Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 11521 del 20 marzo 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 11521 del 20/03/2023
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada - Guida in stato di ebbrezza alcolica - Esecuzione dell'alcoltest - Revisione periodica dell'apparecchio etilometro omologato - Onere di allegazione - In tema di guida in stato di ebbrezza alcolica sotto l'influenza dell'alcool, il carattere penale dell'esito del test etilometrico attribuisce l'onere della prova, circa l'omologazione, il buon funzionamento e l'esecuzione delle verifiche periodiche sull'apparecchio utilizzato per l'alcoltest all'accusato, in quanto la norma non prevede che sia l'accusa a corredare i risultati della rilevazione etilometrica coi dati relativi all'esecuzione di tali operazioni.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di (Omissis), con sentenza del 31 maggio 2022, ha confermato la sentenza emessa il 7 novembre 2019 dal Tribunale di (Omissis) con la quale (Soggetto 1) è stato ritenuto responsabile del reato di cui al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, comma 2, lett. c) e comma 2 sexies, (commesso il (Omissis)) e condannato alla pena di mesi otto di arresto ed Euro 3.200,00 di ammenda con applicazione delle sanzioni amministrative accessorie della revoca della patente di guida e della confisca del veicolo.

2. Per mezzo del proprio difensore, l'imputato ha proposto tempestivo ricorso articolandolo in cinque motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dal D.Lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 173, comma 1.

2.1. Con i primi quattro motivi il ricorrente deduce vizi di motivazione e violazione o falsa applicazione di legge con riferimento alle disposizioni del codice della strada e dell'art. 379 del relativo regolamento di esecuzione (approvato con D.P.R. 16 novembre 1992, n. 495).

Il difensore sottolinea di aver contestato, già nel corso del giudizio di primo grado, il corretto funzionamento dell'apparecchio etilometro e la corretta esecuzione dell'alcoltest, di aver formulato domande all'agente verbalizzante al fine di ottenere chiarimenti in proposito e di non aver ricevuto risposte appaganti. Sostiene che, in ragione della genericità di tali risposte, l'accusa non avrebbe provato la sussistenza del fatto e si duole che analoghe doglianze formulate nell'atto di gravame siano state ritenute infondate dalla Corte di appello.

Più in particolare, la difesa sostiene, col primo motivo, che la Corte di appello non ha spiegato da cosa potrebbe desumersi il corretto utilizzo dell'apparecchio etilometro e ha erroneamente affermato che sul punto non vi sarebbe stata contestazione.

Col secondo motivo, il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia ritenuto provate l'omologazione e la revisione dell'apparecchio sulla base di affermazioni del tutto generiche del verbalizzante, dalle quali non sarebbe possibile desumere che l'etilometro fosse stato omologato e sottoposto con esito positivo alle prescritte verifiche periodiche.

Col terzo motivo, il ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe confuso l'onere di allegazione volto a contestare la validità dell'accertamento eseguito (onere che la giurisprudenza pone a carico della difesa), con l'onere di provare che l'apparecchio non fosse stato omologato, revisionato o fosse malfunzionante.

Sottolinea che le dichiarazioni rese dal teste dell'accusa non erano idonee a provare che l'etilometro fosse stato omologato e regolarmente revisionato. Osserva che non poteva pretendersi dalla difesa una prova ulteriore e, a fronte di una così generica testimonianza, sarebbe stato onere dell'accusa fornire prova documentale dell'idoneità e funzionalità dello strumento.

Col quarto motivo, la difesa si duole che la Corte territoriale abbia attribuito rilievo ai sintomi dello stato di alterazione alcolica descritti dai testimoni e osserva che tali elementi sintomatici non sono idonei a fornire la prova di un tasso alcolemico superiore al limite della rilevanza penale.

2.2. Subordinato agli altri è il quinto motivo di ricorso, col quale la difesa lamenta che l'istanza di sospensione del procedimento per messa alla prova, tempestivamente avanzata dall'imputato, sia stata respinta in ragione dei precedenti specifici senza valutare l'idoneità ed efficacia riabilitativa del programma proposto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.

2. I primi quattro motivi di ricorso hanno ad oggetto la prova dell'esecuzione di un alcoltest "regolare" in ragione del corretto utilizzo di un apparecchio etilometro omologato sottoposto alle dovute revisioni periodiche; prova che, secondo il ricorrente, non sarebbe stata raggiunta.

