Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 7888 del 23 febbraio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 7888 del 23/02/2023
Circolazione Stradale - Artt. 189 e 218 del Codice della Strada - Comportamento in caso di incidente - Fuga - Reato omissivo - Calcolo della pena - Durata sospensione della patente di guida - Il reato di fuga previsto dall'art. 189, comma 6, cod. strada è reato omissivo di pericolo che impone all'agente di fermarsi in presenza di un incidente, da lui percepito, e la pena media edittale deve essere calcolata dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo ed il discostamento al minimo edittale, e la durata della sospensione della patente di guida deve essere determinata in relazione all'entità del danno apportato, alla gravità della violazione commessa, nonché al pericolo che l'ulteriore circolazione potrebbe cagionare.


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 28 gennaio 2022, la Corte di appello di (Omissis) ha confermato la sentenza pronunciata il 10 gennaio 2020 dal Tribunale di (Omissis).

Con la sentenza confermata in appello, (Soggetto 1) è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 189, commi 1 e 6, d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285 perché, essendo stato convolto in un incidente stradale, comunque ricollegabile al suo comportamento, nel quale (Soggetto 2) aveva riportato lesioni personali (ed in specie avendo urtato con la propria vettura la bicicletta condotta dalla persona offesa), non ottemperò all'obbligo di fermarsi (in (Omissis) il (Omissis)).

2. Contro la sentenza ha proposto tempestivo ricorso il difensore dell'imputato, articolandolo in cinque motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione, come previsto dall'art. 173, comma 1, d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.

2.1. Col primo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e vizi di motivazione quanto alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato. Sostiene che, nel motivare l'affermazione della penale responsabilità, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto delle circostanze concretamente rappresentate e percepite dall'agente, il quale non si rese conto di aver urtato il ciclista.

2.2. Col secondo motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge e mancanza o contraddittorietà della motivazione con riferimento alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen.

2.3. Col terzo e quarto motivo, la difesa lamenta violazione di legge e mancanza o contraddittorietà della motivazione con riferimento alla determinazione della pena. Sostiene che i giudici di merito si sono discostati dal minimo edittale senza fornire adeguata motivazione e non facendo corretta applicazione dell'art. 133 cod. pen. Rileva che la pena è sproporzionata all'entità del fatto, all'epoca del quale l'imputato aveva già 82 anni, ed è analogamente sproporzionata la durata della sospensione della patente di guida, fissata in anni due.

2.4. Col quinto motivo il ricorrente si duole della mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena che sarebbe stata negata senza tenere conto dell'età avanzata, dell'incensuratezza e, in generale, della personalità dell'imputato.

3. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte con le quali, ritenendo fondato il quinto motivo di ricorso, ha chiesto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata limitatamente alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena e la dichiarazione di inammissibilità di tutti gli altri motivi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso non sono fondati.

2. Secondo il consolidato insegnamento di questa Corte di legittimità, «il reato di fuga previsto dall'art. 189, comma 6, cod. strada è reato omissivo di pericolo che impone all'agente di fermarsi in presenza di un incidente, da lui percepito, che sia riconducibile al suo comportamento e che sia concretamente idoneo a produrre eventi lesivi, non essendo necessario che si debba riscontrare l'esistenza di un effettivo danno alle persone, peraltro non accertabile immediatamente nella sua sussistenza e consistenza» (Sez. 4, n. 3982 del 12/11/2002, dep. 2003, M., Rv. 223499; Sez. 4, n. 34335 del 03/06/2009, R., Rv. 245354; Sez. 6, n. 21414 del 16/02/2010, C., Rv. 247369). L'accertamento sull'esistenza del dolo, pertanto, «va compiuto in relazione al momento in cui l'agente pone in essere la condotta e, quindi, alle circostanze dal medesimo concretamente rappresentate e percepite in quel momento, le quali devono essere univocamente indicative della sua consapevolezza di aver causato un incidente idoneo ad arrecare danno alle persone, rilevando solo in un successivo momento il definitivo accertamento delle effettive conseguenze del sinistro» (Sez. 4, n. 5510 del 12/12/2012, dep. 2013, M., Rv. 254667; Sez. 2, n. 42744 del 22/09/2021, C., Rv. 282294).

