Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezioni Unite, sentenza n. 12064 del 22 marzo 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezioni Unite, sentenza numero 12064 del 22/03/2023
Circolazione Stradale - Artt. 116 e 135 del Codice della Strada e artt. 477 e 482 del c.p. - Patente extra UE o SEE falsa - La contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all'Unione Europea o allo Spazio Economico Europeo integra i reati di cui agli artt. 477 e 482 del c.p. anche quando non ricorrono le condizioni di validità di tale documento ai fini della conduzione di un veicolo in Italia.


RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte d'appello di Milano ha confermato la condanna di (Soggetto 1) per il reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p., per aver formato o fatto formare una falsa patente di guida, apparentemente rilasciatagli dalla competente autorità del Marocco e sulla quale era stata apposta la sua fotografia.

La Corte territoriale ha respinto le obiezioni difensive fondate sull'asserita inoffensività del fatto, richiamandosi all'orientamento giurisprudenziale per cui costituisce reato, a norma dei citati artt. 477 e 482, la falsificazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero, anche qualora non sussistano le condizioni di validità di tale documento ai fini della conduzione del veicolo nel territorio nazionale, fissate dagli artt. 135 e 136 C.d.S..

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del difensore di fiducia, deducendo con unico motivo l'erronea applicazione della legge penale, in relazione agli artt. 477 e 482 c.p..

Il ricorrente eccepisce l'innocuità del falso, rilevando che il documento in contestazione non sarebbe idoneo ex artt. 135 e 136 C.d.S. ad abilitare l'imputato alla guida nel territorio nazionale, in quanto intestato ad un cittadino extracomunitario il quale, al momento del controllo che ha dato origine al procedimento, si trovava in Italia da più di un anno e non aveva provveduto alla sua validazione internazionale ovvero alla sua conversione.

In tal senso il ricorso evidenzia come la funzione documentale della patente sia quella di abilitare il suo possessore a circolare alla guida dei veicoli per i quali il suo conseguimento è imposto dalla legge. Pertanto, qualora si tratti di patente rilasciata da uno Stato estero, in assenza delle ulteriori condizioni normativamente previste per la sua validità nel territorio nazionale, il documento risulterebbe inidoneo a svolgere tale funzione e, dunque, la sua falsificazione risulterebbe inutile e innocua, come del resto rilevato da un orientamento giurisprudenziale diverso da quello richiamato dai giudici del merito.

3. Il ricorso è stato assegnato alla Quinta Sezione, la quale, con ordinanza del 10 giugno 2022, lo ha rimesso alle Sezioni Unite, ai sensi dell'art. 618, comma 1, c.p.p., rilevando l'esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di legittimità in ordine ai presupposti necessari per la configurabilità del delitto di falsificazione di patente di guida rilasciata da uno Stato non appartenente all'Unione Europea.

In tal senso la Sezione rimettente evidenzia che, secondo un primo e più risalente orientamento, evocato anche dal ricorrente, il falso assumerebbe rilevanza penale esclusivamente quando siano state rispettate le condizioni dettate dall'art. 135 C.d.S. per la validità nel territorio nazionale della patente estera, in assenza delle quali il documento, non abilitando alla guida in Italia, non potrebbe costituire una autorizzazione o una certificazione ai sensi ed ai fini dell'art. 477 c.p..

L'ordinanza di rimessione registra poi come si sia progressivamente contrapposto a tale orientamento altro indirizzo, ossia quello richiamato dalla sentenza impugnata, secondo il quale non assumerebbe rilievo ai fini della configurabilità del reato il difetto delle condizioni previste dal codice della strada, attesa l'idoneità della patente estera falsificata, anche se formalmente priva di validità, ad ingannare la fede pubblica, trattandosi di un documento dotato di un proprio contenuto giuridico e probatorio, sia intrinseco, ai fini della dimostrazione dell'esistenza di quanto in esso certificato, sia estrinseco, avendo potenziale rilievo autorizzatorio se abbinato ad un altro atto.

Conclusivamente i giudici rimettenti sottolineano come entrambi gli orientamenti convergano nell'escludere la rilevanza nella fattispecie della tematica del falso innocuo, vertendo, in sostanza, il contrasto sulla rilevanza da attribuire alla patente di guida estera di per se’ considerata, ossia sulla sua identificabilità o meno, in assenza degli altri requisiti previsti dall'art. 135 C.d.S., con l'atto tipico oggetto dell'incriminazione di cui all'art. 477 c.p..