Per quanto riguarda le modalità di utilizzo dell'apparecchio, basta osservare che il ricorrente non ha fornito alcun elemento dal quale potrebbe desumersi che l'alcoltest non fu eseguito nel rispetto delle istruzioni d'uso sicché sul punto il ricorso non è ne specifico ne’ autosufficiente.

Per quanto riguarda il funzionamento dell'etilometro, il ricorrente sostiene che l'omologazione e la regolare revisione dell'apparecchio non sarebbero state provate con ragionevole certezza atteso che il libretto di uso e manutenzione dell'apparecchio non è stato acquisito e il verbalizzante, interpellato sul punto, si è limitato a riferire: da un lato, che tutti gli apparecchi in dotazione alle forze dell'ordine sono omologati; dall'altro che, sull'apparecchio concretamente utilizzato, c'era "un talloncino" riportante una data, circostanza dalla quale la Corte di appello ha dedotto che l'apparecchio era stato sottoposto alle verifiche periodiche previste dalla legge. Secondo la difesa, si tratterebbe di una motivazione apodittica e perciò apparente.

3. L'omologazione e le verifiche periodiche dell'apparecchio etilometro sono espressamente previste dall'art. 379 reg. esec. C.d.S., commi 6, 7 e 8.

A questo proposito, la più recente giurisprudenza di legittimità ha chiarito che, quando la misurazione del livello di alcool nel sangue mediante etilometro assume rilievo (come avviene nei giudizi penali per guida in stato d'ebbrezza ex art. 186 C.d.S., comma 2), all'attribuzione dell'onere della prova in capo all'accusa circa l'omologazione e l'esecuzione delle verifiche periodiche sull'apparecchio utilizzato per l'alcoltest, fa riscontro un onere di allegazione da parte del soggetto accusato, avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell'apparecchio (Sez. 4, n. 3201 del 12/12/2019, dep. 2020, S., Rv. 278032). La circostanza che il citato art. 379 prescriva l'omologazione e la periodica verifica dell'etilometro, dunque, non comporta che, a sostegno dell'imputazione, l'accusa debba immediatamente corredare i risultati della rilevazione etilometrica coi dati relativi all'esecuzione di tali operazioni perché si tratta di dati riferiti ad attività necessariamente prodromiche al momento della misurazione del tasso alcolemico che "non hanno di per se’ rilievo probatorio ai fini dell'accertamento dello stato di ebbrezza dell'imputato" (Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, G., Rv. 281828 pag. 4 della motivazione).

Muovendo da queste premesse, è del tutto fisiologico che la verifica processuale del rispetto delle prescrizioni dell'art. 379 reg. esec. C.d.S. debba essere sollecitata dall'imputato, sul quale grava un onere di allegazione volto a contestare la validità dell'accertamento eseguito. Come opportunamente specificato, tuttavia, tale onere non può risolversi nella mera richiesta di essere portato a conoscenza dei dati relativi all'omologazione e alla revisione periodica dello strumento (oltre a Sez. 4, n. 33978 del 17/03/2021, G., Rv. 281828 già citata, cfr. anche: Sez. 4, n. 3939 del 12/01/2021, S., non massimata; Sez. 4, n. 35951 del 25/11/2020, B., non massimata) e deve concretizzarsi nell'allegazione di un qualche dato che possa far dubitare che l'omologazione o la revisione possano essere avvenute.

3.1. Nel caso in esame, l'onere di allegazione gravante sulla difesa non è stato soddisfatto.

Quanto alla omologazione, basta rilevare che, secondo quanto riferito dai giudici di merito, nel verbale di accertamenti urgenti, redatto sul luogo e nell'immediatezza del fatto, è indicato il numero di matricola dell'apparecchio utilizzato e il verbale dà atto che si tratta di apparecchiatura "debitamente omologata".

