Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 74 del 5 gennaio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 74 del 05/01/2023
Circolazione Stradale - Artt. 140 e 193 del Codice della Strada - Incidente stradale - Norme di comportamento - Doveri di prudenza e diligenza - Poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente.


RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catanzaro, in riforma della sentenza del Tribunale di Crotone del 24 ottobre 2017, ha ridotto la pena inflitta a (Soggetto 1) e ha assolto (Soggetto 2) per non aver commesso il fatto in relazione al reato di cui agli artt. 110 e 590, commi secondo, terzo e quarto, cod. pen., per aver, in concorso tra loro, il (Soggetto 1) alla guida dell'autovettura VW (Omissis) station wagon con targa rumena (Omissis) ed il (Soggetto 2) alla guida di motociclo marca (Omissis) modello (Omissis) sul cui mezzo era trasportato (Soggetto 3), percorrendo entrambi i veicoli l'arteria comunale denominata via (Omissis), nei pressi dell'ingresso del porto vecchio, nel centro abitato del Comune di (Omissis), per negligenza, imperizia, imprudenza nonché il (Soggetto 1) in violazione degli artt. 154, comma 1, e 140, comma 8, e 146, comma 2, C.d.S., ed il (Soggetto 2), in violazione degli artt. 143 e 116, commi 15 e 17, C.d.S. per aver, il primo proceduto ad effettuare una manovra di inversione ad "U" vietata dalla segnaletica orizzontale - striscia longitudinale continua onde dirigersi verso il cosiddetto Piazzale (Omissis), non avvedendosi del sopraggiungere del motociclo, ed il secondo alla guida di quest'ultimo mezzo, viaggiando al centro della carreggiata, e quindi senza mantenere la propria marcia sulla destra, collidevano così da cagionare lesioni personali a (Soggetto 3) ed al (Soggetto 2) che erano proiettati al di là dell'autoveicolo, consistite in politrauma per (Soggetto 3) allo stato in prognosi riservata, e per il (Soggetto 2) cervicalgia post traumatica e infrazione terzo medio clavicola destra con escoriazioni multiple giudicate guaribili in giorni 25 - in (Omissis) il 7 settembre 2013.

1.1. Il Tribunale dichiarava colpevoli il (Soggetto 1) e il (Soggetto 2) in ordine al reato suindicato, perché, in cooperazione colposa tra loro, violando le norme sulla disciplina della circolazione stradale, cagionavano lo stato vegetativo di (Soggetto 3), trasportato su un motociclo condotto da (Soggetto 2).

In base alla ricostruzione dei fatti operata nella sentenza di primo grado, mentre (Soggetto 1) percorreva via (Omissis) alla guida di un'auto (Omissis), effettuava un'inversione ad "U", vietata in quel tratto di strada urbana, andando a collidere, a manovra quasi ultimata, con una moto di grossa cilindrata intestata e condotta dal (Soggetto 2), che proveniva dal medesimo senso di marcia e che impattava sullo sportello dal lato del conducente. A bordo del motociclo era trasportato il passeggero (Soggetto 3), sprovvisto di casco protettivo, circostanza resa evidente dalle gravi lesioni al capo da lui riportate e dal rinvenimento sul posto di un solo casco, probabilmente indossato dal (Soggetto 2), rimasto lievemente ferito (il personale sanitario soccorritore riferiva di aver tolto il casco al (Soggetto 2)).

Il Giudice di primo grado - pur non ignorando l'impostazione seguita dal perito (Soggetto 4) e dal c.t. (Soggetto 5) secondo cui il (Soggetto 2) non aveva avuto altra via di fuga - sottolineava che il (Soggetto 2) conduceva una moto di grossa cilindrata nonostante fosse giovane e inesperto e che avrebbe dovuto adottare maggiore cautela e prudenza.

Nonostante la velocità moderata e la buona visibilità il (Soggetto 2) non aveva saputo valutare la situazione concreta in maniera congrua in quanto inesperto, per cui aveva contribuito, seppur in maniera inferiore rispetto al (Soggetto 1), all'evento dannoso complessivo. Egli non si avvedeva della manovra dell'auto VW (Omissis), avendo riposto fiducia nel rispetto da parte degli altri utenti della strada alle prescrizioni della normativa in materia, condotta comunque negligente, perché le disposizioni impongono severi doveri di prudenza proprio per far fronte a comportamenti irresponsabili altrui.

