Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 72 del 5 gennaio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 72 del 05/01/2023
Circolazione Stradale - Art. 189 del Codice della Strada e artt. 589-bis e 589-ter c.p. - Omicidio stradale - Fuga del conducente in caso di omicidio stradale - Reato circostanziale - Accertamento delle ricorrenze - La fuga del conducente a seguito di Omicidio stradale consistito nell'investimento di pedoni a causa delle minacce dei parenti delle vittime presenti sul posto può trovare riscontro nelle cause di giustificazione che prevedono l'applicazione del cd reato circostanziale, inteso come quel fatto che, essendo previsto come autonomo reato, è però al contempo voluto dal legislatore come circostanza di altro reato, si riferisce al reato nella sua interezza e non ad una sua qualche componente. Previo accertamento della ricorrenza delle condizioni della causa di giustificazione, da rinvenirsi in relazione alla natura del pericolo al quale l'autore ha dovuto sottrarsi, alla sua non volontaria causazione e inevitabilità, oltre che alla proporzione tra fatto e pericolo.


RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Caltanisetta ha confermato la pronuncia emessa dal G.U.P. del Tribunale di Gela nei confronti di (Soggetto 1), che lo aveva giudicato responsabile del reato di cui all'art. 589-bis, commi 1, 5 n. 1, 8 e all'art. 589-ter c.p. condannandolo alla pena ritenuta equa.

La vicenda oggetto del procedimento attiene alla morte di (Soggetto 2) e (Soggetto 5), cagionata dal (Soggetto 1) mentre era alla guida di una Fiat (Omissis). Questi, infatti, investiva la (Soggetto 2) che aveva in braccio la figlia (Soggetto 5), allorquando la medesima stava attraversando a piedi una strada del centro abitato di (Omissis). Al (Soggetto 1) il fatto è stato ascritto ritenendo che avesse proceduto a velocità superiore a quella prescritta nel tratto stradale e altresì per aver versato in colpa generica. Si è ritenuto aggravato il delitto dall'essersi il (Soggetto 1) dato alla fuga dopo il sinistro.

2. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza di secondo grado l'imputato a mezzo del difensore, avv. (Soggetto 6).

2.1. Con un primo motivo ha dedotto la violazione di legge in relazione agli artt. 111, comma 6, Cost., 125, comma 3, c.p.p., 589-bis, comma 1 e 7, c.p., per aver la Corte di appello da un canto ammesso l'esistenza di colpa in capo alla vittima del sinistro, avendo (Soggetto 2) mostrato incertezza e confusione nella fase di attraversamento della strada, e dall'altro negato il riconoscimento dell'attenuante di cui al comma 7 dell'art. 589-bis c.p..

La esponente evoca alcuni principi giurisprudenziali: quello secondo il quale la velocità oltre il limite non è sufficiente alla condanna per omicidio stradale se la vittima si è resa responsabile di una manovra imprevedibile, pericolosa o contraria alle norme del codice della strada (Cass. 8663/2017); quello che la menzionata attenuante ricorre quando l'evento non sia esclusiva conseguenza della condotta dell'imputato ma la vittima o terzi abbiano avuto un comportamento colposo, anche di minima rilevanza (Cass. 54576/2018); quello che l'attraversamento della strada da parte del pedone al di fuori delle strisce pedonali determina corresponsabilità della vittima nel reato a suo danno (Cass. n 23251/2019).

Tenendo conto del principio di affidamento e di autoresponsabilità della vittima la Corte di appello avrebbe dovuto escludere la responsabilità del (Soggetto 1) o comunque mitigare la pena in forza del citato art. 589-bis, comma 7 c.p..

Porre in capo a questi un maggior obbligo perché i movimenti del pedone sono sempre prevedibili significa attribuirgli una responsabilità oggettiva.

Dopo aver rimarcato i profili di colpa del comportamento della (Soggetto 2), la esponente lamenta che al (Soggetto 1) sia stato rimproverato per non aver neutralizzato una fonte di pericolo estranea alla propria condotta (ovvero il comportamento della (Soggetto 2)).

2.2. Con un secondo motivo vengono lamentate analoghe violazioni di legge ed il vizio della motivazione, laddove la Corte di appello ha operato un "chiaro travisamento del fatto", avendo scritto di un mancato arresto della marcia da parte del (Soggetto 1) per il timore della reazione feroce dei parenti della vittima, mentre dal video in atti emerge che egli si fermò ma che, stante il comportamento di quei parenti, abbandonò il luogo per evitare il linciaggio.