Quanto alla revisione, la Corte territoriale ha ritenuto che l'esecuzione di verifiche periodiche regolari fosse confermata dalle dichiarazioni dell'ufficiale verbalizzante secondo il quale sull'etilometro c'era un talloncino adesivo con una data. La Corte di appello ha escluso che indicazioni in senso contrario potessero essere desunte dalla constatazione che il teste esaminato non avesse "personalmente osservato il libretto di manutenzione". I giudici di merito hanno sottolineato poi che l'accertamento fu eseguito perché (Soggetto 1), fermato per un controllo documentale, "palesava alito vinoso ed eloquio difficoltoso" e che, nel corso del giudizio, non è emerso alcun indizio di un possibile malfunzionamento dell'apparecchio atteso che le due prove furono regolarmente eseguite e rilevarono valori coerenti (2,46 g/l alla prima prova; 2,32 g/l alla seconda prova). La motivazione è congrua e non presenta profili di contraddittorietà o manifesta illogicità. Ed invero, l'onere di allegazione che grava sulla parte non può ritenersi soddisfatto, in assenza di altri elementi, solo perché un teste - rispondendo a una domanda a carattere esplorativo formulata dalla difesa - ha riferito di non aver eseguito una verifica diretta sul contenuto del libretto di omologazione e manutenzione, la cui acquisizione, peraltro, la difesa non ha ritenuto di sollecitare, ancorché nel verbale di accertamenti urgenti fosse stato annotato che l'etilometro ne era corredato.

4. Col quinto motivo di ricorso la difesa lamenta che l'istanza di sospensione del procedimento per messa alla prova, tempestivamente avanzata dall'imputato, sia stata respinta in ragione dei precedenti specifici senza valutare l'idoneità ed efficacia riabilitativa del programma proposto.

Come la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di sottolineare, "la concessione del beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi dell'art. 168 bis c.p., è rimessa al potere discrezionale del giudice e postula un giudizio volto a formulare una prognosi positiva riguardo all'efficacia riabilitativa e dissuasiva del programma di trattamento proposto e alla gravità delle ricadute negative sullo stesso imputato in caso di esito negativo". Muovendo da queste premesse si è sostenuto che "anche la presenza di un precedente penale specifico può essere discrezionalmente considerata dal giudice circostanza valorizzabile in senso negativo nella stima della prognosi" (Sez. 4, n. 9581 del 26/11/2015, dep. 2016, Q., Rv. 266299). Nella medesima prospettiva si è affermato che, "il giudice che rigetti l'istanza di sospensione sul presupposto dell'impossibilità di formulare una prognosi favorevole in ordine all'astensione dell'imputato dal commettere ulteriori reati, non è tenuto a valutare anche il programma di trattamento presentato" (Sez. 4, n. 8158 del 13/02/2020, C., Rv. 278602).

Tale opzione ermeneutica trova solido sostegno nella considerazione che la sospensione del processo con messa alla prova è subordinata alla duplice condizione dell'idoneità del programma di trattamento e della prognosi favorevole in ordine all'astensione dell'imputato dal commettere ulteriori reati. Si tratta di due giudizi diversi, rimessi alla discrezionalità del giudice, guidata dai parametri indicati dall'art. 133 c.p. Tali diversi giudizi, però, si riferiscono a condizioni congiuntamente necessarie per l'ammissione al beneficio, sicché l'impossibilità di formulare con esito favorevole la prognosi di non ulteriore recidiva impedisce che l'imputato ottenga il beneficio richiesto, indipendentemente dalla presentazione del programma di trattamento (Sez. 5, n. 7983 del 26/10/2015 dep. 2016, M., Rv. 266256) o dalla valutazione del programma eventualmente già presentato (Sez. 4, n. 8158 del 13/02/2020, C., Rv. 278602, pag. 4 della motivazione).

Nel caso di specie, la Corte di appello ha escluso che il diniego alla concessione del beneficio da parte del giudice di primo grado fosse ingiustificato sottolineando che, in concreto, una prognosi positiva in ordine alla efficacia riabilitativa e dissuasiva dell'istituto della messa alla prova non era possibile perché (Soggetto 1) è gravato non da uno, ma da due precedenti specifici, e, in un caso, la pena era stata sostituita con il lavoro di pubblica utilità ai sensi dell'art. 186 C.d.S., comma 9 bis.

5. Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Di conseguenza, non deve essere dichiarata la prescrizione del reato che sarebbe maturata dopo la sentenza d'appello. La giurisprudenza di questa Corte di legittimità, infatti, ha più volte ribadito che l'inammissibilità del ricorso per Cassazione, dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 c.p.p. (così Sez. U. n. 32 del 22/11/2000, D. L., Rv. 217266; conformi, Sez. U., n. 23428 del 2/3/2005, B., Rv. 231164, e Sez. U. n. 19601 del 28/2/2008, N., Rv. 239400; Sez. 2, n. 28848 del 8/5/2013, C., Rv. 256463).

6. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell'art. 616 c.p.p. l'onere del versamento di una somma, in favore della Cassa delle ammende, determinata, in considerazione delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, nella misura di Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2023.

Depositato in Cancelleria il 20 marzo 2023.

 

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