Proprio il perito nominato dal Tribunale sottolineava quanta segue: "quanto valutato dal perito di ufficio appare ragionevole e logicamente supportato, elemento necessario affinché il suo elaborato possa considerarsi metodologicamente corretto e pertanto utile supporto per la valutazione decili aspetti tecnici" - che ha precisato come "causa unica al sinistro" fosse "costituita dalla manovra di inversione ad U effettuata dal conducente della autovettura [...] ... in relazione agli elementi oggettivi di valutazione disponibili, è possibile affermare che il sinistro de quo [...] non poteva essere evitato; pertanto la guida della moto ... è risultata regolamentare e quindi non ha inciso nella causazione del sinistro mortale de quo".

1.2. Secondo la Corte di appello, in base ai rilievi tecnici e fotografici operati dai carabinieri, al momento dell'impatto, la moto (Omissis) si trovava sulla corsia opposta a quella del proprio originario senso di marcia; tuttavia, ciò non consentiva di dedurre in modo univoco che, prima di avvistare la (Omissis), il (Soggetto 2) conducesse stabilmente il proprio motociclo sulla corsia opposta o sulla linea di mezzeria.

L'ulteriore asserzione del Tribunale, secondo cui il (Soggetto 2) non sarebbe stato in grado di valutare la situazione concreta in maniera congrua in quanto inesperto, perché privo della patente di guida, costituiva una mera petizione di principio. Non emergeva dagli atti e non era stato affermato dai consulenti tecnici e dal perito che una persona (più) esperta, conducente il motociclo, avrebbe certamente saputo evitare l'impatto, riuscendo a schivare l'automobile, mentre tagliava improvvisamente la strada attraverso una manovra non prevedibile e vietata dalla segnaletica.

Il Tribunale aveva affermato la colpevolezza del (Soggetto 2), riconoscendo una sorta di responsabilità di posizione legata all'assenza, in capo all'imputato, della patente di guida, senza però dimostrare il nesso eziologico tra la condotta colposa ascritta al motociclista e l'evento delittuoso, per poter affermare univocamente che un guidatore munito di titolo idoneo sarebbe senz'altro riuscito ad evitare il verificarsi del sinistro stradale. Il perito nominato dal Tribunale escludeva espressamente tale ipotesi.

Per tali ragioni la Corte di appello ha assolto il (Soggetto 2) dal reato ascrittogli.

2. La Procura Generale ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, per violazione degli artt. 192 cod. proc. pen., 590 cod. pen. e 143 C.d.S. e vizio di motivazione.

Si deduce che le valutazioni contenute nella sentenza impugnata appaiono intrinsecamente contraddittorie e contrastanti con le complessive risultanze istruttorie.

Dopo aver affermato che, al momento dell'impatto, il motociclo condotto dal (Soggetto 2) si trovava sulla corsia opposta a quella del proprio originario senso di marcia, la Corte di appello ha escluso che il (Soggetto 2) conducesse stabilmente il proprio motociclo sulla corsia opposta o sulla linea di mezzeria sulla base di un ragionamento meramente congetturale (e stridente con quelle stesse valutazioni peritali che pure la Corte ha sostenuto di condividere).

Tale conclusione, secondo la Corte, avrebbe un fondamento scientifico nelle valutazioni del consulente tecnico dell'imputato, il quale (differentemente dagli altri esperti limitatisi a formulare mere ipotesi) aveva affermato che, mentre la (Omissis) senza segnalazione ed improvvisamente effettuava l'inversione ad "U" senza prima verificare la presenza di altri veicoli circolanti sulla carreggiata, in quel frangente da tergo proveniva il (Soggetto 2) a bordo del motociclo, il quale nell'avvistare la manovra messa in atto dal (Soggetto 1), si spostava a sinistra al fine di trovare una sicura via di fuga al sicuro impatto ma non potendo riuscire, per mancanza di tempo necessario alla messa in atto di qualunque manovra". La tesi sostenuta dal consulente dell'imputato (e ripresa dall'organo giudicante) non rivestiva fondamento scientifico, risolvendosi in una mera ipotesi sganciata dalle risultanze istruttorie (non essendo stata prospettata neppure dall'imputato), ma risultava intrinsecamente contraddittoria.

