Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 5411 del 8 febbraio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 5411 del 08/02/2023
Circolazione Stradale - Artt. 141 e 142 del Codice della Strada - Incidente stradale - Rispetto del limite massimo di velocità - Velocità pericolosa - In tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, anche l'eventuale rispetto del limite massimo di velocità consentito non esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell'evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall'art. 141 C.d.S. anche alla luce del fatto che nel formulare il proprio apprezzamento sull'eccesso di velocità relativa il giudice non è tenuto a determinare con precisione ed in termini aritmetici il limite di velocità ritenuto innocuo, essendo sufficiente l'indicazione degli elementi di fatto e delle logiche deduzioni in base ai quali la velocità accertata è ritenuta pericolosa in rapporto alla situazione obiettiva ambientale.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Bologna, pronunciando sull'appello proposto dall'odierno ricorrente (Soggetto 1), con sentenza dell'8/1/2021 confermava la sentenza emessa in data 25/10/2017 dal Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di (Omissis), che, all'esito di giudizio abbreviato, lo aveva condannato alla pena di anni uno e mesi quattro di reclusione, concessagli la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. equivalente all'aggravante contestata, con la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna (oltre alla sanzione amministrativa accessoria della sospensione della validità della patente di guida per anni uno e mesi sei), in quanto riconosciutolo colpevole del reato di cui all'art. 589, 1° e 2° comma cod. pen. perché, ponendosi alla guida dell'autovettura Mercedes (Omissis) targata (Omissis) lungo la strada Provinciale n. (Omissis) "di (Omissis)" Km. 3 + 700, per negligenza, imprudenza e imperizia - consistite nell'essersi posto alla guida in stato di ebbrezza con tasso alcolemico pari a 0,61 g/I, nel tenere una velocità (122 Km/h) superiore ai limiti previsti per il tratto di strada percorso (90 Km/h) ed in ogni caso non adeguata al contesto di circolazione di pioggia in atto (in violazione degli artt. 141 commi 1, 2 e 3 e 142 comma 1 c.d.s.), nel non aver osservato l'obbligo di tenere una distanza di sicurezza rispetto al veicolo che lo precedeva (in violazione dell'art. 149 comma 1 c.d.s.) e l'obbligo dell'uso delle luci anabbaglianti sebbene viaggiasse in ambito extraurbano e con pioggia in atto (in violazione dell'art. 153 comma 1 c.d.s.) - collidendo contro l'autovettura Peugeot (Omissis) targata (Omissis) condotta da (Soggetto 2), cagionava a quest'ultimo lesioni che ne determinavano successivamente il decesso presso l'Ospedale di (Omissis). Con l'aggravante di aver commesso il fatto in violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale. In (Omissis) il 23/5/2015 (data del sinistro) e 26/5/2015 (data del decesso).

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, (Soggetto 1), deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.

L'imputato articola tre motivi di ricorso, per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla insussistenza della colpa e del nesso di causalità; per travisamento della prova in relazione alla sussistenza di una causa sopravvenuta autonoma che determinò la morte (l'intervento operatorio di artrodesi vertebrale posteriore e la successiva rinuncia ad una terapia farmacologica profilattica anticoagulante); in ordine al diniego delle circostanze attenuanti generiche ed al trattamento sanzionatorio complessivo.

In particolar modo, quanto al primo motivo, sottolinea come sia errata la velocità asseritamente tenuta dal (Soggetto 1), quantificata in 122 km/h. Ciò perché la velocità stimata emergente dalla consulenza del pm (pag. 17) è pari a 112 km/h.

Inoltre, la Corte territoriale illogicamente riterrebbe irrilevante la presenza o meno di pioggia in atto. Si sostiene che la Corte bolognese avrebbe dovuto necessariamente prendere posizione e descrivere le circostanze di tempo e di luogo dalla stessa ritenute sussistenti al momento del sinistro. Quanto a queste, si sostiene peraltro che quanto affermato dal consulente del PM sia errato perché le condizioni metereologiche al momento dell'incidente erano ottimali.

Per il ricorrente la sentenza impugnata si presterebbe alle proposte censure di legittimità anche laddove avrebbe omesso qualsiasi valutazione del contesto spazio temporale in cui è avvenuto l'incidente. Ciò perché sarebbe emerso dal compendio istruttorio che l'imputato percorreva regolarmente la propria corsia di marcia senza essere preceduto da alcun veicolo. La persona offesa contestualmente al sopraggiungere dell'imputato - si legge in ricorso - eseguiva una repentina manovra di immissione nello stesso senso di marcia seguito dall'odierno ricorrente, frapponendosi, alla stregua di un ostacolo fisso, nella sua traiettoria di marcia. I riscontri dell'urto avrebbero, infatti, confermato che la persona offesa, disatteso l'obbligo di precedenza in favore dell'imputato, teneva al momento dell'impatto una velocità di 6 km/h. In tale contesto apparirebbe illogico il richiamo effettuato da entrambi il giudice di merito alla violazione da parte del ricorrente dell'articolo 149 co. 1 del codice della strada, che come noto sanziona il conducente che non tenga la distanza minima di sicurezza dal veicolo che lo precede.

