Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 8498 del 27 febbraio 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 8498 del 27/02/2023
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica - Accertamenti ospedalieri - Deposizione del sanitario - Apprezzamenti personali - In relazione agli accertamenti ospedalieri atti a stabilire il tasso alcolemico del conducente sorpreso alla guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool, il sanitario di turno, citato quale teste, non può esprimere apprezzamenti personali, salvo che sia impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti, e che il divieto di apprezzamenti personali non opera qualora il testimone sia persona particolarmente qualificata che riferisca su fatti caduti sotto la sua diretta percezione sensoriale ed inerenti alla sua abituale e specifica attività giacché, in tal caso, l'apprezzamento diventa inscindibile dal fatto.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di (Omissis), con sentenza dell'11 aprile 2022, ha confermato la sentenza emessa in data 6 luglio 2020 dal Tribunale di (Omissis) con la quale (Soggetto 1) è stata ritenuta responsabile del reato di cui il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. c) e comma 2 bis, commesso il (Omissis), e condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi sei di arresto ed Euro 1.500,00 di ammenda con applicazione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida.
2. Per mezzo del proprio difensore, l'imputata ha proposto ricorso censurando la sentenza impugnata sotto diversi profili, tutti relativi alla ritenuta applicabilità della lett. c) del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2.
2.1. Col primo motivo, la ricorrente lamenta inosservanza di norme processuali e carenza di motivazione per non essere stata esaminata ne dal giudice di primo grado (cui la questione era stata tempestivamente proposta), ne' dalla Corte di appello (che della questione era stata investita con l'atto di gravame) l'eccezione di inutilizzabilità della deposizione resa dal Dott. (Soggetto 2) al quale, pur sentito come testimone ex art. 507 c.p.p., sarebbe stato chiesto di compiere valutazioni tecniche proprie di un perito.
2.2. Col secondo motivo, la ricorrente reitera la medesima eccezione sotto diverso profilo sostenendo che l'esame del Dott. (Soggetto 2) sarebbe affetto da nullità ex art. 178 c.p.p., lett. c). Secondo la difesa, (Soggetto 2) avrebbe svolto nei fatti funzione di perito, ma non sarebbe stato consentito alla difesa di nominare consulenti tecnici di parte e di instaurare così il contraddittorio sulla prova scientifica.
2.3. Col terzo motivo, la difesa deduce vizi di motivazione per essere stato ritenuto superato il limite di 1,5 g/l che fissa la soglia di applicabilità del citato art. 186, comma 2, lett. c). Osserva che il tasso alcolemico rilevato dalle analisi ematochimiche è di 1,56 g/l e, per una corretta qualificazione giuridica del fatto, si sarebbe dovuto tenere conto del margine di errore proprio di questo tipo di analisi che, secondo uno studio dell'associazione tossicologica forense, potrebbe giungere al 10% e alcuni laboratori di analisi della provincia di Venezia indicano nel 4%.
2.4. Col quarto motivo, la ricorrente deduce vizi di motivazione non essendosi tenuto conto che il prelievo ematico fu eseguito alle 23:51, quando erano trascorse circa 2 ore e 20 dall'incidente stradale a seguito del quale la (Soggetto 1) era stata trasportata al Pronto Soccorso dell'(Omissis), (verificatosi intorno alle 21:30). Secondo la difesa, ciò non consentirebbe di affermare che, durante la guida, il tasso alcolemico fosse superiore al limite di 1,5 g/l.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi di ricorso sono in parte inammissibili, in parte infondati.
2. Con i primi due motivi la ricorrente sostiene la nullità o inutilizzabilità della deposizione del Dott. (Soggetto 2) che fu citato a comparire in giudizio in veste di testimone, quale responsabile del procedimento di accertamento alcolemico eseguito sulla persona della (Soggetto 1) presso il laboratorio di analisi della Azienda Sanitaria (Omissis) occidentale. Secondo la difesa, al teste non sarebbe stato chiesto di riferire su circostanze di fatto bensì di esprimere giudizi tecnici sul grado di attendibilità delle analisi ematochimiche eseguite, sul possibile "range di errore" di tale accertamento e, più in generale, sul "range di errore" astrattamente prevedibile per questo tipo di analisi. Si sarebbe trattato, quindi, di una vera e propria perizia disposta senza conferimento di incarico peritale e senza consentire alla difesa di nominare propri consulenti tecnici e, perciò, di un atto inutilizzabile, o comunque affetto da nullità ai sensi dell'art. 178 c.p.p., lett. c). Si deve preliminarmente osservare che, ai sensi dell'art. 191 c.p.p., sono inutilizzabili le prove "acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge" e che - per espressa previsione dell'art. 194 c.p.p., comma 3, - il testimone non può "esprimere apprezzamenti personali, salvo che sia impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti". Nell'interpretare questa norma una consolidata giurisprudenza di legittimità, cui si ritiene di dover dare continuità in questa sede, ha sostenuto che "il divieto di apprezzamenti personali non opera qualora il testimone sia persona particolarmente qualificata che riferisca su fatti caduti sotto la sua diretta percezione sensoriale ed inerenti alla sua abituale e specifica attività giacché, in tal caso, l'apprezzamento diventa inscindibile dal fatto" (Sez. 2, n. 4128 del 09/10/2019, dep. 2020, C., Rv. 278086; Sez. 3, n. 29891 del 13/05/2015, D., Rv. 264444; Sez. 5, n. 38221 del 12/06/2008, K., Rv. 241312).