Se l'imputato non aveva avuto il tempo necessario per mettere in atto una manovra di necessità, evidentemente non si era spostato a sinistra al fine di trovare una sicura via di fuga, ma aveva semplicemente proseguito la propria marcia fino all'impatto, seguendo la stessa direzione e impegnando la medesima sede stradale sulla quale si trovava prima dell'inizio dell'esecuzione della manovra ad "U" da parte del (Soggetto 1), cosi pervenendosi proprio alla conclusione respinta dalla Corte e cioè che il (Soggetto 2) "conducesse stabilmente il proprio motociclo sulla corsia opposta"; al contrario, se l'imputato si era diretto a sinistra per trovare una via di fuga, abbandonando la propria corsia, aveva avuto il tempo necessario per compiere una manovra d'emergenza (peraltro risultata errata poiché il mantenimento della marcia nella corsia di propria pertinenza avrebbe evitato l'impatto, verificatosi sulla corsia opposta).

La responsabilità del (Soggetto 2) non potrebbe essere esclusa opinando che egli si sia ritrovato sulla corsia opposta per effetto di una manovra di emergenza: accedere alla tesi dello spostamento a sinistra dell'imputato implica la conseguenza che l'impatto si sia verificato proprio per effetto di tale sconsiderata manovra; infatti, se il (Soggetto 2) avesse proseguito la sua marcia mantenendo la destra - condotta alternativa lecita, anzi doverosa alla luce del disposto dell'art. 143 C.d.S., e certamente esigibile - il sinistro non si sarebbe verificato. Ricorrevano profili colposi (in termini di imperizia) nell'esecuzione di una manovra d'emergenza che, seppure finalizzata ad evitare l'impatto, in concreto lo aveva determinato. L'imputato non aveva effettuato una manovra d'emergenza. In presenza di una circostanza oggettiva non controvertibile (collocazione del punto di impatto nella corsia di marcia opposta a quella di pertinenza del motociclo condotto dall'imputato), il (Soggetto 2) avrebbe potuto e dovuto dedurre personalmente una spiegazione alternativa della presenza del proprio veicolo sulla corsia opposta al momento del sinistro atteso che - in mancanza di elementi di segno contrario - tale circostanza era univocamente rappresentativa della violazione dell'art. 143, comma 1, C.d.S.. Nel caso di specie, la manovra sconsiderata del (Soggetto 1) non integrava un evento imprevedibile ed atipico, tanto più considerando l'agevole possibilità di tempestivo avvistamento discendente dalla conformazione del tratto stradale impegnato dai due veicoli e dalle buone condizioni di visibilità.

3. La (Soggetto 6) s.r.l., responsabile civile, ricorre per Cassazione, proponendo quattro motivi di impugnazione.

3.1. Vizio di motivazione in ordine all'individuazione di una causa unica del sinistro stradale nella condotta del (Soggetto 1), alla valutazione della posizione di marcia del motociclo condotto dal (Soggetto 2) nonché dell'apporto causale, rispetto alle lesioni provocate, della circostanza che la persona offesa non indossasse il casco di protezione.

Si rileva che la Corte territoriale ha disatteso le statuizioni del Tribunale in merito alla sussistenza di una precisa e più che motivata concausa (la condotta del (Soggetto 2)), senza fornire elementi certi dai quali poter ricavare un'idonea ricostruzione logico-giuridica della vicenda criminosa.

La Corte di merito ha accolto acriticamente le conclusioni rassegnate dal perito senza neanche valutare gli errori oggettivi di calcolo messi in luce con l'atto di appello presentato nell'interesse della (Soggetto 6) [s.r.l.], errori comunque ravvisabili, assieme alle numerose ed evidenti contraddizioni, attraverso un attento studio dell'elaborato peritale.

Il perito, infatti, escludeva la rilevanza causale della condotta del (Soggetto 2) in base alla ricostruzione della dinamica del sinistro. Stranamente, a dire del perito, non v'era differenza tra la velocità di marcia della moto e quella rilevata al momento dell'impatto; ciò lascerebbe pensare che la moto non avesse neanche rallentato la marcia, elemento, questo, certamente idoneo a dedurre che il conducente della stessa non prestasse attenzione. Peraltro, secondo gli agenti intervenuti, in particolare il (Soggetto 7), la moto viaggiava a velocità elevata (e non di 45 km/h a come sostenuto dal perito). La Corte catanzarese non ha considerato tali elementi probatori indicativi della corresponsabilità del (Soggetto 2), richiamando le testimonianze rese dagli agenti soltanto per evidenziare elementi di riscontro alla dichiarata responsabilità del (Soggetto 1).

