Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 16754 del 20 aprile 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 16754 del 20/04/2023
Circolazione Stradale - Artt. 35 e 37 del Codice della Strada e 590 del C.P. - Sinistro stradale - Andamento curvilineo della strada - Mancanza di idonea segnaletica stradale e di illuminazione - Gestione e manutenzione ordinaria e straordinaria della rete stradale - Prevenzione - Omicidio colposo - Responsabilità - Il comportamento imprudente del conducente che tiene una velocità non adeguata in ragione dell'ora notturna al termine del rettilineo su strada non illuminata, non scorgendo la curva pericolosa non segnalata, non esime chi è tenuto alla manutenzione e gestione della strada per la mancata apposizione di idonea segnaletica in quanto nessuna efficacia causale può essere attribuita alla imprudente velocità tenuta dalla parte offesa, nel caso in cui tale condotta sia da ricondurre proprio alla mancanza delle suddette cautele che, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del comportamento del conducente.


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 21 dicembre 2021, la Corte di appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza emessa il 3 marzo 2020 dal Tribunale di (Omissis), ha confermato l'affermazione di penale responsabilità di (Soggetto 1) e (Soggetto 2) per il reato di cui all'art. 589, comma 2, c.p. in danno di (Soggetto 5) e, ritenute le già concesse attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, ha rideterminato la pena, per ciascuno degli imputati, in anni uno di reclusione applicando ad entrambi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna. è stata confermata la condanna di (Soggetto 1) e (Soggetto 2) - in solido con la responsabile civile Amministrazione Provinciale di (Omissis) (oggi Città Metropolitana di (Omissis)) - al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite (Soggetto 3) e (Soggetto 4) e al pagamento, in favore di ciascuna parte civile, di una provvisionale di Euro 50.000,00. Già la sentenza di primo grado aveva dichiarato estinto per prescrizione il connesso reato di cui agli artt. 110 e 673 c.p..

2. L'evento letale oggetto del procedimento si verificò nella notte tra il 18 e il 19 agosto 2011, dopo le 24:00, lungo la (Omissis) in località (Omissis) nel Comune di (Omissis) ((Omissis)). Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, (Soggetto 5), che stava percorrendo quella strada con direzione (Omissis)-(Omissis) alla guida della Mercedes (Omissis) targata (Omissis), giunto in prossimità di una curva sinistrorsa posta al termine di un rettilineo di duecento metri, in mancanza di idonea segnaletica stradale e di illuminazione, non si avvide della conformazione della strada e proseguì la marcia senza svoltare, percorrendo un tratto sterrato. La macchina precipitò nella scarpata sottostante e si capovolse. Il corpo del conducente, sbalzato fuori dall'abitacolo, fu rivenuto dai soccorritori, privo di vita, lungo la scarpata, a 53 metri dal punto di uscita dell'auto dalla strada. L'auto si fermò, in posizione capovolta, a 80 metri dal punto di uscita, individuato proprio all'inizio della curva.

La strada teatro del sinistro è una strada provinciale della cui gestione è responsabile la "Città Metropolitana di (Omissis)" ed era responsabile, all'epoca dei fatti, la "Provincia di (Omissis)". Per la manutenzione ordinaria e straordinaria della rete stradale di competenza, l'amministrazione provinciale aveva stipulato un contratto "(Soggetto 14)" (contratto di appalto misto di servizi e lavori) con un Raggruppamento Temporaneo di Imprese composto da "(Omissis) s.p.a", "(Omissis) Sas ", "(Omissis) Srl " e "(Soggetto 6) Srl ", avente, quale capogruppo, la "(Omissis) Spa ". Questo contratto fu stipulato il 9 marzo 2009 da (Soggetto 1) nella qualità di dirigente del settore 12 - Viabilità - della Provincia di (Omissis); era dunque in essere da oltre due anni quando si verificò l'incidente. La (Soggetto 1) è stata chiamata a rispondere della morte di (Soggetto 5) nella duplice qualità di dirigente del settore 12 - Viabilità - della Provincia di (Omissis) e "responsabile unico del procedimento": responsabile quindi della gestione del contratto e della sua esecuzione ai sensi del D.Lgs. n. 12 aprile 2006 n. 163 (allora vigente). (Soggetto 7) è imputato quale "Responsabile gestione zona ionica" nella quale rientra la (Omissis).

I rapporti tra l'amministrazione committente e il raggruppamento di imprese che si era aggiudicato l'appalto erano disciplinati dall'art. 15 del contratto che così testualmente recita: "L'interfaccia Committente-Assuntore deve essere assicurata da soggetti nominati dalle rispettive parti. Il Committente, per la tutela dei propri interessi durante lo svolgimento dell'appalto, nomina un Responsabile della gestione del contratto, un Supervisore, tre Responsabili gestione delle zone, tre Ispettori di zona ed Ausiliari, che costituiranno interfaccia di riferimento dell'Assuntore per la verifica delle obbligazioni contrattuali.): il Responsabile della gestione del contratto è anche Responsabile del procedimento (con riferimento al D.Lgs. n. 163 del 2006) e Responsabile dei lavori (con riferimento a D.Lgs. n. 494/96)".

I giudici di merito hanno ritenuto che l'incidente sia stato determinato dalla mancanza di una segnaletica che consentisse al conducente di avvistare in tempo utile la curva posta alla fine del rettilineo, segnaletica che era tanto più necessaria per l'assenza di illuminazione (ancorché non doverosa su quel tipo di strada) e per la presenza di luci nella zona industriale sottostante, dalla quale poteva derivare l'impressione che la strada proseguisse in senso rettilineo. Hanno sottolineato già nell'ottobre del 2009, la (Omissis) (capogruppo delle imprese assuntrici dei lavori) aveva segnalato l'esistenza di criticità nel tratto di strada in questione e si era intervenuti con attività di manutenzione straordinaria che avevano comportato il rifacimento della sola segnaletica orizzontale. Hanno sostenuto che, in ragione della obiettiva pericolosità della curva, sarebbe stato necessario delinearla con pannelli riflettenti, installare segnalazioni verticali di pericolo, prevedere un limite di velocità e che tale intervento di manutenzione straordinaria avrebbe dovuto essere commissionato alle imprese che avevano assunto i lavori dai soggetti preposti alla gestione del contratto.

3. Per mezzo dei rispettivi difensori, (Soggetto 1) e (Soggetto 2) hanno proposto ricorso contro la sentenza. I ricorsi sono articolati in più motivi che vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dall'art. 173, comma 1, D.Lgs. n. 28 luglio 1989 n. 271.

4. Nel ricorso proposto nell'interesse di (Soggetto 1) i difensori deducono violazioni dell'art. 606, comma 1, lett. b) e lett. e) censurando l'affermazione della penale responsabilità dell'imputata.

4.1. Con un primo motivo la difesa sottolinea che, con la stipula del contratto "(Soggetto 14)" del 9 marzo 2009, l'amministrazione committente aveva trasferito alle imprese appaltanti non soltanto gli obblighi relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade, ma anche la vigilanza sulle stesse e il monitoraggio su eventuali situazioni di pericolo. Di conseguenza, i funzionari della provincia non erano più titolari di una posizione di garanzia e non si può sostenere, come fa la sentenza impugnata, che una tale posizione fosse determinata dal fatto che la Provincia aveva il potere di sollecitare attività di manutenzione straordinaria e dovesse autorizzarne lo svolgimento da parte delle imprese assuntrici. La difesa sottolinea che, ai sensi dell'art. 14 del contratto, l'appaltatore assumeva l'obbligo di sorveglianza e la custodia delle strade affidate alla sua manutenzione "con le conseguenze di cui all'art. 2051 c.c.". Rileva che, ai sensi del comma 5 dell'art. 14 del contratto di appalto, l'assuntore era "responsabile della tempestiva segnalazione, al responsabile della gestione del contratto (RUP) della necessità di eventuali interventi non compresi nel contratto stesso" oltre ad essere tenuto a adottare "di propria iniziativa, con assoluta tempestività e diligenza (...) tutti i provvedimenti e le cautele atti ad evitare danni alle persone e alle cose, compresa la sospensione totale o parziale al transito veicolare, qualora si rivelasse un pericolo in atto". Ricorda che, per espressa previsione dell'art. 14 del contratto (comma 6), l'assuntore era responsabile anche "della segnalazione al committente della necessità di adeguare i tronchi stradali in gestione e manutenzione a criteri di sicurezza" non solo in caso di "adozione di nuove norme", ma in ogni caso di "necessità". Conclude che nessun obbligo di garanzia gravava più sulla committente, cui non competevano più compiti di vigilanza, sicché l'obbligo di attivarsi per predisporre interventi di manutenzione straordinaria poteva sorgere solo a seguito di segnalazione.