Come risulta dalla lettura dei verbali di udienza (stralci dei quali sono riportati nell'atto di ricorso e nella sentenza impugnata), nel caso di specie, al Dott. (Soggetto 2) fu chiesto di riferire: se la gascromatografia eseguita per rilevare la presenza di alcol nel sangue della (Soggetto 1) sia un metodo affidabile; quale sia il concreto margine di approssimazione di un tale accertamento nel laboratorio di analisi della Azienda Sanitaria (Omissis) occidentale; se, in quel laboratorio e in generale, esistano metodiche di analisi dotate di maggiore attendibilità. Nel rispondere a queste domande, (Soggetto 2) ha riferito che la gascromatografia è il metodo più affidabile tra quelli a disposizione perché viene eseguito "sul sangue intero e non sui derivati" e ha precisato che si tratta di una procedura completamente automatizzata. Ha chiarito, inoltre, che questo tipo di accertamento viene eseguito nel laboratorio di analisi della (Omissis) con una variabilità di risultato che oscilla tra l'1 e il 2%. La circostanza che sia stato poi chiesto al teste di calcolare quale sarebbe stata la riduzione del 2% rispetto al valore accertato (1,56 g/l) non vale a trasformare la deposizione tecnica in una perizia, trattandosi di un calcolo che chiunque avrebbe potuto compiere.
Nel ricorso si osserva che al Dott. (Soggetto 2) è stato chiesto anche di esprimere una valutazione sul contenuto di uno studio della Associazione tossicologi forensi (documento che la stessa difesa aveva prodotto) dal quale risulta che il metodo utilizzato per la determinazione dell'alcolemia a scopo forense deve essere in grado di quantificare il dato "nell'intervallo di calibrazione compreso almeno tra 0,05 e 3,0 grammi/litro, con imprecisione (CV%) e inaccuratezza (E%) ai valori di 0,05 0,1 - 0,5 - 0,8 - 1,5 g/l non superiori al 10%". Sul punto il Dott. (Soggetto 2) si è limitato ad osservare che "il metodo di riferimento è il metodo che in teoria dovrebbe avere errore zero", ma questo metodo non esiste per nessuna misura di laboratorio e ha aggiunto che il valore riscontrato nel laboratorio in cui furono eseguite le analisi (testualmente: "il valore che noi riscontriamo e che, nella nostra pratica, abbiamo come valore attendibile") ha un margine di variabilità dell'1 o 2%. Come è evidente, tali considerazioni non trasformano la deposizione testimoniale resa dal Dott. (Soggetto 2)' in una perizia. Al teste è stato chiesto, infatti, di riferire sulle modalità con le quali, nel laboratorio da lui diretto, vengono compiute le analisi gascromatografiche e, nel riferire tali circostanze di fatto, egli non poteva non compiere una valutazione tecnica sul contenuto dell'attività svolta. Non si comprende, peraltro, in che modo l'aver chiesto al teste di commentare un documento redatto dalla (Omissis) potrebbe aver determinato una nullità ai sensi dell'art. 178 c.p.p., lett. c), tanto più che - come la sentenza impugnata sottolinea - fu il difensore a chiedere al (Soggetto 2) di valutare la compatibilità della tesi da lui sostenuta (secondo la quale il margine di varianza dell'analisi gascromatografica concretamente eseguita era dell'1-2%) con le argomentazioni contenute nello studio della (Omissis).
Ne consegue la manifesta infondatezza delle eccezioni di inutilizzabilità o nullità della deposizione resa dal Dott. (Soggetto 2).
