Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 7880 del 23 febbraio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 7880 del 23/02/2023
Circolazione Stradale - Art. 154 del Codice della Strada - Incidente stradale con esito mortale - Immissione nel flusso della circolazione - Inversione di marcia - Presenza della linea continua di mezzeria - Omessa precedenza - Il conducente del veicolo tenuto a cedere la precedenza deve usare la prudenza e diligenza necessarie a eseguire in sicurezza la manovra di attraversamento, non potendo fare affidamento sul fatto che i veicoli favoriti tengano una condotta pienamente rispettosa delle regole di circolazione; in particolare, l'eccessiva velocità tenuta dal veicolo favorito dalla precedenza costituisce condotta prevedibile, rispetto alla quale il principio di affidamento trova un temperamento nell'opposto principio per cui gli utenti della strada si devono considerare responsabili anche dei comportamenti imprudenti posti in essere da altri, ove prevedibili.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di (Omissis), con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa il 7/02/2018 dal Tribunale di (Omissis) nei confronti di (Soggetto 1), imputata del reato previsto dall'art. 589, comma 2, cod. pen. in relazione agli artt. 154, comma 3 lett. c) e 8, e 157, commi 2 e 8, cod. strada perché, per colpa consistita in imprudenza, negligenza e inosservanza delle norme sulla circolazione stradale, si era immessa nel flusso della circolazione in via (Omissis) attraversando la strada da sinistra verso destra con direzione (Omissis) sebbene la strada fosse separata da doppia linea di mezzeria, alla guida dell'auto Citroen (Omissis) partendo dalla posizione di sosta in direzione contromano e omettendo di dare la precedenza ai veicoli in transito, in particolare al motociclo (Omissis), che a sua volta sopraggiungeva, senza prestare la dovuta attenzione agli altri veicoli, a velocità eccessiva e comunque superiore al limite prescritto di km/h 50, ridotto in quel tratto a km/h 30 per la presenza di un cantiere, cagionando al conducente del motociclo (Soggetto 2) lesioni personali gravissime dalle quali era derivata la morte. Fatto commesso in (Omissis) il 23 marzo 2011.

2. (Soggetto 1) propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata, con un primo motivo, per violazione di legge, inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di altre norme giuridiche nonché vizio di illogicità della motivazione e travisamento della prova con specifico riferimento alla omessa esclusione della causalità della colpa nella condotta contestata alla ricorrente. La difesa lamenta l'erronea ricostruzione della dinamica del sinistro in quanto fondata su dichiarazioni testimoniali inattendibili, omettendo di valorizzare la testimonianza del teste trasportato sull'autovettura dell'imputata, il quale ha riferito che era stata la moto ad urtare l'auto e non viceversa; il giudice di merito avrebbe, inoltre, omesso di considerare le conclusioni alle quali era pervenuto il consulente del pubblico ministero, dalle quali emergeva che la conducente della Citroen avesse iniziato la manovra verificando che la strada fosse libera quando il motociclo si trovava a una distanza superiore a 72 metri. Pur avendo la Corte escluso che l'imputata avesse oltrepassato una linea di mezzeria continua, non ha tuttavia logicamente concluso nel senso della incensurabilità del comportamento della ricorrente. I giudici di appello hanno ritenuto censurabile il comportamento dell'imputata perché non avrebbe attraversato con il frontale perpendicolare alla via (Omissis) bensì con il frontale verso la direzione di (Omissis), impedendo al motociclista di svoltare sulla propria destra, ma tale conclusione non trova riscontro in alcun elemento emerso nel processo ed è illogica in quanto l'attraversamento della carreggiata in zona consentita non può mai integrare una violazione di legge, indipendentemente dalla inclinazione del frontale dell'autovettura. La Corte territoriale è incorsa in errore laddove ha affermato che il motociclista non avesse svoltato verso sinistra ma si fosse allargato verso la carreggiata opposta di sinistra, dove si verificava l'urto, essendo stato dimostrato che il motociclista sia caduto nella sua corsia di percorrenza mentre l'auto si trovava regolarmente nella propria mezzeria. I giudici avrebbero omesso di valutare che l'automobilista non avrebbe potuto prevedere il sopraggiungere del motociclista, considerato che lo stesso non era visibile, tenuto conto della particolare conformazione della strada e della distanza alla quale questi si trovava dal punto di attraversamento. La Corte, pur avendo accertato che il rispetto del limite di legge avrebbe escluso la caduta del motociclista o avrebbe determinato un esito diverso, non ne ha tratto la logica conseguenza; avrebbe, in particolare, dovuto ritenere che mancasse la prova della causalità della colpa e della efficacia della condotta alternativa lecita. I giudici di merito, invece, hanno individuato automaticamente il fattore di rischio dovuto all'attraversamento della carreggiata in zona consentita, sebbene la sequenza causale fosse stata innescata dall'eccessiva velocità del motociclista e, dunque, l'evento conseguitone non fosse prevedibile con giudizio ex ante quale concretizzazione del rischio attivato dalla condotta dell'automobilista.

