Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 41857 del 16 ottobre 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 41857 del 16/10/2023
Circolazione Stradale - Artt. 186, 187, 218 e 222 del Codice della Strada - Presentazione dei motivi di appello antecedenti alla sentenza della Corte Costituzionale n. 88/2019 - Applicazione della sanzione amministrativa della revoca della patente di guida - Condizioni - In relazione alla presentazione dei motivi di appello, in sede di conclusioni scritte e depositate antecedenti alla sentenza della Corte Costituzionale n. 88 del 2019 con cui era stata formulata la richiesta subordinata di non applicare la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida, non ricorrendo le ipotesi aggravate sanzionate dal comma 2 e dal comma 3 sia dell'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis c.p. che della guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, il giudice che applichi la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in luogo di quella, più favorevole, della sospensione, debba dare conto, in modo puntuale, delle ragioni che lo hanno indotto a scegliere il trattamento più sfavorevole sulla base dei parametri di cui all'art. 218, comma 2 del C.d.S..


RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Roma ha confermato la sentenza emessa in data 07/06/2018 dal GUP presso il Tribunale di (Omissis) - all'esito di giudizio abbreviato - con la quale (Soggetto 1) era stata condannata alla pena di anni uno di reclusione, con contestuale applicazione della revoca della patente di guida e concessione dei benefici della sospensione condizionale e della non menzione, in relazione ai reati previsti dall'art. 589-bis c.p. e dall'art. 590 c.p..

La Corte territoriale ha rilevato come la penale responsabilità dell'imputata dovesse ritenersi provata alla luce della ricostruzione della dinamica del sinistro emergente dalle dichiarazioni rese da (Soggetto 4), conducente di un veicolo sorpassato da quello condotto dall'imputata immediatamente prima dell'evento, dalle immagini registrate dal dispositivo presente sulla vettura di quest'ultimo e dalla consulenza tecnica disposta nel corso delle indagini preliminari.

Ha quindi ritenuto, in condivisione con quanto argomentato dal giudice di primo grado, che il decesso di (Soggetto 2) e le lesioni personali subite da (Soggetto 3) fossero da ascrivere alla condotta colposa tenuta dall'imputata; la quale, viaggiando a una velocità di 120 km/h (superiore a quella consentita, pari a 90 km/h) e a seguito di una reazione sproporzionata alla manovra tenuta dal conducente di una vettura che la precedeva, la quale aveva effettuato un lieve scarto a sinistra ma senza invadere la parallela corsia di marcia, si era bruscamente spostata a sinistra e, dopo avere urtato il new jersey, aveva effettuato un testa coda, inserendosi in uno spazio libero tra le due carreggiate, urtando la testata di un tratto dello stesso new jersey e andando a invadere la carreggiata opposta, investendo la vettura condotta da (Soggetto 3) e a bordo della quale si trovava (Soggetto 2), cagionandone rispettivamente le lesioni personali descritte nel capo di imputazione e il decesso.

La Corte territoriale ha pertanto rigettato il motivo di gravame inerente alla penale responsabilità dell'imputata; ha ritenuto altresì infondato il motivo di appello inerente al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e quello inerente alla concreta misura della pena inflitta.

2. Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione (Soggetto 1), tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.

Con il primo motivo di impugnazione la difesa ha dedotto la violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all'art. 222, comma 2, quarto periodo del D.Lgs. n. 285 del 1992, per difetto di motivazione in ordine alla specifica richiesta avanzata dalla difesa e inerente all'applicazione della sanzione amministrativa della revoca della patente di guida.

Ha esposto che la determinazione adottata sul punto dal Giudice di primo grado era stata applicata per espresso disposto normativo, trattandosi di statuizione anteriore alla sentenza n. 88/2019 della Corte Costituzionale, che aveva dichiarato l'illegittimità del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 222, comma 2, quarto periodo,; ha quindi esposto che, essendo la predetta sentenza intervenuta dopo la presentazione dei motivi di appello, in sede di conclusioni scritte depositate ai sensi del D.L. n. 149 del 2020, art. 23, comma 2, era stata formulata la richiesta subordinata di non applicare la sanzione amministrativa della revoca della patente di guida, non ricorrendo le ipotesi aggravate sanzionate dal comma 2 e dal comma 3 sia dell'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis c.p.; ha quindi argomentato che, in ordine alla relativa deduzione difensiva, la Corte aveva omesso qualsiasi motivazione.