3. Col terzo motivo, la difesa lamenta che l'analisi gascromatografica sia stata ritenuta idonea ad affermare la responsabilità dell'imputata per violazione dell'art. 186 C.d.S., comma 2 lett. c), Osserva che, come lo stesso Dott. (Soggetto 2) ha ammesso, l'accertamento può avere un margine di errore e che i giudici di merito non avrebbero spiegato le ragioni per cui hanno attribuito attendibilità scientifica alle valutazioni del Dott. (Soggetto 2), il quale ha parlato di un margine di errore non superiore al 2%, a fronte di studi che parlano invece di un margine di errore che può giungere fino al 10%.
Così argomentando, la difesa della ricorrente non si è confrontata con la motivazione fornita dai giudici di merito i quali hanno sottolineato che il Dott. (Soggetto 2) ha fatto riferimento al concreto accertamento eseguito presso il laboratorio di analisi della (Omissis) e ha tenuto conto del modo in cui quell'accertamento fu eseguito e delle caratteristiche del macchinario che fu utilizzato allo scopo, mentre i documenti prodotti dalla difesa fanno riferimento agli astratti parametri di attendibilità della determinazione dell'alcolemia a scopo forense, che può essere eseguita con metodi diversi.
A ciò deve aggiungersi che l'Associazione scientifica "Gruppo tossicologi forensi italiani", ai cui documenti la difesa fa riferimento, ha elaborato (da ultimo nel giugno 2022) "linee guida" atte a individuare il più corretto metodo di analisi per la determinazione dell'alcolemia a scopi forensi e, nel farlo, ha raccomandato che ciascun laboratorio "provveda ad ottenere la stima delle incertezze di misura associate ai diversi valori di alcolemia determinati, prendendo in considerazione tutti i contributi delle diverse fonti di variabilità che influenzano le misure alcolemiche" sottolineando poi che "la stima delle incertezze risulta determinante per la definizione delle soglie decisionali in corrispondenza di ciascun limite di legge". Ne consegue che è del tutto fisiologico (e il documento prodotto dalla difesa lo conferma) che il valore di alcolemia ottenuto all'esito di analisi di laboratorio possa tenere conto di range di variazioni differenti: il 4% per il referto di analisi della Azienda USLL n. (Omissis) (allegato al ricorso); il 2% per il referto di analisi dell'(Omissis) oggetto del presente giudizio.
In altri termini: le linee guida cui la difesa fa riferimento individuano le più corrette metodologie da seguire per l'esecuzione delle analisi volte alla determinazione del tasso alcolemico a fini forensi e valutano affidabili metodi di analisi che siano in grado di quantificare il dato "nell'intervallo di calibrazione compreso almeno tra 0,05 e 3,0 grammi/litro, con imprecisione (CV%) e inaccuratezza (E%) ai valori di 0,05 - 0,1 - 0,5 - 0,8 - 1,5 g/l non superiori al 10%", ma nulla dicono ne' potrebbero dire) sul livello affidabilità e sul margine di errore proprio di ciascuna analisi concretamente eseguita.
Tale documento, infatti, precisa (pag. 21): "I risultati di analisi quantitative devono essere espressi in modo tale da escludere dubbi interpretativi, con unità di misura direttamente confrontabili con eventuali valori di riferimento ed accettate dal Sistema Internazionale di Unità di Misura (SI). Gli stessi risultati devono preferibilmente essere espressi indicando l'incertezza associata alla misurazione eseguita ed il confronto con valori soglia o di riferimento dovrà tenere conto di questa incertezza. Il numero di cifre con cui è opportuno esprimere il risultato è dettato dall'entità dell'incertezza".
4. Alla luce di tali precisazioni, può essere ribadito il principio di diritto affermato da questa Corte di legittimità con la sentenza Sez. 4, n. 6497 del 09/01/2018, B., Rv. 272600, secondo la quale: "nel reato di guida in stato di ebbrezza, ai fini dell'accertamento della concentrazione alcolica, il codice della strada e il relativo regolamento non prescrivono alcuna particolare modalità di analisi del sangue lasciando al personale medico libertà di scelta nel metodo da usare purché sia scientificamente corretto". Si deve precisare, però, che, quando nel referto sia stata indicata la percentuale di incertezza associata alla misurazione eseguita, di tale indicazione si deve tenere conto nel valutare se il valore soglia sia o non sia stato superato e che, in presenza di un referto validato dall'autorità sanitaria ed eseguito con metodo scientificamente corretto, è onere della difesa che intenda contestarne gli esiti fornire prova dell'inidoneità dell'accertamento (che potrebbe dipendere da particolari circostanze concrete, quali, ad esempio, l'inadeguatezza delle modalità di prelievo, conservazione, manipolazione e movimentazione del campione).