In ricorso si sottolinea il comportamento colposo della persona offesa, a fronte di un imputato che avrebbe diligentemente operato nel tentativo di evitare l'impatto, sterzando verso sinistra.

La tesi difensiva, pertanto, è che l'odierno ricorrente si sia trovato di fronte ad una manovra imprevedibile altrui.

Rispetto a tale ricostruzione del sinistro la Corte territoriale avrebbe travisato il fatto e la prova, così come aveva già fatto il giudice di primo grado valorizzando dati circostanziali erronei.

Quanto al secondo motivo di ricorso, relativo al nesso di causalità, si contesta l'assunto di cui a pagina 7 della sentenza impugnata, sul rilievo che il richiamo alla consulenza medico legale a firma della dottoressa (Soggetto 3) non risulterebbe in alcun modo dirimente in ragione della sussistenza dell'elemento di interruzione del nesso di causalità che evidenzia lo stesso medico nel corpo della relazione.

Ripercorso alle pagine 14 e seguenti l'iter terapeutico al quale la persona offesa è stata sottoposta in seguito al sinistro stradale, il ricorrente sottolinea che, a fronte di un paziente chirurgico a rischio tromboembolico, sarebbe stata la condotta negligente del personale medico, ben evidenziata anche nelle conclusioni della relazione medico legale, l'elemento decisivo che ha cagionato la morte della persona offesa.

Quanto al nesso di causalità, si sostiene che l'operazione effettuata dal giudice del gravame del merito si tradurrebbe in un'illegittima autoreferenzialità della parte motiva della pronuncia non supportata da alcun giudizio medico.

Infine, quanto al terzo motivo di ricorso, in punto di mancata concessione delle attenuanti generiche e alla dosimetria della pena detentiva, ritenuta eccessivamente gravosa, il ricorrente censura come apparente la motivazione del provvedimento impugnato laddove non ha tenuto conto, come si sostiene avrebbe dovuto, della condotta di guida tenuta dalla persona offesa in occasione del verificarsi del sinistro, nonché della condotta negligente del personale medico che ebbe ad intervenire sulla persona della stessa persona offesa successivamente al sinistro medesimo.

Ci si duole, in particolare, che la Corte territoriale, nel negare il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in favore dell'imputato, abbia attribuito portata eccessiva, irragionevolmente, all'unico precedente penale dell'imputato, relativo ad una violazione dell'articolo 186 del codice della strada del 2011, reato peraltro estinto a seguito di positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità.

Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

3. Nei termini di legge hanno rassegnato le proprie conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale, non richiesta, il P.G., che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e l'Avv. M. D. V., difensore del (Soggetto 1), che ha insistito per l'accoglimento dello stesso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi proposti sono manifestamente infondati e, pertanto, il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.

2. Ed invero, le censure del ricorrente, si sostanziano nella riproposizione delle medesime doglianze già sollevate in appello, senza che vi sia un adeguato confronto critico con le risposte a quelle fornite dai giudici del gravame del merito.

Per contro, l'impianto argomentativo del provvedimento impugnato appare puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità.

In premessa, va anche ricordato che he, per assunto pacifico, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia - valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente - è rimessa al giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione (ex multis Sez. 4, n. 54996 del 24/10/2017, B., Rv. 271679; Sez. 4, n. 10335 del 10/2/2009, P., non mass.; Sez. 4, n. 43403 del 17/10/2007, A., Rv. 238321). E in altra condivisibile pronuncia si è chiarito che sono sottratti al sindacato di legittimità, se sorretti da adeguata motivazione, gli apprezzamenti di fatto necessari alla ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia quali la valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, l'accertamento delle relative responsabilità e la determinazione dell'efficienza causale di ciascuna colpa concorrente (Sez. 4, n. 37838 del 01/07/2009, T., Rv. 245294).

Ebbene, con motivazione che appare assolutamente immune dalle proposte censure di legittimità, la Corte bolognese ha evidenziato come non vi fossero apprezzabili ragioni per ritenere che l'incidente stradale non sia avvenuto in conseguenza dell'imprudente comportamento tenuto dall'imputato che procedeva a velocità eccessiva (calcolata in 122 km/h) e sicuramente non adeguata alle condizioni di tempo e condizioni del tratto stradale percorso, a prescindere dalla presenza o meno di pioggia in atto.