Con il secondo motivo di impugnazione ha dedotto la violazione di cui all'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), in relazione all'art. 62-bis c.p., in riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche; ha dedotto che la Corte avrebbe giustificato la relativa statuizione sulla base della mancata sussistenza di elementi di segno positivo idonei a giustificarne l'applicazione; ha peraltro dedotto che la concessione medesima ben avrebbe potuto fondarsi sul riconosciuto grado della colpa, da considerare minimo attesa la concausalità da attribuire alla condotta del conducente dell'altra vettura coinvolta nel sinistro e rimasto non identificata, sottolineando altresì gli elementi positivi deducibili in relazione alla personalità dell'imputata.

3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato limitatamente al primo motivo.

2. Con il primo motivo di impugnazione, la difesa ha censurato l'omessa pronuncia, da parte della Corte territoriale, sulla istanza formulata in sede di conclusioni scritte depositate ai sensi del D.L. n. 149 del 2020, art. 23-bis, comma 2, (convertito nella L. n. 176 del 2020) con la quale l'appellante, sulla base del fatto - sopravvenuto rispetto al termine per la presentazione dei motivi di impugnazione - rappresentato dalla sentenza n. 88 del 19/02/2019 della Corte Costituzionale, aveva chiesto l'esclusione dell'applicazione della sanzione amministrativa della revoca della patente di guida.

Il motivo è fondato.

Il testo originario del D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 222, comma 2, quarto periodo, prevedeva che "Alla condanna, ovvero all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.p.p., per i reati di cui agli artt. 589-bis e 590-bis c.p. consegue la revoca della patente di guida".

Sul punto, per effetto della predetta sentenza del Giudice delle leggi, è stato escluso qualsiasi automatismo nella revoca della patente di guida qualora non siano state contestate le circostanze previste all'art. 589-bis c.p., commi 2 e 3; essendosi rilevato che "nell'art. 222 C.d.S. l'automatismo della risposta sanzionatoria, non graduabile in ragione delle peculiarità del caso, può giustificarsi solo per le più gravi violazioni contemplate dalle due citate disposizioni, quali previste, come ipotesi aggravate, sanzionate con le pene rispettivamente più gravi, dal secondo e dal comma 3 sia dell'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis c.p.. Porsi alla guida in stato di ebbrezza alcolica (oltre la soglia di tasso alcolemico prevista dal comma 2 e dal comma 3 sia dell'art. 589-bis, sia dell'art. 590-bis c.p.) o sotto l'effetto di stupefacenti costituisce un comportamento altamente pericoloso per la vita e l'incolumità delle persone, posto in essere in spregio del dovuto rispetto di tali beni fondamentali; e, pertanto, si giustifica una radicale misura preventiva per la sicurezza stradale consistente nella sanzione amministrativa della revoca della patente nell'ipotesi sia di omicidio stradale, sia di lesioni personali gravi o gravissime.

Al di sotto di questo livello vi sono comportamenti pur gravemente colpevoli, ma in misura inferiore sicché non è compatibile con i principi di eguaglianza e proporzionalità la previsione della medesima sanzione amministrativa. In tal caso, l'automatismo della sanzione amministrativa più non si giustifica e deve cedere alla valutazione individualizzante del giudice".

Argomentazioni per effetto delle quali deve ritenersi che il giudice che, in assenza delle circostanze aggravanti della guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, applichi la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida, in luogo di quella, più favorevole, della sospensione, debba dare conto, in modo puntuale, delle ragioni che lo hanno indotto a scegliere il trattamento più sfavorevole sulla base dei parametri di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 218, comma 2, (Sez. 4, n. 13882 del 19/02/2020, V., Rv. 279139; Sez. 4, n. 13747 del 23/03/2022, D. A., Rv. 283022).