4. Con provvedimento del 28 luglio 2022 il Presidente aggiunto ha assegnato il ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell'art. 618, c.p.p., fissando l'odierna udienza per la sua trattazione.

5. Il 10 novembre 2022 il Procuratore generale ha depositato note d'udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione di diritto per la quale il ricorso è stato rimesso alle Sezioni unite è la seguente: "Se la contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all'Unione Europea integri il reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p. solo ove sussistano le condizioni di validità di tale documento ai fini della abilitazione alla guida anche in Italia stabilite dall'art. 135 C.d.S.".

2. Come rilevato dall'ordinanza di rimessione, in riferimento alla questione suindicata, effettivamente convivono nella giurisprudenza di legittimità due orientamenti di segno opposto.

Prima di esaminarli nel dettaglio è però opportuno soffermarsi brevemente sulle norme extrapenali che disciplinano le condizioni alle quali il titolare di una patente rilasciata da uno Stato estero può condurre un veicolo in Italia, posto che entrambi gli indirizzi interpretativi vi fanno riferimento, ancorché l'uno per affermarne la rilevanza ai fini penali e l'altro per escluderla.

2.1. Anzitutto va ricordato che, ai sensi dell'art. 116, comma 1, C.d.S., non è consentito ad alcuno guidare sul territorio italiano ciclomotori, motocicli, tricicli, quadricicli e autoveicoli senza aver conseguito la patente di guida, che viene rilasciata dalla competente autorità pubblica a seguito di un apposito esame di abilitazione, nonché dell'accertamento del possesso di determinati requisiti e dell'assenza delle condizioni considerate ostative dalla legge.

Lo stesso articolo, ma al comma 15, sanziona conseguentemente colui che si pone alla guida di un veicolo senza aver conseguito la patente. Come noto, in origine, tale condotta integrava una contravvenzione punita con la sola ammenda, in seguito depenalizzata dall'art. 1, D.Lgs. n. 15 gennaio 2016, n. 8, che ha previsto l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 Euro. L'intervento di depenalizzazione non ha peraltro riguardato l'autonoma ipotesi della reiterazione nel biennio della medesima condotta, pure prevista dal citato comma, che tuttora integra una fattispecie contravvenzionale, punita con l'arresto fino ad un anno (Sez. 4, n. 42285 del 10/05/2017, D., Rv. 270882).

2.2. Il codice della strada consente di condurre un veicolo nel territorio nazionale anche a colui che risulti titolare di una patente rilasciata da uno Stato estero.

La relativa disciplina è contenuta negli artt. 135, 136 e 136-bis del codice, la cui vigente formulazione è il risultato del progressivo recepimento nell'ordinamento nazionale delle regole previste dalle convenzioni che garantiscono la circolazione stradale internazionale a cui l'Italia ha aderito (e in particolare la Convenzione dell'ONU sulla circolazione stradale firmata a Vienna l'8 novembre 1968 e relativi annessi, che è stata ratificata con la L. 5 luglio 1995, n. 308 e che ha sostituito quelle precedenti sottoscritte a Parigi il 24 aprile 1926 ed a Ginevra il 19 settembre 1949), nonché dagli accordi bilaterali stipulati da quello italiano con altri Stati e dalla normativa in materia di patenti rilasciate dai paesi dell'Unione Europea e dello Spazio Economico Europeo (che comprende, oltre ai paesi membri dell'Unione, l'Islanda, il Liechtenstein e la Norvegia) contenuta da ultima nelle Direttive 2006/126/CE, 2009/113/CE e 2011/94/CE. Dal complesso delle norme codicistiche richiamate e dalle clausole di sussidiarietà nei confronti delle convenzioni e degli accordi internazionali contenute, rispettivamente, nei citati artt. 135 e 136, si ricava che il titolare di una patente rilasciata da uno Stato non appartenente all'Unione Europea o allo Spazio Economico Europeo può circolare liberamente sul territorio italiano, se il documento risulta conforme ai modelli configurati dalle convenzioni internazionali menzionate in precedenza e, salvo che non sia intervenuto con lo Stato emittente un accordo bilaterale in senso contrario (come, ad esempio, quello stipulato il 4 dicembre 2015 con la Confederazione Elvetica), sempre che la patente straniera sia accompagnata da un permesso internazionale di guida ovvero dalla traduzione ufficiale in lingua italiana.

