Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 16999 del 21 aprile 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 16999 del 21/04/2023
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza - Mancata escussione del teste - Esame di una prova decisiva - Presupposti - A fronte dell'accertato reato di guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool apparentemente inconfutabile, il ricorrente che si duole del mancato esame di una prova decisiva costituita dalla mancata escussione del testimone oculare che viaggiava sul suo veicolo, deve indicare le circostanze decisive sulle quali il teste avrebbe dovuto riferire, alla luce del fatto che per "prova decisiva", la cui mancata assunzione è denunciabile con apposito motivo di ricorso per cassazione deve intendersi quella che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia; ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante.


RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte di appello di Messina, con sentenza dell'11 ottobre 2021, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di (Omissis) il 16 dicembre 2020 ha dichiarato (Soggetto 1) responsabile del reato di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. b) (commesso in (Omissis)), esclusa l'aggravante di cui all'art. 186, comma 2 bis (che era stata ritenuta sussistente dal giudice di primo grado), e ha rideterminato la pena nella misura di mesi quattro di arresto ed Euro 800,00 di ammenda. Nel resto la sentenza impugnata è stata confermata.

2. Per mezzo del proprio difensore, l'imputato ha proposto ricorso contro la sentenza.

Col primo motivo, il ricorrente lamenta la mancata assunzione di una prova decisiva, sostiene che pur in presenza di un quadro probatorio che non consentiva di ricostruire la dinamica del sinistro, la Corte territoriale ha ritenuto di non procedere all'esame della persona che viaggiava sull'auto condotta dall'imputato, testimone oculare dell'accaduto.

Col secondo motivo, il ricorrente lamenta erronea applicazione dell'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b) e comma 2 bis.

3. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

4. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.

5. Si è detto che l'aggravante di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2 bis ritenuta sussistente in primo grado, è stata esclusa in grado di appello per la ritenuta "impossibilità di individuare un qualche nesso tra lo stato di ebbrezza e il sinistro". Con la sentenza impugnata, dunque, (Soggetto 1) è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. b) per essersi posto alla guida di un'auto in stato di ebbrezza. Dalla lettura della sentenza impugnata emerge che l'ebbrezza alcolica è stata accertata sulla base dell'esito di esami ematochimici attestanti un tasso di alcol nel sangue di 1,6 g/l.

A fronte di ciò il ricorrente si duole che i fatti non siano stati ricostruiti con precisione e non sia stato escusso a tal fine un testimone oculare che viaggiava sull'auto condotta da (Soggetto 1) in qualità di passeggero. Non indica tuttavia su quali circostanze il teste avrebbe dovuto riferire e sembra ritenere rilevante l'accertamento delle modalità dell'incidente ancorché la sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 186, comma 2 bis, sia stata esclusa.

Si deve ricordare, allora, che per "prova decisiva", la cui mancata assunzione è denunciabile con apposito motivo di ricorso per cassazione deve intendersi quella che, ove esperita, avrebbe sicuramente determinato una diversa pronuncia; ovvero quella che, non assunta o non valutata, vizia la sentenza intaccandone la struttura portante (Sez. 4, n. 6783 del 23/01/2014, D. M., Rv. 259323; Sez. 3, n. 9878 del 21/01/2020, R., Rv. 278670). Com'è evidente, nessuna di queste condizioni ricorre nel caso di specie.

6. All' inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell'art. 616 c.p.p. l'onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2023.

Depositato in Cancelleria il 21 aprile 2023.

 

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