Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Consiglio di Stato, Sezione quinta, sentenza n. 5136 del 25 maggio 2023

 

Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza numero 5136 del 25/05/2023
Circolazione Stradale - Art. 93 del Codice della Strada - Documento Unico - Documentazione per il rilascio - Dichiarazione sostitutiva di atto notorio non veritiera - Effetti - La dichiarazione sostitutiva di atto notorio non veritiera per quanto asserito al fine di ottenere il Documento Unico di Circolazione e di Proprietà del veicolo, rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza ed all'eliminazione dei benefici, o qualsiasi vantaggio, ottenuti con la dichiarazione non veritiera, e quindi anche la riconsegna della targa e della carta di circolazione rilasciate
, indipendentemente da ogni indagine dell'Amministrazione sull'elemento soggettivo del dichiarante.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 4594 del 2021, proposto da Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e Ministero dell'economia e delle finanze, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

(Omissis), rappresentato e difeso dagli avvocati A. R. e F. C., con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo (Sezione prima) n. 63/2021, resa tra le parti.

Visto il ricorso in appello;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di (Omissis);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 18 maggio 2023 il Cons. Anna Bottiglieri e viste le conclusioni delle parti come da verbale;

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO - MOTIVI DELLA DECISIONE

1. - Con provvedimento n. (Omissis) la Motorizzazione civile di (Omissis) ha annullato l'immatricolazione di un veicolo di proprietà del signor (Omissis) e ordinato la riconsegna della targa e della carta di circolazione.

L'Amministrazione ha contestato al predetto soggetto di aver falsamente attestato nella dichiarazione sostituiva di atto notorio prodotta in sede di immatricolazione di avere acquistato egli stesso l'autovettura, usata, in Germania quale "acquirente intracomunitario", e che quindi nessun pagamento Iva era dovuto in Italia, in quanto già effettuato in Germania, laddove una più ampia indagine della Compagnia di (Omissis) della Guardia di finanza avente a oggetto il settore della rivendita di autoveicoli usati provenienti dall'estero aveva fatto emergere che il veicolo era stato acquistato in Germania, in regime di neutralità Iva, da una società, (Omissis) s.r.l., reale "acquirente intracomunitaria" del bene, da una società venditrice tedesca, (Omissis) GmbH, che lo aveva poi importato in Italia, rivenduto al predetto e incassato il corrispettivo senza provvedere all'immatricolazione, al censimento del bene e al pagamento dell'Iva mediante il modello all'uopo previsto ("F24 Elide").

2. L'interessato ha impugnato il provvedimento avanti al Tribunale amministrativo regionale per l'Abruzzo che con la sentenza ex art. 60 cod. proc. amm. indicata in epigrafe, nella resistenza dei ministeri Infrastrutture ed Economia, ha accolto il ricorso e annullato l'atto.

Il primo giudice, in linea generale, ha richiamato giurisprudenza amministrativa di primo grado secondo cui la revoca dei benefici conseguiti per effetto della falsa dichiarazione, ai sensi dell'art. 75 D.P.R. n. 445 del 2000, richiede, fuori da qualsiasi automatismo sanzionatorio, un'autonoma valutazione della fattispecie da parte dell'Amministrazione, da condurre alla luce dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, con la conseguenza che in tale apprezzamento, se la revoca non necessita di un accertamento penale definitivo del reato di falso, rileva tuttavia l'eventuale provvedimento di assoluzione dal reato di falso adottato dal giudice penale in relazione alla stessa condotta contestata sotto il profilo amministrativo.

