Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, ordinanza n. 4051 del 9 febbraio 2023

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, ordinanza numero 4051 del 09/02/2023
Circolazione Stradale - Artt. 14 del Codice della Strada - Incidente stradale - Buche in carreggiata - Disconnessione manto stradale - Danno cagionato dalle cose in custodia - Dimostrazione caso fortuito - Responsabilità - Ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un motociclista in corrispondenza di una sconnessione o buca stradale, l'accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell'art. 2051 c.c. e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell'evento di danno.


FATTI DI CAUSA

1. (Soggetto 1) conveniva in giudizio il Comune di (Omissis) per sentirlo dichiarare responsabile del sinistro occorsole nell'aprile 2011 e per ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Esponeva che mentre percorreva la strada denominata viale (Omissis), perdeva il controllo del motorino a causa del grave degrado del manto stradale, non segnalato da apposita segnaletica.

Il Tribunale di (Omissis), con sentenza n. 3010/2015, riteneva il Comune legittimato passivo e respingeva la domanda della (Soggetto 1) non avendo riscontrato, alla luce delle risultanze istruttorie, alcuna responsabilità in capo al Comune di (Omissis), ex articolo 2051 c.c., in relazione all'occorso sinistro e conseguenti danni.

2. La Corte di Appello di Genova con la sentenza n. 1730/2018, pubblicata il 16 novembre 2018, rigettava sia l'appello principale, proposto dalla (Soggetto 1), che l'appello incidentale, proposto dal Comune di (Omissis), e confermava la sentenza impugnata.

3. (Soggetto 1) propone ricorso per cassazione con 4 motivi. Resiste con controricorso illustrato da memoria il Comune di (Omissis). L'intimata società (Omissis) Ass.ni s.p.a. non ha svolto attività difensiva in questa sede.

3.1. Il ricorso - previa proposta - è stato inizialmente avviato per la trattazione in Camera di consiglio, ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c., avanti alla Sesta -3 Sezione Civile. All'esito dell'adunanza camerale, con ordinanza interlocutoria n. 360, del 13 gennaio 2021, il Collegio ha disposto la rimessione della causa alla pubblica udienza della Terza Sezione Civile.

3.2. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte in cui chiede l'accoglimento del secondo motivo, assorbito il terzo; dichiarare inammissibile il primo motivo.

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. per avere la corte territoriale omesso di considerare il fatto riguardante la mancata apposizione di apposita segnaletica attestante lo status di strada deformata.

Secondo la ricorrente la Corte territoriale avrebbe interamente omesso di considerare il fatto per cui la strada, pacificamente dissestata in quanto irta di buche, avvallamenti e spuntoni, non fosse presegnalata da apposito cartello nonostante l'obbligo previsto, in tal senso, dall'articolo 85 del d.p.r. 495/1992 (disposizioni di attuazione del codice della strada).

Il motivo è inammissibile perché pone una questione nuova mai trattata nei gradi di merito.

4.1. Con il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3., c.p.c. per avere la corte territoriale deciso la controversia facendo distorta applicazione dell'articolo 2051.

La corte territoriale avrebbe errato perché ha ritenuto che la condotta dell'utente sia stata la ragione esclusiva del fatto dannoso, in quanto il mezzo a disposizione non sarebbe stato in grado di affrontare le insidie della strada e, dunque, avrebbe dovuto adottare particolari cautele se non addirittura preferire una strada alternativa.

Il motivo è fondato.

La Corte ha seguito un percorso giuridico erroneo, che disattende i principi ormai consolidati in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., di individuazione del fortuito e di rilevanza dell'eventuale condotta colposa del danneggiato.

E' stato affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, da ultimo, con la sentenza n. 20943/2022 che "la responsabilità di cui all'art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell'attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l'onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode".

La responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva e discende dall'accertamento del rapporto causale fra la cosa in custodia e il danno, salva la possibilità per il custode di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, ossia di un elemento esterno che valga ad elidere il nesso causale e che può essere costituito da un fatto naturale e dal fatto di un terzo o della stessa vittima;

tale essendo la struttura della responsabilità ex art. 2051 c.c., l'onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell'esistenza (ed entità) del danno e della sua derivazione causale dalla cosa, residuando, a carico del custode - come detto - l'onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito; nell'ottica della previsione dell'art. 2051 c.c., tutto si gioca dunque sul piano di un accertamento di tipo causale (della derivazione del danno dalla cosa e dell'eventuale interruzione di tale nesso per effetto del fortuito), senza che rilevino altri elementi, quali il fatto che la cosa avesse o meno natura "insidiosa" o la circostanza che l'insidia fosse o meno percepibile ed evitabile da parte del danneggiato (trattandosi di elementi consentanei ad una diversa costruzione della responsabilità, condotta alla luce del paradigma dell'art. 2043 c.c.);

al cospetto dell'art. 2051 c.c., la condotta del danneggiato può rilevare unicamente nella misura in cui valga ad integrare il caso fortuito, ossia presenti caratteri tali da sovrapporsi al modo di essere della cosa e da porsi essa stessa all'origine del danno;

