Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio
Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 15815 del 14 aprile 2023
Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 15815 del 14/04/2023
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool - Accertamento strumentale del tasso alcolemico - Facoltà di farsi assistere dal difensore - Adempimento dell'obbligo - In tema di guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool, ai fini della prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia, è sufficiente che di tale circostanza sia fatta menzione in atti di polizia giudiziaria, essendo sufficiente che ciò risulti nel verbale, senza che sia necessaria, addirittura, la sottoscrizione dello stesso da parte dell'interessato, poiché l'avviso è atto degli operanti che redigono il verbale, mentre la sottoscrizione della parte è necessaria solo qualora essa abbia reso una dichiarazione, tra cui quella di nomina di difensore di fiducia.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d'appello di Cagliari ha confermato la sentenza del Tribunale di (Omissis), con la quale (Soggetto 1) era stato condannato per il reato di cui all'art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), 2-bis, (tasso pari a 1,86 g/l alla prima prova e a 2,06 g/l alla seconda, in (Omissis)).
2. La difesa dell'imputato ha proposto ricorso, formulando due motivi.
Con il primo, ha dedotto inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inammissibilità, inutilizzabilità o decadenza, con riferimento alla decisione inerente alla sollevata eccezione di inutilizzabilità degli accertamenti alcolimetrici, avuto riguardo non già alla mancanza dell'avviso di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p., bensì alla tempistica di redazione del verbale nel quale si era dato atto di esso prima di procedere all'accertamento stesso. La difesa rileva che la risposta della Corte territoriale non avrebbe centrato la questione posta, riguardante il rispetto dei requisiti formali previsti a presidio delle garanzie difensive dell'indagato.
Con il secondo, ha dedotto violazione di legge, con riferimento al diniego delle generiche, giustificato dalla Corte attingendo a un dato valutato per la prima volta, l'avere l'imputato effettuato una inversione di marcia alla guida dell'auto finita nella cunetta. La difesa contesta il dato fattuale, affermando che, nella specie, l'auto si era trovata sul lato opposto a seguito di un sobbalzo, poiché la strada era sconnessa, mentre l'imputato viaggiava a velocità ridotta, non avendo determinato alcuna situazione di pericolo. Sotto altro profilo, contesta la valorizzazione del tasso alcolemico rilevato, osservando che il riferimento deve essere fatto a quello oggetto della prima rilevazione.
3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Dott.ssa G. L., ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
4. La difesa dell'imputato ha depositato memoria difensiva, con la quale ha inteso emendare l'errore materiale di cui al terz'ultimo rigo del primo capoverso della pag. 4 del ricorso, dovendosi intendere il riferimento all'art. 357 e non all'art. 373, comma 2, lett. e), svolgendo ulteriori argomentazioni e chiedendo, a seguito della modifica dell'art. 131 bis, c.p., l'applicazione dell'istituto, fermi i motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. La Corte d'appello, dato preliminarmente atto della rinuncia a far valere la prescrizione del reato da parte dell'imputato, ha affrontato le doglianze difensive, ritenendo la utilizzabilità degli accertamenti e la non meritevolezza delle generiche, temi devoluti anche con il ricorso.
In particolare, quanto al primo, ha precisato che la tempistica e le modalità della verbalizzazione non costituivano causa di nullità degli accertamenti effettuati, dei quali l'organo accertatore aveva redatto apposito verbale attestante la circostanza che, prima di procedere alla prova con etilometro, il (Soggetto 1) era stato edotto delle sue facoltà e aveva dichiarato di non volersi fare assistere da un difensore, sottoscrivendo il relativo verbale.
Quanto alla offensività della condotta, poi, la Corte territoriale ha ritenuto l'irrilevanza della mancata conoscenza della strada lungo la quale era avvenuto l'incidente e della presenza di eventuali buche nel terreno, evenienza questa del tutto prevedibile, trattandosi di una strada di campagna e, comunque, tale da suggerire, semmai, una maggiore prudenza alla guida.