La Corte territoriale ha fatto buon governo di tali principi di diritto. Ha sottolineato, infatti, che, alla luce delle emergenze istruttorie (in particolare delle dichiarazioni del teste (Soggetto 3), pag. 5 della sentenza impugnata), l'imputato ebbe piena contezza dell'incidente, tanto che (come ha dichiarato) proseguì per un breve tratto la marcia, si fermò «per vedere la situazione», ma resosi conto della presenza di altre persone, si allontanò per portare immediatamente l'auto a riparare (pag. 6 della sentenza impugnata).

La tesi secondo la quale (Soggetto 1) ebbe timore di poter essere aggredito dalle persone intervenute si esaurisce in una mera allegazione. Conferma, tuttavia, la consapevolezza da parte dell'imputato delle conseguenze lesive della caduta.

3. Col secondo motivo, il ricorrente si duole della mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all'art. 131 bis cod. pen.

Come noto, il giudizio sulla tenuità del fatto necessario per poter applicare la causa di esclusione della punibilità prevista dall'art. 131 bis cod. pen. richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo (cfr., per tutte, Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, T., Rv. 266590). In breve, come efficacemente chiarito dal supremo Collegio, (pag. 8 della motivazione della sentenza n. 13681/2016) si richiede «una equilibrata considerazione di tutte le peculiarità della fattispecie concreta; e non solo di quelle che attengono all'entità dell'aggressione del bene giuridico protetto». Ai fini della applicazione dell'art. 131 bis cod. pen., infatti, «non esiste un'offesa tenue o grave in chiave archetipica. È la concreta manifestazione del reato che ne segna il disvalore».

Pur nell'estrema sinteticità, la motivazione fornita dalla Corte territoriale non contrasta con questi principi. La sentenza impugnata, infatti, fa riferimento alle conseguenze lesive dell'evento; nel corpo della decisione, inoltre, si sottolinea: che l'incidente si verificò in pieno giorno su un tratto di strada rettilineo con ottima visibilità; che, per effetto dell'urto, la persona cadde e finì sotto il guard-rail; che Attanasio si adoperò per far riparare subito la macchina e cancellare così le tracce dell'incidente.

4. Il terzo e quarto motivo hanno ad oggetto la dosimetria della pena e non sono fondati. Secondo un indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. o richiama alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, M., Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, S., Rv. 256197). A questo proposito la giurisprudenza ha anche specificato che la pena media edittale non deve essere calcolata dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due il numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, D. P., Rv. 276288). Nel caso in esame la pena base è stata determinata nella misura di anni uno di reclusione, ben inferiore alla pena media edittale così calcolata e il discostamento dal minimo edittale è stato motivato con riferimento al comportamento successivo al reato (l'aver subito portato la macchina a riparare) considerato espressivo di capacità a delinquere.

L'incensuratezza e l'età avanzata, peraltro, sono state valutate ai fini della concessione delle attenuanti generiche che ha portato a determinare la pena finale nella misura di mesi otto di reclusione.

A conclusioni analoghe si deve giungere con riferimento alla determinazione della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, che è stata motivata dalla Corte territoriale con riferimento alla gravità del fatto e alle conseguenze del reato. A questo proposito si deve ricordare che, ai sensi dell'art. 218, comma 2, cod. strada, la durata della sospensione della patente di guida deve essere determinata «in relazione all'entità del danno apportato, alla gravità della violazione commessa, nonché al pericolo che l'ulteriore circolazione potrebbe cagionare» e che nell'applicazione di tali parametri, i giudici di merito non potevano certo tenere conto, in senso favorevole all'imputato, della sua età avanzata.

5. Il quinto motivo, del quale il Procuratore generale ha chiesto l'accoglimento, si riferisce all'asserita mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena ed è manifestamente infondato perché tale beneficio è stato concesso. Il dispositivo della sentenza di primo grado, confermata in appello, infatti, recita testualmente: «dichiara (Soggetto 1) colpevole del reato ascritto e, riconosciute attenuanti generiche, lo condanna alla pena di mesi otto di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa.

Dispone la sospensione della patente di guida del predetto per la durata di anni due».

6. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, 9 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2023.

 

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