Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 25329 del 13 giugno 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 25329 del 13/06/2023
Circolazione Stradale - Art. 116 del Codice della Strada - Guida senza patente - Recidiva nel biennio - Fattispecie autonoma di reato - Il reato di guida senza patente, nell'ipotesi aggravata dalla recidiva nel biennio prevista dall'art. 116, comma 15, secondo periodo del C.d.S., non è stato depenalizzato dal d.lgs. n. 8 del 2016, e si configura come fattispecie autonoma di reato, rispetto al quale la recidiva integra un elemento costitutivo.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Milano, riuniti gli appelli dell'imputato (Soggetto 1) avverso due distinte sentenze del GUP del Tribunale di (Omissis), rispettivamente del 21/10/2020 e del 27/10/2020, in parziale riforma delle stesse, ha ritenuto la continuazione tra i due reati nelle diverse sedi contestati con riferimento all'art. 116 codice strada, per avere egli guidato il 18/10/2019 e il 23/9/2019 senza essere munito della prescritta patente di guida perché revocata dal Prefetto di (Omissis), con la recidiva nel biennio, rideterminando la pena.

2. La difesa dell'imputato ha proposto ricorso, formulando tre motivi.

Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione e erronea applicazione della disciplina del reato continuato, in relazione alla richiesta di proscioglimento per divieto di bis in idem con riferimento ai fatti giudicati con la sentenza n. 174/2020 del GUP del Tribunale di (Omissis), rilevando l'identità del fatto per avere l'imputato guidato senza patente nelle stesse date indicate nei due capi d'imputazione.

Con il secondo motivo, ha dedotto inosservanza o erronea applicazione dell'art. 5, d. lgs. n. 8/2016 in combinato disposto con l'art. 8 bis, legge 689/1981, ritenendo non sussistenti i presupposti della contestata recidiva, secondo la difesa smentita dalla circostanza che, rispetto alle precedenti condotte di guida senza patente, non vi sarebbe alcuna attestazione di definitività della violazione, ma solo informative di reato delle forze dell'ordine che, al più, potrebbero valere come meri indizi.

Infine, con il terzo motivo, ha dedotto inosservanza di norme processuali con riferimento all'art. 121 cod. proc. pen., per non avere la Corte di merito statuito sulla richiesta contenuta in una memoria del 29/3/2022, con la quale, oltre a insistere sulle conclusioni già rassegnate, si era sollecitata una pronuncia di impromuovibilità dell'azione penale per i fatti del 19/3/2017 e 16/8/2017, con riferimento alle sentenze di cui agli allegati nn. 2 e 4. 

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto S. S., ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con le conseguenti statuizioni ai sensi dell'art. 616 c.p.p..

4. La difesa dell'imputato ha depositato note scritte, con le quali, riportandosi integralmente ai motivi di gravame indicati nel ricorso per Cassazione, ha insistito per l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.

2. Deve chiarirsi, in via preliminare, che il reato di guida senza patente, nell'ipotesi aggravata dalla recidiva nel biennio, non è stato depenalizzato dall'art. 1 d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 e si configura come fattispecie autonoma di reato, rispetto al quale la recidiva integra un elemento costitutivo (cfr. sez. 4 n. 42285 del 10/5/2017, Rv. 270882). L'art. 1, comma 2, d. Igs. n. 8/2016 cit. ha, infatti, escluso espressamente l'applicabilità dell'intervenuta abrogatio criminis alle ipotesi aggravate delle fattispecie incluse nell'intervento di depenalizzazione, esso riguardando solo le violazioni «per le quali è prevista la sola pena della multa e dell'ammenda>> (art. 1 comma 1). Il secondo comma della disposizione, peraltro, delimita espressamente l'ambito di applicazione della disciplina del primo, prevedendo che - se alla fattispecie base punita con la sola pena pecuniaria è associata anche una ipotesi aggravata punibile con pena detentiva, anche alternativa e congiunta - la stessa deve ritenersi figura autonoma di reato, esclusa, quindi, dal novero delle fattispecie per le quali opera l'intervento abrogativo.

3. Ciò premesso, la Corte di merito, replicando alla doglianza difensiva riproposta con il primo motivo di ricorso, ha rilevato che, nella specie, erano state contestate allo (Soggetto 1) due distinte condotte (in due distinte date), cosicché non poteva configurarsi il divieto di procedere per una delle due per identità del fatto di reato.

Quanto, invece, alla doglianza riproposta con il secondo motivo di ricorso, la Corte territoriale ha precisato che la "recidiva" rilevante ai fini in esame non è solo quella conseguente a precedente giudicato specifico, ma anche la reiterazione di una violazione amministrativa, cioè dell'illecito depenalizzato, indicando analiticamente le condotte precedenti dell'imputato e, rispetto ad esse, ha pure puntualmente indicato gli estremi della definitività del relativo accertamento e della irrevocabilità, quanto ai fatti di rilevanza penale. Pertanto, sia alla data del 18/10/2019, che alla data del 23/9/2019, lo (Soggetto 1) ha posto in essere due distinte, nuove condotte di guida senza patente in condizione di recidiva.