Ciò premesso, ha confermato il diniego delle generiche, valorizzando - a fronte della ribadita insufficienza della incensuratezza e della irrilevanza del dato anagrafico (l'imputato essendo un soggetto settantenne) - elementi di sicuro rilievo per apprezzare la gravità della condotta accertata, avendo fatto riferimento alla quantità di alcool ingerito e alla dinamica del sinistro, in base alla quale l'auto dell'imputato era uscita fuori dalla sede stradale, andando a finire nella cunetta che correva lungo la corsia opposta di marcia (così da intendersi, con ogni evidenza, il riferimento della Corte territoriale a una "inversione del senso di marcia"), dinamica, peraltro, ben descritta in premessa dai giudici d'appello. In tal modo, l'agente aveva creato una situazione di allarme e pericolo che solo il caso fortuito (assenza di altri mezzi in transito) aveva impedito sfociasse in conseguenze ben più gravi (l'imputato non avendo riportato ferite a seguito dell'incidente).
3. I motivi sono manifestamente infondati.
Le censure (utilizzabilità degli accertamenti in relazione alla tempistica di redazione del relativo verbale e diniego delle generiche) scontano con ogni evidenza il mancato, effettivo confronto con il percorso argomentativo sviluppato dai giudici del merito (sul contenuto essenziale dell'atto d'impugnazione, rappresentato indefettibilmente dal confronto puntuale, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso, con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta, sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U. n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, G., Rv. 268822, sui motivi d'appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
3.1. Nonostante, poi, la prima censura inerisca apparentemente a una questione processuale (allegata nullità degli accertamenti), essa è reiterativa della doglianza esaminata dai giudici d'appello e non tiene in considerazione, previo debito confronto, le ragioni giustificative dei giudici territoriali, del tutto congrue ed esaustive, oltre che coerenti con i principi di diritto in materia. In tema di guida in stato di ebbrezza, infatti, ai fini della prova dell'avvenuto adempimento dell'obbligo di dare avviso alla persona sottoposta ad esame alcolimetrico della facoltà di farsi assistere da difensore di fiducia, è sufficiente che di tale circostanza sia fatta menzione in atti di polizia giudiziaria (nella specie il verbale di accertamenti urgenti sulla persona), atteso il valore fidefaciente degli stessi (sez. 4, n. 3913 del 17/12/2020, dep. 2021, A., Rv. 280381), essendo sufficiente che ciò risulti nel verbale, senza che sia necessaria, addirittura, la sottoscrizione dello stesso da parte dell'interessato, poiché l'avviso è atto degli operanti che redigono il verbale, mentre la sottoscrizione della parte è necessaria solo qualora essa abbia reso una dichiarazione, tra cui quella di nomina di difensore di fiducia (sez. 4, n. 5011 del 4/12/2018, dep. 2019, B., Rv. 274978). Nella specie, la parte interessata aveva pure sottoscritto il verbale e dichiarato espressamente di non intendere avvalersi delle facoltà delle quali era stata previa mente resa edotta.
Peraltro, a prescindere dai tempi materiali dalla sua redazione, il verbale contenente gli esiti dell'alcoltest è pienamente utilizzabile, non solo nella parte in cui attesta la presenza nel soggetto di un tasso alcolemico superiore a quello consentito, ma anche in quella in cui dà conto delle circostanze spazio-temporali nell'ambito delle quali l'accertamento è stato effettuato (sez. 4, n. 32631 del 7/6/2017, B., Rv. 270422, che riprende sez. 4, n. 45515 del 7/3/2013, P., RV. 257696).
Sulla irrilevanza dei tempi di redazione materiale del verbale, poi, va ribadito, con riferimento all'attività di verbalizzazione della polizia in generale, che la stessa può trarsi implicitamente dal principio in base al quale lo stesso arresto in flagranza di reato si realizza nel momento in cui il soggetto è privato della libertà personale, dal quale decorre il termine per la richiesta di convalida di cui all'art. 390 c.p.p., essendo irrilevante che il verbale di arresto sia stato redatto in un momento successivo (sez. 3, n. 41093 del 30/1/2018, P., RV. 274070) e che l'obbligo di redazione degli atti indicati dall'art. 357 c.p.p., comma 2, tra i quali rientrano le operazioni e gli accertamenti urgenti, nelle forme previste dall'art. 373 c.p.p., non è previsto a pena di nullità o inutilizzabilità, con la conseguenza che è ammissibile la testimonianza degli operatori della polizia giudiziaria in merito a quanto dagli stessi direttamente percepito nell'immediatezza dei fatti ma non verbalizzato, anche in relazione alle ragioni della omessa verbalizzazione (sez. 5, n. 25799 del 12/12/2015, dep. 2016, S., Rv. 267260).