Inoltre la Corte di appello non ha dato risposte alle doglianze difensive espresse con l'atto di appello.

2.3. Il terzo motivo attiene alla violazione di legge e al vizio di motivazione in relazione al giudizio di bilanciamento tra le concorrenti circostanze eterogenee.

Ad avvio della esponente, l'età del ricorrente, la sua incensuratezza, la condotta successiva al fatto, l'ammissione di colpa, imponevano un giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche.

2.4. Con un quarto motivo si censura la violazione di legge ed il vizio di motivazione in merito alla mancata sospensione della esecuzione della condanna al pagamento della disposta provvisionale.

2.5. Ancora la violazione di legge ed il vizio della motivazione vengono denunciati a riguardo della pena, ritenuta eccessiva avendo la Corte di appello omesso di apprezzarla attraverso ogni parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado della sua colpevolezza.

2.6. Infine, con il sesto motivo si lamenta la violazione di legge e la carenza della motivazione in relazione all'aumento della pena a titolo di continuazione e alla richiesta formulata con i motivi di appello.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è parzialmente fondato.

1.1. Il primo motivo oscilla tra rilievi che attengono alla fondazione della responsabilità e censure indirizzate al mancato riconoscimento dell'attenuante di cui al comma 7 dell'art. 589-bis c.p..

Quanto ai primi, essi sono manifestamente infondati. Si insiste nel rappresentare la condotta della (Soggetto 2) come colposa, nel rimarcare come ciò incida sulla (assenza di) responsabilità del (Soggetto 1), senza però considerare che la Corte di appello ha implicitamente condiviso la valutazione sul carattere colposo della condotta della (Soggetto 2), tanto da impegnarsi nella spiegazione del perché siffatta condotta non abbia assunto, nella specie, carattere concausale. Valutazione che non avrebbe avuto ragione di essere se si fosse escluso un comportamento colposo della persona offesa. Ciò posto, correttamente la Corte di appello ha rammentato che la condotta colposa del soggetto passivo del reato non esclude la rilevanza causale della condotta del reo, salvo che inneschi un rischio eccentrico rispetto a quello affidato alla gestione di questi (ex multis, Sez. 4, n. 33976 del 17/03/2021, Rv. 281748). Eccezione che la corte distrettuale non ha ritenuto integrata nel caso di specie, con motivazione non manifestamente illogica e neppure adeguatamente censurata dal ricorrente.

E' invece aspecifico il secondo dei rilievi formulati con il motivo in esame. La Corte di appello ha affermato che l'attraversamento della strada da parte della (Soggetto 2) fuori dalle strisce pedonali non ha concorso a produrre l'evento perché l'evento si sarebbe verificato egualmente anche in caso di condotta osservante la prescrizione dell'art. 190, comma 2 C.d.s., alla luce della elevata velocità tenuta dal veicolo condotto dal (Soggetto 1) e della complessiva assenza di attenzione, posto che egli non aveva frenato nonostante sulla sua traiettoria di marcia si fossero trovati non solo la (Soggetto 2) e la figlia ma anche altre persone.

Tale prospettazione non è stata contrastata con il ricorso, che si incentra - al riguardo - sulla insistita sottolineatura del comportamento colposo della (Soggetto 2). Dato che, come si è scritto, è del tutto pacifico anche per la Corte di appello.

1.2. Il secondo motivo è invece fondato.

Va dato atto al ricorrente che è sostanzialmente carente la motivazione con la quale la Corte di appello ha respinto la richiesta difensiva di assegnare giuridico rilievo alla minaccia proveniente al (Soggetto 1) dai parenti delle vittime presenti sul posto. Scrive la Corte di appello che dare rilievo al "fondato timore del (Soggetto 1) di imbattersi nella feroce reazione dei parenti delle vittime una volta che egli avesse arrestato la marcia sul posto del sinistro stradale... significherebbe vanificare di fatto l'operatività della norma in disamina e facultare, quindi, la fuga dell'investitore tutte le volte che si travolgesse un soggetto (...) accompagnato da altre persone, che, in conseguenza del traumatico evento, sarebbero verosimilmente mosse da sentimenti di rabbiosa rivalsa nei confronti del responsabile dell'accaduto". Si tratta di affermazione sostanzialmente elusiva: una volta ritenuto, come ha fatto la Corte di appello, che il (Soggetto 1) fosse esposto al pericolo di un danno grave alla persona, essa avrebbe dovuto verificare se il fatto potesse essere sussunto in una qualche fattispecie giuridica, senza indulgere in una considerazione a tutto concedere di carattere politico criminale.