Con un secondo motivo ha eccepito l'intervenuta prescrizione del reato.

3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

4. I difensori hanno depositato memoria, concludendo per l'annullamento della sentenza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Secondo la difesa, la Corte avrebbe ricostruito erroneamente la dinamica del sinistro; su tale assunto di partenza fonda la richiesta di una diversa valutazione delle prove testimoniali e di una particolare valorizzazione delle conclusioni alle quali è pervenuto il consulente tecnico d'ufficio, laddove ha indicato che l'automobilista avrebbe iniziato la manovra quando il motociclista si trovava a una distanza superiore a 72 metri. La difesa ritiene censurabile la motivazione nel punto in cui vi si afferma che la manovra della imputata avrebbe impedito al motociclista di eseguire una manovra di emergenza svoltando a destra e sottolinea come erronea l'affermazione secondo la quale il motociclista si sarebbe allargato a sinistra verso la corsia opposta, essendo dimostrato che invece egli fosse caduto nella corsia di percorrenza. Tali errori valutativi della prova e conoscitivi della reale dinamica del sinistro avrebbero impedito ai giudici di merito di accertare, da un lato, che l'automobilista non avrebbe potuto prevedere il sopraggiungere della moto e, dall'altro, che la velocità di marcia tenuta dal motociclista fosse causa esclusiva del sinistro.

3. I giudici di merito, secondo quanto si evince dalla lettura delle conformi sentenze, hanno ritenuto che la narrazione del sinistro da parte dei testimoni che avevano assistito al fatto e i rilievi della polizia municipale, letti alla luce delle consulenze tecniche delle parti in atti, corroborassero l'ipotesi accusatoria secondo la quale l'automobilista aveva tagliato la strada al motociclista che proveniva dal senso opposto di marcia, pur senza trascurare il concorso di colpa del motociclista, che teneva una velocità di marcia di km/h 88-90, superiore a quella imposta in quel tratto di strada, pari a km/h 30.

3.1. In particolare, i giudici hanno addebitato all'imputata la violazione dell'art. 154, comma 3 lett. c), cod. strada, che obbliga coloro che si immettono nel flusso della circolazione a dare la precedenza ai veicoli in marcia, ritenendo che il motociclista avesse eseguito una manovra istintiva di deviazione a sinistra perché l'automobilista, che si stava immettendo nel traffico nella corsia opposta attraversando l'intera carreggiata, gli aveva in sostanza tagliato la strada. L'assunto secondo il quale il giudice di appello avrebbe fondato il proprio giudizio su un dato di fatto contrastante con le emergenze processuali, oltre ad essere genericamente formulato, non trova corrispondenza nel tenore del provvedimento impugnato, considerato che affermare che il motociclista «si apriva verso la carreggiata opposta di sinistra» non significa affermare che il sinistro si sia verificato nella corsia opposta di marcia. Tanto al fine di avvalorare la ricostruzione secondo la quale il motociclista avrebbe istintivamente deviato a sinistra piuttosto che a destra per evitare l'autovettura.

