Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione sesta, sentenza n. 31580 del 20 luglio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, sentenza numero 31580 del 20/07/2023
Circolazione Stradale - Art. 12 del Codice della Strada e art. 341-bis C.P. - Oltraggio a pubblico ufficiale - Anche dalla frase "Siete mafiosi", rivolta agli agenti che espletano un controllo di polizia stradale, emerge la condotta oltraggiosa e certamente offensiva dei beni dell'onore e del prestigio dei pubblici ufficiali, ed integra il reato di oltraggio a pubblico ufficiale, poiché stigmatizza il comportamento di una persona che non rispetta le regole, per lo più indirizzata ad un pubblico funzionario che, nell'adempimento del suo ufficio, è tenuto sempre a rispettare le leggi, addebitandogli in tal modo un comportamento riprovevole e non degno di un pubblico dipendente.


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 10 ottobre 2022 la Corte d'appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza emessa il 22 settembre 2021 dal Tribunale di (Omissis), con cui (Soggetto 1) e (Soggetto 2), sono stati condannati alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all'art. 341 bis c.p..

2. Avverso la sentenza della Corte d'appello hanno proposto ricorsi per cassazione i difensori degli imputati.

3. Il difensore di (Soggetto 1), ha dedotto la violazione dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), e del D.L. n. 137 del 2020, art. 23 bis, in quanto la Corte territoriale avrebbe acquisito la requisitoria del Procuratore generale del 15 giugno 2022 e le conclusioni scritte dell'avv. G. G., difensore del coimputato (Soggetto 2), ma non anche quelle dall'avv. P. G., difensore di (Soggetto 1), ritualmente pervenute in cancelleria il (Omissis) per la prima udienza del successivo 10 ottobre. La violazione del contraddittorio cartolare, regolato dalla normativa emergenziale, integrerebbe un'ipotesi di nullità generale a regime intermedio, ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c).

4. Il difensore di (Soggetto 2), ha dedotto i seguenti motivi:

4.1 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché mancanza della motivazione con riguardo alla condanna dell'imputato per il delitto di cui all'art. 341 bis c.p. Nell'affermare che le frasi, pronunciate dall'imputato verso i pubblici ufficiali, avevano indubbia valenza obiettivamente denigratoria, la Corte di appello non avrebbe precisato sulla scorta di quali criteri etici e sociali le frasi potessero essere valutate come denigratorie della reputazione dei pubblici ufficiali;

4.2 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché mancanza della motivazione in ordine alla inapplicabilità dell'art. 131 bis c.p., in quanto la Corte di appello non avrebbe valutato tutti i requisiti espressamente richiesti dall'art. 131 bis c.p., incentrandosi unicamente sulla condotta dell'imputato e tralasciando di valutare gli altri elementi richiesti dalla norma citata;

4.3 inosservanza ed erronea applicazione della legge penale nonché mancanza della motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche e al minimo della pena. La Corte territoriale si sarebbe limitata ad asserzioni di mero principio e non avrebbe indicato alcuna ragione, sia logica che giuridica, circa il percorso seguito nell'applicazione in concreto dei criteri di cui agli artt. 133 e 133 bis c.p..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.

2. Prendendo le mosse dal ricorso proposto da (Soggetto 1), deve premettersi che, secondo la disciplina emergenziale vigente all'epoca di celebrazione del giudizio di appello (D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23-bis, conv. con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020 n. 176), a decorrere dal 9 novembre 2020 e fino al 31 luglio 2021 (poi prorogato al 31 dicembre 2022), entro il decimo giorno precedente l'udienza, il Pubblico ministero formula le sue conclusioni con atto trasmesso alla cancelleria della Corte di appello per via telematica; la cancelleria invia l'atto immediatamente, per via telematica, ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l'udienza, possono presentare le conclusioni con atto scritto, trasmesso alla cancelleria della Corte di appello per via telematica, ai sensi dell'art. 24 del citato decreto. La presentazione di conclusioni scritte costituisce, dunque, una mera facoltà, rimessa alla valutazione del difensore. In assenza di tali conclusioni scritte, infatti, la Corte procede alla valutazione delle conclusioni formulate con l'atto di appello.

2.1 Nel caso in esame, come risulta dalla stessa documentazione allegata al ricorso, le conclusioni scritte, risalenti al (Omissis), sottoscritte dall'avv. P., consistevano nella seguente affermazione: "Insiste nei motivi di appello e chiede emettersi decreto e mandato di liquidazione per parcella onorario e competenze a carico dello Stato, giusta richiesta di liquidazione che si allega".

Tali richieste non sono state riportate nella sentenza impugnata.

