Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione sesta, sentenza n. 25842 del 15 giugno 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, sentenza numero 25842 del 15/06/2023
Circolazione Stradale - Art. 187 del Codice della Strada - Reato di guida sotto l'effetto di sostanze stupefacenti - Modalità di accertamento - Presenza di sostanze nel sangue e nelle urine - Configurabilità - Nel reato di guida in stato di alterazione psico fisica per uso di sostanze stupefacenti, l'accertata presenza in misura rilevante dei metaboliti della sostanza stupefacente nel sangue è indice, a differenza della pur riscontrata positività all'analisi delle urine, del perdurante influsso delle sostanze stupefacenti sul soggetto poiché la metabolizzazione in corso, e quindi il processo di assorbimento corporeo, in relazione alla quantità rilevata, è indice di un processo che di per sé attesta l'alterazione dello stato psicofisico, poiché indica che è in corso lo smaltimento corporeo dell'effetto drogante.
RITENUTO IN FATTO
1. (Soggetto 1) impugna la sentenza con la quale la Corte di appello di Trento, con la diminuente del rito abbreviato, ne ha confermato la condanna a pena ritenuta di giustizia per i reati di cui agli artt. 187, d.lg.vo 185 [285] del 30 aprile 1992; 337 e 651 cod. pen., reati commessi il 11 settembre 2020 quando l'imputato, fermato per un controllo, opponeva resistenza alla identificazione, colpendo uno degli agenti; rifiutava di fornire indicazioni sulla propria identità e guidava in stato di alterazione essendo risultato positivo al test di ricerca di cannabinoidi.
2. Con i motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen. nei limiti strettamente indispensabili ai fini della motivazione, il difensore di fiducia dell'imputato, avvocato G. V., denuncia:
2.1. la nullità della sentenza del Tribunale di (Omissis), per violazione dell'art. 178, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in conseguenza della erronea dichiarazione di assenza dell'imputato all'udienza del 23 novembre 2019 posto che, essendo stata ritenuta regolare la notifica del decreto di citazione a giudizio per compiuta giacenza, il giudice ha ritenuto, altresì, che l'imputato si fosse volontariamente sottratto alla conoscenza del processo. Il Tribunale, pertanto, aveva proceduto alla celebrazione del processo senza provvedere alla rinnovazione della notifica a mezzo della polizia giudiziaria non accertando se l'imputato fosse effettivamente a conoscenza del processo valorizzando, erroneamente, che la notifica del decreto di citazione a giudizio si era perfezionata per compiuta giacenza e che l'imputato aveva eletto domicilio (rectius dichiarato domicilio) ma trascurando che tale dichiarazione era relativa solo alla conoscenza della esistenza di un procedimento a suo carico, e non del processo, e che gli avvisi di fissazione dell'udienza erano stati recapitati a un domicilio divenuto inidoneo;
2.2. erronea applicazione della legge penale e vizio di motivazione in punto di ritenuta configurabilità del reato di guida in stato di ebbrezza: la semplice presenza di tracce di sostanze stupefacenti rinvenute nei liquidi biologici non può rappresentare, da sola, le condizioni di alterazione psicofisica che integrano il reato in esame poiché occorre la prova della sussistenza del nesso causale tra l'assunzione di droga e lo stato di alterazione. Lo stato di alterazione, infine, è stato ricondotto ad una condotta di guida (mancato fermo e sorpassi azzardati), affatto idonea a comprovarlo ma, semmai, indicativa di lucidità mentale e capacità di districarsi nel traffico.
3. Il ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. 137 del 28 ottobre 2020 convertito in legge n. 176 del 18 dicembre 2020 e i cui effetti sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2022 e, successivamente, con il d.l. n. 162 del 31 ottobre 2022 fino al 30 giugno 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito precisate dovendo escludersi, con riferimento al primo motivo di ricorso, che sia erronea la intervenuta dichiarazione di assenza dell'imputato e, soprattutto, che l'imputato non fosse a conoscenza del processo a suo carico, sulla scorta della ricostruzione della modalità di instaurazione del rapporto processuale e della dinamica del rapporto dell'imputato con il difensore di fiducia.