3.2. Quanto al diniego delle generiche, in questa sede pare sufficiente un rinvio all'indirizzo consolidato di questa Corte per ricordare che, stante la ratio della disposizione di cui all'art. 62 bis c.p., al giudice di merito non è richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo, invece, sufficiente l'indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (sez. 2 n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/05/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/04/2013, Rv. 256201), rientrando già la stessa concessione di esse nell'ambito di un giudizio di merito rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l'adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737), non essendo neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all'art. 133 c.p., ma sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (sez. 1 n. 33506 del 07/07/2010, Rv. 247959).
Deve, peraltro, rilevarsi la manifesta infondatezza dell'asserito travisamento probatorio, essendo ben chiaro il riferimento dei giudici territoriali alla dinamica del sinistro, per la quale, incontestabilmente, l'auto dell'imputato era andata a finire nella cunetta che correva lungo l'opposta corsia di marcia. Trattasi di valutazione coerente con i dati fattuali, rispetto alla quale la difesa si è limitata a prospettare una diversa spiegazione della posizione di quiete del mezzo (rinviando a presunti "sobbalzi" dovuti alle buche) che si basa però su una difforme ricostruzione fattuale, in questa sede inammissibile, senza neppure introdurre elementi atti a sovvertire il dato criticato, l'essere, cioè, l'auto finita dal lato opposto rispetto alla corsia di marcia.
3.3. Resta da esaminare, infine, il tema introdotto con la memoria successivamente depositata. Sul punto è d'obbligo una premessa generale.
L'istituto di cui all'art. 131 bis, c.p. è stato interessato dalla riforma che ha da ultimo riguardato il diritto e il processo penale (D.Lgs. n. 150 del 2022, art. 1, comma 1, lett. c), n. 1)) su due differenti piani: da un lato, il legislatore ne ha previsto l'applicabilità generalizzata a tutti i reati puniti con pena minima pari o inferiore a due anni, eliminando ogni riferimento al limite massimo della pena edittale; dall'altro, ha introdotto, tra i parametri utilizzabili dal giudice per valutare l'offensività del fatto, anche la condotta susseguente al reato. Cosicché, ferme restando le eccezioni previste dalla norma, il nuovo istituto potrà trovare applicazione rispetto a un numero più ampio di reati. La norma è entrata in vigore il 30 dicembre 2022, ai sensi del D.L. n. 162 del 2022, art. 6, ma sulla sua immediata operatività soccorre il diritto vivente che ha da tempo precisato la natura sostanziale dell'istituto (Sez. U, n. 13681 del 25/2/2016, T.). Pertanto, trattandosi di norma più favorevole, essa è applicabile anche ai fatti commessi prima dell'entrata in vigore della novella che l'ha riguardata, in virtù del principio generale ricavabile dall'art. 2 c.p., comma 4, (sul punto, ancora Sez. U. T. cit.).
Tuttavia, nella specie, deve operarsi qualche precisazione.
Il caso all'esame, infatti, non è esattamente sovrapponibile a quello esaminato dal Supremo collegio all'indomani della entrata in vigore dell'art. 131 bis c.p. (ad opera del D.Lgs. n. 28 del 2015, art. 1, comma 2). In quella sede, infatti, la Corte di legittimità era stata chiamata a pronunciarsi su una novità legislativa che aveva introdotto nel diritto penale sostanziale una nuova causa di esclusione della punibilità. La questione esaminata ineriva alla deducibilità, per la prima volta in sede di legittimità e - ancor prima - alla rilevabilità ex officio, della questione inerente all'applicazione del nuovo istituto, in virtù del principio generale di rango elevato, rinvenibile nell'art. 2 c.p., comma 4. Orbene, riprendendo il precedente orientamento (Sez. U, n. 46653/2015, D. F.), la Corte ha, in quella sede, ribadito il diritto dell'imputato a essere giudicato in base al trattamento più favorevole tra quelli succedutisi nel tempo e il dovere del giudice di applicare la lex mitior, anche nel caso di ricorso inammissibile. Nel chiarire, poi, la natura e la conformazione del giudizio demandato alla Corte di cassazione sull'applicazione dell'istituto in esame, ha precisato che la valutazione sulla particolare tenuità del fatto richiede l'analisi e la considerazione della condotta, delle conseguenze del reato e del grado della colpevolezza (ponderazioni, cioè, che sono parte ineliminabile del giudizio di merito e che sono conseguentemente espresse in motivazione, anche in maniera implicita), concludendo nel senso che, sulla base del fatto accertato e valutato dalla sentenza impugnata, il giudice di legittimità è nella condizione di esperire il giudizio che gli è proprio, afferente all'applicazione della legge: accertare, cioè, se la fattispecie concreta è collocata entro il modello legale espresso dal nuovo istituto. Pertanto, quando la sentenza impugnata sia anteriore alla novella, l'applicazione dell'istituto nel giudizio di legittimità va ritenuta o esclusa senza che si debba rinviare il processo nella sede di merito e, ove esistano le condizioni di legge, l'epilogo decisorio sarà, alla stregua dell'art. 620 c.p.p., comma 1, lett. l), e art. 129 c.p.p., una pronunzia di annullamento senza rinvio perché l'imputato non è punibile a causa della particolare tenuità del fatto.
