Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 6153 del 14 febbraio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 6153 del 14/02/2023
Circolazione Stradale - Art. 189 del Codice della Strada - Comportamento in caso di incidente - Fuga con omissione di soccorso - Individuazione del responsabile - Riconoscimento fotografico - L'individuazione fotografica del responsabile di un incidente stradale, allontanatosi senza prestare soccorso alla persona ferita, ben può essere valorizzata dal giudice, nell'ambito del suo libero convincimento, ai fini della dimostrazione dei fatti, ove sia accertata la credibilità della persona che, in sede di individuazione, si sia detta certa dell'identificazione operata, senza alcuna censurabilità circa le modalità di effettuazione dell'individuazione fotografica in dibattimento, confermativa di quella eseguita durante le indagini preliminari, in relazione alle quali non è prevista alcuna sanzione processuale di nullità o di inutilizzabilità.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Cagliari, Sezione distaccata di (Omissis), in data 4 novembre 2021, ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di (Omissis), in data 20 maggio 2020, aveva condannato (Soggetto 1) alla pena ritenuta di giustizia per i delitti di cui agli articoli 189, commi 6 e 7, Cod. Strada e 590 cod. pen., a lui contestati come commessi in (Omissis) il 21 luglio 2014. Al (Soggetto 1) è, in estrema sintesi, addebitato di avere investito, alla guida della sua autovettura BMW (Omissis), il motociclista (Soggetto 2), che stava percorrendo una rotatoria con diritto di precedenza, provocandogli le lesioni di cui in atti; e di non essersi fermato per verificare se vi fossero persone abbisognevoli di assistenza o di soccorso.

La Corte di merito, come già il Tribunale, ha imperniato il proprio giudizio in particolare sulle dichiarazioni della persona offesa, sull'individuazione fotografica del (Soggetto 1) da parte del (Soggetto 2), su quanto riferito dal teste oculare (Soggetto 3) (che pure aveva riconosciuto l'imputato), sul risultato dei tabulati telefonici relativi all'utenza del (Soggetto 1) (che lo collocavano in luogo compatibile con quello dell'incidente nell'orario di verificazione dello stesso) e sull'assenza di elementi idonei a discarico nelle dichiarazioni rese dal fratello dell'imputato. Sono state disattese le lagnanze rassegnate con l'atto d'appello sia in ordine alla valutazione del materiale probatorio, sia in ordine all'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 189, comma 7, cod. strada.

2. Avverso la prefata sentenza ricorre il (Soggetto 1), con atto articolato in tre motivi di doglianza.

2.1. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge processuale con riferimento alla ravvisata irregolarità dell'individuazione fotografica del (Soggetto 1) ad opera del (Soggetto 2), individuazione avvenuta su un album fotografico in cui, sotto la foto del (Soggetto 1), risultava l'attestazione dell'avvenuto riconoscimento, da parte del (Soggetto 2), in sede di indagini preliminari.

2.2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione con riferimento alla valutazione delle prove e alla ricostruzione dei fatti accolta dalla Corte di merito, con riguardo all'attendibilità del riconoscimento dell'imputato da parte del (Soggetto 3) e all'incertezza circa la riferibilità dell'autoveicolo del (Soggetto 1) al sinistro.

2.3. Con il terzo motivo il ricorrente - richiamando alcuni arresti giurisprudenziali - denuncia violazione di legge quanto all'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 189, comma 7, cod. strada, non essendo le lesioni riportate dal 
(Soggetto 2) visibili ictu oculi e difettando sia gli elementi del reato di fuga, sia gli elementi che rendessero certa la consapevolezza, da parte del (Soggetto 1), dell'aver provocato lesioni al centauro.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

1.1. Quanto al primo motivo, è ius receptum che l'individuazione fotografica, quale prova atipica, ben può essere valorizzata dal giudice, nell'ambito del suo libero convincimento, ai fini della dimostrazione dei fatti, ove sia accertata la credibilità della persona che, in sede di individuazione, si sia detta certa dell'identificazione operata (Sez. F, Sentenza n. 43285 del 08/08/2019, D., Rv. 277471; in senso conforme vds. ad es. Sez. 4, Sentenza n. 47262 del 13/09/2017, P., Rv. 271041). Non vi è, inoltre, censurabilità ex art. 606 comma 1, lett. C, cod. proc. pen. delle modalità di effettuazione dell'individuazione fotografica in dibattimento, confermativa di quella eseguita durante le indagini preliminari, in relazione alle quali non è prevista alcuna sanzione processuale di nullità o di inutilizzabilità. Nel caso di specie, vi è stata invece una valutazione di complessiva convergenza degli elementi ricognitivi forniti sia dal (Soggetto 2) che dal (Soggetto 3) (nel quadro della pluralità di elementi a carico del (Soggetto 1) presi in esame dai giudici di merito) che appare correttamente e logicamente argomentata e che si sottrae, pertanto, al vaglio di legittimità demandato a questa Corte.

