Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 2291 del 20 gennaio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 2291 del 20/01/2023
Circolazione Stradale - Art. 141 del Codice della Strada - Incidente stradale - Velocità - Reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme in materia di circolazione stradale - La velocità superiore al limite imposto, la massa decisamente rilevante del mezzo dotato di rimorchio, la conformazione della strada e le condizioni del manto stradale bagnato influiscono sul suo spazio di arresto e sulla determinazione dell'evento, sebbene il conducente della vettura, a cui è riconosciuto il concorso di colpa e che proseguiva nel senso di marcia contrario, serbi una condotta di guida pericolosa ed avventata, invadendo la corsia dell'autocarro.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con sentenza resa in data 27/05/2021, la Corte di appello di (Omissis), in parziale riforma della pronuncia del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di (Omissis), ha ridotto la pena inflitta a (Soggetto 1) in quella di mesi otto di reclusione per il reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme in materia di circolazione stradale.

L'imputato, alla guida di un autocarro, era ritenuto responsabile di avere cagionato la morte dei passeggeri di una vettura che procedeva sull'opposta corsia di marcia, serbando una velocità eccedente il limite imposto e, comunque, non commisurata alle condizioni della strada e alla situazione metereologica avversa per la presenza di pioggia battente, in violazione dell'art. 141 cod. strada.

Pur avendo riconosciuto il concorso di colpa del conducente della vettura, il quale viaggiava a pieno carico, a velocità assai elevata, perdendo il controllo della macchina, i giudici di merito hanno ritenuto la responsabilità dell'imputato, il quale, secondo gli esiti degli accertamenti tecnici effettuati dal consulente del P.M., ove avesse tenuto una velocità rispettosa del limite, avrebbe potuto arrestare la marcia nello spazio di trenta metri, entro il quale, con elevata probabilità si sarebbe evitato l'impatto con l'autovettura.

La difesa articola due motivi di ricorso:

I) Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione

II) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 133 cod. pen., 192, comma 2, cod. pen.; falsa applicazione dell'art. 222 cod. strada.

Il P.G. con requisitoria scritta ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

La difesa ha depositato memoria difensiva con motivi aggiunti, nella quale, oltre a riportarsi ai motivi di ricorso, insistendo nel loro accoglimento, invoca la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.

2. I motivi dedotti in ricorso devono essere dichiarati inammissibili.

Il primo motivo, attinente all'affermazione di responsabilità, ripercorre il ragionamento della Corte di merito senza individuare effettivi profili di criticità nella motivazione offerta in sentenza.

È noto l'orientamento consolidato di questa Corte, in base al quale "L'utente della strada non è responsabile dell'infortunio patito da un terzo anche per colpa di quest'ultimo, soltanto quando la sua condotta risulti immune da qualsiasi addebito, sia sotto il profilo della colpa specifica, che della colpa generica, ponendosi in tal caso come mera occasione dell'evento, e non sua concausa" (Sez. 4, n. 32202 del 15/07/2010, F., Rv. 248355). 

Nel caso in esame, con argomentare logico e coerente rispetto alle risultanze in atti, i giudici di merito hanno evidenziato come il conducente dell'autocarro avesse serbato nell'occorso una velocità superiore al limite previsto nel tratto di strada percorso e, comunque, non commisurata allo stato dei luoghi, che imponevano particolare prudenza per la presenza di una curva a sinistra del conducente e per le condizioni del manto stradale bagnato. La massa decisamente rilevante del mezzo, dotato di rimorchio, non poteva consentire di effettuare manovre evasive nello spazio ridotto della strada (composta da due corsie, fiancheggiata da un muretto continuo sul lato destro). Tale stato di cose, si legge nella motivazione del primo giudice, ha influito sulla determinazione dell'evento, sebbene il conducente della vettura, che proseguiva nel senso di marcia contrario, avesse serbato una condotta di guida pericolosa ed avventata, invadendo la corsia dell'autocarro.

La Corte di merito ha precisato che, ove il conducente dell'autocarro con rimorchio avesse mantenuto una velocità inferiore, egli avrebbe potuto certamente arrestare la marcia entro uno spazio idoneo ad evitare l'impatto con l'altro veicolo.

La sentenza impugnata, che ha richiamato le argomentazioni della pronuncia di primo grado, pertanto, ha fatto corretta applicazione del principio sopra richiamato, dando conto della violazione in cui era incorso il conducente dell'autoarticolato e della sua incidenza sulla determinazione dell'evento.

Il fatto che la pronuncia di appello abbia ricalcato le argomentazioni della sentenza di primo grado, richiamando, in parte il suo contenuto, non costituisce motivo di censura in questa sede.

Invero, in base a consolidato orientamento di questa Corte, è legittima la motivazione "per relationem" della sentenza di secondo grado, che recepisce in modo critico e valutativo quella impugnata, limitandosi a ripercorrere e ad approfondire soltanto alcuni aspetti del complesso probatorio oggetto di contestazione da parte della difesa, omettendo di esaminare quelle doglianze che avevano già trovato risposta esaustiva nella sentenza del primo giudice (Sez. 2, n. 19619 del 13/02/2014, Rv. 259929).

3. Il secondo motivo di doglianza, avente ad oggetto la durata della sospensione della patente di guida, fissata in anni 1, è del pari inammissibile.

La questione, infatti, non era stata devoluta alla Corte d'appello.

Per consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 1 e 2, cod. proc. pen., impone che non possano essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello. Tale regola trova il suo fondamento nella necessità di evitare che possa sempre essere dedotto un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non sottoposto al controllo della Corte di appello, in quanto non devoluto ad essa con l'impugnazione (cfr. Sez.4, n.10611 del 4/12/2012, dep. 7/03/2013, B., Rv. 256631-01; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, C. e altro, Rv. 269632 - 01).

4. Consegue alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., al versamento della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa d'inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

In Roma, così deciso il 24 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 20 gennaio 2023.

 

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