In base a quanto osservato dai tecnici, il (Soggetto 2) poteva arrestare completamente la marcia o, quantomeno, eseguire una manovra di emergenza che certamente avrebbe escluso l'impatto con l'auto VW (Omissis). Il (Soggetto 2) scontrava l'auto senza neanche rallentare, per cui era stato colpevolmente disattento, come confermato anche nelle corrette ipotesi di avvistamento dell'ostacolo (vedi amplius il ricorso).

3.2. Vizio di motivazione in relazione alla ritenuta inefficienza causale della circostanza che il (Soggetto 2) conducesse l'auto sebbene privo di patente di guida.

Si osserva che, anche a non voler condividere le argomentazioni difensive sopra riportate, non poteva trascurarsi la circostanza che il (Soggetto 2) conduceva una moto di grossa cilindrata, senza aver mai conseguito la patente di guida.

Il (Soggetto 2) non era idoneo a condurre una moto di elevata cilindrata, senza assicurazione, senza revisione e con passeggero privo di casco. Qualora fosse stato rispettoso dei precetti normativi in questione, non avrebbe dovuto essere presente sul luogo del sinistro, in quanto non avrebbe dovuto mettersi alla guida della moto. Peraltro, lo stesso (Soggetto 4) spiegava l'incidenza dell'esperienza incide sui tempi di reazione. Nel procedimento penale in questione emergevano dati inconfutabili come la giovane età del (Soggetto 2) e la sua inidoneità alla guida.

3.3. Vizio di motivazione con riferimento alla posizione di marcia del motociclo.

Si deduce che il (Soggetto 2) conduceva la moto in maniera non conforme alla regola cautelare di comportamento, perché spostato sulla sinistra della propria corsia di marcia - praticamente quasi sulla linea di mezzeria - come emergeva dall'elaborato peritale e dalle dichiarazioni rese dal (Soggetto 4). Tale circostanza era confermata anche dal teste (Soggetto 7). Se il (Soggetto 2) avesse condotto regolarmente la moto sul lato destro della propria corsia di marcia, tenuto conto anche della velocità, sarebbe bastato proseguire in quella direzione per trovare la via di fuga.

3.4. Vizio di motivazione quanto alla ritenuta inefficienza causale della circostanza che il passeggero non indossasse casco di protezione.

Si rileva che il fattore determinante la gravità delle lesioni riportate dallo (Soggetto 3) era senza ombra di dubbio l'assenza del casco. Non era comprensibile come, nel determinare l'apporto causale delle condotte, i Giudici non avessero considerato la rilevanza anche di questo grave elemento.

4. Con memoria illustrativa la difesa delle parti civili (Soggetto 3) (soggetto vittima delle lesioni), (Soggetto 8), (Soggetto 9), (Soggetto 10) e (Soggetto 11), si formulano alcune osservazioni in merito al ricorso proposto dalla (Soggetto 6) [s.r.l.], responsabile civile (Soggetto 6) [s.r.l.], con riferimento specifico al motivo di impugnazione inerente alla valutazione dell'apparato causale rispetto alle lesioni provocate dalla circostanza che lo (Soggetto 3) non indossasse il casco di protezione.

Si rileva che la sentenza di appello impugnata ha modificato quella di primo grado solo relativamente al capo attinente alla responsabilità del (Soggetto 2), senza incidere sulla responsabilità del (Soggetto 1) pienamente confermata, e sulla provvisionale e sulle statuizioni civili il cui diritto è stato integralmente confermato e il cui ammontare è da determinarsi in separata sede. Le parti civili, pertanto, non avevano avuto interesse a impugnare, in quanto la citata modifica incideva esclusivamente sul soggetto tenuto al risarcimento del danno e non sulle stesse statuizioni.

Inoltre, la Procura Generale presso la Corte di appello propone ricorso con riferimento al capo della sentenza di appello che, in riforma di quella di primo grado, ha assolto il (Soggetto 2) per non aver commesso il fatto; l'(Soggetto 6) ricorre per Cassazione solo per il capo della sentenza impugnata, con cui è stato assolto il (Soggetto 2), revocando le statuizioni civili a carico della (Soggetto 12) (responsabile civile per la posizione del (Soggetto 2)), disponendo la condanna al pagamento di una provvisionale solo a carico dell'(Soggetto 6) (in qualità di responsabile civile del (Soggetto 1)) e dunque la sentenza non era impugnata con riferimento alla responsabilità penale di quest'ultimo sulla quale si è formato il giudicato, tanto che neanche il (Soggetto 1) aveva proposto ricorso. In ogni caso, il motivo di ricorso proposto dalla (Soggetto 6) è inammissibile, in quanto nell'atto di appello proposto da quest'ultima, quale responsabile civile, mancava uno specifico motivo di appello relativo alla valutazione e all'esame dell'eventuale concorso della condotta della persona offesa, da cui scaturiva la conseguente preclusione di ogni accertamento al riguardo in virtù del principio devolutivo dell'impugnazione.

