la condotta, soggettiva ed oggettiva, assunta dal dipendente, sia in relazione agli adempimenti procedimentali di garanzia del contraddittorio. In conclusione il ricorso va respinto».

3. Con ricorso ritualmente notificato e depositato - rispettivamente in data 7 maggio 2019 e in data 5 giugno 2019 - l'interessato ha interposto appello avverso la su menzionata sentenza, articolando quattro motivi.

4. Il Ministero della difesa si è costituito in giudizio.

5. In vista dell'udienza di discussione l'appellante ha depositato una memoria con cui ha ulteriormente illustrato le proprie tesi e ha insistito sulle proprie posizioni.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all'udienza pubblica del 26 luglio 2022.

7. L'appello è infondato e deve essere respinto.

8. Tramite il primo motivo d'impugnazione l'appellante ha lamentato «Error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1346, 1348, 1349, 1350 e 1352 del D. Lgs. n. 66 del 2010. Eccesso di potere».

Tale censura è infondata.

In proposito si osserva che, come correttamente rilevato dal T.a.r., l'amministrazione militare ha fatto buon governo della suddetta normativa contenuta del codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66/2010), inerente alla disciplina militare in genere (art. 1346), al dovere di fedeltà (art. 1348), agli ordini militari (art. 1349), alle condizioni per la applicazione delle disposizioni in materia di disciplina (art. 1350) e alla definizione generale dell'illecito disciplinare (art. 1352).

Sul punto va precisato che è del tutto irrilevante che il militare al momento del sinistro stradale (causato dalla sua perdita di controlla dell'autovettura e dalla conseguente invasione dell'opposta corsia di marcia e con un riscontrato tasso alcolemico notevolmente superiore al consentito) non fosse in servizio, né indossasse l'uniforme, né si fosse qualificato nell'immediatezza dell'accaduto come carabiniere, giacché, ai sensi dell'art. 1350, comma 3, del decreto legislativo n. 66/2010, «i militari sono comunque tenuti all'osservanza delle disposizioni del codice e del regolamento che concernono i doveri attinenti al giuramento prestato», sicché «In tema di forze armate, il militare è tenuto a preservare il prestigio personale e dell'Istituzione mantenendo in ogni circostanza, sia in servizio che fuori servizio, una condotta da improntare sempre ad esemplarità, serietà e decorosità» (Cons. St., sez. II, sent. 9 febbraio 2022, n. 948).

Inoltre è del tutto ragionevole reputare che l'interessato abbia tradito la fiducia dell'Arma, violando gli obblighi assunti con il giuramento prestato, anche con riferimento all'art. 732, comma 3, lettera d) del d.P.R. n. 90/2010 (recante il regolamento dell'ordinamento militare), che impone al militare di «astenersi dagli eccessi nell'uso di bevande alcoliche».

Pertanto l'illecito disciplinare è stato congruamente considerato sussistente nel caso di specie, seppur non ritenuto di notevole gravità, tantoché esso non ha condotto ad una sanzione espulsiva.

9. Mediante la seconda doglianza l'interessato ha dedotto «Error in iudicando: erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 732, comma 3, lett. b) del D.P.R. 90/2010. Erronea ricostruzione dei presupposti di fatto e di diritto», affermando che «la sentenza impugnata erra nella parte in cui ritiene provata la responsabilità penale dell'appellante ancorché non vi sia stata condanna penale» e sostenendo inoltre che sarebbe «erroneo il procedimento logico giuridico seguito dal Tar Sardegna nell'interpretazione degli artt. 732 del DPR 90/2010. Atteso che secondo l'interpretazione che ne dà il Tribunale, vi sarebbe una compressione dello spazio e dell'ambito privato di un appartenente all'arma dei carabinieri ben superiore a quello degli appartenenti alle altre Forze armate per i quali vige lo stesso regolamento di disciplina costituito dal D.P.R. 90/2010».

9.1. Attraverso il terzo motivo di gravame l'appellante ha lamentato «Error in iudicando per contraddittorietà ed illogicità della motivazione nonché per erronea ricostruzione dei presupposti di fatto e di diritto. Eccesso di potere», sostenendo che «Erra ancora la sentenza nella parte in cui ritiene provata la responsabilità penale e, conseguentemente disciplinare, dell'odierno appellante ravvisandola nella memoria difensiva nella quale egli ha dichiarato di "essere pienamente consapevole sia delle proprie responsabilità morali in ordine ai fatti in contestazione, sia dei riflessi negative che tali fatti hanno potuto determinare all'immagine della figura del carabiniere". Tale affermazione non è sufficiente a ritenere fondata la responsabilità disciplinare dell'odierno appellante».