La vettura della vittima - secondo la concorde ricostruzione di entrambi i giudici di merito - è stata tamponata dall'auto del ricorrente, che procedeva a velocità sostenuta e che ha determinato la violentissima accelerazione del veicolo colpito quando aveva terminato la manovra di immissione sulla strada provinciale ed aveva pertanto già guadagnato l'allineamento nella corsia di marcia propria del veicolo in direzione di (Omissis).

Viene anche evidenziato che la consulenza tecnica dell'ingegner (Soggetto 3) ha dato atto che i tempi manovra risultavano essere stati adeguati e repentini; l'imputato procedeva a velocità sicuramente superiore a quella massima consentita in quel tratto di strada ed anche se il verbale di violazione dell'articolo 186 co. 2 lett. a) del codice della strada (era stato accertato un tasso alcolemico pari a grammi/litro 0,61) è stato annullato sulla base di considerazioni relative alla valenza chimica e non medico legale dell'accertamento svolto sul plasma, i rilievi effettuati dalla polizia e tecnici dei consulenti del Pubblico ministero hanno evidenziato la condotta imprudente dell'imputato.

È stato altresì chiarito - si legge in sentenza - che, con certezza o comunque alta probabilità, osservando le norme cautelari di dovuta attenzione e prudenza nonché mantenendo una velocità adeguata alle condizioni della strada e del traffico il tamponamento non si sarebbe verificato o avrebbe comunque prodotto danni di minor gravità.

3. Quanto alla contestazione circa la velocità tenuta (che il ricorrente sostiene essere di 10 kmh inferiore a quella ritenuta dai giudici di merito) va ricordato che la contestazione del profilo di colpa specifica di cui all'art. 141 cod. strada non necessita che sia individuata la specifica velocità di marcia, ma reputa sufficiente che si proceda ad una velocità non adeguata rispetto alle condizioni di tempo e di luogo in cui il mezzo si trovava a circolare.

Ciò anche perché - va qui ribadito - in tema di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, anche l'eventuale rispetto del limite massimo di velocità consentito non esclude la responsabilità del conducente qualora la causazione dell'evento sia comunque riconducibile alla violazione delle regole di condotta stabilite dall'art. 141 cod. strada (così la recente Sez. 4, n. 7093 del 27/1/2021, D. L., Rv. 280549 che ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo, ai danni di un pedone, del conducente che, pur viaggiando a velocità moderata, aveva omesso, attese le condizioni metereologiche avverse, il centro abitato e la ridotta visibilità, di tenere una condotta di guida tale da potergli consentire di avvistare per tempo il pedone ed arrestare il mezzo).

L'art. 141 cod. strada impone al conducente di un veicolo di regolare la velocità in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico e ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza e prevede inoltre che il conducente deve conservare il controllo del proprio veicolo ed essere in grado di compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza, specialmente l'arresto del veicolo entro i limiti del suo campo di visibilità.

E questa Corte di legittimità ha anche chiarito che l'obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili (Sez. 4, n. 25552 del 27/4/2017, L., Rv. 270176, che ha ritenuto ragionevolmente prevedibile la presenza, di sera, in una strada cittadina poco illuminata, in un punto situato nei pressi di una fermata della metropolitana, di persone intente all'attraversamento pedonale nonostante l'insistenza "in loco" di apposito sottopassaggio).

Ed è anche vero che, nel formulare il proprio apprezzamento sull'eccesso di velocità relativa - vale a dire su una velocità non adeguata e pericolosa in rapporto alle circostanze di tempo e di luogo, indipendentemente dai prescritti limiti fissi di velocità - il giudice non è tenuto a determinare con precisione ed in termini aritmetici il limite di velocità ritenuto innocuo, essendo sufficiente l'indicazione degli elementi di fatto e delle logiche deduzioni in base ai quali la velocità accertata è ritenuta pericolosa in rapporto alla situazione obiettiva ambientale (cfr. Sez. 4, n. 8526 del 13/2/2015, D. L. C., Rv. 262449, in una fattispecie in cui l'imputato aveva mantenuto una velocità prossima, per difetto, al limite vigente nel tratto stradale interessato dal sinistro, valutata, tuttavia, non adeguata in considerazione della scarsa visibilità notturna, della prossimità sia alle strisce pedonali sia all'intersezione con altra strada nonché della presenza a bordo del motociclo da lui condotto di un passeggero privo di casco).

4. Le doglianze in punto di elemento soggettivo e di nesso di causalità di cui al primo motivo implicherebbero una non consentita rivalutazione di prova, non consentita in questa sede di legittimità. Le stesse, infatti, richiamano la consulenza del pubblico ministero, le foto allegate alla consulenza e quelle redatte dalla Polizia stradale (al fine di escludere sia la pioggia, sia la circostanza del manto stradale bagnato), introducendo un elemento (la condotta imprudente della vittima) esplicitamente esclusa dalle sentenze di merito (pagina 9 della sentenza di primo grado e pagina 7 della sentenza di appello).