5. Con memoria difensiva il (Soggetto 2) chiede dichiararsi l'inammissibilità o il rigetto dei ricorsi.

Si osserva che il (Soggetto 2) non aveva contribuito, neppure in parte, al verificarsi all'evento lesivo e che la Corte di merito ha analizzato in maniera scrupolosa il materiale probatorio, pervenendo ad un giudizio di assoluzione per il (Soggetto 2).

Il motociclo viaggiava sulla destra della corsia di marcia, altrimenti l'auto VW (Omissis) non gli avrebbe tagliato la strada; peraltro, se il motociclo avesse viaggiato sulla sinistra, avrebbe evitato l'impatto con l'auto, spostandosi ulteriormente sulla sinistra. L'auto VW (Omissis) parcheggiava sulla destra e poi effettuava una manovra non segnalata di inversione ad "U", occupando tutta la corsia di marcia e ponendosi di traverso sulla strada, per cui determinava la collisione con il motociclo che arrivava in quel momento e, pur spostandosi sulla sinistra, non riusciva ad evitare l'impatto.

La manovra di inversione di marcia avveniva improvvisamente e a velocità ridotta, mentre sopraggiungeva il motociclista, per cui quest'ultimo poteva solo spostarsi a sinistra anche se ciò risultava inutile. Il consulente di parte dell'(Soggetto 2) affermava che il (Soggetto 2) avrebbe dovuto spostarsi sulla destra, ma non considerava che la manovra di inversione di marcia era avvenuta proprio mentre sopraggiungeva la moto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono fondati.

2. Va premesso che le Sezioni unite di questa Corte hanno statuito che il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado non ha l'obbligo di rinnovare l'istruzione dibattimentale mediante l'esame dei soggetti che hanno reso dichiarazioni ritenute decisive, ma deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva (Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, T., Rv. 272430).

È stato dunque ribadito che la presunzione d'innocenza e il ragionevole dubbio impongono soglie probatorie asimmetriche in relazione al diverso epilogo decisorio: la certezza oltre ogni ragionevole dubbio della colpevolezza per la condanna, il dubbio processualmente plausibile per l'assoluzione, differenza che ha evidenti riflessi anche sul piano della estensione dell'obbligo di motivazione.

Tale obbligo, infatti, si atteggia in modo diverso a seconda che si verta nell'una o nell'altra ipotesi: in caso di sovvertimento di una sentenza assolutoria, al giudice d'appello si impone l'obbligo di argomentare circa la plausibilità del diverso apprezzamento come l'unico ricostruibile al di là di ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie che abbiano inficiato la permanente sostenibilità del primo giudizio; per il ribaltamento di una condanna, invece, egli può limitarsi a giustificare la perdurante sostenibilità di ricostruzioni alternative del fatto, sulla scorta di un'operazione di tipo essenzialmente demolitivo (pur avendo cura di precisare che, in tal caso, deve trattarsi di ricostruzioni alternative non solo astrattamente ipotizzabili, ma la cui plausibilità risulti ancorata alle evidenze processuali).

Dunque, le Sezioni Unite, pur non evocando la categoria della motivazione c.d. rafforzata, hanno avvertito la necessità di delimitare l'estensione dell'obbligo motivazionale del giudice d'appello, anche nel caso di ribaltamento della condanna di primo grado, precisando intanto che la tesi favorevole alla necessità di una puntuale motivazione anche in caso di riforma della condanna in assoluzione costituisce un orientamento largamente condiviso, ancor prima della sentenza delle Sezioni Unite D., sul rilievo che il giudice d'appello, quando riforma in senso radicale la condanna di primo grado, pronunciando assoluzione, ha l'obbligo di confutare in modo specifico e completo le precedenti argomentazioni, per "scardinare l'impianto argomentativo-dimostrativo di una decisione assunta da chi ha avuto diretto contatto con le fonti di prova" e dovrà, dunque, "confrontarsi con le ragioni addotte a sostegno della decisione impugnata, giustificandone l'integrale riforma senza limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della riformata pronuncia delle generiche notazioni critiche di dissenso, ma riesaminando, sia pure in sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice e quello eventualmente acquisito in seguito, per offrire una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia adeguata ragione delle difformi conclusioni assunte" (Sez. U, n. 14800 del 2018 cit.).

