Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 2979 del 1 febbraio 2023

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 2979 del 01/02/2023
Circolazione Stradale - Art. 193 del Codice della Strada - Incidente stradale - Produzione del danno - Principio di causalità - Corresponsabilità del danneggiato - L'esposizione volontaria ad un rischio, o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, in quanto viene a costituire un antecedente causale necessario del verificarsi dell'evento nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti.

CONSIDERATO CHE

1. (Soggetto 1), con atto di citazione del 27/9/2013, convenne davanti al Tribunale di (Omissis) la V. Assicurazioni SpA, (Soggetto 2) e la Autotrasporti (Soggetto 3) s.n.c. per chiederne la condanna in solido al risarcimento dei danni subìti in conseguenza di un sinistro stradale verificatosi in (Omissis) allorché, mentre ella si trovava a piedi all'uscita del deposito merci del supermercato (Omissis), venne investita da un autocarro condotto da (Soggetto 2) e assicurato con la V. Assicurazioni SpA.

2. La compagnia si costituì in giudizio rilevando di aver effettuato pagamenti satisfattivi nei confronti della danneggiata, ed eccepì il concorso di colpa della medesima nella produzione del danno.

Espletata istruttoria e CTU medico-legale sulla persona della danneggiata, il Tribunale adito, con sentenza del 31/7/2017, dichiarò la responsabilità concorsuale del conducente dell'autocarro e dell'attrice, rispettivamente nella misura dell'80% e del 20% e, detratte le somme già versate dalla compagnia a titolo di acconto, condannò i convenuti al residuo risarcimento dei danni in favore dell'attrice, quantificati in € 85.243,80 comprensivi di rivalutazione monetaria ed interessi, nonché alle spese di lite.

3. A seguito di appello della (Soggetto 1), volto a contestare il concorso colposo deciso dal primo giudice e a lamentare l'erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non aveva riconosciuto le spese di assistenza sostenute nel periodo di convalescenza e quelle future, la Corte d'Appello di Milano, con sentenza del 30/7/2019, ha confermato, sulla base dell'esito delle prove testimoniali e degli accertamenti tecnici svolti, che il camion non era uscito dal parcheggio all'improvviso ma, procedendo molto lentamente, aveva effettuato la manovra di immissione senza avvedersi del pedone, data l'altezza della cabina di guida; che il tentativo della (Soggetto 1) di aggirare l'ostacolo avvistato, che aveva iniziato la manovra di immissione nella sede stradale e impegnato il marciapiede, condotta consistente nel frapporsi non sul marciapiedi ma sulla sede stradale davanti al camion costituiva condotta imprudente e pericolosa del pedone, opportunamente apprezzata dal Tribunale ai fini del concorso di colpa ai sensi dell'art. 1227 c.c. Ha parzialmente accolto il secondo motivo di appello, relativo alle spese di assistenza, ritenendo, con richiamo alla CTU che, pur essendo stabilizzata la situazione clinica della danneggiata, effettivamente la stessa doveva avvalersi di un'assistenza domiciliare per un periodo di cinque mesi, ed ha liquidato, in via equitativa, la somma di € 500 mensili (e quindi di € 2.500 complessivi, già attualizzati, oltre interessi legali dalla domanda al soddisfo), parametrandola al corrispettivo mediamente dovuto per un numero di ore adeguato al soddisfacimento delle esigenze primarie.

4. Avverso la sentenza la (Soggetto 1) ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.

Ha resistito la V. Assicurazioni SpA con controricorso.

La causa è stata assegnata per la trattazione in adunanza camerale sussistendo le condizioni di cui all'art. 380 bis c.p.c.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

RITENUTO CHE

1. Con il primo motivo di ricorso - art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell'art. 2054, 1227 c.c. per il mancato riconoscimento dell'esclusiva responsabilità del veicolo investitore - la ricorrente lamenta che la Corte d'Appello non abbia riconosciuto l'esclusiva responsabilità del veicolo investitore nella produzione del sinistro in ragione dell'accertata presenza del pedone sul marciapiede e della necessaria attenzione, di cui era onerato il conducente del camion, nell'effettuare la manovra di uscita dal parcheggio. La pretermessa valutazione di tali circostanze avrebbe condotto il giudice del merito a violare l'art. 2054 c.c. e l'art. 1227 c.c. in ragione della giurisprudenza di questa Corte che ha riguardo solo all'attraversamento di persone al di fuori di strisce pedonali, quale evento possibile ancorché anomalo, mentre la presenza del pedone sul marciapiedi é talmente normale da non essere neppure contemplata dagli artt. 190 e 145 C.d.S.

