Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 43978 del 2 novembre 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 43978 del 02/11/2023
Circolazione Stradale - Artt. 218 del Codice della Strada e 589-bis c.p. - Reato di omicidio stradale - Sanzioni amministrative accessorie - Sospensione della patente di guida - Motivazione - L'assenza di giustificazione in ordine alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida relativa al reato di omicidio stradale, deve essere determinata non in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p.p., ma in base ai diversi parametri di cui all'art. 218 C.d.S., comma 2, così che le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome, integra un vizio di legittimità.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Lecce, sezione distaccata di (Omissis), ha confermato la sentenza del GUP di quel Tribunale, con la quale (Soggetto 1) era stato condannato per il reato di omicidio stradale ai danni del pedone (Soggetto 2). In particolare, si è contestato all'imputato di avere, in violazione delle norme che regolano i limiti di velocità, investito il pedone in fase di attraversamento di un tratto stradale, sul quale si trovavano numerose attività commerciali, pur ritenuta la concorrente condotta colposa della vittima.

2. In sintesi, questa la ricostruzione dei fatti per cui è processo operata dai giudici di merito anche sulla scorta degli esiti della consulenza tecnica disposta dal pubblico ministero. Il punto d'impatto era stato individuato quasi al centro della corsia, a pochi metri dalla conclusione dell'attraversamento da parte del pedone; la velocità del mezzo condotto dall'imputato era stata stimata a 83 Km/h a fronte di un limite di 70; la velocità impressa al proprio mezzo non aveva consentito al conducente di approntare manovre salvifiche.

La Corte territoriale, nell'esaminare le doglianze difensive, ha intanto rigettato la richiesta di rinnovazione istruttoria, disattendendo gli esiti della consulenza disposta nell'interesse del responsabile civile, che non aveva chiarito neppure quali fossero stati i parametri inseriti nel programma di calcolo impiegato per determinare la velocità del mezzo. Peraltro, il tecnico aveva desunto la impossibilità di avvedersi del pedone dalla constatata assenza di frenata (iniziata solo dopo l'impatto), ragionamento che la Corte ha ritenuto circolare, posto che la mancata frenata era stata conseguenza della condotta colposa che non aveva consentito al conducente di governare il suo mezzo. Sotto altro profilo, ha ritenuto prevedibile la presenza di un pedone in attraversamento in quel punto, in ragione della presenza di insediamenti commerciali, altresì rilevando che la illuminazione della strada da parte del mezzo antecedente (come confermato dal passeggero del furgone condotto dall'imputato) aveva permesso al (Soggetto 1) di accorgersi della presenza del pedone. Inoltre, ha ritenuto dimostrati la velocità impressa al mezzo condotto dall'agente, ricavandola dallo spazio di frenata, sul quale avevano influito i fattori indicati dal consulente del pubblico ministero, tenuto conto dell'elevato flusso viario e delle non ottimali condizioni metereologiche. Infine, ha considerato ininfluente sul decorso causale la riscontrata presenza di cannabinoidi nella vittima, atteso che la sostanza era stata ingerita dalla stessa e che la traccia risultava, dunque, per un margine temporale più ampio, considerando addirittura controproducente, ai fini difensivi, il dato rappresentato dall'andatura barcollante della vittima.

La sola incensuratezza, poi, è stata ritenuta ragione inidonea al riconoscimento delle generiche, avendo l'imputato goduto dell'attenuazione della pena in ragione del riconoscimento dell'ipotesi di cui all'art. 589 bis c.p., comma 7, per il ritenuto concorso di colpa della vittima, ritenendo infine corretta la determinazione della sanzione amministrativa accessoria stante la conferma della valutazione condotta dal primo giudice.

3. La difesa ha proposto ricorso, formulando tre motivi.

Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione, in relazione al giudizio di responsabilità, avendo i giudici territoriali fondato la propria decisione sugli esiti di una consulenza avversata da altro parere tecnico e omesso di dar corso ad apposita perizia, contestando più in generale la operata valutazione del compendio probatorio e ritenendo non convincente il riferimento al comportamento del pedone, avuto riguardo all'uso di sostanze stupefacenti, rispetto al quale è stato ritenuto incerto e non verificato il momento dell'assunzione, superandosi le conclusioni del consulente di parte attraverso un ragionamento fondato sulla scienza privata del giudice.

Con il secondo motivo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto al diniego delle generiche, avendo i giudici di merito omesso di dar conto delle ragioni del mancato contenimento del trattamento sanzionatorio entro i minimi edittali.

Con il terzo, infine, ha dedotto violazione di legge quanto alla irrogazione della sanzione ammnistrativa accessoria, non versandosi in ipotesi di automatica applicazione di essa.

4. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Dott.ssa M. O., ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

5. La difesa del (Soggetto 1) ha depositato note di replica, chiedendo l'accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso va accolto limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria e dichiarato inammissibile nel resto.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

La Corte ha ritenuto di non dover disporre perizia alla stregua della consulenza disposta dal pubblico ministero, le cui conclusioni sono state recepite dopo un preciso vaglio operato raffrontando quelle rassegnate dal consulente del responsabile civile, ritenute non affidabili per le ragioni esposte in parte motiva, con le quali il deducente ha omesso un effettivo confronto.