Il ricorrente contesta la dichiarazione di assenza dell'imputato intervenuta all'udienza del 23 novembre 2019 a seguito di notifica del decreto di citazione diretta perfezionatasi per compiuta giacenza. La questione era stata proposta anche con i motivi di appello e la Corte ha disatteso l'eccezione difensiva evidenziando la regolarità della notifica, preceduta dall'avviso di conclusione delle indagini, notificato il 5 novembre 2019 a mani dell'indagato.
La disposizione di cui all'art. 420-bis cod. proc. pen. indica una serie di condizioni che legittimano, anche in assenza dell'imputato, la celebrazione del processo a suo carico: è immediatamente sintomatica di tale conoscenza, la notifica "personale" dell'avviso dell'udienza.
Il sistema delle notifiche, tuttavia, non si esaurisce in tale modalità e prevede una gamma di situazioni (disciplinate dagli artt. 157 e ss. cod. proc. pen.) sulla cui idoneità a denotare la conoscenza del processo da parte dell'imputato è intervenuta la giurisprudenza, soprattutto ai fini della operatività dell'istituto della rescissione del giudicato ai sensi dell'art. 629-bis cod. proc. pen., giurisprudenza alla quale fanno riferimento le sentenze richiamate dal ricorrente, con argomenti che impongono anche al giudice che procede al dibattimento l'apprezzamento di situazioni di fatto che possano avere determinato la effettiva mancata conoscenza del processo, anche in presenza di una notifica formalmente regolare.
In particolare, la valutazione di tutti i presupposti che concorrono alla formazione del sub procedimento di notifica, è necessaria nei casi in cui l'imputato sia assistito da difensore di ufficio poiché, in tale evenienza, è presumibile, ma non certa, la esistenza della instaurazione del rapporto tra imputato e difensore, che fonda la presunzione di conoscenza in caso di notifica eseguita ai sensi dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., soprattutto quando ci si trovi in presenza di persone prive di effettivo domicilio.
Passando ad esaminare le argomentazioni svolte dalla difesa si deve, in primo luogo, rilevare che la notifica dell'atto introduttivo del giudizio per compiuta giacenza non corrisponde alla omessa notifica dell'avviso per irreperibilità del destinatario.
A questo riguardo il difensore dell'imputato ha evocato la inidoneità del domicilio dichiarato in fase di indagini senza addurre ulteriori elementi per ritenere che tale domicilio non fosse più corrispondente a quello effettivo dell'imputato: il presupposto della regolarità della citazione all'udienza per effetto della notifica per compiuta giacenza dell'avviso di fissazione dell'udienza eseguita presso il domicilio dichiarato o eletto in fase di indagini (iter che si perfeziona con il recapito della raccomandata che avvisa l'imputato del deposito dell'atto presso l'ufficio postale) presuppone, infatti, che l'agente postale addetto abbia cercato sul posto la persona destinataria della notifica accertandone la temporanea assenza, che è cosa diversa dalla irreperibilità nei luoghi di notifica o di impossibilità per altre ragioni di eseguire la notifica (situazioni che impongono altre e ulteriori modalità di notifica).
La modalità di notifica per compiuta giacenza esclude che, nel caso in esame, ci si trovasse in presenza di un imputato irreperibile, anche solo di fatto, perché privo di effettivo domicilio.
Come anticipato, nel caso in esame, ulteriori elementi di valutazione concorrono al risultato di ritenere infondata la deduzione difensiva tenuto conto dei concorrenti elementi che la disposizione di cui all'art. 420-bis cod. proc. pen. per ritenere certa la conoscenza del processo.