La difesa sottolinea che, anche a voler ammettere la sussistenza di un potere di iniziativa in capo alla committente, per poter ipotizzare l'inadempimento di un obbligo giuridico di agire sarebbe necessario provare che della situazione di pericolo la responsabile del procedimento fosse stata informata, e tale circostanza non è emersa. Ricorda che, con riferimento al tratto stradale ove si verificò il sinistro, in data 3 ottobre 2009 la (Omissis) aveva segnalato la necessità di "eseguire interventi di segnaletica orizzontale di nuovo impianto" e tali interventi erano stati autorizzati, ma nessuna segnalazione era pervenuta in ordine alla necessità di sostituire la segnaletica verticale esistente con altra più efficace o di fissare limiti di velocità in ragione della pericolosità della curva in questione.

Si sostiene, in sintesi, che in presenza di un contratto di appalto come quello in esame, l'obbligo di attivazione del committente poteva sorgere solo se la situazione di pericolo era stata segnalata dall'assuntore o da terzi (era quindi concretamente conosciuta), ma nessuna di queste situazioni risulta essersi verificata nel caso concreto. Come la sentenza impugnata riconosce, infatti, anche se altri incidenti analoghi si erano verificati in quel punto, i competenti uffici della Provincia non ne erano stati informati.

4.2. Con un secondo motivo, la difesa osserva che il giudizio controfattuale, doveroso in caso di causalità omissiva, non è stato compiuto correttamente non essendo stato escluso che l'incidente sia stato causato dalla velocità eccessiva e non potendosi quindi sostenere che, in presenza di opportuna segnaletica, (Soggetto 4) avrebbe rallentato e l'incidente non si sarebbe verificato.

La difesa sottolinea che altri incidenti verificatisi nello stesso punto non ebbero conseguenze letali in ragione della velocità assai più moderata mantenuta dai conducenti. Ricorda che l'art. 141 C.d.S. impone di adeguare la velocità alla situazione concreta e che l'incidente si verificò in orario notturno lungo una strada priva di illuminazione. Ricorda, infine, che il corpo della vittima fu sbalzato fuori dall'abitacolo e ciò fa pensare che (Soggetto 4) non indossasse le cinture di sicurezza connotando di ulteriore imprudenza la sua condotta. Secondo la difesa, tale condotta imprudente sarebbe stata da sola sufficiente a determinare l'evento e la motivazione sarebbe illogica e contraddittoria perché, in assenza di ogni certezza in ordine alla causa del sinistro, ha ritenuto che la condotta di guida della vittima potesse rilevare al più come concausa della quale tenere conto ai fini della quantificazione della pena e della determinazione dell'ammontare del risarcimento.

4.3. Col terzo motivo la ricorrente si duole del mancato riconoscimento di un concorso di colpa della vittima che sarebbe stato doveroso e al cui accertamento la (Soggetto 1) aveva interesse, sia sotto il profilo dell'entità del risarcimento, sia con riferimento all'entità della pena.

5. Il ricorso proposto nell'interesse di (Soggetto 2) consta di sei motivi.

5.1. Col primo motivo (denominato 1.A) la difesa si duole del riconoscimento in capo a (Soggetto 2) di una posizione di garanzia. Sostiene che, come emerge dalla lettura del contratto di appalto, tale posizione era stata trasferita dalla Provincia al raggruppamento di imprese che aveva assunto l'appalto e che, ai sensi degli artt. 13 e 14 del contratto, soltanto l'assuntore era tenuto a svolgere compiti di sorveglianza e di monitoraggio di eventuali situazioni di pericolo. La difesa sostiene che la Corte territoriale avrebbe individuato una posizione di garanzia in capo a (Soggetto 2) e, più in generale, in capo ai funzionari della Provincia, senza indicarne la fonte.

5.2. Col secondo motivo (denominato 1.6), la difesa ricorda che (Soggetto 2) era responsabile della gestione dell'area ionica e sottolinea che, ai sensi dell'art. 3 del capitolato generale di appalto, il "responsabile gestione zona" è il tecnico nominato dal committente per il controllo delle attività di gestione e manutenzione affidate in appalto. Sottolinea che il conseguente dovere di controllo si riferiva all'esecuzione delle opere affidate alle imprese assuntrici e (Soggetto 2) non aveva certo l'obbligo di esercitare un controllo sull'esecuzione di opere di manutenzione straordinaria mai affidate alla (Omissis).

Quanto alle funzioni di controllo del territorio che i giudici di merito hanno ritenuto di attribuire ai dipendenti della Provincia incaricati di tutelare gli interessi del committente durante l'esecuzione dell'appalto, la difesa osserva che, anche a voler ritenere esistente una competenza in tal senso, non erano certo i responsabili di zona a dover svolgere tali funzioni di controllo che competevano, piuttosto, agli "ispettori di zona" i quali, pur dovendo verificare a loro volta solo l'adempimento da parte delle imprese appaltatrici degli obblighi assunti, operavano comunque a più stretto contatto col territorio e, pertanto, avrebbero potuto svolgere l'attività di controllo ritenuta doverosa più efficacemente del responsabile di zona che doveva occuparsi di un'area ben più vasta e, proprio per questo (ai sensi dell'art. 15 del contratto), si avvaleva di "Ispettori di Zona e Ausiliari".

5.3. Col terzo motivo (denominato 1.C), la difesa sviluppa quest'ultimo argomento e osserva che l'ispettore di zona, (Soggetto 8), imputato nel processo di primo grado, è stato assolto per non aver commesso il fatto. Sostiene che ciò comporta una intrinseca contraddittorietà della condanna pronunciata nei confronti di (Soggetto 2) e si duole che la Corte di appello si sia limitata a prendere atto di tale assoluzione e a sottolineare che la posizione di (Soggetto 8), ormai definita, non poteva più essere oggetto di esame.

La difesa riferisce che, nell'ordine di servizio prot. N. 104627 del 25 febbraio 2011, depositato in atti, (Soggetto 2) aveva incaricato gli ispettori di zona, non solo di vigilare sulla manutenzione ordinaria a canone, ma anche di proporre "interventi urgenti o di somma urgenza per le varie criticità che si potranno presentare" e sostiene che questo documento sarebbe stato ignorato dai giudici di merito. Osserva che, con la segnalazione del 3 ottobre 2009, la (Omissis) aveva chiesto il rifacimento della segnaletica orizzontale nel tratto di strada che fu poi teatro del sinistro, ma non aveva segnalato ne la pericolosità della curva, ne’ la necessità di predisporre segnaletica verticale, ne’ la necessità di prevedere in quel tratto limiti di velocità. Sottolinea che, come la sentenza impugnata riconosce, non c'è prova che (Soggetto 2) abbia mai saputo di altri incidenti verificatisi in corrispondenza di quella curva.

La difesa individua un ulteriore profilo di contraddittorietà della sentenza impugnata nell'aver assolto il supervisore, (Soggetto 9), in ragione del breve tempo trascorso dal momento in cui tale incarico gli era stato affidato al momento in cui si verificò l'incidente. Osserva che la Corte territoriale ha valorizzato la circostanza che, in quel periodo, non vi furono segnalazioni di criticità; ha dunque attribuito rilievo alla mancata conoscenza della situazione di pericolo escludendo, invece, che tale mancata conoscenza potesse avere significato per gli altri imputati.