Il riconoscimento della patente straniera è poi subordinata alla ulteriore condizione - la cui previsione è espressamente consentita dall'art. 41 della citata Convenzione di Vienna - che il conducente non sia residente nel territorio italiano da più di un anno, essendo egli, altrimenti, tenuto a munirsi della corrispondente patente italiana procedendo alla conversione di quella straniera in suo possesso (procedura che può o meno comportare il riconoscimento del percorso formativo già sostenuto nel paese di origine a seconda che con lo stesso l'Italia abbia in tal senso stipulato un apposito accordo).

In attuazione delle direttive Europee menzionate in precedenza, il legislatore ha infine configurato una disciplina speciale per il possessore di patente rilasciata da uno Stato membro dell'Unione Europea o appartenente allo Spazio Economico Europeo. In tal senso l'art. 136-bis C.d.S. - all'uopo introdotto dal D.Lgs. n. 18 aprile 2011, n. 59 e successivamente modificato dal D.Lgs. n. 16 gennaio 2013, n. 2 - prevede la sua piena equiparazione a quella italiana, stabilendo soltanto che il titolare debba procedere al suo riconoscimento o alla sua conversione nel caso egli abbia acquisito la residenza "normale" nel territorio italiano, per come definita dall'art. 118-bis dello stesso codice.

2.3. Nell'art. 135 C.d.S. è poi dispiegato un articolato sistema di sanzioni per la violazione delle diverse regole che disciplinano la guida nel territorio nazionale dei soggetti titolari della sola patente estera.

In proposito, per quanto di specifico interesse ai fini della risoluzione della questione controversa, è sufficiente ricordare che il comma 8 dell'articolo menzionato prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 408 a 1.634 Euro per il titolare di patente rilasciata da uno Stato extra UE o extra SEE che circoli sul territorio italiano senza il permesso internazionale ovvero senza la traduzione ufficiale della suddetta patente, quando il possesso di tali documenti è necessario.

Nel caso in cui il medesimo soggetto non sia residente in Italia ovvero vi risieda da non oltre un anno e circoli con patente straniera scaduta di validità, il comma 13 prevede inoltre l'applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria da 158 a 638 Euro prevista dall'art. 126, comma 11, per la corrispondente fattispecie di circolazione con patente italiana scaduta.

Nei commi 11 e 14 è invece presa in considerazione la condotta del titolare della patente straniera che, trascorso più di un anno dal giorno dell'acquisizione della residenza anagrafica in Italia, comunque si pone alla guida senza averne richiesto la conversione. Qualora la patente sia scaduta, il primo dei due commi citati prevede l'irrogazione delle sanzioni previste dall'art. 116, comma 15, per il caso della guida senza aver conseguito la patente (v. supra al punto 2.1), mentre, nell'ipotesi in cui il documento risulti ancora in corso di validità al momento dell'accertamento della violazione, il comma 14 dispone l'applicazione di quella stabilita dall'art. 126, comma 11, per la fattispecie di guida con patente italiana scaduta.

2.4. Va infine ricordato che, ai sensi degli artt. 35 D.P.R. n. 28 dicembre 2000, n. 445, e 292 R.D. 6 maggio 1940, n. 635, la patente di guida, oltre che abilitare alla conduzione dei veicoli per i quali ne è richiesto il conseguimento, è anche documento di riconoscimento equipollente al documento d'identità. Equipollenza che, ai sensi degli artt. 1 lett. c) e 3 del citato decreto n. 445 del 2000, si estende, oltre che alla patente conseguita in Italia, anche a quella rilasciata da uno Stato estero, purché membro dell'Unione Europea.

3. Così sintetizzato il quadro della normativa speciale di riferimento è ora possibile esaminare gli orientamenti che hanno dato vita al contrasto che le Sezioni Unite sono chiamate a ricomporre e che è insorto con specifico riferimento alla sola fattispecie della contraffazione o alterazione di una patente rilasciata da uno Stato extra UE e SEE, risultata inidonea a legittimare il suo apparente titolare a condurre un veicolo sul territorio nazionale, perché non accompagnata dalla sua traduzione ufficiale in lingua italiana o da un permesso internazionale di guida, ovvero in quanto il medesimo si rivela essere residente in Italia da più di un anno.