In applicazione di dette coordinate ermeneutiche, il Tar:

- ha osservato che il GIP presso il Tribunale di Campobasso, con decreto 4 settembre 2020, ha accolto la richiesta del PM di archiviazione del procedimento ex art. 483 cod. pen. cui era stato sottoposto il ricorrente per le presunte false dichiarazioni contenute nella dichiarazione di notorietà di cui sopra, rilevando che gli elementi acquisiti nella fase delle indagini lasciavano dubbi in ordine alla riconducibilità della falsa dichiarazione all'indagato, da cui l'esclusione della certezza in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivo e soggettivo del reato;

- ha quindi ritenuto che il provvedimento impugnato fosse inficiato dai dedotti vizi di difetto di istruttoria e carenza dei presupposti, per non avere l'Amministrazione considerato sia quanto emergente da detto provvedimento penale sia la circostanza che il ricorrente ha versato interamente l'Iva spettante allo Stato tedesco, mentre, come rimarcato dal PM nella richiesta di archiviazione, l'operazione commerciale sopradescritta ha avvantaggiato la sola (Omissis), la quale ha omesso di corrispondere all'erario la somma corrisposta dal ricorrente a titolo di Iva.

3. I ministeri Infrastrutture ed Economia hanno appellato la sentenza, deducendo con un unico motivo travisamento dei fatti, violazione e falsa applicazione dell'art. 75 del D.P.R. n. 445 del 2000, e concludendo per la sua riforma.

L'interessato si è costituito in resistenza, sostenendo la correttezza della sentenza impugnata e l'infondatezza del gravame.

Con ordinanza n. 4187/2021 questa Sezione del Consiglio di Stato ha respinto la domanda cautelare avanzata nell'atto di appello.

Nel prosieguo, l'interessato ha depositato memorie.

La causa è stata indi trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 18 maggio 2023.

4. Le Amministrazioni appellanti sostengono che la sentenza è erronea per non avere il primo giudice considerato la valenza dell'analitica istruttoria che ha preceduto il provvedimento impugnato, che si è focalizzata sull'esistenza di una dichiarazione che ha tratto in inganno l'Amministrazione circa le condizioni per procedere all'immatricolazione dell'autoveicolo, e per avere male interpretato e applicato l'art. 75 del D.P.R. n. 445 del 2000, costituente espressione del principio di autoresponsabilità, cardine della disciplina delle dichiarazioni sostitutive, che preclude al privato di trarre vantaggio da dichiarazioni obiettivamente non rispondenti al vero.

Illustrano che la norma, all'esito della valutazione caso per caso di tutti gli elementi emersi nel procedimento, in forza del dato oggettivo della non veridicità, impone all'Amministrazione, senza alcun margine di discrezionalità, a prescindere dalle giustificazioni addotte e dal profilo soggettivo del dolo o della colpa, di eliminare qualsiasi vantaggio derivato al dichiarante non fedele, previo accertamento dell'esistenza del nesso di causalità tra la dichiarazione non veritiera e il conseguimento del beneficio per l'effetto indebitamente ottenuto.

Concludono evidenziando che nel caso di specie tale nesso è facilmente ravvisabile, e che nella fattispecie non rileva l'archiviazione penale considerata dirimente dal Tar, perché da tale esito non può discendere in modo automatico l'illegittimità del provvedimento impugnato, adottato all'esito di una esaustiva istruttoria e corredato da una adeguata motivazione, risultando provato dalla fattura emessa in sede di acquisto e dall'estratto conto della (Omissis) che, contrariamente a quanto dichiarato, l'acquisto intracomunitario è stato effettuato da detta società e non dal ricorrente, che ha a sua volta acquistato il veicolo dalla medesima e in Italia, operazioni entrambe avvenute senza il pagamento dell'Iva.

5. L'appello è fondato.

6. L'art. 75 del D.P.R. n. 445 del 2000 dispone che "Fermo restando quanto previsto dall'art. 76 Norme penali, qualora dal controllo di cui all'articolo 71 afferente alle dichiarazioni rese ai sensi dei precedenti artt. 46, Dichiarazioni sostitutive di certificazioni, e 47, Dichiarazioni sostitutive dell'atto di notorietà emerga la non veridicità della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera".

