Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione prima, sentenza n. 415 del 10 gennaio 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione I, sentenza numero 415 del 10/01/2023
Circolazione Stradale - Art. 116 del Codice della Strada - Misure di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. - Causa di non punibilità - Diniego - Motivazioni - Costituisce valido motivo di diniego delle cause di non punibilità per particolare tenuità del fatto il comportamento del soggetto che, sottoposto a misure di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., sprovvisto della patente perché mai conseguita, mostra di essere insensibile al sistema di controlli e di vigilanza che discendono dall'applicazione della misura di prevenzione al fine di contenere la sua acclarata pericolosità sociale, circolando, senza alcun motivo, liberamente e incontrollato alla guida di un veicolo che non poteva condurre.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 19 gennaio 2022, la Corte di appello di Palermo confermava la pronuncia resa dal Tribunale di Marsala in data 11.5.2021, con la quale (Soggetto 1) era stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 73 d.lgs. n. 159 del 2011 (perché, sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S., era stato sorpreso alla guida di un motociclo sprovvisto di patente in quanto mai conseguita) e, conseguentemente, era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell'imputato, avvocata F. F., formulando due distinti motivi di impugnazione.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto l'erronea applicazione della legge penale con riferimento al disposto di cui all'art. 131-bis cod. pen..
Ha, al riguardo, sostenuto che gli elementi utilizzati dalla Corte territoriale, al fine di escludere la ricorrenza della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, esulerebbero da quelli tipici indicati nella norma di cui all'art. 131-bis cod. pen.; che, peraltro, detti elementi, oltre che contraddistinti da genericità, non potrebbero nemmeno assurgere a elementi sintomatici di una asserita abitualità nel reato.
2.2. Con il secondo motivo, la difesa ha dedotto, erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione, per contraddittorietà e manifesta illogicità, in relazione all'art. 62-bis cod. pen., sostenendo che detto beneficio avrebbe potuto essere concesso al fine di adeguare la pena al caso concreto.
3. Il processo, fissato per l'udienza del 12.7.2022 dinnanzi alla settima sezione penale di questa Corte, è stato rimesso, ai sensi dell'art. 610, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen., alla prima sezione, in attesa della decisione della Consulta sulla questione di illegittimità costituzionale dell'art. 73 d.lgs. n. 159 del 2011, sollevata con ordinanza di questa Corte in data 17 maggio 2021.
4. Si è proceduto con contraddittorio scritto, ai sensi dell'art. 23, comma 8, D.L. n. 137 del 2020 e successive proroghe, in mancanza di richiesta delle parti di discussione orale; il Procuratore generale di questa Corte, d.ssa M. G., ha concluso, per iscritto, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile con ogni conseguente statuizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Premesso che la Corte Costituzionale, con decisione emessa in data 17 ottobre 2022, n. 211, ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità dell'art. 73 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sollevate in riferimento agli artt. 3, 25, comma 2, e 27, comma 3, della Costituzione, ritiene il Collegio che il ricorso sia inammissibile per le ragioni di seguito illustrate.
2. Quanto al primo motivo di impugnazione, si osserva che la Corte territoriale ha ritenuto che, nel caso di specie, non poteva trovare applicazione la causa di non punibilità di cui all'art. 131-bis cod. pen., evidenziando che "l'imputato ha mostrato di essere insensibile al sistema di controlli e di vigilanza che discendevano dall'applicazione della misura di prevenzione al fine di contenere la sua acclarata pericolosità sociale, muovendosi, senza alcun motivo, liberamente e incontrollato, su una strada statale, alla guida di un ciclomotore, che non poteva condurre, a nulla valendo le circostanze addotte nell'atto di appello, ossia che l'imputato guidava osservando le norme del codice della strada, dovendosi a tale riguardo rimarcare che l'imputato non ha mai conseguito, a monte, il titolo abilitativo alla guida"; ha, altresì, richiamato "i plurimi precedenti penali" dello stesso.
Ebbene, tale argomentare è, a giudizio del Collego, del tutto congruo e adeguato a sorreggere la decisione impugnata, in quanto, come osservato dal Procuratore generale nella sua requisitoria, il giudice del merito "può legittimamente richiamare gli stessi presupposti del giudizio di pericolosità sociale che hanno portato all'adozione della misura di prevenzione, tenendo, altresì, conto dell'allarme sociale derivante dalla violazione delle prescrizioni imposte dall'Autorità Giudiziaria, in considerazione dell'interesse pubblico, costituente la ratio della normativa e della portata precettiva della relativa disposizione".
A fronte di ciò, le censure difensive, benché proposte sotto l'egida della violazione di legge, si sostanziano in una indebita richiesta di "rilettura" delle risultanze processuali, esclusa nel presente scrutinio di legittimità.
3. Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso.
E in vero, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche basta che il giudice del merito prenda in esame quello tra gli elementi indicati nell'articolo 133 cod. pen., che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; e che anche un solo elemento che attiene alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente per negare o concedere le attenuanti stesse.
Ciò posto, il Collegio osserva che i giudici della Corte di appello di Palermo hanno motivato il diniego della concessione del beneficio previsto dall'art. 62-bis cod. pen., tenuto conto dei plurimi precedenti penali dell'imputato, nonché del fatto che il (Soggetto 1) non aveva "mai mostrato un'autentica resipiscenza e consapevole revisione critica per il suo spregiudicato comportamento, in particolare mostrando di rendersi effettivamente conto del disvalore della sua condotta (pure pericolosa, atteso che l'imputato non ha mai svolto le necessarie prove tecniche propedeutiche al conseguimento della patente di guida)".
E tale motivazione, logica e conforme alla giurisprudenza su citata, resiste perciò alle censure difensive, che, ancora una volta, finiscono con il richiedere una diversa valutazione degli elementi istruttori.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell'art. 616, comma 1, cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000), anche al versamento a favore della Cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 17 novembre 2022.
Depositato in Cancelleria il 10 gennaio 2023.
DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.