Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 7882 del 23 febbraio 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 7882 del 23/02/2023
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica - Modalità di accertamento - Lasso temporale tra la condotta di guida e l'esecuzione del test - Nella guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool, in caso di decorso di un intervallo di tempo di alcune ore tra la condotta di guida e l'esecuzione del test, si rende necessaria l'indicazione di altri elementi indiziari dello stato di ebbrezza, tenendo presente che il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolimetrico è inevitabile, e che esso non incide sulla validità del rilevamento alcolemico.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di (Omissis), con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato la pronuncia emessa il 10/07/2020 dal Tribunale di (Omissis) nei confronti di (Soggetto 1), assolvendo l'imputato dalla contravvenzione di cui all'art. 116 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, confermando la condanna dell'imputato in relazione ai reati di cui all'art. 81, comma 1, cod. pen., 186, comma 2 lett.b) e comma 2-bis, 689 [189], commi 1, 6 e 7, cod. strada.
2. L'imputato è stato ritenuto responsabile di aver condotto l'autovettura Opel (Omissis) di proprietà della moglie (Soggetto 2) guidando in stato di ebrezza dovuto all'assunzione di sostanze alcoliche, cagionando un sinistro stradale con feriti, dandosi alla fuga e omettendo di fermarsi a soccorrere gli astanti infortunati. Fatto commesso in (Omissis) in data (Omissis).
3. (Soggetto 1) propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con un primo motivo, per motivazione palesemente illogica con riguardo al delitto di cui all'art. 189, commi 1, 6 e 7, cod. strada. Secondo la difesa, la Corte territoriale non avrebbe tratto la logica conclusione derivante dai fatti accertati, in particolare dal fatto che l'imputato, subito dopo l'impatto, fosse sceso dall'autovettura e si fosse sincerato delle condizioni di (Soggetto 3), dialogando con lo stesso per un certo lasso di tempo, oltre che dal fatto che lo stesso (Soggetto 3) aveva inseguito a piedi l'autovettura dell'imputato, segno evidente delle buone condizioni fisiche in cui versava. La Corte ha fatto riferimento alle lesioni che avrebbero subito i passeggeri dell'autovettura antagonista, mentre l'imputato si era sincerato delle loro condizioni fisiche. Il (Soggetto 1), avendo accertato che non vi fossero feriti neppure apparenti e avendo riferito le sue generalità, ha posto in essere condotte incompatibili con la fattispecie astratta del reato di fuga sanzionato dal codice stradale e con il dolo del delitto previsto dall'art. 189, comma 7, cod. strada.
3.1. Con un secondo motivo deduce l'illogicità della motivazione in relazione alla mancata applicazione della causa di non punibilità prevista dall'art. 131 bis cod. pen. e alla valutazione della condotta del ricorrente alla luce delle dichiarazioni rese ex art. 192, commi 3 e 4, cod. proc. pen. In particolare, la difesa evidenzia come la Corte territoriale abbia trascurato di valutare il comportamento dell'imputato e le circostanze in cui si sono svolti gli eventi, posto che l'imputato non aveva compreso, dal comportamento tenuto dalle presunte persone offese, la necessità di soccorsi. I giudici di merito hanno trascurato anche l'entità delle lesioni fisiche certificate dai sanitari, assolutamente modeste, e la tipologia delle stesse in quanto non visibili ne' ricavabili per astratto dal comportamento delle presunte persone offese. Pur sussistendo tutti i requisiti previsti per l'applicazione della causa di non punibilità, la Corte di appello ha ritenuto apoditticamente che la condotta del ricorrente fosse grave, avesse determinato gravissime conseguenze e fosse connotata da una particolare intensità del dolo sulla base di valutazioni che non trovano riscontro negli elementi probatori acquisiti nel corso del procedimento.
3.2. Con un terzo motivo deduce la totale assenza di motivazione in relazione al riconoscimento della responsabilità per il reato di guida in stato di ebrezza. La Corte ha omesso di valutare il motivo di gravame con il quale si era dedotta la tardività dell'accertamento etilometrico, posto che l'accertamento era stato eseguito oltre un'ora dopo il sinistro. Essendo pacifico che l'accertamento non fosse avvenuto nell'immediatezza dei fatti, non risulta provato che l'imputato fosse alla guida in stato di ebrezza, in difetto di elementi indiziari dello stato di alterazione al momento dell'evento.
3.3. Con un quarto motivo deduce violazione degli artt. 186, comma 2 lett. c), cod. strada, 379, comma 8, 192 e 533 cod. proc. pen. e 27, comma 2, Cost. L'etilometro utilizzato per l'accertamento del reato risultava solo omologato e non sottoposto a revisione periodica, per cui il relativo esito non avrebbe potuto assurgere al rango di prova della sussistenza dello stato di ebrezza. La difesa richiama l'ordinanza della Corte Costituzionale in tema di apparecchiature destinate all'accertamento delle violazioni del limite di velocità; analogamente, sarebbe stato necessario che la pubblica accusa fornisse la prova dell'avvenuta preventiva sottoposizione dell'apparecchio alla prescritta e aggiornata omologazione oltre che alla indispensabile corretta calibratura, tali da garantire l'effettivo buon funzionamento dell'apparecchio e quindi la piena attendibilità del risultato conseguito. La Corte di appello ha palesemente disatteso l'orientamento interpretativo della Corte di legittimità sul punto, ritenendo sufficiente il certificato di omologazione e omettendo qualsiasi valutazione sulla eventuale sussistenza e validità della taratura e della revisione.
4. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.
5. Il difensore ha depositato memoria, insistendo per l'accoglimento del ricorso e concludendo per il rigetto delle richieste del Procuratore generale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Lungi dal confrontarsi con la congrua motivazione offerta dalla Corte territoriale alle pagg. 3-4, il ricorso reitera le doglianze difensive già compiutamente esaminate dal giudice di appello, che ha fornito puntuale replica. Inoltre, il motivo è formulato in modo non specifico e diretto a ottenere una rivalutazione degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, evidentemente preclusa dinanzi al giudice di legittimità. In particolare, difetta ogni confronto con il giudizio di attendibilità formulato dai giudici di merito a proposito della deposizione di (Soggetto 3), non costituitosi parte civile, il quale ha riferito che l'imputato fosse uscito dall'autovettura, piuttosto che per sincerarsi delle condizioni della moglie e del bambino del (Soggetto 3), per raccomandare ai presenti di non chiamare nessuno perché era senza patente e senza assicurazione, allontanandosi immediatamente dopo senza fornire i propri dati identificativi, tanto da costringere il (Soggetto 3) ad inseguirlo e a registrare il numero di targa. La pronuncia impugnata, con riferimento all'elemento soggettivo del reato, ha coerentemente ritenuto dimostrata tanto la situazione che la norma incriminatrice indica quale fonte dell'obbligo giuridico di prestare soccorso quanto la possibilità per l'imputato di percepire ex ante la necessità di soccorso in cui versavano i passeggeri del veicolo antagonista (Sez. 4, n. 18748 del 04/05/2022, M., Rv. 283212 - 01).
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. Fermo restando quanto accertato in merito alle modalità dell'azione, la Corte territoriale ha espresso congrua motivazione in merito alla gravità della condotta e all'intensità del dolo (pag.5), così ritenendo insuperabile il difetto del primo dei requisiti ai quali è subordinato il riconoscimento della causa di non punibilità; con tali rilievi il ricorrente ha omesso di confrontarsi compiutamente, tentando di avvalorare una diversa lettura dell'esito istruttorio. Come costantemente affermato dalla Corte di legittimità (ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, L., Rv. 254584), la funzione tipica dell'impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell'atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta pertanto di chiara evidenza che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, si limita a reiterare il motivo d'appello, confrontandosi solo apparentemente con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all'inammissibilità, venendo meno in radice l'unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento ora formalmente impugnato, lungi dall'essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto ignorato.
3. Il terzo motivo è manifestamente infondato. Nell'atto di appello la difesa aveva allegato che l'accertamento dello stato di ebbrezza sarebbe stato eseguito il giorno dopo il sinistro e la Corte territoriale ha puntualmente replicato a tale censura rimarcando che dalle risultanze istruttorie era emerso che l'accertamento del tasso alcolemico fosse avvenuto un'ora dopo il sinistro. Premesso che la presente censura si fonda su allegazioni di fatto diverse da quelle esaminate dal giudice di appello, giova richiamare quanto costantemente affermato dalla Corte di legittimità in merito al giudizio di attendibilità dell'accertamento alcolemico effettuato a distanza di tempo dal sinistro (Sez. 4, n. 42004 del 19/09/2019, M., Rv. 277689 - 01, in motivazione la Corte ha precisato che la presenza di altri elementi indiziari dello stato di ebbrezza si rende necessaria solo in caso di decorso di un intervallo di tempo di alcune ore tra la condotta di guida e l'esecuzione del test; Sez. 4, n. 21991 del 28/11/2012 Ud. (dep. 22/05/2013), dep. 2013, G., Rv. 256191 - 01, in cui si è affermato che il decorso di un intervallo temporale tra la condotta di guida incriminata e l'esecuzione del test alcolimetrico è inevitabile e non incide sulla validità del rilevamento alcolemico).
4. Il quarto motivo è manifestamente infondato. Può ritenersi consolidato l'orientamento interpretativo della Corte di legittimità nel senso che l'onere a carico del pubblico ministero di fornire la prova dell'omologazione dell'etilometro della sua sottoposizione alle verifiche periodiche previste dalla legge è configurabile nel solo caso in cui l'imputato abbia assolto all'onere di allegazione avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell'apparecchio, che non può risolversi nella richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all'omologazione e alle revisioni, non avendo tali dati di per se' rilievo probatorio ai fini dell'accertamento dello stato di ebbrezza (Sez. 4, n. 46841 del 17/12/2021, P., Rv. 282659 - 01; Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, G., Rv. 281828 - 01).
5. Il ricorso, per tali ragioni, va dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen. l'onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro 3.000,00.
La Corte, a prescindere da ogni valutazione circa la possibilità di correggere ai sensi dell'art. 619 cod. proc. pen. una pena illegale a fronte di un ricorso inammissibile, non può provvedere in questa sede alla correzione della sanzione detentiva irrogata (arresto), sebbene si tratti di pena illegale in quanto di specie diversa da quella prevista dall'art. 189, commi 6 e 7, cod. strada (reclusione), in quanto si tratta di errore favorevole all'imputato e il pubblico ministero non ha proposto impugnazione (Sez. 2, n. 22494 del 25/05/2021, K., Rv. 281453).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 9 febbraio 2023.
Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2023.
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