9.2. Il secondo e il terzo motivo, stante la loro stretta connessione logica e fattuale, vanno vagliati congiuntamente.
Essi sono infondati poiché la dinamica del sinistro e, per quel che più rileva, il superamento del tasso alcolemico consentito, per quanto emerge dagli atti, sono circostanze acclarate al di là di ogni ragionevole dubbio, siccome le contestazioni circa l'inutilizzabilità dell'alcoltest effettuato presso l'ospedale di (Omissis) (inerenti al consenso, al difensore d'ufficio e alle modalità di richiesta dell'analisi da parte della polizia giudiziaria) sono stata respinte dal giudice penale, con conformi sentenze del Tribunale di (Omissis) e della Corte d'appello di Cagliari, sezione staccata di (Omissis), la cui statuizione è stata poi caducata dalla Corte di cassazione per intervenuta successiva estinzione del reato per prescrizione, ma non inficiata nelle sue conclusioni di merito, considerato peraltro che il giudice di legittimità non ha utilizzato il meccanismo di cui all'art. 129, comma 2, c.p.p. e che l'interessato non ha rinunciato previamente alla prescrizione ai sensi dell'art. 157, comma 7, c.p.. Inoltre l'asserita inutilizzabilità in sede penale degli esiti del test alcolemico (effettuato in ospedale pubblico) per motivi formali, anche qualora in ipotesi sussistente, non li renderebbe inutilizzabili in sede disciplinare, attesa la diversa finalità dei due procedimenti e la loro differente strutturazione e regolamentazione.

Va inoltre specificato che la vicenda in esame è contraria all'esemplarità della condotta e si pone in contrasto con i doveri attinenti allo stato di militare e al grado rivestito, ledendo il prestigio dell'Arma dei carabinieri, con la conseguenza che è irrilevante qualsivoglia considerazione circa l'irrilevanza penale del fatto.

Ad ogni modo si evidenzia, con valenza assorbente ogni ulteriore considerazione sul punto, che in sede di procedimento disciplinare l'interessato ha ammesso in sostanza gli addebiti, dichiarandosi consapevole delle proprie responsabilità morali e di aver cagionato un danno all'immagine all'Arma dei carabinieri, seppur rappresentando di aver avuto gravi problemi familiari (coniugato, monoreddito con mutuo elevato per l'acquisto della casa di abitazione e con due figli gemelli in gravi condizioni di salute), che avrebbero giustificato o quanto meno attenuato la propria responsabilità disciplinare (tantoché l'amministrazione, a fronte di una proposta sanzionatoria della sospensione di cinque mesi, ha in concreto comminato la più lieve sanzione di due mesi di sospensione).

Non si riscontra altresì alcun illegittimo trattamento maggiormente severo per i carabinieri rispetto agli altri militari, poiché gli appartenenti all'Arma dei carabinieri, oltre a rivestire lo status militare e a svolgere attività di polizia militare, sono anche fisiologicamente e per la gran parte adibiti all'espletamento di attività di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, cosicché, essendo a più stretto contatto con i cittadini, hanno un più intenso obbligo di rettitudine comportamentale fuori dal servizio, come sancito dal Regolamento generale per l'Arma dei carabinieri, dove all'art. 422 si prevede che «L'importanza e la delicatezza degli speciali compiti devoluti all'Arma richiedono che tutti gli appartenenti all'Istituzione osservino speciali doveri, che si aggiungono a quelli comuni a ciascun militare» e all'art. 423, comma 1, che «Il militare dell'Arma di ogni grado deve tenere anche nella vita privata condotta seria e decorosa».

10. Con il quarto motivo l'interessato ha dedotto «Error in iudicando per erroneità della sentenza per intrinseca illogicità della motivazione. Eccesso di potere», affermando che «Erra ancora il giudice di prime cure quando ritiene di condividere il provvedimento di sospensione del (Soggetto 1) nella parte in cui afferma che il comportamento tenuto da quest'ultimo ha violato i doveri attinenti al giuramento prestato e a quello di correttezza di esemplarità proprio dello status di militare di appartenente all'Arma dei carabinieri ritenendo quindi che il comportamento del (Soggetto 1) abbia screditato l'immagine dell'Amministrazione, minando quell'atteggiamento di fiducia e di stima di cui gli appartenenti all'Arma dei CC».

