Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione prima, sentenza n. 4248 del 1 febbraio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione I, sentenza numero 4248 del 01/02/2023
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool - Sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità - Mansionario adeguato al livello culturale e sociale del condannato - Infondatezza - Revoca - La norma di riferimento riguardante la sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità dispone soltanto che questo debba essere svolto con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato, non contenendo, quindi, nessun riferimento al livello culturale e sociale del condannato, ed il rifiuto all'espiazione della pena comporta la sua revoca.


RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 11 dicembre 2021 il Tribunale di (Omissis), in funzione di giudice dell'esecuzione, ha disposto la revoca della sanzione sostitutiva dei lavori di pubblica utilità, ed il ripristino della pena originaria di 4 mesi di arresto e 1.000 euro di ammenda, inflitta a (Soggetto 1) per il reato di guida in stato di ebbrezza con la sentenza dello stesso Tribunale del 26 maggio 2017. La revoca era disposta perché il condannato non aveva completato il lavoro di pubblica utilità, avendo svolto soltanto 42 delle 248 ore, ed avendo riferito l'ente del disinteresse del condannato ad eseguire la pena sostitutiva e del comportamento aggressivo nei confronti di colleghi ed utenza.

2. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con due motivi.

Nel primo motivo deduce di non essersi mai rifiutato di proseguire il lavoro di pubblica utilità, ma di aver soltanto trovato i compiti affidati non all'altezza del suo livello personale (il condannato è un funzionario (Omissis)), l'ente non avrebbe indicato l'oggettiva impossibilità di affidargli lavori di tipologia consona al suo livello.

Nel secondo motivo lamenta non essere stato effettuato, in occasione del ripristino della pena originaria, lo scomputo delle ore di lavoro svolte.

3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, dr. L. O., ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, il rigetto nel resto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è parzialmente fondato.

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

In esso il ricorrente deduce che l'ente presso cui era in corso di espiazione la sanzione sostitutiva non avrebbe indicato l'oggettiva impossibilità di affidare al condannato lavori di tipologia consona al suo livello culturale e sociale (il condannato è un funzionario (Omissis)).

Il motivo non è fondato.

La norma di riferimento, che è l'art. 54, comma 3, d.lgs. 2000, n. 274, dispone soltanto che il lavoro di pubblica utilità debba essere svolto "con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato", non contiene, quindi nessun riferimento al livello culturale e sociale del condannato.

Nessun elemento in più si ricava neanche dall'art. 186, comma 9-bis, del codice della strada, che disciplina i lavori di pubblica utilità soltanto mediante mero richiamo alla norma dell'articolo 54 del d.lgs. n. 274 appena citato, stabilendo che debbano essere svolti "secondo le modalità ivi previste".

Qualche elemento in più lo offre l'art. 4 del d.m. 26 marzo 2001, emesso ai sensi dell'art. 54, comma 6, d.lgs. n. 274 citato, e recante "Norme per la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità", che dispone che nell'esecuzione dei lavori debba essere assicurato "il rispetto delle norme e la predisposizione delle misure necessarie a tutelare l'integrità fisica e morale dei condannati" e che "in nessun caso l'attività può svolgersi in modo da impedire l'esercizio dei fondamentali diritti umani o da ledere la dignità della persona".

La circostanza che l'attività svolta non debba ledere la dignità della persona è, però, soltanto un limite negativo di carattere generale alla tipologia di lavori da sottoporre al condannato, ma non comporta l'obbligo per l'ente di predisporre un mansionario adeguato al livello culturale e sociale dello stesso, dovendo essere verificata ai fini della revoca della sanzione sostitutiva soltanto l'esigibilità della prestazione lavorativa che è stata chiesta al condannato (Sez. 1, Sentenza n. 58060 del 20/10/2017, C., Rv. 271615; Sez. 1, Sentenza n. 35809 del 20/04/2016, G., Rv. 267581).

2. Il secondo motivo, invece, è fondato.

In esso il ricorrente deduce non essere stato effettuato, in occasione del ripristino della pena originaria, lo scomputo delle ore di lavoro svolte.

Il condannato aveva, infatti, comunque eseguito i lavori per 42 delle 248 ore in cui doveva consistere la sanzione sostitutiva.

Il motivo è fondato, perché la giurisprudenza di legittimità si è più volte espressa nel senso che la revoca della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, disposta per mancata osservanza delle prescrizioni, comporta il ripristino della sola pena residua, calcolata sottraendo dalla pena complessivamente inflitta il periodo di positivo svolgimento dell'attività, mediante i criteri di ragguaglio dettati dall'art. 58 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Sez. 4, Sentenza n. 4176 del 28/01/2022, G., Rv. 282579; conforme Sez. 1, Sentenza n. 46551 del 25/05/2017, N., Rv. 271130; Sez. 1, Sentenza n. 32416 del 31/03/2016, B., Rv. 267456).

L'ordinanza impugnata va, pertanto, annullata relativamente alla determinazione del quantum della pena residua.

L'annullamento deve essere disposto senza rinvio ex art. 620, comma 1, lett. l), cod. proc. pen., in quanto la Corte ritiene di poter rideterminare la pena sulla base delle statuizioni del giudice di merito.

Considerato, infatti, che ai sensi dell'art. 54, comma 5, d.lgs. n. 274 del 2000, "ai fini del computo della pena, un giorno di lavoro di pubblica utilità consiste nella prestazione, anche non continuativa, di due ore di lavoro", ne consegue, che, avendo il condannato eseguito attività lavorativa per 42 ore, si devono ritenere espiati 21 giorni di arresto, imputando l'attività lavorativa svolta alla pena detentiva, prima che a quella pecuniaria, in conformità al principio generale secondo cui deve intendersi scontata per prima la pena più gravosa per il reo (cfr., da ultimo, Sez. 1, Sentenza n. 28141 del 18/06/2021, F., Rv. 281672).

Per il titolo esecutivo in esame residuano, pertanto, da scontare 3 mesi e 9 giorni di arresto e 1.000 euro di ammenda.

Si dispone la comunicazione della decisione all'ufficio del pubblico ministero competente per l'esecuzione della pena ex art. 655 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata limitatamente alla misura della pena sostituita che determina in mesi tre e giorni nove di arresto ed euro 1.000 di ammenda. Rigetta nel resto il ricorso.

Si comunichi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di (Omissis).

Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2023.

 

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