2.2 Al riguardo questa Corte ha già avuto modo di affermare che, in tema di disciplina emergenziale da Covid-19, la mancata allegazione agli atti processuali delle conclusioni, inviate dalla difesa a mezzo PEC, con la conseguente omessa valutazione delle stesse, integra un'ipotesi di nullità generale a regime intermedio ai sensi dell'art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), in quanto l'intervento dell'imputato, cui è riconducibile la facoltà di presentare conclusioni scritte D.L. 28 ottobre 2020 n. 137, ex art. 23, deve essere inteso come partecipazione attiva e cosciente al processo (Sez. 6, n. 3913 del 14/12/2021, dep. 2022, S., Rv. 282881) In tale sentenza si è sottolineato, infatti, che l'esercizio effettivo del diritto di intervento dell'imputato, anche se innestato sulla procedura camerale ai sensi dell'art. 599 c.p.p., può esercitarsi anche attraverso la produzione delle conclusioni scritte in vista delle determinazioni che il giudice dovrà assumere e realizza la garanzia del contraddittorio, che non può subire eccezioni al di fuori di quelle che l'emergenza pandemica ha imposto.

Tuttavia, come già sostenuto da questa Corte, "affinché l'atto di cui si lamenta l'omessa valutazione sia concretamente riconducibile alla categoria delle "conclusioni scritte", che il giudice deve necessariamente esaminare ai fini della decisione, occorre che questo abbia un effettivo contenuto argomentativo volto a sostenere le ragioni che hanno determinato l'impugnazione del provvedimento ed, eventualmente, anche a "contrastare" le difformi conclusioni del pubblico ministero. L'atto, dunque, al di là della mera ed apparente autodefinizione in termini di "conclusioni", deve costituire effettivo esercizio del diritto difensivo. Solo in tal caso, dunque, l'omessa valutazione delle conclusioni scritte determina una lesione del diritto di intervento dell'imputato" (Sez. 6, 30 settembre 2022, n. 44424, Rv. 284004 - 01).

2.3 Applicando tali direttive alla fattispecie in esame, deve rilevarsi che l'atto, trasmesso dalla difesa dell'imputato, limitandosi ad insistere "nei motivi di appello", contiene conclusioni meramente apparenti, prive di un autonomo contenuto valutabile ai fini dell'esame dell'atto di impugnazione. In relazione a esso, quindi, non appare configurabile alcuna omessa valutazione da parte della Corte territoriale, avendo questa compiutamente esaminato tutti i motivi di appello.

3. Passando al primo motivo del ricorso proposto da (Soggetto 2), deve rilevarsi che dalla lettura delle conformi motivazioni delle sentenze, rese dai Giudici di merito, emerge la condotta oltraggiosa dall'imputato tenuta nei confronti degli agenti di polizia, al cui indirizzo sono state da lui rivolte frasi connotate da un'oggettiva valenza offensiva dei beni dell'onore e del prestigio dei pubblici ufficiali, proprio mentre essi stavano procedendo ad una legittima attività di controllo a tutela della regolarità della circolazione stradale.

Deve affermarsi che la frase rivolta agli agenti (siete mafiosi) è certamente offensiva, atteso che con essa si vuole stigmatizzare il comportamento di una persona che non rispetta le regole. Tale frase, rivolta a un pubblico funzionario, che nell'adempimento del suo ufficio è tenuto sempre a rispettare le leggi, significa addebitargli un comportamento riprovevole e non degno di un pubblico dipendente.

4. Il secondo motivo è privo di specificità.

Il ricorrente, nel dedurre che la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione tutti gli elementi di cui all'art. 133 c.p. nel disattendere la richiesta di applicazione dell'art. 131 bis c.p., ha trascurato di considerare che questa Corte (Sez. 7, n. 10481 del 19/01/2022, Rv. 283044 - 01) ha già avuto modo di affermare che, ai fini dell'applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131-bis c.p., il giudizio sulla tenuità dell'offesa deve essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all'art. 133 c.p., comma 1, ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l'indicazione di quelli ritenuti rilevanti.

Ne discende, nel caso in esame, che nessun appunto può muoversi alla Corte di appello che ha disatteso la richiesta de qua, avendo ritenuto ostativi i precedenti penali dell'imputato e la gratuità dell'offesa.

5. Anche il terzo motivo difetta di specificità.

La Corte territoriale ha negato le attenuanti generiche, avendo ritenuto che difettassero elementi positivi con motivazione immune da vizi logici e giuridici e, pertanto, insindacabile in questa sede (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 - 01).

Parimenti adeguata e immune da vizi è la motivazione relativa al trattamento sanzionatorio, determinato, come sottolineato dalla stessa Corte territoriale, in misura parametrata sui minimi edittali.

6. La declaratoria di inammissibilità dei ricorsi comporta, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché - apparendo evidente che essi hanno proposto i ricorsi determinando la causa di inammissibilità per colpa (Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186) - della somma di Euro tremila, equitativamente quantificata, in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, udienza il 8 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 luglio 2023.

 

DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.


Canale TELEGRAM

   Per essere sempre aggiornati sulle novità e sulle attività di Circolazione Stradale, è possibile iscriversi liberamente al canale pubblico Telegram di Circolazione Stradale attraverso questo link: https://t.me/CircolazioneStradale