al riguardo, deve pertanto ritenersi che, ove il danno consegua alla interazione fra il modo di essere della cosa in custodia e l'agire umano, non basti a escludere il nesso causale fra la cosa e il danno la condotta colposa del danneggiato, richiedendosi anche che la stessa si connoti per oggettive caratteristiche di imprevedibilità ed imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa;

giova richiamare, al riguardo, le lucide considerazioni svolte da Cass. n. 25837/2017 (già recepite, fra le altre, da Cass. n. 26524/2020 e da Cass. n. 4035/2021), secondo cui «la eterogeneità tra i concetti di "negligenza della vittima" e di "imprevedibilità" della sua condotta da parte del custode ha per conseguenza che, una volta accertata una condotta negligente, distratta, imperita, imprudente, della vittima del danno da cose in custodia, ciò non basta di per sé ad escludere la responsabilità del custode. Questa è infatti esclusa dal caso fortuito, ed il caso fortuito è un evento che praevideri non potest. L'esclusione della responsabilità del custode, pertanto, quando viene eccepita dal custode la colpa della vittima, esige un duplice accertamento: (a) che la vittima abbia tenuto una condotta negligente; (b) che quella condotta non fosse prevedibile. [...] La condotta della vittima d'un danno da cosa in custodia può dirsi imprevedibile quando sia stata eccezionale, inconsueta, mai avvenuta prima, inattesa da una persona sensata. Stabilire se una certa condotta della vittima d'un danno arrecato da cose affidate alla custodia altrui fosse prevedibile o imprevedibile è un giudizio di fatto, come tale riservato al giudice di merito: ma il giudice di merito non può astenersi dal compierlo, limitandosi a prendere in esame soltanto la natura colposa della condotta della vittima».

Nel caso specifico della caduta dal motorino in corrispondenza di una buca stradale, non può evidentemente sostenersi che la stessa sia imprevedibile (rientrando nel notorio che la sconnessione possa determinare la caduta del passante) e imprevenibile (sussistendo, di norma, la possibilità di rimuovere il dislivello o, almeno, di segnalarlo adeguatamente); deve allora ritenersi che il mero rilievo di una condotta colposa del danneggiato non sia idoneo a interrompere il nesso causale, che è manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla (prevedibile e prevenibile) interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l'agire umano.

E comunque, ciò non significa che tale condotta - ancorché non integrante il fortuito - non possa assumere rilevanza ai fini della liquidazione del danno cagionato dalla cosa in custodia, ma ciò non può avvenire all’interno del paradigma dell'art. 2051 c.c., bensì ai sensi dell'art. 1227 c.c. (operante, ex art. 2056 c.c., anche in ambito di responsabilità extracontrattuale), ossia sotto il diverso profilo dell'accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile sia nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate (ex art. 1227, 1° co. c.c.), sia nel senso della negazione del risarcimento per i danni che l'attore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza (ex art. 1227, 2° co. c.c.), fatta salva, nel secondo caso, la necessità di un'espressa eccezione della controparte.

Deve dunque affermarsi che, ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un motociclista in corrispondenza di una sconnessione o buca stradale, l'accertamento della responsabilità

deve essere condotto ai sensi dell'art. 2051 c.c. e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell'esclusione del risarcimento, ai sensi dell'art. 1227, 1° o 2° co. c.c.), richiedendosi, per l'integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell'evento di danno.

Pertanto, queste sono le coordinate giuridiche della responsabilità ex art. 2051 c.c. e la Corte di Appello ha, quindi, errato nell'identificare senz'altro il fortuito nella condotta colposa della danneggiata, prescindendo dai caratteri propri del fortuito, ossia la non prevedibilità e la non prevedibilità, ribaditi dalle recentissime SSUU.

4.2. Con il terzo motivo di ricorso censura la violazione dell'art. all'art. 360, comma 1, n. 3., c.p.c. con riferimento all'art. 115 c.p.c.

Il giudice dell'appello nel respingere l'impugnazione fonda la propria argomentazione sulla circostanza per cui il comportamento della danneggiata esclude il nesso di causalità tra la res e il custode. Secondo il ragionamento della Corte la ricorrente avrebbe dovuto desistere dall'intraprendere la strada in questione senza considerare che nel verbale redatto dalla polizia municipale si evidenziava che il dissesto riguardava solo un tratto di strada.

Il terzo motivo è assorbito dall'accoglimento del secondo.

4.3. Con il quarto motivo di ricorso si duole della violazione dell'art. in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3., c.p.c. con riferimento all'art. 16 Cost..

Secondo la ricorrente l'argomentazione fornita dal giudice dell'appello, ovvero che la condotta della danneggiata sarebbe stata imprudente e non curante di una valutazione delle condizioni dei luoghi è posta in violazione dell'art. 16 della Costituzione che prevede la libera circolazione su tutto il territorio dello stato.

Il motivo è assorbito dall'accoglimento del secondo motivo.

5. Pertanto, la Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, come da motivazione, dichiara assorbito il terzo e il quarto motivo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio alla Corte d'appello di Genova in diversa composizione personale.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso, accoglie il secondo motivo, come da motivazione, dichiara assorbito il terzo e il quarto motivo, cassa in relazione la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese di questo giudizio alla Corte d'appello di Genova in diversa composizione personale.
 
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte suprema di Cassazione in data 21 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 9 febbraio 2023.

 

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