Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione sesta, sentenza n. 10925 del 14 marzo 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, sentenza numero 10925 del 14/03/2023
Circolazione Stradale - Artt. 120 e 219 del Codice della Strada - Misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. - Revoca della patente di guida - Ricorso avverso il provvedimento - Competenza del giudice - Il provvedimento prefettizio con il quale, ai sensi degli artt. 120 e 219 C.d.S. venga disposta la revoca della patente di guida a seguito della irrogazione, a carico del titolare, della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, non può essere assimilato alle sanzioni amministrative per le quali è previsto, in via generale, e pertanto la competenza al ricorso non si radica dinanzi al giudice della prevenzione, bensì presso il giudice civile ordinario, dinanzi al quale la causa dovrà essere riassunta nei termini di legge.


RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 1 aprile 2022 il Tribunale di (Omissis) si è pronunciato, quale Giudice delle misure di prevenzione, sull'istanza presentata nell'interesse di (Soggetto 1) - nei cui confronti era stata imposta dal provvedimento n. 137 del 2019 la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. per quattro anni, con obbligo di versamento di una somma di denaro a titolo di cauzione -, dichiarando l'incompetenza funzionale a provvedere in ordine alla richiesta di ordinare alla competente Autorità amministrativa la restituzione della patente di guida, revocatagli dal Prefetto a norma dell'art. 120 C.d.S., per essere competente il giudice civile ordinario.

2. Avverso la suindicata decisione ha proposto ricorso per cassazione il difensore di fiducia, censurando, con unico motivo, la violazione dell'art. 120 cit. e plurimi vizi della motivazione in relazione alla declaratoria di incompetenza funzionale da parte del Tribunale di (Omissis) - Sezione misure di prevenzione, sul duplice rilievo: a) che nel caso di specie, diversamente dalla vicenda oggetto della sentenza delle Sezioni Unite civili n. 26391 del 19 novembre 2020, richiamata nella motivazione dell'ordinanza impugnata, non era stata proposta alcuna impugnazione avverso il provvedimento prefettizio di revoca della patente di guida, ma era stato richiesto al Giudice della prevenzione di modulare in concreto il trattamento preventivo imposto al ricorrente con riferimento all'insorgere di nuove esigenze familiari e lavorative a seguito della sua scarcerazione, disponendo la restituzione del titolo abilitativo; b) che la richiamata decisione delle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione ha attribuito al Giudice ordinario la giurisdizione in ordine all'impugnazione del provvedimento di revoca della patente di guida da parte del Prefetto, ma non ha escluso la competenza funzionale del Giudice penale, ne’ affermato quella del Giudice civile.

3. Con requisitoria trasmessa alla Cancelleria di questa Suprema Corte in data 30 novembre 2022 il Procuratore generale ha illustrato le sue conclusioni, chiedendo il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza.

2. Il provvedimento impugnato ha richiamato il chiaro contenuto della disposizione normativa racchiusa nel D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 120, comma 2 secondo cui "Fermo restando quanto previsto dall'art. 75, comma 1, lett. a), del citato testo unico di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida. La revoca non può essere disposta se sono trascorsi più di tre anni dalla data di applicazione delle misure di prevenzione, o di quella del passaggio in giudicato della sentenza di condanna per i reati indicati al primo periodo del medesimo comma 1".

Il comma 1 della richiamata disposizione, a sua volta, recita: "Non possono conseguire la patente di guida i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che sono o sono stati sottoposti a misure di sicurezza personali o alle misure di prevenzione previste dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, ad eccezione di quella di cui alla L. 31 maggio 1965, n. 575, art. 2 le persone condannate per i reati di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 73 e 74, fatti salvi gli effetti di provvedimenti riabilitativi, nonché i soggetti destinatari dei divieti di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 75, comma 1, lett. a), e art. 75-bis, comma 1, lett. f), per tutta la durata dei predetti divieti. Non possono di nuovo conseguire la patente di guida le persone a cui sia applicata per la seconda volta, con sentenza di condanna per il reato di cui all'art. 222, comma 2, terzo periodo, la revoca della patente ai sensi del quarto periodo del medesimo comma".

La Corte costituzionale è più volte intervenuta sul contenuto della disposizione enunciata nell'art. 120 cit., comma 2 censurando l'automatismo della revoca del titolo abilitativo alla guida da parte del prefetto, ritenuto contrario ai principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza, attesa la varietà e diversa gravità delle situazioni concrete, legittimanti l'adozione della misura amministrativa in fattispecie nelle quali "le condizioni soggettive indicate all'art. 120 C.d.S., comma 1, primo periodo erano intervenute in data successiva al rilascio della patente di guida.

Con la sentenza n. 22 del 2018, infatti, il comma 2 della menzionata disposizione è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo "nella parte in cui con riguardo all'ipotesi di condanna per i reati di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, artt. 73 e 74 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), che intervenga in data successiva a quella di rilascio della patente di guida - dispone che il prefetto "provvede" - invece che "può provvedere" - alla revoca della patente".