Nella fattispecie, pertanto, è riscontrabile una sorta di tertium genus, ad un qualcosa in più del normale onere di puntualità e coerenza che la motivazione di qualunque provvedimento giudiziale deve avere; e ad un qualcosa in meno rispetto alla motivazione rafforzata richiesta in sede di ribaltamento in appello di una sentenza assolutoria di primo grado.

3. Va ora osservato che, poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per fare fronte a situazioni di pericolo, anche quando siano determinate da altrui comportamenti irresponsabili, la fiducia di un conducente nel fatto che altri si attengano alle prescrizioni del legislatore, se mal riposta, costituisce di per sé condotta negligente.

Ciò vale in particolare, ai fini che interessano, proprio con riferimento alle disposizioni di cui all'art. 140 C.d.S. (gli utenti della strada devono comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione stradale ed in modo che sia in ogni caso salvaguardata la sicurezza stradale) e all'art. 141 C.cl.S. (obbligo di adeguare la velocità alle concrete condizioni della circolazione e obbligo di conservare sempre il controllo del veicolo), in base alle quali la misura della diligenza pretesa nel campo della circolazione dei veicoli è massima, richiedendosi a ciascun utente, al fine di controbilanciare l'intrinseca pericolosità della specifica attività considerata, una condotta di guida di assoluta prudenza della quale fa parte anche l'obbligo di preoccuparsi delle possibili irregolarità di comportamento di terze persone. Da ciò conseguendo che il principio dell'affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova un opportuno temperamento nell'opposto principio secondo cui l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente di altri utenti purché rientri nel limite della prevedibilità (Sez. 4, n. 24414 del 06/05/2021, B., Rv. 281399; Sez. 4, n. 17481 del 14 febbraio 2008, N., non massimata).

4. In relazione all'art. 140 C.d.S., costituisce di per se' condotta negligente l'aver riposto fiducia nel fatto che gli altri utenti della strada si attengano alla prescrizioni del legislatore, poiché le norme sulla circolazione stradale impongono severi doveri di prudenza e diligenza proprio per far fronte a situazioni di pericolo, determinate anche da comportamenti irresponsabili altrui, se prevedibili (Sez. 4, n. 32202 del 15/07/2010, F., Rv. 248354; in applicazione del principio, si è ritenuto che il conducente avente diritto di precedenza, nonostante ciò, conservi, nell'approssimarsi ad intersezioni ove possano sopraggiungere altri veicoli, l'obbligo di tenere una condotta adeguatamente prudente, e non può, pertanto, limitarsi ad invocare il comportamento imprudente del conducente sfavorito dal diritto di precedenza, se ordinariamente prevedibile).

Il principio di affidamento, infatti, impone di valutare, ai fini della sussistenza della colpa, se, nelle condizioni date, l'agente dovesse e potesse concretamente prevedere le altrui condotte irregolari (Sez. 4, n. 46741 del 08/10/2009, P.C. in proc. M., Rv. 245663, riguardante fattispecie nella quale è stata ritenuta in concreto imprevedibile per l'imputato - che, a bordo di una autovettura, percorreva una strada statale, e stava avviando manovra di svolta a sinistra per accedere ad un'area di servizio che si trovava sul lato opposto della carreggiata, profittando del fatto che alcuni veicoli, tra cui in particolare un autoarticolato, che procedevano nell'opposto senso di marcia, si erano fermati per favorire la manovra - la condotta della parte lesa, una ciclomotorista che aveva sorpassato scorrettamente sulla destra la colonna ferma di autoveicoli, omettendo inoltre di fermarsi o rallentare in prossimità dell'ingresso all'impianto di distribuzione di carburanti).

Non è invocabile, tuttavia, il principio di affidamento nel comportamento altrui, con conseguente esclusione di responsabilità, da parte di chi sia già in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che colui che gli succede nella posizione di garanzia elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione, in quanto la seconda condotta non si configura come fatto eccezionale sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l'evento (Sez. 4, n. 35827 del 27/06/2013, Z., Rv. 258124; in applicazione del principio, è stata ritenuta corretta la condanna per omicidio colposo, in relazione ad un infortunio sul lavoro, del coordinatore per la progettazione che aveva predisposto un piano di sicurezza assolutamente generico, e che aveva invocato come esimente la mancanza, di fatto, del coordinatore per l'esecuzione dei lavori).