Infine, quanto alla illegittimità del provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, conseguita invero a reiterate sospensioni, la Corte d'appello ha precisato che il ricorso avverso il provvedimento amministrativo avanti al Giudice di pace di (Omissis) era stato rigettato con sentenza che non risultava impugnata.

4. Il primo e il secondo motivo sono manifestamente infondati.

L'interpretazione proposta con la prima doglianza difensiva muove dall'errato presupposto che l'identità del fatto sia riconducibile alle plurime violazioni definitivamente accertate nel biennio, laddove le condotte poste in essere dallo (Soggetto 1) per le quali si procede sono quelle dallo stesso tenute nelle date del 23/9/2019 e del 18/10/2019, due condotte cioè materialmente del tutto distinte, rispetto alle quali l'identità riguarda solo l'elemento costitutivo della recidiva nel biennio.

Si è, infatti, anche assai di recente chiarito che, ai fini dell'operatività del divieto di un secondo giudizio, previsto dall'art. 649 cod. proc. pen., la valutazione sull'identità del fatto deve essere compiuta unicamente con riferimento all'elemento materiale del reato nelle sue componenti essenziali relative alla condotta, all'evento e al relativo nesso causale (sez. 1, n. 42630 del 27/4/2022, O., Rv. 283687) e che l'identità del fatto è configurabile solo ove le condotte siano caratterizzate dalle medesime condizioni di tempo, di luogo e di persone, sicché costituisce fatto diverso quello che, pur violando la stessa norma e integrando gli estremi del medesimo reato, rappresenti ulteriore estrinsecazione dell'attività delittuosa, distinta nello spazio e nel tempo da quella pregressa (sez. 5, n. 18020 del 10/2/2022, L., Rv. 283371).

Quanto, poi, alla sussistenza dell'elemento della "recidiva nel biennio", la censura difensiva è del tutto generica, oltre che priva del necessario confronto con l'esposizione chiara delle ragioni della decisione contenuta nella sentenza censurata, laddove i giudici territoriali hanno elencato gli estremi dei provvedimenti amministrativi definitivi e dei giudicati aventi a oggetto condotte del tipo di quelle per le quali si procede in questa sede (sul contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione, in motivazione, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, G., Rv. 268822, sui motivi d'appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).

5. È infine manifestamente infondato oltre che del tutto generico anche l'ultimo motivo.

Parte ricorrente sembra alludere al deposito di una memoria ai sensi dell'art. 121 cod. proc. pen., il cui contenuto richiama (richiesta di accoglimento delle conclusioni rassegnate n'ei due gravami riuniti e pronuncia di "impromovibilità dell'azione penale" per i fatti del 19 marzo 2017 e del 16 agosto 2017 e, comunque, ai sensi dell'art. 9, c. 3, secondo periodo, d. Igs. n. 8/2016, quanto alle condotte di cui alle sentenze allegate come docc. 2 e 4 alla citata memoria).

Posto che la Corte ha trattato il tema allorquando ha elencato le molteplici violazioni fondanti l'elemento della "recidiva nel biennio", la parte dal canto suo non ha neppure illustrato il sottostante interesse, atteso che l'eventuale venir meno di due delle molteplici condotte fondanti tale elemento non rifletterebbe alcun rilievo sulla sussistenza delle due condotte di reato contestate nei procedimenti d'appello riuniti. Infatti, la nozione di recidiva rilevante oggi ricorre non più solo in caso di accertamento giudiziale irrevocabile di un reato della stessa specie, ma anche quando risulti una precedente violazione amministrativa definitivamente accertata, sebbene la disposizione non si applichi ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore del citato decreto, per i quali dunque la recidiva ricorre solo in caso di accertamento definitivo giudiziale di un precedente reato della medesima specie (sez. 4, n. 48779 del 21/9/2016, S., Rv. 268247; n. 27504 del 26/4/2017, P., Rv. 270707).

In ogni caso e risolutivamente, l'omessa valutazione di memorie difensive non può essere fatta valere come causa di nullità del provvedimento impugnato, non trattandosi di ipotesi prevista dalla legge, ma può influire sulla congruità e correttezza logico-giuridica della motivazione che definisce la fase o il grado nel cui ambito siano state espresse le ragioni difensive, le quali devono essere attentamente considerate dal giudice cui sono rivolte (sez. 3, n. 23097 del 8/5/2019, C., Rv. 276199-03; sez. 2, n. 14975 del 16/3/2018, T., Rv. 272542-01). Congruità e correttezza che non risultano minimamente scalfite dalle censure articolate in ricorso, alla stregua delle considerazioni sopra svolte.

6. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero rispetto alla causa di inammissibilità del ricorso (Corte cost. n. 186/2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, 17 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2023.

 

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