La motivazione resa dalla Corte di appello è pertanto del tutto carente.

Giova rammentare al giudice del rinvio che secondo la giurisprudenza di questa sezione gli artt. 589-bis e 589-ter c.p. delineano un reato complesso, in cui un fatto già previsto dall'ordinamento come reato (la fuga: art. 186, comma 6 cod. str.) è elemento circostanziale di altro reato (l'omicidio stradale), secondo il modello descritto dall'art. 84 c.p. (Sez. 4, n. 25842 del 15/03/2019, M., Rv. 276369). Qualificazione che anche in questa sede si intende ribadire.

Ciò ripropone una vexata quaestio, ovvero quale disciplina debba avere il cd. reato circostanziale, inteso come quel fatto che, essendo previsto come autonomo reato, è però al contempo voluto dal legislatore quale circostanza di altro reato. Anche la dottrina appare divisa tra coloro che danno primario rilievo alla unificazione dei due o più reati in uno solo, ricavandone il principio regolatore di ogni questione che si proponga; e coloro che adottano una posizione che si potrebbe dire realistica, perché incline a indagare caso per caso quale disciplina debba applicarsi al reato circostanziale. La giurisprudenza, dal canto suo, ancor oggi non sembra aver affrontato il problema nella sua dimensione teorica, propendendo per la soluzione caso per caso.

Ad avviso di questo Collegio, coglie nel segno l'autorevole dottrina per la quale "la funzione dell'art. 84, e per il suo contenuto specifico e per il contesto nel quale è collocata, sembra solo voler confermare (come già avveniva con l'art. 77 del codice Zanardelli) l'inapplicabilità delle regole relative al concorso di reati, esaurendo in questo la propria funzione". Non, quindi, una disposizione dalla quale si trae la regola indefettibile della inscindibilità del reato complesso ad ogni fine ma una disciplina dettata per il circoscritto ambito del concorso di reati, integrata dalle altre disposizioni che pure considerano il reato complesso.

Ciò però non esaurisce la questione posta con il ricorso. Il quale sottende la tesi che una causa di giustificazione possa trovare applicazione al cd. reato circostanziale. La corrente opinione è nel senso che le cause di giustificazione si riferiscono al reato nella sua interezza e non ad una sua qualche componente. Ma anche se si volesse riferire lo stato di necessità al solo reato di fuga si dovrebbe comunque accertare la ricorrenza delle condizioni della causa di giustificazione, da rinvenirsi in relazione alla natura del pericolo al quale l'autore ha dovuto sottrarsi, alla sua non volontaria causazione e inevitabilità, oltre che alla proporzione tra fatto e pericolo.

Accertamenti che possono essere compiuti unicamente dal giudice di merito.

In conclusione, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla ritenuta aggravante di cui all'art. 589 ter c.p., con rinvio sul punto ad altra sezione della Corte d'appello di Caltanisetta.

1.3. Il terzo, il quinto ed il sesto motivo risultano assorbiti dalla statuizione da adottare in merito all'aggravante di cui all'art. 589-ter c.p..

1.4. E' inammissibile invece il quarto motivo. Il consolidato indirizzo di questa Corte è nel senso della non impugnabilità con ricorso per cassazione della statuizione pronunciata in sede penale e relativa alla concessione e quantificazione di una provvisionale, trattandosi di decisione di natura discrezionale, meramente delibativa e non necessariamente motivata, per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinata ad essere travolta dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento (ex multis, Sez. 2 -, n. 44859 del 17/10/2019, Rv. 277773).

1.5. Poiché la statuizione investita dell'annullamento non incide ne sull'an ne' sul quantum dell'obbligazione civile che discende dalla commissione del reato, che risulta definitivamente accertata alla luce della presente decisione, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili (Soggetto 4) e (Soggetto 3). Spese che vanno liquidate in complessivi Euro tremilaseicento oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla ritenuta aggravante di cui all'art. 589 ter c.p. e rinvia sul punto ad altra sezione della Corte d'appello di Caltanisetta. Rigetta il ricorso nel resto. Condanna il ricorrente alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili (Soggetto 4) e (Soggetto 3) che liquida in complessivi Euro tremilaseicento oltre accessori come per legge.

In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003 in quanto imposto dalla legge.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 5 gennaio 2023.

 

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