Effettivamente dagli atti del procedimento risulta che, all'atto del controllo di polizia del 11 settembre 2018, (Soggetto 1) aveva dichiarato domicilio in (Omissis) via (Omissis) e che gli era stato nominato difensore di ufficio ma risulta, altresì, che il successivo 12 ottobre 2018 l'indagato aveva nominato difensore di fiducia l'avvocato G. V., conferendogli anche procura speciale per la definizione del procedimento a suo carico, anche con il rito abbreviato, confermando l'indirizzo già dichiarato. La prima udienza dibattimentale (tenutasi il 9 marzo 2020), dichiarata l'assenza dell'imputato alla presenza del difensore di fiducia, era stata rinviata, causa COVID, al 14 ottobre 2020. A questa udienza il difensore di fiducia aveva eccepito la violazione del termine di emissione del decreto di citazione a giudizio (eseguita il 26 novembre 2019) rispetto a quella di notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, che produceva, eseguita il 5 novembre 2019, chiedendo poi il rito abbreviato, ammesso dal giudice: si tratta di una concreta dinamica processuale che, in presenza di notifica del decreto di citazione a giudizio per compiuta giacenza all'indirizzo dichiarato, di nomina di difensore di fiducia al quale era stata rilasciata anche procura speciale per la definizione del processo con rito alternativo conducono univocamente ad escludere che l'imputato non fosse a conoscenza del processo fissato a suo carico e nel quale era rappresentato dal procuratore speciale al quale aveva conferito, fin dalla fase delle indagini preliminari, una specifica procura.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato e non si confronta seriamente con le ragioni della decisione che ha evidenziato, richiamando la sentenza di primo grado, una serie elementi a dimostrazione che, al momento del controllo di polizia, l'imputato si trovava alla guida in stato di alterazione psico-fisica per effetto dell'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope.
Non sono stati, infatti, evidenziati "solo" i risultati dell'analisi delle urine (sui quali si sofferma il ricorso e indicati nel capo di imputazione) ma, soprattutto, le risultanze delle analisi sul sangue, alle quali l'imputato si era volontariamente sottoposto eseguite presso un ospedale pubblico e dalle quali era emersa "la presenza di 5.2 ng/ml di delta9-tetraidrocannabinolo e di 3.4 ng/ml di 11-0Hteatraidrocannabinolo", accanto ad elementi sintomatici "esterni" di alterazione, desumibili dal comportamento quali la guida pericolosa; le violente reazioni al momento del controllo, corrispondenti proprio agli effetti soggettivi di aumento della reattività verso stimoli esterni e superamento delle inibizioni oltre all'alterazione delle percezioni visive e spazio-temporali nonché euforia generati dall'assunzione di hashish e marjuana.
La presenza accertata dei metaboliti della sostanza stupefacente nel sangue in misura così rilevante - in Italia non esiste una differenziazione per tassi-soglia, come per l'alcol, ma viene in rilievo il d.m. 186 del 12 luglio 1990 sulla metodica di accertamento dell'uso abituale di stupefacenti nelle 24 ore che individua quella di 0,5 gr., per l'hashish in relazione al principio attivo Delta-9 THC - è indice, a differenza della pur riscontrata positività all'analisi delle urine, del perdurante influsso delle sostanze stupefacenti sul soggetto poiché la metabolizzazione in corso, e quindi il processo di assorbimento corporeo, in relazione alla quantità rilevata, è indice di un processo che di per sé attesta l'alterazione dello stato psicofisico, poiché indica che è in corso lo smaltimento corporeo dell'effetto drogante.
Infatti l'effetto dell'assunzione degli stupefacenti cessa con la completa metabolizzazione da parte dell'organismo e sino a quando questa è in corso si deve ritenere l'assuntore in stato di alterazione, tanto più ove i valori rilevati siano indice di un processo metabolico lungi dal concludersi (cfr. Sez. 4, n. 16895 del 27 marzo 2012, A., Rv. 252377).
Con tali risultanze probatorie, che corrispondono a criteri di accertamento in uso presso un ospedale pubblico, convalidati dalla comunità scientifica e dalle linee guida dettate in materia di accertamento "attuale" dello stato di assunzione di stupefacenti seguite dai laboratori di analisi, oltre che nel richiamato decreto ministeriale, non si confrontano le deduzioni difensive per tale aspetto anche generiche.
3. Consegue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 10 maggio 2022.
Depositato in Cancelleria il 15 giugno 2023.
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