Va evidenziato che è lo stesso ricorrente ad invocare in maniera del tutto generica un travisamento del fatto e della prova, confondendo i due concetti.

Quanto al primo - va ribadito - si tratta di una verifica che questa Corte non può operare, poiché secondo la costante giurisprudenza di legittimità anche a seguito della modifica apportata all'art. 606, co. 1, lett. e), cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, resta non deducibile nel giudizio di legittimità il travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, F., Rv. 273217). Quanto al secondo, va ricordato che il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l'inammissibilità, ad addurre l'esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l'atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l'atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato (da ultimo, Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F., Rv. 281085). Le doglianze in esame risultano carenti quanto al requisito di cui alla lettera b), c) e d), per cui devono ritenersi generiche.

Peraltro, costituisce ius receptum che nel caso di cosiddetta "doppia conforme", come quello in esame, è inammissibile ex art. 606, comma 3, cod. proc. pen., il motivo fondato sul travisamento della prova, per utilizzazione di un'informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa valutazione di una prova decisiva, che sia stato dedotto per la prima volta con il ricorso per Cassazione, poiché in tal modo esso viene sottratto alla cognizione del giudice di appello, con violazione dei limiti del "devolutum" ed improprio ampliamento del tema di cognizione in sede di legittimità (Sez. 6, n. 21015 del 17/05/2021, A., Rv. 281665).

5. Analoghe considerazioni vanno svolte in ordine al denunciato travisamento di prova circa la condotta dei sanitari dell'ospedale di (Omissis), considerate le conclusioni (riportate correttamente in entrambe le sentenze di merito) della consulente medico legale, circa la sussistenza del nesso di causalità, pur considerato la discutibile scelta farmacologica dei sanitari del nosocomio.

Per la Corte emiliana nessun dubbio sussiste neppure in ordine al nesso di causalità posto che non vi sono argomenti contrari per disattendere le conclusioni del medico legale Dott.ssa Detratti secondo le quali il decesso provocato dalla trombo embolia polmonare verificatasi tre giorni dopo l'incidente era causalmente collegato alle lesioni traumatiche subite dalla vittima in occasione dell'incidente stradale; e che la scelta terapeutica effettuata dai medici quando la vittima era ricoverata poteva aver determinato un aumento del profilo di rischio trombo embolico, ma non era stata decisiva per causare la morte. Perciò, per il giudice del gravame del merito, la conclusione secondo la quale deve escludersi che la causa sopravvenuta (eventuale colpa concorrente dei sanitari) sia stata di per se' sola sufficiente a determinare l'evento non può che essere condivisa.

D'altra parte, la sinteticità delle argomentazioni del giudice di appello corrisponde alla analoga sinteticità della doglianza formulata in sede di appello, che si limita (pagine 11 e 12) ad evidenziare le critiche formulate al personale medico ospedaliero dalla consulente, senza in alcun modo poi argomentare in ordine alla interruzione del nesso causale, pur affermato come sussistente dalla stessa consulente. Il tutto in linea con la scelta difensiva di definire il giudizio con rito abbreviato, scelta che non avrebbe comunque impedito la sollecitazione di una perizia medico legale anche in appello.

Dirimente, in ogni caso, è che costituisce principio ormai consolidato quello secondo il quale l'eventuale negligenza o imperizia dei medici, ancorché di elevata gravità, non elide ex se il nesso causale tra la condotta lesiva e l'evento morte, in quanto l'intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura, mentre ai fini dell'esclusione del nesso di causalità occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l'evento letale (Sez. 4, n. 25560 del 02/05/2017, S., Rv. 269976 - 01; con riferimento al delitto di lesioni personali seguite da morte, Sez. 5, n. 18396 del 04/04/2022, D. B., Rv. 283216 - 02).

6. Infine, manifestamente infondate si palesano anche le doglianze in ordine al trattamento sanzionatorio ed al diniego delle attenuanti generiche, poiché la Corte non può procedere al relativo giudizio, che implica delle valutazioni incompatibili con il giudizio di legittimità, a fronte della congrua motivazione della decisione impugnata, che fa leva sulla sul precedente riportato dall'imputato in epoca molto ravvicinata rispetto ai fatti (appena 1 anno dopo l'ordinanza di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza).

Il provvedimento impugnato appare collocarsi nell'alveo del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell'assolvimento dell'obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, B. e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuanti generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell'imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).

Pacifico, peraltro è che, ai fini dell'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche il giudice, alla luce dei criteri di determinazione della pena di cui all'art. 133 cod. pen., può considerare i precedenti giudiziari, ancorché non definitivi, e, pertanto, a maggior ragione può tener conto dei reati estinti (Sez. 5, n. 39473 del 13/06/2013, P., Rv. 257200).

7. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma il 24 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 8 febbraio 2023.

 

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