5.4. Col quarto motivo (denominato 1.D), la difesa sostiene che la sentenza impugnata non ha chiarito quali profili di negligenza potrebbero essere attribuiti a (Soggetto 2). Osserva che il ricorrente provvide a verificare l'avvenuto rifacimento della segnaletica orizzontale e nessuna ulteriore situazione di pericolo gli fu mai comunicata. Sottolinea che i giudici di merito non hanno tenuto alcun conto della richiesta che (Soggetto 2) aveva rivolto agli ispettori di zona affinché segnalassero la presenza sul territorio di criticità che richiedevano un suo intervento.

Quanto al profilo di negligenza, individuato dalla sentenza impugnata nella "omessa vigilanza sulla corretta esecuzione delle opere manutentive in relazione ai segnali esistenti" (pag. 24), la difesa contesta che il segnale verticale indicativo della curva presente sul luogo dell'incidente fosse parzialmente inefficiente e inidoneo a soddisfare le esigenze di sicurezza. Sottolinea che la segnaletica orizzontale era stata ripristinata nell'ottobre 2009 e che tale segnaletica rappresenta, soprattutto di notte, la guida ottica per conoscere l'andamento della strada. Osserva che il segnale verticale, pur lievemente danneggiato (circostanza che non risulta essere mai stata segnalata a (Soggetto 2)) era visibile ed è stato ritenuto non riflettente sulla scorta della valutazione soggettiva di uno degli operanti, smentito dallo stesso Consulente tecnico del pubblico ministero, secondo il quale il segnale presente in loco era "rifrangente".

5.5. Col quinto motivo (denominato 1.E), la difesa si duole che la sentenza impugnata abbia escluso la rilevanza causale della condotta di guida del conducente. Rileva che non v'è alcuna certezza sulle ragioni per le quali (Soggetto 4) proseguì la marcia senza svoltare, percorrendo un tratto sterrato di almeno 30 metri per poi precipitare nella scarpata, sicché non è possibile sostenere che la presenza di una diversa segnaletica avrebbe potuto evitare l'evento. Sottolinea che, a quanto consta, non si erano verificati in quel punto incidenti stradali gravi o mortali. Osserva che l'incidente ebbe conseguenze mortali a causa della velocità elevata e non prudenziale e non è comunque possibile escludere altre cause alternative: dal colpo di sonno, alla distrazione.

8 5.6 Col sesto motivo (Motivo II) la difesa si duole che le attenuanti generiche siano state valutate solo equivalenti e non prevalenti sulla aggravante contestata. Rileva che, seguendo l'impostazione della sentenza impugnata, almeno con riferimento alla manutenzione della segnaletica esistente, vi sarebbe stato un inadempimento da parte della impresa appaltatrice e di questo si sarebbe dovuto tenere conto nello stabilire il trattamento sanzionatorio.

6. Con memorie del 16 febbraio 2023 i difensori delle parti civili, (Soggetto 3) e (Soggetto 4), hanno chiesto dichiararsi l'inammissibilità dei ricorsi.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso, nessuno dei quali merita accoglimento, possono essere esaminati congiuntamente nella parte in cui propongono questioni comuni.

Tale è quella con la quale si sostiene che la vittima tenne un comportamento imprudente e questa imprudenza sarebbe causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento; idonea, dunque, ad escludere la rilevanza causale delle condotte omissive ascritte agli imputati, consistite nel non aver provveduto a predisporre nel punto teatro del sinistro, oltre alla segnaletica orizzontale (che era stata rifatta nell'ottobre del 2009), anche la segnaletica verticale prevista dal Codice della strada per rendere edotti gli utenti di situazioni di pericolo. Si tratta del secondo motivo del ricorso proposto da (Soggetto 1) e del quinto motivo (denominato 1.E) del ricorso proposto da (Soggetto 10).

Secondo i giudici di merito, la curva all'imbocco della quale si verificò l'incidente era pericolosa e di tale situazione gli utenti avrebbero dovuto essere avvertiti con apposita segnaletica verticale, non essendo sufficiente a tal fine la segnaletica orizzontale. In particolare, la curva avrebbe dovuto essere segnalata con congruo anticipo, avrebbe dovuto essere delineata con pannelli riflettenti (come fu fatto dopo l'incidente) e sarebbe stato doveroso imporre, in quel tratto di strada, un limite di velocità inferiore a quello di 90 km/h che caratterizza le strade extraurbane secondarie quale è la (Omissis).

I ricorrenti sostengono, con accenti diversi, che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe carente o comunque contraddittoria nella parte in cui attribuisce rilevanza causale alla mancata previsione di un limite di velocità e alla mancata apposizione di segnaletica verticale. Sottolineano, infatti: che non è stato possibile accertare con sicurezza quale fosse la velocità dell'auto al momento dell'incidente (il perito nominato dal giudice ha individuato un range di velocità compreso tra i 70 e i 120 km/h); che non è noto se, al momento del fatto, la vittima indossava le cinture di sicurezza; che non v'è certezza sulla causa dell'incidente, che potrebbe non essere stato determinato dal mancato avvistamento della curva ma, invece, da un colpo di sonno o da una distrazione.

Il tema deve essere affrontato per primo perché riguarda l'elemento oggettivo del reato. Si assume infatti che, non essendo stato escluso un comportamento gravemente imprudente della vittima, non sarebbe provata la rilevanza causale della condotta omissiva. In altri termini, secondo i ricorrenti, non sarebbe possibile affermare al di là di ogni ragionevole dubbio, che l'incidente si sia verificato perché il conducente non si accorse per tempo che la strada curvava. Non si potrebbe escludere, infatti, una condotta di guida cosi gravemente imprudente da rendere possibile il verificarsi dell'evento anche in presenza delle segnalazioni di pericolo.

2. Secondo i ricorrenti, la ricostruzione del nesso eziologico tra la condotta omissiva e l'evento lesivo non può prescindere dall'individuazione di tutti gli elementi concernenti la "causa" dell'evento che, nel caso di specie, non sarebbe stata accertata con ragionevole certezza. Si sostiene, in particolare, che all'ipotesi secondo la quale la curva non fu avvistata in tempo perché non adeguatamente segnalata se ne affiancherebbero altre (ad esempio il colpo di sonno o la distrazione) e che, sulla base di comuni regole di esperienza, tali ipotesi alternative non potrebbero essere escluse.

La necessaria individuazione di tutti gli elementi che hanno costituito causa dell'evento quale presupposto del giudizio controfattuale è stata affermata spesso in materia di colpa medica e anche nella infortunistica sul lavoro. Si è chiarito, infatti, che il giudizio di alta probabilità logica che deve essere compiuto per verificare l'esistenza del rapporto di causalità tra omissione ed evento deve essere fondato sull'analisi delle caratteristiche del fatto storico e sulle particolarità del caso concreto. Da ciò si desume che una grave incertezza sulle concrete modalità di realizzazione dell'evento può impedire di affermare con elevata credibilità razionale che quell'evento non si sarebbe verificato se la condotta omessa fosse stata tenuta. Non è possibile, infatti, operare un giudizio controfattuale rispetto ad un iter causale che non sia stato possibile ricostruire con ragionevole sicurezza (Sul tema Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, E., Rv, 261103; Sez. 4, n. 49707 del 04/11/2014, I., Rv. 263284; Sez. 4, n. 25233 del 25/05/2005, L., Rv. 232013).

2.1. A differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti, questo tema non è stato trascurato dai giudici di merito, i quali hanno ricostruito l'iter causale sottolineando: che l'auto andò fuori strada senza neppure imboccare la curva e sull'asfalto non vi erano segni di frenata; che il manto stradale era asciutto e in buone condizioni; che non vi erano segni della presenza di altri veicoli; che le testimonianze consentono di escludere una alterazione da uso di alcolici; che ogni altra ipotesi è meramente congetturale.