Sempre in applicazione di tale principio, si è affermato che, in tema di reato commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, risponde di omicidio colposo il conducente di un autocarro che, procedendo in una carreggiata di ridotte dimensioni, non si arresti alla vista di un bambino su di una bicicletta proveniente in senso opposto, investendolo dopo che quest'ultimo aveva perso l'equilibrio, invadendo improvvisamente la corsia di marcia (Sez. 4, n. 40587 del 23/09/2009, B., Rv. 245280).

5. Quanto all'art. 141 C.d.S., si è precisato che tale disposizione, nel regolare la velocità di circolazione degli autoveicoli, stabilisce, tra l'altro, che il conducente deve sempre conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, quali l'arresto tempestivo dinanzi a qualsiasi ostacolo che sia prevedibile.

Il principio dell'affidamento, quindi, trova un temperamento nell'opposto principio secondo il quale il soggetto garante del rischio è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché questo rientri nei limiti della prevedibilità in base alle circostanze del caso concreto (Sez. 4, n. 7664 del 06/12/2017, dep. 2018, B., Rv. 272223; Sez. 4, n. 27513 del 10/05/2017, M., Rv. 269997; Sez. 4, n. 5691 del 02/02/2016, T., Rv. 265981; Sez. 4, n. 46818 del 25/06/2014, N., Rv. 261369).

Inoltre, la prevedibilità dell'imprudenza altrui impone di adeguare la propria condotta in modo da poter padroneggiare il veicolo medesimo, in ogni situazione (Sez. 4, n. 25552 del 27/04/2017, L., Rv. 270176).

In linea con tali principi, si è affermato che, in materia di circolazione stradale, l'imprevedibilità di un ostacolo, incontrato da un veicolo sulla sua linea di marcia, può escludere la colpa solo se la percezione dello ostacolo sia tanto improvvisa da porre il conducente nell'assoluta ed incolpevole impossibilità di evitare l'investimento (Sez. 4, n. 20330 del 13/01/2017, P.G. in proc. C., Rv. 270227; in applicazione del suddetto principio, la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza del giudice di merito che aveva escluso la responsabilità del conducente di un tram per l'investimento di un ciclista intento a percorrere una linea di marcia distante dalle rotaie, sulle quali era stato proiettato dall'urto causato dall'apertura dello sportello di un'auto in divieto di sosta da parte di un passeggero non visibile dall'esterno, non ritenendo violata la regola cautelare relativa alla adeguatezza della velocità in concreto del veicolo, e considerando imprevedibile non la caduta del ciclista ma lo spostamento della sua traiettoria dalle rotaie).

Il conducente, infatti, deve prestare costante attenzione allo spazio che si va impegnando e deve regolare l'andatura in relazione alle obiettive condizioni della strada, in modo da essere sempre in grado di poter arrestare il veicolo in casi, del tutto prevedibili, di ingombro o ostacoli per precedenti incidenti (Sez. 4, n. 8576 del 17/05/1989, N., Rv. 181573).

Ne consegue che l'imprevedibilità di un ostacolo, incontrato da un veicolo sulla sua linea di marcia, può spiegare efficacia eliminativa della colpa solo se la percezione dello ostacolo sia tanto improvvisa da porre il conducente nella assoluta ed incolpevole impossibilità di evitare l'investimento (Sez. 3, n. 3423 del 21/12/1983, dep. 1984, T., Rv. 163688).

6. Tanto premesso sui principi giurisprudenziali operanti in materia, la sentenza impugnata appare carente sotto il profilo dell'onere motivazionale necessario in caso di riforma di sentenza di condanna con pronunzia assolutoria nonché in relazione all'argomentazione intorno alla descrizione dell'accaduto, emergendo un quadro probatorio assolutamente incerto sotto il profilo dinamico, sulla condotta del (Soggetto 2), sulla sua possibilità di evitare l'evento lesivo e sulla prevedibilità della manovra di inversione ad "U" eseguita dal (Soggetto 2).

La Corte di appello, infatti, non ha compiutamente valutato le ragioni dell'affermazione della corresponsabilità del (Soggetto 2) da parte del Tribunale.