La giurisprudenza ha chiarito che la ratio del citato art. 75 D.P.R. n. 445 del 2000 è quella di semplificare l'azione amministrativa, facendo leva sul principio di autoresponsabilità del dichiarante; con la conseguenza che la non veridicità di quanto autodichiarato rileva sotto un profilo oggettivo e conduce alla decadenza dei benefici ottenuti con la dichiarazione non veritiera, indipendentemente da ogni indagine dell'Amministrazione sull'elemento soggettivo del dichiarante, giacché non vi sono particolari risvolti sanzionatori in gioco, ma solo la necessità di una spedita esecuzione della legge sottesa al sistema di semplificazione (ex multis, Cons. Stato, V, 6 luglio 2020, n. 4303; VI, 20 agosto 2019, n. 5761; 20 dicembre 2013, n. 6145).

Ne consegue che la disposizione, previa verifica dei dati di fatto, non lascia margini di discrezionalità alle amministrazioni e non chiede alcuna valutazione circa il dolo o la colpa grave del dichiarante (Cons. Stato, II, 21 ottobre 2022, n. 9023; III, 20 luglio 2020 n. 4634; V, n. 4303/2020 cit.; VI, 31 dicembre 2019, n. 8920; V, 15 marzo 2017, n. 1172; 3 febbraio 2016, n. 404; 9 aprile 2013, n. 1933; 27 aprile 2012, n. 2447).

La giurisprudenza evidenzia ulteriormente che il richiamato art. 75 si riferisce ai "benefici ... conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera", sicché, per l'applicazione della previsione, deve sussistere una stretta correlazione causale tra la dichiarazione e il provvedimento attributivo dei benefici, nel senso che la dichiarazione deve essere necessaria ai fini dell'adozione del provvedimento favorevole al privato e i suoi contenuti devono fondare, costituendone presupposti di legittimità, la determinazione provvedimentale dell'amministrazione, sicché la non veridicità rileva in quanto abbia determinato l'attribuzione di un beneficio, e non quale falsa rappresentazione in sé, irrilevante rispetto al conseguimento dello stesso (Cons. Stato, V, n. 4303/2020 cit.; 1 agosto 2016, n. 3446; VI, n. 5761/2019, cit.).

La regola che se ne trae è che al privato è precluso di trarre qualsivoglia vantaggio da dichiarazioni obiettivamente non rispondenti al vero, da cui lo stringente vincolo dell'Amministrazione ad assumere le conseguenti determinazioni.

L'obiettiva non rispondenza al vero della dichiarazione si è posta infatti come passaggio ineludibile nell'esegesi costituzionalmente orientata dell'art. 75 D.P.R. n. 445 del 2000, in modo da impedire la produzione delle gravi conseguenze discendenti dalla norma a fronte di vizi meramente formali (Cons. Stato, VII, 29 agosto 2022, n. 7507; V, 17 gennaio 2018, n. 257; 23 gennaio 2018, n. 418; III, 30 agosto 2018, n. 5086; 30 dicembre 2015, n. 5880).

7. Tanto osservato in linea generale, la conclusione del primo giudice circa la sussistenza a carico dell'atto gravato dei dedotti vizi di difetto di istruttoria e carenza dei presupposti non può essere condivisa: la sentenza impugnata, contro la consolidata giurisprudenza di cui si è fatta sopra rassegna, si è fondata interamente sul decreto di archiviazione penale del 4 settembre 2020, che ha peraltro valorizzato solo nella parte dispositiva, tralasciando ogni altro elemento desumibile dalle relative motivazioni.

Così facendo, non si è avveduta della sussistenza di tutti i presupposti che, per la stessa giurisprudenza, legittimano l'applicazione alla fattispecie dell'art. 75 D.P.R. n. 445 del 2000.

8. Invero, alla luce di tutti gli atti di causa, ivi compreso il predetto decreto di archiviazione, la dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà contestata con l'atto gravato integra, come segnalato dalle Amministrazioni appellanti, una ipotesi di "obiettiva" non rispondenza al vero.