Si tratta di argomentazioni complete, scevre da profili di contraddittorietà e manifesta illogicità e idonee quindi a resistere ai rilievi dei ricorrenti.

Se è vero infatti che, nel ricostruire il nesso causale, il giudice deve porsi il tema dell'eventuale sussistenza di fattori causali alternativi e anche vero che tali fattori non possono assumere rilievo quando - come nel caso di specie - siano prospettati in termini generici o di mera possibilità. Perché ipotesi causali alternative possano essere prese in considerazione, infatti, è necessario che le stesse abbiano un supporto probatorio tale da minare il giudizio di certezza sulla riconducibilità dell'evento alla condotta omessa e ciò non è avvenuto nel caso di specie. La giurisprudenza di legittimità è inequivoca in tal senso quando afferma che, a fronte di una spiegazione causale logica, perché dedotta da circostanze correttamente evidenziate e motivatamente ritenute, una spiegazione causale alternativa e diversa, capace di inficiare o caducare quella conclusione, non può essere affidata alla prospettazione di una mera possibilità astratta. È necessario, quindi, che quell'accadimento alternativo, prospettato come astrattamente possibile, divenga anche, "hic et nunc", concretamente probabile alla stregua delle acquisizioni processuali (Sez. 4, n. 15558 del 13/02/2008, M., Rv. 239809; v. anche Sez. 4, n. 30057 del 19/06/2006, T., Rv. 23437:3, non massimata sul punto, pag. 15 della motivazione; Sez. 4, n. 29476 del 16/06/2011, L., non massimata, pag. 5 della motivazione).

In altri termini, come efficacemente chiarito dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 30328 del 10/07/2002, F., Rv. 222138: "lo stesso modello condizionalistico orientato secondo leggi scientifiche sottintende il distacco da una spiegazione di tipo puramente deduttivo, che implicherebbe un'impossibile conoscenza di tutti gli antecedenti sinergicamente inseriti nella catena causale e di tutte le leggi pertinenti da parte del giudice, il quale ricorre invece, nella premessa minore del ragionamento, ad una serie di "assunzioni tacite", presupponendo come presenti determinate "condizioni iniziali" e "di contorno", spazialmente contigue e temporalmente continue, non conosciute o soltanto congetturate, sulla base delle quali, "ceteris paribu.s", mantiene validità l'impiego della legge stessa. E, poiché il giudice non può conoscere tutte le fasi intermedie attraverso le quali la causa produce il suo effetto, ne’ procedere ad una spiegazione fondata su una serie continua di eventi, l'ipotesi ricostruttiva formulata in partenza sul nesso di condizionamento tra condotta umana e singolo evento potrà essere riconosciuta fondata soltanto con una quantità di precisazioni e purché sia ragionevolmente da escludere l'intervento di un diverso ed alternativo decorso causale. Di talché, ove si ripudiasse la natura preminentemente induttiva dell'accertamento in giudizio e si pretendesse comunque una spiegazione causale di tipo deterministico e nomologico-deduttivo, secondo criteri di utopistica "certezza assoluta", si finirebbe col frustrare gli scopi preventivo-repressivi del diritto e del processo penale in settori nevralgici per la tutela di beni primari. Tutto ciò significa che il giudice, pur dovendo accertare ex post, inferendo dalle suddette generalizzazioni causali e sulla base dell'intera evidenza probatoria disponibile, che la condotta dell'agente "è" (non "può essere") condizione necessaria del singolo evento lesivo, è impegnato nell'operazione ermeneutica alla stregua dei comuni canoni di "certezza processuale", conducenti conclusivamente, all'esito del ragionamento probatorio di tipo largamente induttivo, ad un giudizio di responsabilità caratterizzato da "alto grado di credibilità razionale" o "conferma" dell'ipotesi formulata sullo specifico fatto da provare: giudizio enunciato dalla giurisprudenza anche in termini di "elevata probabilità logica" o "probabilità prossima alla - confinante con la - certezza"" (così, testualmente, pag. 14 della motivazione).

Nel caso di specie, il giudizio controfattuale non poteva essere compiuto avvalendosi di una legge scientifica e, in ossequio ai canoni ermeneutici che disciplinano la materia, è stato fondato su massime di esperienza motivandone l'attendibilità sulla base di criteri di elevata credibilità razionale (cfr. Sez. 4, n. 7026 del 15/10/2002, dep. 2003, L. e altri, Rv. 223749; Sez. 4, n. 29889 del 05/04/2013, D. F., Rv. 257073).

3. Come si è detto, nel contestare la rilevanza causale delle condotte omissive loro rispettivamente ascritte, i ricorrenti sostengono che la velocità tenuta dalla vittima era superiore ai limiti - o comunque non adeguata in regione dell'ora notturna e della cattiva illuminazione - e che tale comportamento escluderebbe il nesso causale perché, anche in presenza delle prescritte segnalazioni, l'evento non avrebbe potuto essere evitato. L'argomento segue logicamente quello precedentemente trattato perché presuppone che l'uscita di strada sia stata determinata dalla velocità elevata e non da un colpo di sonno o da distrazione.

La sentenza impugnata sostiene che la velocità mantenuta da (Soggetto 4) (determinata dal perito in un range tra i 70 e i 120 km/h) non fu, in concreto, superiore a quella consentita (90 km/h). Aggiunge che, in ogni caso, non si trattò di una velocità così elevata da aver determinato l'insorgere di un rischio eccedente rispetto a quello che le norme cautelari violate miravano a prevenire.

La Corte territoriale osserva che (come il perito ha spiegato) il valore più elevato del range (120 km/h) sarebbe accertato solo se il veicolo avesse percorso tutto il tracciato di 80 metri tra l'uscita di strada e il punto di quiete con esclusione di "fasi aeree"; sottolinea che, come è stato provato in giudizio, fasi aeree vi furono; conclude che la velocità fu certamente inferiore ai 120 km/h e quindi corrispondente (o di poco superiore) a quella consentita. Rileva poi - e l'argomento, è dirimente - che la segnalazione della situazione di pericolo ha esattamente lo scopo di far sì che i conducenti adeguino la propria velocità alle condizioni della strada. Conclude che non è noto se il conducente abbia violato il limite di velocità (previsto per quel tratto di strada in 90 km/h) e che, in ogni caso, la violazione dell'art. 141 C.d.S. (alla quale i ricorrenti fanno riferimento) sarebbe conseguenza della mancata previsione di uno specifico limite di velocità e della mancanza di segnalazioni di pericolo: sarebbe, dunque, un effetto della condotta doverosa omessa. Pertanto, secondo i giudici di merito, la condotta imprudente dell'automobilista, lungi dal presentare carattere di abnormità, sarebbe la manifestazione del rischio che il Codice della strada vuole limitare quando prevede che le situazioni di pericolo siano segnalate agli utenti e, in presenza di tali situazioni, siano imposti limiti di velocità stringenti.

La motivazione è congrua e conforme ai principi di diritto che regolano la materia. Nel prevedere l'obbligo di segnalare le situazioni di pericolo, infatti, gli artt. 37 e ss. del codice della strada dettano regole cautelari volte a prevenire condotte imprudenti che potrebbero essere assunte proprio a causa della mancata conoscenza dello stato dei luoghi. Ed infatti - in un caso che presenta profili di analogia con quello in esame perché l'incidente era stato originato dall'assenza delle misure previste dagli artt. 31 e ss. del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada per il segnalamento e la delimitazione dei cantieri - questa Corte di legittimità ha affermato che "nessuna efficacia causale può essere attribuita alla imprudente velocità tenuta dalla parte offesa, nel caso in cui tale condotta sia da ricondurre proprio alla mancanza delle suddette cautele che, se adottate, avrebbero neutralizzato il rischio del comportamento del conducente. (Nella specie, la Corte ha stabilito che, pur in presenza di segnaletica verticale, la mancata installazione in prossimità del cantiere dei coni e dei delineatori flessibili, previsti dall'art. 31, comma 5 del regolamento cit., aveva impedito al conducente di rendersi conto della presenza del restringimento della carreggiata e di adeguare la velocità allo stato dei luoghi)" (Sez. 4, n. 26394 del 20/05/2009, A., Rv. 244509).