Con la successiva sentenza n. 24 del 2020, lo stesso comma 2 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo "nella parte in cui dispone che il prefetto "provvede" - invece che "può provvedere" - alla revoca della patente di guida nei confronti di coloro che sono sottoposti a misura di sicurezza personale.

Infine, con la sentenza n. 99 del 2020, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato art. 120, comma 2, cit., nella parte in cui dispone che il prefetto "provvede" - invece che "può provvedere" - alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono o sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

Muovendo dall'analisi del su esposto quadro normativo, le Sezioni Unite di questa Suprema Corte (Sez. U, n. 10406 del 14/05/2014, Rv. 630860) hanno affermato che il provvedimento prefettizio con il quale, ai sensi degli artt. 120 e 219 C.d.S. venga disposta la revoca della patente di guida a seguito della irrogazione, a carico del titolare, della misura della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, non può essere assimilato alle sanzioni amministrative per le quali è previsto, in via generale, il regime di impugnazione di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 22 bis poiché esso non costituisce conseguenza accessoria della violazione di una disposizione in tema di circolazione stradale, bensì la constatazione dell'insussistenza, originaria o sopravvenuta, dei requisiti morali prescritti per il conseguimento del titolo di abilitazione alla guida. Ne consegue che il giudizio di opposizione avverso tale provvedimento, non rientrando nella competenza per materia del giudice di pace, è devoluto alla competenza ordinaria del tribunale, ai sensi dell'art. 9 c.p.c. Nella medesima prospettiva, inoltre, questa Suprema Corte ha chiarito che, anche a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 99 del 2020 - che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 120 C.d.S., comma 2, nella parte in cui dispone che il prefetto "provvede", anziché "può provvedere", alla revoca della patente di guida nei confronti dei soggetti che sono stati sottoposti a misure di prevenzione ai sensi del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione -, la revoca della patente dà luogo all'esercizio non già di discrezionalità amministrativa, ma di un potere che non affievolisce la posizione di diritto soggettivo del privato; ne consegue che la giurisdizione sulla controversia avente ad oggetto il provvedimento di revoca adottato dal prefetto continua a spettare al giudice ordinario, secondo la regola generale di riparto (Sez. U, n. 26391 del 19/11/2020, Rv. 659549).

Nella decisione testé richiamata le Sezioni Unite hanno affermato, in particolare, che la natura di diritto soggettivo insita nella posizione del privato è confermata dalla circostanza che l'attività della P.A. "incide direttamente su una modalità di esercizio di una libertà fondamentale, quale la circolazione, sicché il relativo contenzioso è destinato a svolgersi davanti al giudice ordinario, che è il giudice naturale dei diritti fondamentali", non potendosi nutrire dubbi "sulla riconducibilità della disciplina della patente di guida alla garanzia offerta dall'art. 16 Cost.", come si ricava anche dalle sentenze della Corte Costituzionale n. 6 del 1962, n. 274 del 2016 e n. 80 del 2019.

3. Sulla base dei principi or ora delineati deve ribadirsi, pertanto, che il giudizio di opposizione avverso il provvedimento di revoca della patente di guida è devoluto alla competenza ordinaria del tribunale ai sensi dell'art. 9 c.p.c. (Sez. U, n. 8188 del 14/03/2022, Rv. 664219; Sez. U, n. 10406 del 14/05/2014, cit.; Sez. 2, n. 22491 del 04/11/2010, Rv. 615260).

Il carattere non più automatico e vincolato del provvedimento prefettizio, che consegue alla richiamata sentenza costituzionale n. 99 del 2020, è destinato a dispiegarsi, secondo il Giudice delle leggi, "...non già sul piano di un riesame della pericolosità del soggetto destinatario della misura di prevenzione, bensì su quello di una verifica di necessità/opportunità, o meno, della revoca della patente di guida in via amministrativa a fronte della specifica misura di prevenzione cui nel caso concreto è sottoposto il suo titolare. E ciò, come detto, anche al fine di non contraddire l'eventuale finalità, di inserimento del soggetto nel circuito lavorativo, che la misura stessa si proponga".

Uniformandosi a tale quadro di principi, la decisione impugnata ha coerentemente provveduto alla individuazione del giudice funzionalmente competente a conoscere sia dell'impugnativa proposta avverso il provvedimento prefettizio che della correlata valutazione ivi espressa per giungere alla revoca della patente, affermando che la competenza non si radica dinanzi al giudice della prevenzione, bensì presso il giudice civile ordinario, dinanzi al quale la causa dovrà essere riassunta nei termini di legge.

4. Sulla base delle su esposte considerazioni s'impone, conclusivamente, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, che in considerazione della natura delle questioni dedotte si stima equo determinare nella misura di Euro tremila.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 17 gennaio 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 marzo 2023.

 

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