3.1. In riferimento alla fattispecie descritta, secondo un primo e più consolidato indirizzo, la falsificazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero può integrare il reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p. solo in presenza delle condizioni fissate per la sua validità dall'art. 135 C.d.S. (Sez. 5, n. 24227 del 28/04/2021, T., Rv. 281439; Sez. 5, n. 21915 del 10/04/2019, K., non mass.; Sez. 5, n. 10314 del 21/01/2019, P., non mass.; Sez. 5, n. 21929 del 17/04/2018, R., Rv. 273022; Sez. 5, n. 9268 del 01/12/2014, dep. 2015, N., Rv. 262963; Sez. 5, n. 12693 del 08/03/2007, A., Rv. 236180).

Tale filone interpretativo muove dall'unico rilievo che la patente rilasciata da uno Stato estero non appartenente all'Unione Europea, in mancanza delle condizioni fissate dal citato art. 135 C.d.S., non abilita alla guida in Italia e, pertanto, non può costituire "autorizzazione" o "certificazione" rilevante ai sensi dell'art. 477 c.p., costituendo un documento che non ha alcuna validità nel territorio italiano quale titolo di legittimazione alla guida dei veicoli, ne' - come espressamente sottolineato da Sez. 5, n. 21929 del 17/04/2018 e Sez. 5, n. 12693 del 08/03/2007 - quale mezzo di certificazione dell'identità personale.

Secondo le pronunzie citate, è poi compito del giudice del merito compiere gli accertamenti necessari per stabilire la sussistenza dei presupposti che consentono la guida nel territorio italiano al possessore della patente straniera, in quanto, per l'appunto, solo l'accertata validità della stessa comporta l'integrazione del reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p. nel caso in cui la stessa risulti oggetto di contraffazione o alterazione.

In proposito va peraltro sottolineato che Sez. 5, n. 21929 del 17/04/2018 e Sez. 5, n. 21915 del 10/04/2019 hanno limitato il controllo giudiziale alla sola verifica della residenza dello straniero in Italia da non oltre un anno, in quanto tale presupposto "costituisce il profilo integrante la validità della patente straniera anche nel nostro territorio", escludendo che il suddetto controllo debba estendersi anche alle ulteriori condizioni richieste dal citato art. 135 C.d.S. e dal successivo art. 136 dello stesso codice, disposizioni relative al possesso da parte dello straniero del permesso internazionale di guida ovvero della traduzione ufficiale della patente in lingua italiana, adempimenti che "non incidono sulla validità intrinseca del predetto titolo abilitativo, costituendo solo documenti accompagnatori della patente la cui mancanza non può interferire, pertanto, sull'efficacia e validità del documento abilitativo alla guida in Italia".

Principi questi che sono stati di recente ribaditi anche dalla già richiamata Sez. 5, n. 24227 del 28/04/2021, la quale ha in aggiunta precisato come, al fine di stabilire la rilevanza penale della falsificazione della patente straniera non validata ai sensi delle norme del codice della strada, non possa evocarsi la tematica del c.d. "falso innocuo". In tal senso la pronunzia citata osserva che l'inoffensività del falso presuppone il positivo accertamento della sussumibilità del fatto in una delle fattispecie di reato previste dagli artt. 476 e ss. c.p. e quindi l'appartenenza dell'atto falsificato ad una delle categorie documentali previste da tali disposizioni. Nel caso della patente straniera non validata, secondo la pronunzia citata, prima ancora di valutare l'offensività del falso, è invece necessario stabilire se il documento incriminato costituisca o meno una autorizzazione o una certificazione amministrativa, potendo dunque essere identificato con l'oggetto tipico della fattispecie prevista dall'art. 477 c.p. Il che, per le ragioni già illustrate, la stessa pronunzia ha ritenuto di dover escludere.

3.2. Come accennato, accanto a questo primo indirizzo ed in contrapposizione dialettica con il medesimo, si è formato negli ultimi anni un altro orientamento, secondo cui la contraffazione della patente estera integra comunque il reato previsto dal combinato disposto degli artt. 477 e 482 c.p., anche qualora, cioè, non ricorrano le condizioni fissate dal codice della strada perché tale documento consenta al suo possessore di guidare nel territorio nazionale (Sez. 5, n. 45255 del 27/10/2021, S. M., Rv. 282252; Sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021, A., Rv. 280847; Sez. 5, n. 57004 del 27/09/2018, B., Rv. 274172; Sez. 5, n. 35092 del 04/06/2014, M. A. R., non mass.).