3.1. La sentenza impugnata riconosce che non è stato accertato in giudizio se (Soggetto 5) indossasse le cinture di sicurezza. La circostanza che il corpo sia stato sbalzato fuori dalla macchina, infatti, potrebbe essere dipesa sia dal fatto che le cinture non erano allacciate sia dalla rottura di tali dispositivi. Nessun accertamento tecnico è stato eseguito sul punto sicché il dato è ignoto. Nel trattare questo tema la Corte territoriale sottolinea che, anche se positivamente accertata, questa circostanza non sarebbe idonea ad escludere il nesso causale tra l'omissione e l'evento perché il mancato uso delle cinture di sicurezza non può essere considerato abnorme, ne' del tutto imprevedibile. Anche in questo caso si tratta di argomentazioni congrue e conformi ai principi di dritto che regolano la materia (Sez. 4, n. 25560 del 02/05/2017, S., Rv. 269975; Sez. 4, n. 42492 del 03/10/2012, C., Rv. 253737).

A ciò deve aggiungersi che l'auto si fermò in posizione capovolta, sicché non può dirsi che la morte sia stata determinata dalla proiezione del corpo fuori dall'abitacolo e non si sarebbe verificata ugualmente. Neppure sì può dire, in assenza di accertamento autoptico, che la morte non si fosse già verificata quando il corpo fu sbalzato fuori. L'uso delle cinture, peraltro, ha la funzione di contenere i danni conseguenti a un incidente stradale e non quella di evitarlo, mentre la condotta omissiva contestata agli imputati sarebbe stata volta ad impedire che l'auto uscisse di strada. I giudici di merito sostengono, infatti, che a fronte di una segnalazione di pericolo, il conducente avrebbe moderato la velocità e, se la curva fosse stata regolarmente segnalata, il conducente l'avrebbe imboccata sicché l'evento non si sarebbe verificato.

4. In conclusione: i motivi di ricorso aventi ad oggetto il nesso di causalità tra l'evento concretamente verificatosi e le omissioni ascritte a (Soggetto 1) e (Soggetto 2) non sono fondati.

5. Un altro motivo di ricorso comune è quello che riguarda l'esistenza in capo ai ricorrenti dell'obbligo giuridico di vigilare sull'incolumità degli utenti delle strade. L'argomento è trattato nel primo motivo del ricorso proposto da (Soggetto 1) e nel primo motivo del ricorso proposto da (Soggetto 2) che lo approfondisce poi, con specifico riferimento alla sua posizione, nei motivi secondo e terzo.

I ricorrenti osservano che, con contratto del 9 marzo.2009, la Provincia di (Omissis) aveva trasferito ad un raggruppamento temporaneo di imprese avente come capogruppo la "(Omissis) Spa ", non soltanto gli obblighi relativi alla manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade, ma anche la vigilanza sulle stesse e il monitoraggio su eventuali situazioni di pericolo. Secondo le difese, dopo la sottoscrizione del contratto, i funzionari della Provincia non erano più titolari di una posizione di garanzia e non si può sostenere, come fa la sentenza impugnata, che una tale posizione continuasse ad esistere sol perché la Provincia aveva il potere di sollecitare attività di manutenzione straordinaria e doveva autorizzarne lo svolgimento da parte delle imprese assuntrici.

I difensori dei ricorrenti sottolineano:

- che, ai sensi dell'art. 14 del contratto, l'appaltatore assumeva l'obbligo di sorveglianza e la custodia delle strade affidate alla sua manutenzione "con le conseguenze di cui all'art. 2051 c.c.";

- che, ai sensi del comma 5 dell'art. 14 del contratto di appalto, l'assuntore era tenuto a segnalare tempestivamente al responsabile della gestione del contratto la necessità di eventuali interventi, anche se non "compresi nel contratto stesso", ed era comunque tenuto a predisporre "di propria iniziativa, con assoluta tempestività e diligenza (...) tutti i provvedimenti e le cautele atti ad evitare danni alle persone e alle cose, compresa la sospensione totale o parziale al transito veicolare, qualora si rivelasse un pericolo in atto";

- che, per espressa previsione dell'art. 14 del contratto (comma 6), l'assuntore era responsabile anche "della segnalazione al committente della necessità di adeguare i tronchi stradali in gestione e manutenzione a criteri di sicurezza", non solo in caso di "adozione di nuove norme", ma in ogni caso di "necessità".

Le difese concludono che nessun obbligo di garanzia gravava sull'amministrazione committente la quale aveva validamente delegato i propri compiti di vigilanza, sicché l'obbligo di attivarsi per predisporre interventi di manutenzione straordinaria poteva sorgere solo a seguito di segnalazione.

In sede di precisazione delle conclusioni il Procuratore generale ha chiesto l'accoglimento di questo motivo e l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. Ha sostenuto infatti che sarebbe stato necessario approfondire, nel merito, se la situazione di pericolo fosse conosciuta o conoscibile da parte dei ricorrenti.

5.1. Questa Corte di legittimità ha già avuto modo di sottolineare che, "in tema di responsabilità per colpa, sussiste in capo all'Ente proprietario di una strada destinata ad uso pubblico una posizione di garanzia da cui deriva l'obbligo di vigilare affinché quell'uso si svolga senza pericolo per gli utenti" e che, tale obbligo, "permane anche in caso di concessione di appalto per l'esecuzione di lavori di manutenzione stradale" (Sez. 4 n. 17010 del 29/03/2016, Corrao, Rv. 266548). Se è vero che questo principio è stato affermato nel caso di un sinistro verificatosi in un cantiere stradale e determinato dal modo in cui quel cantiere era stato allestito; è pur vero che, nell'affermarlo, si è fatto riferimento all'art. 14 del Codice della strada e questa norma è certamente idonea a fondare una posizione di garanzia in capo ai soggetti preposti alla manutenzione delle "aree ad uso pubblico destinate alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali" (questa la definizione di strada fornita dall'art. 2 del D.Lgs. n. 30 aprile 1992, n. 285). La proprietà della strada e la destinazione di essa al pubblico uso, infatti, comportano il dovere per l'ente proprietario di far sì che quell'uso si svolga senza pericolo per gli utenti (in tal senso anche Sez. 4, n. 11453 del 20/12/2012, dep. 2013, Z. M., Rv. 255423). A ciò deve aggiungersi che, come affermato in altra pronuncia di questa Sezione, "il pubblico amministratore committente non perde, in conseguenza dell'appalto dei lavori di manutenzione e sorveglianza delle strade, l'obbligo di vigilanza la cui omissione è fonte di responsabilità qualora concorrano le circostanze della conoscenza del pericolo, dell'evitabilità dell'evento lesivo occorso a terzi e dell'omissione dell'intervento diretto all'eliminazione del rischi" (Sez. 4, n. 37589 del 05/06/2007, P., Rv. 237772).

5.2. Nel caso oggetto del presente giudizio non è controverso che la manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade fosse stata affidata in appalto. Secondo i giudici di merito, non ostante ciò, residuava in capo ai ricorrenti una posizione di garanzia perché essi avevano l'obbligo di verificare il corretto svolgimento della manutenzione ordinaria ed era loro compito individuare gli interventi di manutenzione straordinaria da compiere (interventi, questi ultimi, che non erano compensati "a canone", bensì "a misura").