Tanto premesso, il motivo formulato dal ricorrente è del tutto generico.
Nella specie, a differenza del caso esaminato nella sentenza T. del 2016 (nel quale si era trattato di risolvere un problema di diritto intertemporale con riferimento ai procedimenti già pendenti al momento della entrata in vigore dell'istituto all'esame), si tratta di verificare se esistano i presupposti soggettivi e oggettivi della causa di non punibilità invocata in conseguenza della novella che ne ha allargato i margini di operatività.
Orbene, parte ricorrente, pur potendolo fare (trattandosi di reato già rientrante quoad poenam nella previsione previgente), non ha formulato alcuna richiesta di applicazione dell'istituto in sede di merito. Pertanto, fermo il divieto di cui all'art. 606 c.p.p., u.c., in forza del quale è inammissibile il ricorso con cui si introduca una violazione di legge non dedotta con i motivi d'appello, nella specie, ai fini dell'ammissibilità del ricorso, il giudice di legittimità deve poter apprezzare l'esistenza di un novum (che, nella specie, non è rappresentato dalla diversa cornice edittale, già astrattamente compatibile con la precedente previsione), non deducibile prima della riforma di cui al D.Lgs. n. 150 del 2022 cit., che imponga cioè una rivalutazione del fatto ai fini della applicazione della causa di non punibilità in esame.
Poiché il tema non è stato introdotto dalla parte nel giudizio di merito, esso non ha formato oggetto di trattazione in quella sede, cosicché non è dato rilevare dalla sentenza alcun elemento al quale possa essere agganciata la relativa valutazione. A fronte della mancata devoluzione del tema alla cognizione dei giudici del merito, questi hanno addirittura espresso un giudizio molto netto sulla gravità della condotta, avuto riguardo al tasso alcolimetrico rilevato, ma anche alla intensità dell'elemento psicologico, il giudice d'appello avendo vieppiù valorizzato la particolare conformazione della sede stradale, tale da richiedere addirittura una maggior prudenza alla guida.
Dal canto suo, parte ricorrente, che ne ha comunque l'onere (pena la genericità del ricorso ai sensi del combinato disposto di cui all'art. 581 c.p.p., comma 1, lett. d) e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c)), ha omesso ogni allegazione sul punto, essendosi limitata a richiamare le condizioni di astratta operatività dell'istituto (natura sostanziale della norma novellata e abbassamento delle preclusioni ricollegate alla forbice edittale, tuttavia, nella specie irrilevanti), ma non anche quelle in fatto e in diritto che giustifichino, nel caso concreto, una valutazione nel senso sollecitato.
Sul punto, soccorre ancora una volta il diritto vivente, allorquando richiama l'interprete a sindacare, in primo luogo, la specificità intrinseca, prima che quella estrinseca, dell'atto di impugnazione che richiede, per l'appunto, che essa non si articoli attraverso doglianze del tutto generiche o astratte (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, G., cit., in motivazione). Il che è quanto avvenuto nella specie: il ricorrente si è limitato, nella memoria depositata successivamente al ricorso, a richiamare la novella che ha riguardato l'art. 131 bis c.p., senza allegare elementi di novità, prima non valutabili e tali da giustificare una rivalutazione dell'effettivo disvalore del fatto, allegazione che non può riguardare genericamente lo stato di incensuratezza e la scelta di rinunciare alla prescrizione (sul punto, sez. 4, n. 9466, del 15/2/2023, C., Rv. 284133, in fattispecie in cui la Corte ha affermato il principio in un caso di furto in luogo di privata dimora).
4. Alla declaratoria di inammissibilità segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma che si stima equo quantificare in Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero (Corte Cost. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2023.
Depositato in Cancelleria il 14 aprile 2023.
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