Le citate pronunzie sottolineano come la contraffazione di una patente estera, ancorché non validata, sia idonea ad ingannare la fede pubblica, non solo per la sua apparente corrispondenza ad un documento genuino, ma in quanto il contenuto del titolo abilitativo alla guida contraffatto, esplicando concreti effetti sulla funzione documentale, non è irrilevante ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio, trattandosi di un certificato dotato di un proprio rilievo giuridico-probatorio, sia intrinseco, ai fini della dimostrazione dell'esistenza di quanto in esso contenuto, sia estrinseco, in riferimento al potenziale rilievo autorizzatorio qualora abbinato ad un altro atto. In altri termini, la patente di guida estera avrebbe, di per sè e a prescindere dal suo abbinamento con altri requisiti o atti, "una propria fisionomia giuridica di validità intrinseca, trattandosi di un atto che anche da solo esiste ed esprime un determinato contenuto, che è poi il contenuto richiesto dalla legge affinché esso, posto insieme agli altri titoli e condizioni necessari per l'abilitazione alla guida, svolga la sua funzione legittimante" (così Sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021, A., cit.).

Secondo Sez. 5, n. 35092 del 04/06/2014 e Sez. 5, n. 45255 del 27/10/2021, l'autonoma rilevanza giuridica della patente straniera è poi confermata dal diverso disvalore che l'ordinamento riconosce all'ipotesi di guida senza permesso internazionale (ovvero senza la traduzione ufficiale della patente estera) rispetto a quella di guida senza patente, per come dimostrato dalla differente modulazione della risposta sanzionatoria riservata nel codice della strada alle due fattispecie, integranti autonomi e distinti illeciti.

Per l'orientamento in esame, in definitiva, la funzione legittimante alla guida non va confusa con l'identità del documento giuridico, la patente di guida, "che costituisce, comunque, di per se’, un certificato che esprime un proprio, determinato, contenuto giuridico e probatorio", riconducibile alla categoria degli atti presi in considerazione dall'art. 477 c.p. (così Sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021, A., cit.).

In quest'ottica Sez. 5, n. 57004 del 27/09/2018 e Sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021 hanno in particolare sottolineato come sia irrilevante l'eventuale difetto delle condizioni di validità stabilite dagli artt. 135 e 136 C.d.S., non risultando tale invalidità per tabulas dall'esame dello stesso documento contraffatto, atteso che l'eventuale accertamento da parte del giudice in ordine alla sussistenza di tali condizioni costituirebbe un posterius non incidente sul perfezionamento del reato, che già si sarebbe consumato con la contraffazione o con l'esibizione di un siffatto atto.

In qualche modo sembra potersi ricondurre all'orientamento in questione anche Sez. 5, n. 28599 del 07/04/2017, B., Rv. 270245, la quale, seppure in maniera incidentale, ha ritenuto che gli artt. 135 e 136 del C.d.S. si applicano soltanto a chi sia effettivo titolare di patente di guida conseguita in un paese estero, rimanendo dunque escluso che i suddetti articoli possano assumere un qualche rilievo ai fini di stabilire la rilevanza penale nell'ipotesi della contraffazione del documento da parte di colui che nemmeno nello Stato di origine abbia mai conseguito il permesso di guidare.

Nell'ambito dell'orientamento in esame, può essere invece certamente annoverata anche Sez. 5, n. 30740 del 12/04/2019, D. R., Rv. 276922, che ha affrontato analoga questione, ma con riferimento alla fattispecie di uso di atto falso (art. 489 c.p.), contestata in relazione all'esibizione, nel corso di un controllo di polizia, di un falso permesso internazionale di guida. Anche in tale decisione si afferma, infatti, che il permesso falso ha un suo rilievo giuridico ed una sua valenza intrinseca probatoria a prescindere dal suo abbinamento con altri requisiti previsti dalla legge per l'abilitazione alla guida, con la conseguenza che l'utilizzo che di esso venga fatto ha rilevanza penale, trattandosi comunque di uso di un atto falso che esprime un suo significato giuridico, attinente proprio alla legittimazione alla guida che si intende attraverso di esso falsamente dimostrare.