Con particolare riguardo a questo secondo profilo, la sentenza impugnata osserva:

- che, fatti salvi i casi di urgenza o somma urgenza, le attività di manutenzione straordinaria potevano essere svolte dall'assuntore solo "previo ordinativo da parte della Provincia";

- che l'amministrazione committente effettuava, a tal fine, una valutazione tecnica con proprio personale" (pag. 24 della sentenza);

- che il capitolato speciale (al punto 9) prevedeva, tra i lavori di manutenzione straordinaria, anche quelli relativi all'installazione di nuova segnaletica verticale e alla nuova realizzazione di segnaletica orizzontale;

- che, infatti, tra i compiti del "supervisore" (nominato dal committente, per la tutela dei propri interessi durante lo svolgimento dell'appalto), vi era la proposta al responsabile del procedimento, di interventi di manutenzione straordinaria (punto 9.1 pag. 41 del capitolato, pag. 24 della sentenza).

A queste argomentazioni i ricorrenti obiettano che il programma degli interventi di manutenzione straordinaria doveva essere attivato dall'assuntore, di concerto col supervisore, sicché, in assenza di iniziativa da parte dell'assuntore, i funzionari pubblici, sui quali non gravava più un obbligo di sorveglianza, non avevano ragione di attivarsi, a meno che non avessero appreso in altro modo dell'esistenza della situazione di pericolo. Osservano che, nel caso concreto, come la sentenza impugnata riconosce (pag. 33 della motivazione), non risulta che gli imputati abbiano avuto contezza del fatto che, nei luoghi ove si verificò l'incidente mortale per cui è processo, si erano già verificati incidenti simili.

L'obiezione non tiene conto del fatto che, come risulta dalle sentenze di primo e secondo grado - che possono essere lette congiuntamente e costituiscono un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, A., Rv. 257595) - il 3 ottobre del 2009 (poco tempo dopo la presa in consegna degli immobili prevista dall'art. 12 del contratto di appalto) la "(Omissis) s.p.a" propose all'Amministrazione Provinciale di (Omissis) l'esecuzione di interventi di manutenzione straordinaria sulla (Omissis) nel tratto compreso "dal km 7+200 al km 9+500" nel quale si colloca il luogo dell'incidente (pag. 15 della sentenza di primo grado; pag. 24 e 28 della sentenza impugnata).

Nel sottolineare questo dato i giudici di merito riferiscono:

- che la nota del 3 ottobre 2009 - intitolata "segnalazione anomalia e richiesta autorizzazione intervento di manutenzione a misura. (Omissis), innesto (Omissis) ((Omissis) (Omissis)) - Confine Provinciale" - fu ricevuta dall'ufficio 12 - Viabilità - della Provincia di (Omissis) (del quale la (Soggetto 1) era direttrice) il 6 ottobre 2009;

- che, oltre a segnalare la necessità di sostituire le barriere di protezione laterale in un diverso tratto della (Omissis), questa nota segnalava "la necessità di eseguire interventi di segnaletica orizzontale di nuovo impianto" dal (Omissis) al (Omissis) nel quale si colloca il luogo dell'incidente;

- che, pur facendo riferimento alla necessità di "interventi di segnaletica orizzontale", la (Omissis) si rimetteva "al giudizio tecnico dell'Ente" e richiedeva "l'intervento di manutenzione straordinaria, al fine di garantire la messa in sicurezza della viabilità"; chiedeva quindi che fosse ordinata "l'esecuzione dell'intervento di manutenzione a misura" restando in attesa "delle relative istruzioni in merito all'attività istruttoria necessaria (sopralluoghi, documento e/o progetto preliminare, ecc.) e ad eventuali successive esecuzioni, secondo le modalità e i criteri stabiliti nel CSA" (il testo della comunicazione è riportato alle pagine 15 e 16 della sentenza di primo grado).

Muovendo da questi dati (che sono documentalmente accertati e non sono controversi) la sentenza impugnata osserva che l'indicazione fornita dall'impresa (che aveva suggerito il rifacimento della segnaletica orizzontale) non era vincolante per l'ente pubblico committente al cui "giudizio tecnico", infatti, era rimessa la scelta degli interventi di manutenzione straordinaria necessari a "garantire la messa in sicurezza" della (Omissis) nel tratto compreso "dal (Omissis) al (Omissis)" nel quale si colloca il luogo dell'incidente.

Secondo la Corte territoriale, poiché l'impresa assuntrice dei lavori aveva segnalato che, in quel tratto di strada, "al fine di garantire la messa in sicurezza della viabilità", erano necessari interventi di manutenzione straordinaria, sarebbe stato preciso obbligo della amministrazione committente e, per quanto qui rileva, dei ricorrenti (Soggetto 1) e (Soggetto 2) - la prima, quale responsabile del procedimento e della gestione del contratto; il secondo, quale responsabile della gestone della zona ionica - disporre o eseguire sopralluoghi volti a verificare la natura delle anomalie segnalate per individuare le "soluzioni tecniche idonee ad adeguare la segnaletica esistente all'effettiva situazione di pericolo". La sentenza impugnata sottolinea (pagg. 28 e 29) che gli odierni ricorrenti non si attivarono in tal senso, ma si limitarono a prendere atto della segnalazione dell'appaltatore e si "appiattirono" sulle indicazioni da lui fornite. Rileva, inoltre: quanto alla (Soggetto 1), che spettava a lei "la decisione finale sull'au e sul quomodo dell'esecuzione dei lavori di manutenzione straordinaria" sollecitati dall'impresa appaltatrice e fu lei a firmare, il 13 ottobre 2009, l'ordine di esecuzione dei lavori; quanto a (Soggetto 2), che, quale responsabile di gestione della zona ionica, egli era specificamente interessato al contenuto della segnalazione e doveva fornire il proprio contributo tecnico nella valutazione della idoneità dell'intervento prospettato a garantire la sicurezza della viabilità.

5.3. Da quanto esposto emerge che, nel caso di specie, l'esistenza della posizione di garanzia è stata affermata in concreto - e a prescindere dal contenuto del contratto di appalto - in considerazione del fatto che, nel tratto di strada ove si verificò il sinistro, era stata segnalata la necessità di rifare la segnaletica orizzontale, ma tale segnalazione non era vincolante e sarebbe stato possibile, sulla base di una corretta valutazione tecnica, estendere l'attività di manutenzione straordinaria alla segnaletica verticale. La::sentenza impugnata sostiene che una tale iniziativa sarebbe stata doverosa nel rispetto delle disposizioni in materia di circolazione stradale, perché l'art. 84 del regolamento di esecuzione e attuazione del Codice della strada (D.P.R. n. 16 dicembre 1992, n. 495) impone l'apposizione di segnaletica verticale ove sussista "una reale situazione di pericolo sulla strada, non percepibile con tempestività da un conducente che osservi normali regole di prudenza"; impone, dunque, un accertamento da eseguire in concreto tenendo conto delle "complessive circostanze e caratteristiche della strada".

La sentenza impugnata argomenta diffusamente sull'esistenza di tale concreta situazione di pericolo e osserva:

- che, come accertato in giudizio, la curva ove si verificò l'incidente presenta un angolo di 106-107 gradi, si tratta, dunque, di una "improvvisa curva acuta", potenziale fonte di pericolo perché comporta la necessità, per il conducente, di "sterzare in misura rilevante";

- che quel tratto di strada prevedeva ex lege un limite di velocità elevato (90 km/h) sicché l'amministrazione sarebbe dovuta intervenire a porre un limite inferiore e lo fece solo dopo l'incidente, significativamente indicandolo in 30 km/h;

- che, pur legittimamente, la strada era priva di illuminazione ed era necessario per questo apporre adeguata segnaletica "chiaramente leggibile anche di notte e in tempo utile";

- che v'era una ulteriore condizione di criticità "conseguente all'esistenza di una sorta di illusione ottica provocata dalle luci della zona industriale sottostante" a causa della quale, secondo i testimoni, quando era buio si poteva pensare che la strada proseguisse diritta.