Emerge infatti con ogni chiarezza che l'auto, contrariamente a quanto ivi esposto, è stata acquistata in Germania da un soggetto diverso dall'appellato, (Omissis), e senza corresponsione dell'Iva.

La circostanza non è smentita dalle difese dell'appellato medesimo, il quale sostiene la regolarità e la liceità dell'acquisto esponendo che (Omissis) ha operato nei confronti della società tedesca (Omissis) per suo esclusivo conto (quale mediatore per l'acquisto e mandatario per il trasferimento in Italia della vettura), tant'è che egli, come da documentazione versata in atti, ha corrisposto a (Omissis) un corrispettivo, oltre che il prezzo del veicolo e l'Iva tedesca nella misura del 19%.

Ma si tratta di una ricostruzione che non consente di superare quanto accertato dall'Amministrazione circa il fatto che l'acquisto del veicolo da parte di (Omissis), come da fattura n. (...)-514 dell'8 maggio 2014 di (Omissis), che il decreto penale descrive come la "fattura originale dell'operazione", è stato effettuato senza applicazione dell'Iva, in quanto, come riporta la fattura stessa, operazione intracomunitaria avente a oggetto un autoveicolo usato tra soggetti Iva.

Pertanto, in disparte la sussistenza dell'invocato rapporto di rappresentanza, non può porsi in dubbio che (Omissis), in sede di acquisto dell'autoveicolo in Germania, abbia operato, formalmente e sostanzialmente, come una normale azienda che acquisisce un bene al fine della sua successiva rivendita. Ciò è avvenuto anche in occasione del trasporto dell'autoveicolo in Italia, la bolla di accompagnamento risultando emessa per conto di (Omissis), come pure emergente dal decreto di archiviazione.

L'appellato, al fine di dimostrare la paternità dell'acquisto in Germania e l'avvenuto assolvimento dell'Iva tedesca, non può giovarsi neanche della diversa fattura di (Omissis) a lui intestata, n. 54.035 del 16 maggio 2014, comprensiva dell'Iva tedesca, versata in atti e già a suo tempo presentata alla Motorizzazione in uno alla dichiarazione sostitutiva per cui è causa.

Questa non può infatti essere considerata isolatamente, dal momento che si inserisce in un complesso di atti che non fanno propendere per la sua utilizzabilità ai fini dell'accertamento della regolarità dell'immatricolazione, che è tutt'altro che provata, dal momento che lo stesso decreto penale di archiviazione, come detto, riferisce che la "fattura originale dell'operazione" di acquisto è la già citata fattura n. (...) dell'8 maggio 2014 di (Omissis), che non ha applicato l'Iva: sicché alla luce degli atti di causa, e indipendentemente dal relativo esborso che l'appellato riferisce di avere effettuato, l'Iva non risulta versata né in Germania né in Italia.

Inoltre, non è dubbio neanche che è l'appellato ad aver firmato la dichiarazione sostituiva di atto notorio rappresentativa di uno stato di fatto non rispondente al vero: dal decreto di archiviazione penale emerge infatti che il medesimo l'ha sottoscritta e l'ha compilata per quanto attiene ai dati anagrafici, mentre un terzo soggetto ha provveduto al suo completamento, riempendo gli spazi centrali contenenti i dati che qui rilevano, e cioè indicando gli elementi essenziali dell'operazione commerciale (i dati dell'autovettura, il paese di acquisto e il numero della relativa fattura) e cancellando lo spazio relativo alla dichiarazione di aver assolto l'obbligo Iva mediante il versamento di cui al modello F24.