4. Le Sezioni Unite ritengono che il contrasto descritto debba essere ricomposto aderendo alla soluzione prospettata dal secondo degli orientamenti esaminati.

4.1. Tutte le pronunzie citate in precedenza non dubitano, anzitutto, che la contraffazione di una patente di guida integri, in via generale, la fattispecie di cui all'art. 477 c.p., ritenendo dunque, in linea con il tradizionale indirizzo di questa Corte qui ribadito, che la patente, intesa come atto tipico che abilita alla guida dei veicoli per i quali è richiesta, rientri nel novero delle autorizzazioni amministrative, ossia di quella particolare categoria di atti amministrativi la cui adozione rimuove i limiti che, per motivi di pubblico interesse, sono posti in via generale ed astratta dalla legge all'esercizio di una preesistente situazione giuridica soggettiva (Sez. 5, n. 23711 del 11/05/2006, A. K., non mass.; Sez. 5, n. 7931 del 21/06/1983, B., Rv. 160450; Sez. 5, n. 4057 del 01/02/1974, G., Rv. 127110; Sez. 5, n. 902 del 24/06/1971, B., Rv. 119091; nello stesso senso altresì Sez. U civ., n. 6630 del 29/04/2003, Rv. 562501).

4.2. Entrambi gli orientamenti in conflitto muovono poi dall'assunto per cui alla soluzione della questione controversa debba ritenersi estranea la tematica del falso c.d. innocuo - richiamata invece dal ricorrente - ovverossia, secondo la definizione accolta dalla oramai consolidata giurisprudenza di legittimità, del falso irrilevante ai fini del significato dell'atto e del suo valore probatorio e che, dunque, si rivela inidoneo ad esplicare effetti sulla sua funzione documentale (ex multis Sez. 5, n. 5896 del 29/10/2020, dep. 2021, B., Rv. 280453; Sez. 5, n. 47601 del 26/05/2014, L., Rv. 261812; Sez. 5, n. 2809 del 17/10/2013, dep. 2014, V., Rv. 258946; Sez. 5, n. 35076 del 21/04/2010, I., Rv. 248395).

Non sempre nel linguaggio giurisprudenziale il sintagma "falso innocuo" assume, in realtà, un significato così specifico, venendo talvolta utilizzato anche in una accezione più ampia, quale espressione di sintesi di fattispecie invero tra loro eterogenee, come quelle del falso "grossolano" e del falso "inutile" o "superfluo", accomunate perché ritenute parimenti inoffensive per gli interessi tutelati dalle norme incriminatrici in materia di falso documentale.

Non di meno, con riguardo alla fattispecie oggetto del conflitto, la nozione di falso innocuo viene evocata nel significato proprio indicato in precedenza ed è in relazione a tale significato che i due orientamenti, pur divergendo nelle conclusioni, concordano invece nel ritenere inconferente il tema.

Ed in tal senso sono state soprattutto le pronunzie iscrivibili nel primo dei due orientamenti illustrati (ed in particolare la citata Sez. 5, n. 24227 del 28/04/2021) ad aver chiarito in maniera più articolata come quella della rilevanza penale della falsificazione della patente extracomunitaria sia questione che attiene all'accertamento della tipicità del fatto e, in particolare, dell'oggetto materiale della condotta, da intendersi come pregiudiziale rispetto alla valutazione dell'offensività del fatto. In altri termini si è affermato - a volte solo implicitamente nello sviluppo argomentativo delle varie pronunzie - che la soluzione dipende dalla possibilità o meno di ricondurre effettivamente la patente rilasciata da uno Stato extracomunitario e non validata secondo le regole poste dal codice della strada alle categorie documentali tassativamente prese in considerazione dalla fattispecie incriminatrice di cui all'art. 477 c.p..

4.3. Tale assunto deve essere condiviso. Il conflitto interpretativo è insorto in riferimento a casi in cui mai è stata posta in dubbio la qualità del falso in se’ considerata e dunque la sua capacità di ingannare un soggetto di media diligenza. Ma se la contraffazione della patente straniera non si rivela grossolana è certamente idonea ad incidere sulla sua intrinseca funzione documentale, che è quella di comprovare il conseguimento in uno Stato estero del titolo abilitativo alla guida, presupposto primo ed ineludibile, ai sensi del già citato art. 41 della Convenzione di Vienna, perché venga internazionalmente riconosciuto al suo titolare il diritto a circolare su strada anche al di fuori dei confini nazionali del paese che ha rilasciato il documento.