La Corte territoriale sottolinea inoltre che, come emerso dall'istruttoria dibattimentale, si verificarono in quel luogo almeno tre sinistri con modalità analoghe, ma conseguenze non gravi, cui poté assistere il teste (Soggetto 13) titolare di un distributore sito nelle vicinanze. Riferisce, infine, che, meno di un mese dopo i fatti, nel medesimo punto, si verificò un incidente simile a quello occorso a (Soggetto 5) e i testi (Soggetto 11) e (Soggetto 12), che vi furono coinvolti, hanno dichiarato di non aver visto la curva. È utile sottolineare che, secondo i giudici di appello, tali circostanze non rilevano sotto il profilo della consapevolezza della situazione di pericolo perché non erano note agli imputati, ma assumono significato per comprendere quale fosse lo stato dei luoghi e confermare la obiettiva pericolosità della strada (pag. 33 della motivazione).

5.4. In conclusione, secondo i giudici di merito, anche a voler ritenere che, in forza del contratto di appalto stipulato col raggruppamento temporaneo di imprese che aveva quale capogruppo la "(Omissis) Spa ", l'ente proprietario non avesse più alcun obbligo di vigilanza sulla rete stradale destinata ad uso pubblico, tale obbligo esisteva certamente nel tratto di strada che fu teatro dell'incidente, in relazione al quale l'assuntore aveva segnalato "anomalie" che richiedevano interventi di manutenzione straordinaria "al fine di garantire la messa in sicurezza della viabilità". La condotta omissiva ascritta agli imputati è stata dunque individuata nel non aver disposto o eseguito sopralluoghi atti a verificare che gli interventi di manutenzione straordinaria proposti dalla "(Omissis) Spa " fossero idonei a fini di sicurezza e nell'aver limitato tali interventi al rifacimento della segnaletica orizzontale. Invero, l'assuntore dei lavori, pur avendo proposto il rifacimento della segnaletica orizzontale, aveva demandando "al giudizio tecnico dell'Ente" la decisione finale sul modo in cui le anomalie riscontrate dovevano essere risolte e tale decisione avrebbe dovuto essere adottata compiendo la necessaria attività istruttoria, ciò che avrebbe consentito di verificare l'obiettiva necessità della installazione di segnaletica verticale.

A questo proposito, la sentenza di primo grado osserva che, ai sensi dell'art. 137 del regolamento di esecuzione e attuazione al Codice della strada, "i segnali orizzontali sono usati da soli, con autonomo valore prescrittivo, quando non siano previsti altri specifici segnali, ovvero per integrare altri segnali", non costituiscono dunque, per espressa previsione di legge, segnalazioni di pericolo e non sono sufficienti quando gli utenti della strada debbano essere informati di situazioni tali da mettere a rischio la sicurezza della circolazione.

In sintesi, secondo i giudici di merito, nel tratto di strada ove si verificò l'incidente c'era una situazione di pericolo che è stata accertata in giudizio. I ricorrenti, che di quel tratto di strada erano stati chiamati ad occuparsi per decidere se e quali opere di manutenzione straordinaria fossero necessarie, avevano l'obbligo giuridico di valutare quella situazione e intervenire. In altri termini, l'eventuale mancata conoscenza del pericolo non può considerarsi incolpevole perché conseguente all'omissione di attività doverose.

La motivazione è completa, coerente e conforme ai principi di diritto che regolano la responsabilità a titolo di colpa derivante dalla mancata attuazione di una misura atta ad eliminare una situazione di rischio. Per affermare una tale responsabilità colposa, infatti, "non occorre che l'agente abbia conoscenza della situazione di pericolo e della regola cautelare da adottare, essendo sufficiente la loro conoscibilità, e rilevando l'ignoranza incolpevole soltanto della prima, in quanto l'errore sulla regola cautelare non integra errore sul fatto" (Sez. 4, n. 32899 del 08/01/2021, C., Rv. 28:1997).

Non rileva in contrario il principio di diritto affermato dalla sentenza Sez. 4, n. 37589 del 05/06/2007, P., Rv. 237772 secondo la quale l'omissione dell'obbligo di vigilanza sull'esecuzione di lavori di manutenzione e sorveglianza dati in appalto "è fonte di responsabilità qualora concorrano le circostanze della conoscenza del pericolo, dell'evitabilità dell'evento lesivo occorso a terzi e dell'omissione dell'intervento diretto all'eliminazione del rischi". Nel caso concreto cui questa decisione si riferisce, infatti, la situazione di pericolo che aveva causato l'incidente stradale era stata determinata dal modo in cui i lavori appaltati erano stati eseguiti e la conoscenza del pericolo fu desunta proprio "dall'assolvimento degli obblighi di controllo" cui il pubblico amministratore era tenuto (pag. 7 della motivazione). Nel caso oggetto del presente procedimento, i giudici di merito hanno chiarito che l'incidente si verificò in corrispondenza di una curva pericolosa non adeguatamente segnalata che si trovava in un tratto di strada interessato da interventi di manutenzione straordinaria che avevano riguardato proprio il ripristino della segnaletica. Ne consegue che, se i funzionari pubblici avessero adempiuto ai propri obblighi di vigilanza e controllo, avrebbero accertato tale situazione di obiettiva pericolosità e, se non la accertarono, fu perché omisero di adempiere a quegli obblighi. Nell'uno e nell'altro caso, la responsabilità a titolo di colpa non può essere esclusa perché gli interventi diretti a contenere il pericolo (effettivamente conosciuto o doverosamente conoscibile) furono omessi e quegli interventi, con elevato grado di credibilità razionale, avrebbero potuto evitare interventi, con elevato grado di credibilità razionale, avrebbero potuto evitare l'incidente nel quale (Soggetto 5) perse la vita.

Lo stesso (Soggetto 2), peraltro, documentando di aver chiesto agli ispettori di zona di segnalare l'eventuale necessità di interventi di manutenzione straordinaria ha riconosciuto che la stipula del contratto di appalto del 9 marzo 2009 non comportava il trasferimento alle imprese appaltanti degli obblighi relativi alla vigilanza delle strade e al monitoraggio di situazioni di pericolo che avessero reso necessari interventi di tale natura.

6. Con specifico riferimento alla posizione di (Soggetto 2), i giudici di merito riferiscono che, al momento del sinistro, l'unico segnale che indicava l'esistenza della curva era costituito da un "delineatore di curva stretta o tornante" posto "fuori carreggiata", troppo a ridosso della curva stessa e "danneggiato dal tempo". Secondo la sentenza impugnata (pag. 35), dalla visione delle fotografie "emerge che il segnale era inclinato all'indietro, in parte arrugginito, vi era una porzione di pannello mancante e le frecce bianche erano annerite". La Corte territoriale sottolinea che tale circostanza dimostra "l'omessa vigilanza sulla corretta esecuzione delle opere manutentive in relazione ai segnali esistenti" (pag. 27 della motivazione).

Su queste osservazioni si appunta il quarto motivo del ricorso proposto da (Soggetto 2) (denominato 1.D). La difesa sottolinea che la segnaletica orizzontale era stata ripristinata nell'ottobre 2009 e che tale segnaletica rappresenta, soprattutto di notte, la guida ottica per conoscere l'andamento della strada. Osserva che il segnale verticale indicativo della curva, pur lievemente danneggiato (circostanza che non risulta essere mai stata segnalata a (Soggetto 2)), era visibile ed è stato ritenuto non riflettente sulla scorta della valutazione soggettiva di uno degli operanti, smentito dallo stesso consulente tecnico del pubblico ministero, secondo il quale il segnale presente in loco era "rifrangente".

Il motivo è manifestamente infondato. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione la "rilettura" degli elementi di fatto posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, D., Rv. 207945). A ciò deve aggiungersi che - come già illustrato - ai sensi dell'art. 137 del regolamento di esecuzione e attuazione al Codice della strada, "i segnali orizzontali sono usati da soli, con autonomo valore prescrittivo, quando non siano previsti altri specifici segnali, ovvero per integrare altri segnali", non costituiscono dunque, per espressa previsione di legge, segnalazioni di pericolo e non sono sufficienti quando - come nel caso di specie è necessario informare gli utenti della strada di situazioni tali da mettere a rischio la sicurezza della circolazione.