1.1 Il motivo è inammissibile perché volto a ridiscutere la dinamica dell'incidente con una nuova valutazione delle risultanze istruttorie. Il motivo si limita infatti a prospettare la dinamica del sinistro - secondo cui sarebbe stato il camion ad investire la (Soggetto 1) che procedeva sul marciapiedi - che non ha trovato alcun riscontro nelle risultanze istruttorie del giudizio e che è stata motivatamente disattesa dai giudici del merito. I testi hanno infatti riferito che la (Soggetto 1), nel mentre il camion faceva la manovra, non aveva atteso che l'automezzo finisse la manovra, era scesa dal marciapiedi spostandosi verso la sede stradale frapponendosi sulla traiettoria dell'autocarro, con ciò contribuendo significativamente all'esito del sinistro. A fronte di tale accertamento, la ricorrente pretende di rimettere in discussione l'apprezzamento in fatto del giudice del merito cui è riservata l'individuazione delle fonti del proprio convincimento e la valutazione delle prove, nonché la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., n. 9097 del 2017: Cass., n. 29404 del 2017).

1.1.2 Da quanto esposto si trae altresì conferma del corretto uso, da parte del giudice del merito, dell'art. 1227 c.c., del tutto conforme al consolidato indirizzo di questa Corte che, nel richiamare il principio di causalità nella produzione del danno, ha in più occasioni sancito che "L'esposizione volontaria ad un rischio, o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, in quanto viene a costituire un antecedente causale necessario del verificarsi dell'evento, ai sensi dell'art. 1227, primo comma, cod. civ., e, a livello costituzionale, risponde al principio di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost. avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi (riferibili, nella specie, all'ambito della circolazione stradale) secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti (Cass., 3, n. 11698 del 26/5/2014; Cass., 3, n. 1295 del 19/1/2017).

2. Con il secondo motivo di ricorso - art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione dell'art. 1226, 2056 c.c. per il mancato riconoscimento delle spese di assistenza sostenute dalla ricorrente nel periodo di convalescenza post-traumatica - la ricorrente lamenta che il giudice del merito non abbia riconosciuto l'importo delle spese sostenute per l'assistenza domiciliare del periodo successivo all'incidente, nella misura da lei provata e che abbia, nella sua prospettazione, precluso la liquidazione equitativa svolta dal giudice del merito.

2.1 Il motivo, non immune da profili di inammissibilità, è infondato. Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, cui il Collegio intende dare continuità, "L'esercizio in concreto del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell'uso di tale facoltà, indicando il processo logico e valutativo seguito (Cass., n. 5090 del 2016; Cass., n. 18637 del 2017, Cass., n. 24070 del 2017).

La Corte d'Appello ha rilevato che, dalle risultanze della consulenza tecnica, era emerso che la (Soggetto 1) ebbe necessità di assistenza domiciliare per circa 5 mesi dopo il sinistro, non potendo attendere da sola alle incombenze domestiche, ed ha parametrato l'importo mensile stimato sufficiente a garantire le esigenze primarie di assistenza e ad una cifra congrua, a nulla valendo che la stessa (Soggetto 1), per sue ragioni di comodità, potesse volersi avvalere di un'assistenza per un tempo maggiore rispetto a quello necessario per lo svolgimento delle incombenze quotidiane.