1.2. Quanto al secondo motivo, esso si risolve nella deduzione di motivi non consentiti in questa sede di legittimità, ossia in una lettura alternativa del materiale probatorio rispetto a quella accolta dai giudici di merito, a fronte di un percorso argomentativo, come quello seguìto dalla Corte (Omissis), che si presenta affatto conducente, corretto ed esente da contraddittorietà o vizi logici evidenti, facendo riferimento non solo all'individuazione del (Soggetto 1) (in termini comunque convergenti) da parte del (Soggetto 2) e del (Soggetto 3), ma anche al riconoscimento del numero di targa della vettura dell'imputato da parte del (Soggetto 3), alle caratteristiche peculiari della targa anteriore della medesima vettura, nonché all'aggancio del telefono del (Soggetto 1) alle celle della zona; più in generale, in ordine alla convergenza di elementi probatori sulla persona del (Soggetto 1), il percorso argomentativo della sentenza impugnata si mostra del tutto adeguato, soffermandosi anche sugli aspetti maggiormente criticati dall'appellante nella ricostruzione dei fatti accolta in primo grado e fornendo risposte affatto logiche e coerenti. A fronte di ciò va ribadito il pacifico e costante indirizzo della giurisprudenza di legittimità anche in composizione apicale, in base al quale l'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato - per espressa volontà del legislatore - a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l'adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L'illogicità della motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Sez. U, n. 24 del 24/11/1999, S., Rv. 214794; si vedano anche in terminis Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, J., Rv. 216260, e Sez. U, n. 47289 del 24/09/2003 -, P., Rv. 226074).

Si ricorda inoltre che, in tema di giudizio di cassazione, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (ex multis Sez. 6, Sentenza n. 47204 del 07/10/2015, M., Rv. 265482).

1.3. Quanto, infine, al terzo motivo, esso è stato già disatteso dalla Corte di merito con adeguato percorso argomentativo; ma, più in dettaglio, è lecito muovere dalla ricostruzione dell'andamento dei fatti operata sia in primo che in secondo grado. Nulla quaestio - nonostante le contrarie asserzioni del ricorrente - in ordine alla configurabilità del delitto di fuga di cui al sesto comma dell'art. 189 Cod. Strada, atteso che risponde del reato previsto dall'art. 189, comma 6, cod. strada, (c.d. reato di fuga), il soggetto che, coinvolto in un sinistro con danni alle persone, effettui soltanto una sosta momentanea, senza fornire le proprie generalità (Sez. 4, n. 42308 del 07/06/2017, M., Rv. 270885), esattamente come accaduto nel caso di specie. Quanto all'elemento soggettivo del delitto di omissione stradale di soccorso, di cui al comma 7 dell'art. 189 cod. strada, è pacifico che in seguito all'urto della BMW, il motociclo del (Soggetto 2) cadde addosso al centauro, schiacciandone in parte il corpo; tanto osservato, è pertinente il richiamo operato dalla Corte di merito alla giurisprudenza di legittimità in base alla quale il reato di omissione di assistenza, di cui all'art. 189, comma 7, cod. strada, presuppone quale antefatto non punibile un incidente stradale da cui sorge l'obbligo di assistenza anche nel caso di assenza di ferite in senso tecnico, essendo sufficiente lo stato di difficoltà indicativo del pericolo che dal ritardato soccorso può derivare per la vita o l'integrità fisica della persona (Sez. 4, Sentenza n. 21049 del 06/04/2018, B., Rv. 273255); nonché al principio in base al quale l'elemento soggettivo del reato di mancata prestazione dell'assistenza occorrente in caso di incidente (art. 189, comma 7, cod. strada) può essere integrato anche dal dolo eventuale, ravvisabile in capo all'agente che, in caso di sinistro comunque ricollegabile al suo comportamento ed avente connotazioni tali da evidenziare, in termini di immediatezza, la probabilità, o anche solo la possibilità, che dall'incidente sia derivato danno alle persone e che queste necessitino di soccorso, non ottemperi all'obbligo di prestare assistenza ai feriti (vds. la recente Sez. 4, n. 33772 del 15/06/2017, D. D. A. C., Rv. 271046: in motivazione, la Corte ha osservato che il dolo eventuale, pur configurandosi normalmente in relazione all'elemento volitivo, può attenere anche all'elemento intellettivo, quando l'agente consapevolmente rifiuti di accertare la sussistenza degli elementi in presenza dei quali il suo comportamento costituisce reato, accettandone per ciò stesso il rischio).

2. L'inammissibilità del ricorso esime questa Corte dal prendere in considerazione il decorso del termine di prescrizione.

3. Alla declaratoria d'inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 25 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 febbraio 2023.

 

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