Difatti, i predetti parametri sono quelli rilevanti anche ai fini della determinazione della durata della sospensione della patente di guida (così Sez. 4, Sentenza n. 55130 del 09/11/2017, Rv. 271661, la quale ha argomentato che "Nei casi di applicazione da parte del giudice della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, previsti dall'art. 222 C.d.S., la determinazione della durata di tale sospensione deve essere effettuata non in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p.p., ma in base ai diversi parametri di cui all'art. 218 C.d.S., comma 2, sicché le motivazioni relative alla misura della sanzione penale e di quella amministrativa restano tra di loro autonome e non possono essere raffrontate ai fini di un'eventuale incoerenza o contraddittorietà intrinseca del provvedimento"); conseguendone che è necessaria una distinta e specifica motivazione, diversa rispetto a quella attinente al trattamento sanzionatorio penale, in ordine agli specifici parametri costituiti dall'entità del danno apportato, dalla gravità della violazione commessa, nonché dal pericolo che l'ulteriore circolazione potrebbe cagionare.

Nel caso di specie, deve quindi rilevarsi come la specifica motivazione sul punto - resa necessaria dalla citata sentenza della Corte costituzionale e dalla sua applicazione in ordine ai rapporti processuali pendenti - sia stata del tutto omessa da parte del giudice di appello; non potendo la relativa argomentazione essere neanche implicitamente dedotta dalla valutazione in ordine all'entità della colpa e del danno apportato, essendo comunque carente ogni indicazione in ordine allo specifico parametro rappresentato dal potenziale pericolo per la circolazione conseguente alla conservazione del titolo abilitativo.

3. Il secondo motivo, con il quale è stata censurata la valutazione della Corte territoriale in punto di mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, è infondato.

In relazione al relativo mancato riconoscimento va difatti ricordato che lo stesso può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo, a maggior ragione dopo la riforma dell'art. 62-bis c.p., disposta con il D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 luglio 2008, n. 125, per effetto della quale, ai fini della concessione della diminuente, non è più sufficiente il solo stato di incensuratezza dell'imputato (Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, S., Rv. 270986; Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, G., Rv. 283489); mentre, sul punto, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'art. 133 c.p., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, P., Rv. 271269; Sez. 2, Sentenza n. 23903 del 15/07/2020, M., Rv. 279549, che ha specificato che al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può risultare all'uopo sufficiente).

Nel caso di specie, devono quindi ritenersi immuni dal denunciato vizio di violazione di legge le sentenze di merito, le quali hanno fatto riferimento alla mancanza di elementi positivi idonei a giustificare l'applicazione nonché all'oggettiva gravità del fatto e al grado della colpa; elemento in presenza del quale - in relazione alle deduzioni spiegate nel motivo di ricorso - non può ravvisarsi alcuna contraddittorietà delle motivazioni nella parte in cui hanno riconosciuto l'attenuante prevista dall'art. 589-bis c.p., comma 7; atteso che tale attenuante speciale - di natura oggettiva - rileva sul piano della complessiva valutazione del nesso causale e non si rifrange sul profilo, logicamente pregiudiziale, attinente alla gravità della condotta colposa.

4. Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va accolto limitatamente al primo motivo - con rigetto nel resto - con conseguente trasmissione degli atti ad altra sezione della Corte d'appello di Roma, affinché provveda a motivare in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'applicazione della sanzione amministrativa della revoca della patente di guida.

Va altresì dichiarata irrevocabile l'affermazione di penale responsabilità della ricorrente.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla revoca della patente di guida, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta il ricorso nel resto. Visto l'art. 624 c.p.p. dichiara la irrevocabilità della sentenza in ordine all'affermazione della penale responsabilità dell'imputato.

Così deciso in Roma, il 19 settembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 16 ottobre 2023.

 

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