Sotto il profilo processuale, il principio così affermato è conforme a quello, di carattere generale, secondo cui l'accusa deve provare i fatti costitutivi del reato, mentre spetta all'imputato dimostrare quelli estintivi o modificativi. Nel caso della guida in stato di ebrezza, è onere della accusa provare il superamento del tasso alcolemico, ma se tale prova è fornita producendo un referto medico validato dalla autorità sanitaria a ciò preposta, è onere della difesa provare che il fatto costitutivo del reato non si è verificato introducendo nel processo elementi atti a dimostrare l'inaffidabilità dell'accertamento concretamente eseguito.
In termini non dissimili, questa Corte di legittimità ha ritenuto che l'esito positivo dell'alcoltest costituisca "prova dello stato di ebbrezza - stante l'affidabilità di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all'omologazione e alla taratura con la conseguenza che è onere della difesa dell'imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l'assenza o l'inattualità dei prescritti controlli, tramite l'escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell'etilometro" (Sez. 4, n. 11679 del 15/12/2020, dep. 2021, I., Rv. 280958; Sez. 4, n. 46146 del 13/10/2021, C., Rv. 282550; Sez. 4, n. 46841 del 17/12/2021, P., Rv. 282659).
Nel caso di specie, dalla sentenza impugnata risulta: che il valore del tasso alcolemico è stato accertato sulla base di un metodo, quello della gascromatografia, scientificamente validato e ritenuto particolarmente affidabile; che il valore riscontrato utilizzando questo metodo era pari ad 1,56 g/l; che l'entità dell'incertezza dell'accertamento non era superiore al 2% sicché, anche tenendone conto, il tasso alcolemico era comunque superiore al limite di 1,56 g/l.
Le doglianze della difesa sull'asserita inaffidabilità delle analisi sono dunque infondate.
4. Col quarto motivo la ricorrente si duole che il prelievo del sangue sia stato eseguito più due ore dopo il momento in cui la guida aveva avuto termine, momento che coincide, nel caso di specie, con un sinistro nel quale la (Soggetto 1)' fu coinvolta. Nel lamentare che la sentenza impugnata non avrebbe motivato sul punto, la difesa sottolinea che l'andamento generale dei tempi di assorbimento e smaltimento delle sostanze alcoliche ingerite è determinato dalla curva alcolimetrica (nota come "curva di Widmark") nel senso che la concentrazione di alcol ha dapprima un andamento crescente e, dopo aver raggiunto il picco massimo di assorbimento, assume un andamento decrescente. Sostiene la difesa che la Corte territoriale non avrebbe fornito argomentazioni sufficienti ad escludere che il tasso alcolemico fosse in ascesa e abbia raggiunto il picco proprio nel momento in cui fu eseguita l'analisi.
Questa Corte di legittimità ha già avuto modo di chiarire che "le tempistiche di assorbimento e di smaltimento delle sostanze alcoliche ingerite non costituiscono dati determinabili in astratto e validi per la generalità dei casi, ma, posto un andamento generale basato sulla nota "curva di Widmark" - secondo cui la concentrazione di alcol, in andamento crescente tra i 20 ed i 60 minuti dall'assunzione, assume un andamento decrescente dopo aver raggiunto il picco massimo di assorbimento in detto intervallo di tempo - variano da soggetto a soggetto, dipendendo da numerosi fattori che sfuggono alla possibilità di astratta previsione" (Sez. 4, n. 3862 del 10/11/2017; sez. 4 n. 4521 del 13/09/2018, non massimate). La Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi quando ha affermato che dall'andamento, prima crescente, poi decrescente, della curva di Widmark, non può desumersi che, in concreto, al momento dell'incidente il tasso alcolemico potesse essere in salita e ha sottolineato che la difesa non ha fornito neppure un principio di prova in tal senso. La sentenza impugnata riferisce, infatti, che l'auto condotta dalla (Soggetto 1) sbandò sulla propria sinistra andando a sbattere contro il muro di cinta di un'abitazione privata e sottolinea che non emerge dagli atti "alcun elemento capace di spiegare le cause dell'improvviso sbandamento" quali, ad esempio, il "fondo stradale sdrucciolevole" o un "improvviso ed anomalo comportamento di un altro utente della strada".
I rilievi formulati dalla ricorrente si esauriscono dunque, a ben guardare, in una prospettazione dei fatti e in una valutazione delle emergenze istruttorie alternativa a quella fornita dai giudici di merito, i quali hanno addotto a sostegno delle proprie conclusioni motivazioni esenti da contraddittorietà, non illogiche e conformi ai principi di diritto che regolano la materia.
5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 8 febbraio 2022.
Depositato in Cancelleria il 27 febbraio 2023.
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