Nella pronunzia di primo grado, si era evidenziato che l'impatto tra la moto e l'auto VW (Omissis) era avvenuto sulla corsia opposta al senso di marcia, nonostante l'esistenza di una striscia di mezzeria continua. Era stato formulato un giudizio di colpevolezza, essendosi rilevato (vedi dichiarazioni del perito (Soggetto 4)) che, se il (Soggetto 2) fosse rimasto nella propria corsia di marcia, l'incidente non si sarebbe verificato e che, in ogni caso, non aveva ragione di trovarsi dal lato opposto e che non aveva posto in essere una manovra d'emergenza per rientrare nel lato corretto (non essendo emersi segni di frenata o di deviazioni della traiettoria).

Sarebbe stato necessario un maggiore approfondimento, per confutare le considerazioni del Tribunale sul punto in questione e ciò, a maggior ragione, in quanto il (Soggetto 1) aveva quasi completato la manovra di inversione (vedi le dichiarazioni del teste di P.G. (Soggetto 7)), per cui non può escludersi che lo spostamento dell'auto nell'altra corsia fosse perdurato per un periodo di tempo sufficiente per il (Soggetto 2) per avvistarlo compiutamente.

La Corte di merito ha ritenuto di escludere che il (Soggetto 2) conducesse stabilmente il veicolo sulla linea di mezzeria o oltre la stessa. Essa, tuttavia, non ha chiarito le ragioni per le quali ha ritenuto l'ipotizzato spostamento improvviso del (Soggetto 2) congruo alla situazione di pericolo insorta, in luogo della scelta di permanere all'interno della propria corsia di marcia e così evitare l'impatto con l'auto che lo precedeva. Ne' sono state chiarite le ragioni per le quali il (Soggetto 2) non aveva potuto frenare in modo da escludere lo scontro tra veicoli.

Al riguardo, appaiono tuttora incerti alcuni aspetti rilevanti quali la larghezza della corsia di marcia di originaria percorrenza, l'esatta posizione dell'autovettura, la porzione di corsia di originaria percorrenza e quella di immissione impegnate dalla sagoma dell'auto, l'eventuale esistenza di uno spazio sulla destra dei veicoli, dove il (Soggetto 2) avrebbe potuto dirigersi, senza impegnare la corsia opposta.

Oltre a tali elementi di fatto, occorre quindi verificare, anche alla luce dell'inesperienza del (Soggetto 2), privo di patente di guida, quanto segue:

A) La possibilità dell'imputato di osservare una condotta idonea a salvaguardare la sicurezza, alla luce delle condizioni di visibilità, delle caratteristiche e delle dimensioni del tratto stradale interessato, anche alla luce dei limiti posti dalla giurisprudenza sopra richiamata in tema di affidamento.

B) l'adeguatezza della velocità del (Soggetto 2) - sebbene inferiore al limite per quel tratto stradale - alle concrete condizioni di quel tratto stradale e ad avvedersi della situazione concreta e a consentirgli il controllo del veicolo, occorrendo in proposito un'approfondita analisi dei tempi di reazione e di cosa sarebbe accaduto in caso di permanenza all'interno della propria corsia, per operare un completo giudizio controfattuale sul piano della probabilità logica e per stabilire la sussistenza o meno della c.d. causalità della colpa.

C) la prevedibilità della manovra spericolata posta in essere dal (Soggetto 1) e la conseguente possibilità per il (Soggetto 2) di porre in essere una manovra di emergenza o un altro comportamento alternativo corretto idoneo ad evitare l'evento dannoso (ad es. una deviazione verso destra, una frenata o, comunque, una permanenza nella propria corsia, anche nel rispetto del precetto di cui all'art. 143 C.d.S.).

In sostanza, la Corte catanzarese non appare aver adeguatamente esplorato le condotte tenute dai soggetti coinvolti nel sinistro, in rapporto a quelle dovute, al fine di verificare l'eventuale sussistenza di profili di colpa a carico del (Soggetto 2).

Inoltre, è addebitato alla manovra del (Soggetto 1) un rilievo causalmente decisivo quanto alle rovinose conseguenze lesive ai danni di (Soggetto 3), degradando la condotta del (Soggetto 2) a mero anello eziologicamente inerte e occasionale.

È evidente, pertanto, che nel caso in esame non risultano sufficientemente investigati i tasselli dell'articolata e complessa struttura dell'illecito colposo e la mancanza dei suindicati passaggi argomentativi determina la fondatezza dei ricorsi della Procura generale e della (Soggetto 6) soc. a.r.l..

Restano assorbiti tutte le ulteriori doglianze prospettate nei ricorsi.

7. Per tali ragioni la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Catanzaro.

Così deciso in Roma il 29 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

 

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