Ciò che è in discussione, invece, è se tale funzione sia o meno rilevante per la punibilità del falso secondo la legge penale Italia e, dunque, se le suddette patenti, proprio perché apparentemente rilasciate da una autorità pubblica straniera, costituiscano altrettanti "certificati o autorizzazioni amministrative" ai sensi ed ai fini dell'art. 477 c.p. In altri termini, il quesito è se il falso sia penalmente irrilevante non già perché inoffensivo, ma perché atipico in relazione al suo oggetto materiale.

5. Per la soluzione del quesito è anzitutto necessario ribadire il risalente, ma pacifico e sempre attuale, insegnamento di questa Corte, secondo cui anche gli atti pubblici "stranieri" ricevono tutela attraverso la incriminazione del falso documentale, purché siano idonei a produrre un qualsiasi effetto nell'ordinamento giuridico italiano (ex multis Sez. 3, n. 7783 del 30/01/1985, A., Rv. 170270; Sez. 5, n. 1797 del 03/07/1984, M., Rv. 165256). Ai fini della configurabilità dei reati di falso documentale in atti pubblici, infatti, non è dirimente la nazionalità dell'autorità che li ha adottati, ma, piuttosto, l'eventuale riconoscimento agli stessi conferito da parte dell'ordinamento giuridico italiano. E', dunque, alla funzione documentale dell'atto riconosciuta e incorporata nell'ordinamento interno che viene estesa la tutela penale riservata agli atti emessi dall'autorità pubblica nazionale.

Questi principi devono poi essere calati nella specificità della fattispecie prevista dall'art. 477 c.p., che configura una ipotesi di falso materiale, speciale rispetto a quella prevista dal precedente art. 476, proprio in ragione della peculiare natura degli atti che ne costituiscono l'oggetto.

Già si è ricordato in proposito che, in maniera unanime, la giurisprudenza di legittimità riconduce la patente di guida in genere alla categoria delle autorizzazioni amministrative, per le ragioni illustrate in precedenza. Ciò significa che, per giustificare la medesima qualificazione anche alla patente straniera, è necessario che la normativa interna le riconosca una funzione documentale analoga a quella attribuita alla patente rilasciata dalle autorità italiane.

6. Il primo degli orientamenti in conflitto ritiene che la patente extracomunitaria possa essere classificata come autorizzazione amministrativa ai fini dell'art. 477 c.p. soltanto qualora ricorrano le condizioni previste dall'art. 135 C.d.S. descritte in precedenza al punto 2.1.

6.1. Si tratta di affermazione che non può essere condivisa, perché si traduce nell'arbitraria riduzione del riconoscimento della patente alla legittimazione del titolare a condurre un veicolo nel territorio italiano. Ma in tal modo si finisce per elidere lo stesso significato dell'atto in se’ considerato, che è semplicemente quello di documentare il conseguimento dell'abilitazione alla guida nel paese che lo ha rilasciato in accordo con la legislazione nazionale dello stesso e nel rispetto di quanto previsto dalla più volte citata Convenzione di Vienna.

Infatti, il riconoscimento internazionale della patente si fonda anzitutto, secondo quanto previsto dall'art. 41 della suddetta Convenzione, proprio sulla condizione che i singoli Stati ne autorizzino il rilascio e solo in seguito alla verifica delle competenze e delle capacità di colui a cui viene consegnata.

6.2. Non deve allora confondersi - come correttamente ritenuto da Sez. 5, n. 10304 del 15/02/2021, A. - la funzione legittimante alla guida con l'identità dell'atto, che esprime un autonomo contenuto giuridico riconducibile alle categorie documentali considerate dall'art. 477 c.p. e che prescinde dalle condizioni estrinseche poste dal codice della strada al fine di consentire al suo titolare di condurre un veicolo nel territorio nazionale, essendo pacifico che gli artt. 135 e 136 C.d.S. si applicano solo a chi risulti, anzitutto, titolare di una patente di guida effettivamente conseguita in un paese estero.

6.3. Come correttamente sottolineato da Sez. 5, n. 35092 del 04/06/2014 e Sez. 5, n. 45255 del 27/10/2021, non corrisponde poi al vero che all'intrinseco significato documentale della patente estera l'ordinamento italiano non riconnetta la produzione di effetti giuridicamente rilevanti.