3.2. La Corte di appello ha, poi, puntualmente richiamato le doglianze dell'appellante, qui riproposte, segnatamente la disamina delle testimonianze acquisite e gli esiti delle consulenze tecniche delle parti, ritenendo tuttavia che la decisione impugnata fosse immune da censure: da un lato, ha chiarito che le versioni non collimanti dei testimoni non ponevano comunque in dubbio che l'imputata avesse attraversato la carreggiata per portarsi nella corsia di marcia opposta a quella nella quale l'auto era parcheggiata; dall'altro, ha spiegato perché le testimonianze delle persone che si trovavano a bordo dell'autovettura condotta dall'imputata non avessero fornito informazioni utili alla ricostruzione del sinistro (pag. 9).

3.3. Con motivazione esente da manifesta illogicità o da contraddizioni, in questa sede censurata dalla difesa al fine di proporre una inammissibile lettura alternativa delle prove, la Corte territoriale ha ritenuto che la manovra eseguita dall'imputata, che si era immessa nel flusso veicolare della carreggiata in direzione opposta a quella percorsa dal motociclo, fosse gravemente imprudente e causalmente efficiente rispetto al sinistro. L'automobilista, si legge nella sentenza, si era posta in una posizione di attraversamento della carreggiata in un punto in cui tale manovra non era consentita in quanto vietata dalla linea continua di mezzeria.

3.4. La tesi difensiva secondo la quale il motociclista fosse fuori dal campo visivo della conducente è stata valutata, ma non è stata ritenuta idonea ad escludere il collegamento causale tra la manovra dell'automobilista e il sinistro, a tanto pervenendo i giudici di merito sulla base della considerazione, insindacabile in quanto non errata in diritto ne' manifestamente illogica, che la grave imprudenza del centauro si fosse solo aggiunta a quella dell'imputata in ragione del fatto che quest'ultima «non avrebbe mai potuto dirigersi verso la carreggiata dell'opposto senso di marcia, attraversando la strada laddove la linea di mezzeria era continua».

3.5. Le censure svolte nel ricorso prospettano, dunque una diversa ricostruzione della dinamica del sinistro e delle violazioni ascritte all'imputata, non ammessa in fase di legittimità, senza adeguatamente confrontarsi con la puntualizzazione fornita dalla Corte territoriale a proposito della segnaletica orizzontale, laddove a pag. 10 ha specificato che la facoltà di accedere all'opposto senso di marcia era riservata ai veicoli provenienti da un passo privato, posto in zona non corrispondente al punto in cui, diversi metri più a nord, l'automobilista aveva eseguito la manovra vietata.

4. Il tema della qualificazione della condotta di guida del motociclista quale causa eccezionale sopravvenuta idonea a interrompere il nesso causale tra la condotta dell'imputata e l'evento è stato superato nelle conformi sentenze di merito sulla base del giudizio di fondatezza dell'ipotesi accusatoria, collegandovi secondo logica l'enunciazione di un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, a mente del quale il conducente del veicolo tenuto a cedere la precedenza deve usare la prudenza e diligenza necessarie a eseguire in sicurezza la manovra di attraversamento, non potendo fare affidamento sul fatto che i veicoli favoriti tengano una condotta pienamente rispettosa delle regole di circolazione; in particolare, l'eccessiva velocità tenuta dal veicolo favorito dalla precedenza costituisce condotta prevedibile, rispetto alla quale il principio di affidamento trova un temperamento nell'opposto principio per cui gli utenti della strada si devono considerare responsabili anche dei comportamenti imprudenti posti in essere da altri, ove prevedibili (Sez. 4, n. 8090 del 15/11/2013, dep. 2014, S., Rv. 259277; Sez. 4, n. 33385 del 08/07/2008, I., Rv. 240899).

5. L'inammissibilità del ricorso osta alla valutazione del decorso del termine prescrizionale asseritamente maturato dopo la pronuncia della sentenza di appello. Invero, le Sezioni Unite della Corte regolatrice hanno da tempo chiarito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. che sarebbero maturate, successivamente rispetto alla sentenza impugnata (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv. 217266). Trattasi, in ogni caso, di termine che, a norma dell'art. 157, comma 6, cod. pen., è raddoppiato rispetto a quello ordinario.

6. Il ricorso, per tali ragioni, va dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali; tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen. l'onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle Ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, 9 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2023.

 

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