Orbene, sul punto specifico, deve ricordarsi, secondo il diritto vivente, che la rinnovazione dell'istruttoria nel giudizio di appello, attesa la presunzione di completezza dell'istruttoria espletata in primo grado, è un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter decidere allo stato degli atti (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, R., Rv. 266820-01; sez. 3, n. 42711 del 23/6/2016, H., Rv. 267974-01), ricordandosi che il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla correttezza della motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice d'appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento non può mai essere svolto sulla concreta rilevanza dell'atto o della testimonianza da acquisire, ma deve esaurirsi nell'ambito del contenuto esplicativo del provvedimento adottato (sez. 3, n. 7680 del 13/1/2017, L., Rv. 269373-01).

Nel caso all'esame, a fronte del ragionamento esplicativo del giudice d'appello, la difesa ha formulato una doglianza, con la quale ha prospettato una versione alternativa della ricostruzione fattuale, tuttavia motivatamente disattesa dai giudici del doppio grado.

Devono, peraltro, richiamarsi anche i limiti del vizio motivazionale deducibile, essendo estranei al vaglio di legittimità gli aspetti del giudizio che si sostanzino nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio. Tale principio costituisce il diretto precipitato di quello, altrettanto consolidato, per il quale sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (sez. 6 n. 47204 del 07/10/2015, M., Rv. 265482), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, M., Rv. 253099).

Nella specie, in ordine alla ricostruzione della dinamica del sinistro, alla condotta di guida del conducente e al comportamento della vittima, le censure difensive riprendono le doglianze prospettate al giudice d'appello, senza essere precedute da un effettivo confronto con le ragioni complessive che hanno indotto la Corte territoriale a disattenderle, spiegando il motivo per il quale si è ritenuto che l'incidente era stato conseguenza di un concorso di fattori, tra i quali la condotta di guida imprudente dell'imputato, non avendo costui, nell'occorso, contenuto la velocità nei limiti consentiti e, comunque, in maniera da conservare il controllo del proprio mezzo lungo un tratto di strada sul quale la presenza di pedoni non era evenienza imprevedibile.

3. Proprio con riferimento alla imprevedibilità del comportamento della vittima, peraltro, deve ricordarsi, ancora una volta rinviando ai principi più volte enunciati da questa Corte di legittimità, che il principio dell'affidamento, nello specifico campo della circolazione stradale, trova opportuno temperamento nell'opposto principio secondo il quale l'utente della strada è responsabile anche del comportamento imprudente altrui purché rientri nel limite della prevedibilità (sez. 4, n. 12260 del 9/1/2015, M., Rv. 263010-01, in cui la S.C. ha annullato la sentenza con la quale era esclusa la responsabilità del guidatore per omicidio colposo di un pedone, il quale, sceso dalla portiera anteriore dell'autobus in sosta lungo il lato destro della carreggiata, era passato davanti all'automezzo ed era stato investito dall'imputato, che aveva rispettato il limite di velocità ma non aveva provveduto a moderarla in ragione delle condizioni spazio-temporali di guida e, segnatamente, della presenza in sosta del pullman). In particolare, proprio con riguardo ai limiti di velocità, l'obbligo di moderare adeguatamente la stessa, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili (sez. 4, n. 25552 del 27/4/2017, L., Rv. 270176-01, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto ragionevolmente prevedibile la presenza, di sera, in una strada cittadina poco illuminata, in un punto situato nei pressi di una fermata della metropolitana, di persone intente all'attraversamento pedonale nonostante l'insistenza "in loco" di apposito sottopassaggio; n. 24414 del 6/5/2021, B., Rv. 281399-01).

4. Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.

Il diniego delle generiche, infatti, può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 62 bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (sez. 4, n. 32872 del 8/6/2022, G., Rv. 283489-01; sez. 3, n. 24128 de1 18/3/2021, D. C., Rv. 281590-01).

Nella specie, i giudici del merito hanno valutato gli elementi allegati (eventuale risarcimento del danno e incensuratezza), ritenendo il primo inidoneo siccome non espressione di una effettiva resipiscenza utile per il riconoscimento delle attenuanti di cui all'art. 62 bis c.p.; il secondo, utile solo ai fini del riconoscimento dei doppi benefici.

Il motivo di ricorso, sotto tale profilo, non è neppure autosufficiente, non avendo la parte allegato alcun elemento di valutazione eventualmente pretermesso dai giudici del merito, essendosi limitata a invocare una dosimetria della pena entro il minimo edittale.

5. Il terzo motivo è, invece, fondato.

Deve rilevarsi, infatti, la sostanziale assenza di giustificazione in ordine alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, la cui determinazione, peraltro, deve essere effettuata non in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p.p., ma in base ai diversi parametri di cui all'art. 218 C.d.S., comma 2, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome (sez. 4, n. 4740 del 18/11/2020, D. M., Rv. 280393-01; n. 55130 del 9/11/2017, F., Rv. 271661-01). Infatti, l'unica giustificazione formulata dai giudici del gravame rinvia alla correttezza della valutazione operata nella sentenza appellata, tuttavia silente sul punto specifico, cosicché l'assenza di motivazione integra il dedotto vizio di legittimità.

6. La sentenza deve essere, pertanto, annullata limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte d'appello di Lecce che terrà conto dei principi indicati al paragrafo che precede, con declaratoria di inammissibilità del ricorso nel resto e attestazione di definitività dell'affermazione della penale responsabilità ai sensi dell'art. 624 c.p.p..

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida e rinvia sul punto alla Corte di appello di Lecce. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara irrevocabile l'affermazione di responsabilità.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2023.

 

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