In un siffatto contesto, le circostanze appena riferite, se, unitamente agli altri aspetti della vicenda in esame, hanno potuto in sede penale far escludere la certezza in ordine alla sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi del reato previsto all'art. 483 cod. pen. (Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico), da cui la disposta archiviazione del procedimento avviato a carico dell'appellato a opera del ridetto decreto 4 settembre 2020 del Gip presso il Tribunale di Campobasso, non sono però atte a determinare, in questa diversa sede, la sottrazione dell'appellato alle conseguenze che l'art. 75 D.P.R. n. 445 del 2000 fa derivare automaticamente dall'obiettiva non rispondenza al vero di quanto attestato nella dichiarazione sostitutiva di atto notorio, operando all'uopo il principio di autoresponsabilità, che comporta la soggezione del soggetto che rende la dichiarazione a un obbligo di diligenza e veridicità, e restando irrilevante, ai fini della verifica del rispetto di tali obblighi, ogni questione afferente al profilo soggettivo del dolo o della colpa.

Nessun dubbio, poi, quanto alla sussistenza della correlazione causale pure invocata dalla parte appellante, che peraltro non è neanche in contestazione: la dichiarazione infedele ha infatti determinato l'immatricolazione del veicolo in carenza del pagamento dell'Iva mediante il modello "F24", cui essa era subordinata.

L'appellato evidenzia al riguardo di non essere stato mai accertato ai fini Iva per l'acquisto in esame, ma la circostanza non rileva, trattandosi qui di valutare la legittimità del provvedimento di autotutela amministrativa impugnato e non la sussistenza o meno dei presupposti per il recupero a tassazione.

Parimenti irrilevante è che, come pure illustrato dall'appellato, la Motorizzazione civile di (Omissis), cioè l'Ufficio che ha adottato l'atto per cui è causa, si sia successivamente uniformata alla sentenza gravata, provvedendo, in fattispecie similari a quella in esame, alla sola richiesta del diritto di immatricolazione.

Si tratta infatti di una circostanza che riguarda provvedimenti estranei all'odierno scrutinio di legittimità, e che, in quanto tale, è insuscettibile di incidere sulla sorte dell'odierno giudizio.

Non è significativo, pertanto, che la parte appellante non l'abbia contestata ai sensi e per gli effetti dell'art. 115 cod. proc. civ., poiché il principio di non contestazione, che opera anche nel processo amministrativo sebbene temperato in ragione della sua particolare struttura (Cons. Stato, IV, 27 febbraio 2018, n. 1160), oltre che richiedere specifiche allegazioni dei fatti che dovrebbero essere contestati (Cons. Stato, V, 31 maggio 2018, n. 3265), qui carenti, richiede pur sempre che essi fatti non contestati possano sorreggere la decisione giudiziale, condizione insussistente laddove, come nella fattispecie, sia stata accertata, come sopra, la legittimità dell'azione amministrativa.

Può aggiungersi che il rilievo non può valere neanche ai fini dell'accertamento dell'acquiescenza, dal momento che le Amministrazioni soccombenti in primo grado hanno appellato la sentenza (che non è mai stata sospesa, avendo questa Sezione del Consiglio di Stato respinto la domanda cautelare con ordinanza n. 4187/2021) e coltivato il gravame, di cui hanno chiesto l'accoglimento, da ultimo, con atto depositato il 15 marzo 2023.

9. Per tutto quanto precede, l'appello deve essere accolto, disponendosi, per l'effetto, la riforma della sentenza impugnata e la reiezione del ricorso di primo grado.

Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il

Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello di cui in epigrafe, lo accoglie, disponendo, per l'effetto, la riforma della sentenza impugnata e la reiezione del ricorso di primo grado.

Condanna l'appellato soccombente alla refusione in favore delle Amministrazioni appellanti delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida nell'importo complessivo pari a € 4.000,00 (euro quattromila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, e dell'articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte privata del giudizio e qualsiasi altro soggetto privato citato nella presente decisione.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 18 maggio 2023 con l'intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere

Anna Bottiglieri, Consigliere, Estensore

Massimo Santini, Consigliere.

 

DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.


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