In memoria l'appellante ha altresì specificato che «l'essere stato coinvolto in un sinistro stradale, ancorché causato dal ricorrente, non può essere di per sé solo contrario ai principi di moralità e rettitudine, atteso che moralità e rettitudine sono concetti di ampio respiro che attengono al modo di vivere di una persona, che permeano tutta la vita dell'individuo e che non vengono certo meno per il verificarsi di un solo fatto ancorché di rilevanza penale e nemmeno inequivocabilmente accertato e che, in ogni caso, è di natura colposa e occasionale» e ha rimarcato «l'ingiustizia manifesta del provvedimento sanzionatorio, atteso che proprio l'occasionalità del comportamento tenuto, aspetto che viene evidenziato nel DM impugnato, a pag. 2, e il considerevole tempo trascorso dai fatti, rendono illegittima la sanzione tanto più in quanto non possono inficiare quelle doti che hanno accompagnato il ricorrente e che vengono egualmente evidenziate nel richiamato DM con riguardo ai positivi precedenti disciplinari e di servizio del ricorrente».

Tali censure sono infondate.

Se è vero infatti che l'essere stato coinvolto in un sinistro stradale (peraltro cagionato colposamente dal ricorrente) non sia un evento di per sé contrastante con i principi di moralità e rettitudine, è altrettanto vero che la causa effettiva dell'incidente, oltreché al mancato rispetto delle regole della sicurezza stradale, va correlata allo stato di ebbrezza dell'interessato, da reputarsi dipesa, in mancanza di diverse credibili ricostruzioni e in presenza di un'ammissione di responsabilità morale da parte del militare, da una sua volontaria e incauta scelta.

È evidente che una simile condotta si ponga in antitesi con gli interessi dell'amministrazione di appartenenza, la quale è istituzionalmente preposta a prevenire e reprimere gli illeciti connessi alla circolazione stradale e al controllo del rispetto dei tassi alcolemici consentiti alla guida di veicoli, anche al fine di tutelare la moltitudine degli utenti della strada, e denoti per tal via una violazione dei canoni deontologici e disciplinari che avrebbero invece dovuto regolare il comportamento dell'interessato.

Al riguardo va considerato che «la valutazione della gravità della condotta addebitata costituisce espressione di ampia discrezionalità amministrativa in via generale non sindacabile in sede di legittimità salvo che nelle ipotesi di eccesso di potere nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l'evidente sproporzionalità o il travisamento dei fatti» (ex aliis, Cons. St., sez. II, sent. 17 giugno 2022, n. 4999).

Ciò posto, nel caso de quo l'amministrazione, con scelta immune da manifesta abnormità e da palesi vizi di illogicità, ha legittimamente ritenuto che la condotta del militare abbia arrecato un discredito all'Arma dei carabinieri, essendo il maresciallo (Soggetto 1) venuto meno ai superiori doveri di fedeltà e rettitudine che, assunti con il giuramento, debbono sempre contraddistinguere l'operato dei carabinieri e che al momento dei fatti dovevano essere patrimonio dell'interessato, anche alla luce del grado rivestito, mentre i suoi positivi precedenti, l'occasionalità del comportamento tenuto e il considerevole tempo trascorso dai fatti sono ininfluenti sulla sussistenza dell'illecito, ma possono essere utilizzati per graduare la sanzione, come in concreto avvenuto alla luce della motivazione del decreto sanzionatorio, che invero ha determinato una riduzione della sospensione da cinque a due mesi.

11. In conclusione l'appello va respinto.

12. La peculiarità della vicenda giustifica la compensazione tra le parti delle spese di lite del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione seconda, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge; compensa tra le parti le spese di lite del presente grado di giudizio.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento U.E. 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità dell'appellante, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificarlo.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 26 luglio 2022, con l'intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Giovanni Sabbato, Consigliere

Francesco Frigida, Consigliere, Estensore

Francesco Guarracino, Consigliere

Fabrizio D'Alessandri, Consigliere.

 

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