7. Col secondo e col terzo motivo (denominati 1.B e 1.C) (Soggetto 2) lamenta che la sentenza impugnata e quella di primo grado abbiano attribuito a lui, quale "responsabile gestione zona", funzioni di controllo del territorio che competevano, invece, agli ispettori. Riferisce, inoltre, di aver chiesto agli ispettori di zona (con ordine di servizio del 25 febbraio 2011) non solo di vigilare sulla corretta esecuzione delle attività di manutenzione ordinaria a canone, ma anche di segnalare l'eventuale necessità di interventi di manutenzione straordinaria. Il ricorrente sostiene che, poiché nessuna segnalazione gli era giunta, non aveva l'obbligo di attivarsi, non essendo esigibile una condotta volta a prevenire una situazione di pericolo della quale non si abbia notizia.

I motivi di ricorso sono infondati, perché non pertinenti alle ragioni per le quali è stata affermata la penale responsabilità. Come si è detto, la condotta omissiva della quale (Soggetto 2) è stato ritenuto responsabile è stata individuata nel non aver eseguito o disposto sopralluoghi volti a verificare la natura delle anomalie segnalate dalla "(Omissis) s.p.a" e a individuare le "soluzioni tecniche idonee ad adeguare la segnaletica esistente all'effettiva situazione di pericolo". Si è rilevato, infatti, che quale responsabile di gestione della zona ionica, (Soggetto 2) era specificamente interessato al contenuto della segnalazione proveniente dalla (Omissis) e doveva fornire il proprio contributo tecnico nella valutazione dell'idoneità dell'intervento prospettato a garantire la sicurezza della viabilità.

A fronte di ciò, la circostanza che nessuna situazione di pericolo fosse stata segnalata dagli ispettori di zona non può assumere rilievo. Poiché l'amministrazione provinciale aveva disposto il rifacimento della segnaletica orizzontale sulla (Omissis) nel tratto compreso "dal (Omissis) al (Omissis)" nel quale si colloca il luogo dell'incidente, quale "tecnico nominato dal committente per il controllo delle attività di gestione e manutenzione affidate in appalto, (Soggetto 2) doveva recarsi sul posto o inviare sul posto gli ispettori che operavano alle sue dipendenze. avrebbe così potuto constatare l'inadeguatezza della sola segnaletica orizzontale a prevenire una situazione di pericolo che - come diffusamente illustrato dai giudici di merito con accertamento in fatto non sindacabile in questa sede - era obiettiva ed evidente. Quale responsabile della gestione di quel tratto stradale (Soggetto 2) aveva certamente le competenze per rendersi conto che la curva di cui si discute si trovava in fondo ad un rettilineo, presentava un angolo di 106-107 gradi e che, in quel punto, non vi era alcun limite di velocità sicché la strada poteva essere percorsa a 90 km/h. Era, inoltre, suo preciso compito verificare che la segnaletica verticale presente (è significativo che si trattasse di un segnale di "curva stretta o tornante") fosse in buono stato di manutenzione e la sua posizione professionale gli imponeva di rendersi conto che quel segnale non era correttamente collocato perché si trovava fuori carreggiata e troppo a ridosso dell'inizio della curva.

Contrariamente a quanto sostenuto nel ricorso, è coerente con questa impostazione che il supervisore (Soggetto 9), condannato in primo grado per la medesima condotta omissiva, sia stato mandato assolto in grado di appello. La Corte territoriale ha sottolineato, infatti, che, a differenza di (Soggetto 2), (Soggetto 9) non era in carica nell'ottobre del 2009, quando la (Omissis) segnalò alla Provincia la necessità di compiere lavori di manutenzione straordinaria nel tratto di strada teatro del sinistro, e non lo era neppure quando quegli interventi furono concretamente eseguiti, avendo assunto la qualifica di supervisore "solo due mesi prima" dell'incidente (pag. 26 della motivazione).

La sentenza impugnata sottolinea che la nota del 10 novembre 2011 con la quale, subito dopo l'incidente mortale oggetto del procedimento, furono disposti lavori di manutenzione straordinaria per la messa in sicurezza del tratto di strada interessato al sinistro (prevedendo, tra l'altro, l'apposizione di segnali verticali di curva pericolosa e di limite di velocità) fu sottoscritta anche da (Soggetto 2). Ne desume che, anche se non era titolate di "poteri impeditivi", egli aveva comunque poteri di "proposta" dei quali non si avvalse. Ricorda inoltre che, con la comunicazione del 3 ottobre 2009, la (Omissis) aveva segnalato la presenza di criticità nel tratto di strada in parola ed era compito anche di (Soggetto 2) individuare e suggerire le misure necessarie ad eliminarle. Anche nel caso di (Soggetto 10), dunque, l'asserita ignoranza della situazione di pericolo e del conseguente obbligo di prevenirla non può essere ritenuta incolpevole essendo conseguenza dell'omissione di una condotta doverosa volta a governare proprio l'area di rischio che le regole cautelari violate mirano a prevenire.

8. Col terzo motivo di ricorso, (Soggetto 1) si duole del mancato riconoscimento del concorso di colpa della vittima. Si osserva in proposito: che, come la sentenza impugnata puntualmente rileva, la normativa vigente all'epoca dei fatti non prevedeva che tale colpa concorrente potesse influire sul trattamento sanzionatorio se non ai fini delle attenuanti generiche; che tali circostanze attenuanti sono state ritenute applicabili; che il giudizio di bilanciamento è stato congruamente motivato in termini di equivalenza in ragione della gravità dell'omissione e del ruolo che l'imputata rivestiva.

Quanto all'entità del risarcimento, basta osservare che il Tribunale ha liquidato soltanto una provvisionale, così rimettendo le parti di fronte al competente giudice civile. Ed invero, la condanna generica al risarcimento dei danni "costituisce una mera "declaratoria juris" da cui esula ogni accertamento relativo sia alla misura sia alla stessa esistenza del danno, il quale è rimesso al giudice della liquidazione" (Sez. 4, n. 12175 del 03/11/2016, dep. 2017, B., Rv. 270386; Sez. 2, n. 11813 del 11/04/1989, P., Rv. 182014).

9. Resta da esaminare il sesto motivo (denominato motivo II) del ricorso proposto nell'interesse di (Soggetto 2) col quale la difesa deduce violazione di legge e vizi di motivazione riguardo all'applicazione delle attenuanti generiche (ritenute equivalenti alla aggravante di cui all'art. 589, comma 2, c.p.) e all'entità della pena inflitta, determinata in misura superiore al minimo edittale.

Come noto, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, "le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell'equivalenza, si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l'adeguatezza della pena irrogata in concreto" (così, testualmente, Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, C., Rv.: 245931). Nel caso di specie, tale giudizio di comparazione risulta congruamente motivato cori riferimento alla gravità dell'omissione e al fatto che (Soggetto 2) operava alle dipendenze di un ente pubblico.

Conclusioni analoghe si impongono quanto alla determinazione dell'entità della pena, che è stata fissata, per entrambi gli imputati, in anni uno di reclusione. Anche la graduazione della pena, infatti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, il quale assolve al relativo obbligo di motivazione se dà conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 c.p. o richiama alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, M., Rv. 271243; Sez. 4, n. 21294 del 20/03/2013, S., Rv. 256197). Nel caso in esame la pena bue. è stata determinata in misura assai inferiore alla media edittale. La Corte territoriale, peraltro, ha motivato congruamente la scelta di discostarsi dal minimo con riferimento alla "gravità della colpa (consistita nell'omissione di plurimi dispositivi di sicurezza)", alla "natura della violazione (concernente la delicata materia della sicurezza stradale)" e al "ruolo pubblico rivestito dagli imputati".

10. Il rigetto dei ricorsi comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché, in solido, alla rifusione delle spese sostenute per questo grado di giudizio da (Soggetto 4) e (Soggetto 3), parti civili costituite, spese che vengono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, in solido, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili (Soggetto 4) e (Soggetto 3), che liquida in 3.000,00 Euro ciascuno, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 21 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 aprile 2023.

 

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