Come si è ricordato in precedenza (v. supra al punto 2.3), il titolare di una patente rilasciata da uno Stato extracomunitario, che circoli in difetto delle ulteriori condizioni che lo legittimano alla guida nel territorio nazionale, non viene equiparato al conducente - sia egli cittadino italiano o straniero - che non abbia mai conseguito il titolo abilitativo (in questo senso, in riferimento al previgente testo dell'art. 116 C.d.S. che sanzionava penalmente la guida senza patente, ex multis Sez. 4, n. 30229 del 04/06/2013, S., Rv. 255906; Sez. 4, n. 22059 del 08/03/2012, H. D. S., Rv. 252961).

Infatti, i commi 8 e 14 dell'art. 135 C.d.S. disciplinano in maniera autonoma tale fattispecie (distinguendo l'ipotesi del mancato possesso del permesso internazionale di guida o della traduzione ufficiale della patente, da quella della acquisizione da parte del suo titolare della residenza anagrafica in Italia da oltre un anno), prevedendo l'irrogazione di sanzioni amministrative più lievi di quelle contemplate dal testo vigente del citato art. 116 dello stesso codice per colui che conduce un veicolo senza aver mai conseguito la patente di guida.

Non di meno l'art. 136 C.d.S. consente al titolare della patente extracomunitaria che abbia acquisito la residenza in Italia di richiedere e ottenere la conversione della stessa nella corrispondente patente italiana, anche senza sostenere l'esame di idoneità previsto dall'art. 121 dello stesso codice, qualora ciò sia previsto a condizione di reciprocità da accordi bilaterali con lo Stato che ha emesso il documento.

6.4. E' dunque evidente che la legge italiana, ai fini summenzionati, riconosce alla patente extracomunitaria proprio la funzione di documentare il suo rilascio in un paese straniero quale presupposto per la determinazione di alcuni effetti giuridici nell'ordinamento interno. Riconoscimento che si rivolge alla natura di titolo abilitativo alla guida in genere che il documento esprime, la quale prescinde dalla sussistenza degli ulteriori presupposti che legittimano il suo titolare a circolare sulle strade italiane.

La patente extracomunitaria deve considerarsi pertanto atto tipico ai fini ed ai sensi dell'art. 477 c.p., con la conseguenza che la sua contraffazione da parte di un privato, quando non grossolana, integra il delitto previsto e punito da tale articolo, in combinato disposto con la previsione di cui all'art. 482 dello stesso codice.

7. In conclusione deve quindi essere affermato il seguente principio: "La contraffazione non grossolana della patente di guida rilasciata da uno Stato estero non appartenente all'Unione Europea o allo Spazio Economico Europeo integra il reato di cui agli artt. 477 e 482 c.p. anche quando non ricorrano le condizioni di validità del documento ai fini della conduzione di un veicolo nel territorio nazionale".

8. Alla luce delle conclusioni rassegnate il ricorso deve essere rigettato.

La Corte territoriale ha infatti correttamente applicato i principi affermati dall'orientamento cui le Sezioni Unite hanno inteso aderire, ritenendo giustamente irrilevante che la patente intestata ad altro soggetto rilasciata dalle competenti autorità del Regno del Marocco - paese che peraltro ha sottoscritto la Convenzione di Vienna - ma sulla quale era stata apposta la fotografia dell'imputato, non fosse accompagnata da uno dei documenti indicati nell'art. 135 c.p. e che l'(Soggetto 1) fosse presente sul territorio nazionale da tempo risalente.

Quanto al rilievo attribuito a tale ultima circostanza nel ricorso, va peraltro evidenziato come le obiezioni del ricorrente risultino invece manifestamente infondate. Infatti, come illustrato, ai sensi del comma 1 dell'art. 135 cod. strada, il conseguimento della patente in un paese extracomunitario abilita alla guida nel territorio nazionale il suo titolare solo se questi non ha acquisito da oltre un anno la residenza anagrafica in Italia. Si tratta di requisito formale, la cui integrazione non è surrogabile fornendo la prova della mera presenza di fatto del soggetto in questione in determinati periodi, nemmeno se tale presenza ha assunto, illecitamente, carattere continuativo, essendosi sottratto il cittadino straniero alle procedure di regolarizzazione che gli consentono il soggiorno nel paese.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2023.

 

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