3. Con il terzo motivo di ricorso - art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1219, 1223 c.c. per l'errata individuazione della decorrenza degli interessi - la ricorrente lamenta che il giudice del merito abbia riconosciuto la decorrenza degli interessi solo dalla domanda giudiziale al soddisfo e non anche al momento in cui si era verificato l'evento dannoso, in quanto il debitore del risarcimento è in mora dal giorno della consumazione dell'illecito. La corretta applicazione di tale principio alla fattispecie in esame avrebbe dovuto comportare la condanna alla rifusione degli interessi in misura legale con decorrenza dai singoli esborsi sostenuti dalla signora (Soggetto 1) con cadenza mensile dal 10/9/2012 al 10/2/2013, al saldo.

3.1 Il motivo è fondato. La giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel senso di riconoscere, in tema di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito, che sulla somma riconosciuta al danneggiato a titolo di risarcimento debba essere considerata, oltre alla svalutazione (che ha la funzione di ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato antecedente alla consumazione dell'illecito: cd. danno emergente), anche il nocumento finanziario (lucro cessante) subìto a causa della mancata, tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento (somma che, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per lucrarne un vantaggio finanziario). Qualora tale danno sia liquidato con la tecnica degli interessi, questi non vanno calcolati ne sulla somma originaria, ne' sulla rivalutazione al momento della liquidazione, ma debbono computarsi o sulla somma originaria via via rivalutata anno per anno ovvero sulla somma originaria rivalutata in base ad un indice medio, con decorrenza (a differenza che nell'ipotesi di responsabilità contrattuale) dal giorno in cui si è verificato l'evento dannoso (Cass., 3, n. 2654 del 9/2/2005, Cass., 3, n. 5054 del 3/3/2009; Cass., 1, n. 8766 del 10/4/2018); e che gli effetti della mora, in relazione alle obbligazioni da illecito aquiliano, si producano al momento della commissione del fatto generatore del danno. La sentenza si è discostata da tali principi e deve, pertanto, essere, in parte qua, cassata.

4.Con il quarto motivo di ricorso - art. 360, co. 1 n. 3 c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 1223, 2056 c.c. per il mancato riconoscimento delle spese di assistenza future - la ricorrente lamenta che la Corte d'Appello non abbia riconosciuto un importo per le spese mediche che essa avrebbe sostenuto in futuro. Assume che la corretta applicazione del combinato disposto degli artt. 1223 e 2056 c.c. avrebbe consentito alla Corte d'Appello di attribuire alla ricorrente il risarcimento richiesto, in quanto conseguenza immediata e diretta del fatto illecito posto in essere dal (Soggetto 2), e non già di escluderlo ritenendolo espressamente rientrante in una voce di danno, quella delle spese mediche future, la cui risarcibilità era stata esclusa dal CTU.

4.1 Il motivo, a prescindere da profili di inammissibilità in quanto sottende una rivisitazione del merito della questione ivi dedotta, è infondato.

La Corte d'Appello ha richiamato sul punto quanto accertato dal consulente tecnico d'ufficio il quale aveva evidenziato che la completa stabilizzazione clinica raggiunta dal caso in esame non consentisse di avanzare l'ipotesi di spese mediche future, anche in riferimento ad attività di tipo assistenziale. Contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente il riferimento ad attività di tipo assistenziale era pacificamente riferito all'assistenza generica domiciliare. Dunque non vi è stato alcun vizio di sussunzione quale lamentato dalla ricorrente in quanto il giudice del merito ha ritenuto, quali conseguenza immediata e diretta del danno, le sole spese di assistenza e non anche le spese mediche.

5. La V. Assicurazioni chiede infine la "correzione materiale" della sentenza nella parte in cui non avrebbe decurtato, dalla somma liquidata per spese di assistenza, il 20% corrispondente al concorso di colpa. E' evidente che, ove la compagnia avesse inteso far valere questa censura, avrebbe dovuto proporre un ricorso incidentale.

5. Conclusivamente la Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo ed infondati il secondo e il quarto, cassa l'impugnata sentenza in relazione e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo ed infondati il secondo e il quarto, cassa l'impugnata sentenza in relazione e rinvia la causa alla Corte d'Appello di Milano, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.
 
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile del 10 giugno 2022.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2023.

 

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