Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione quinta, ordinanza n. 29354 del 23 ottobre 2023

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione V, ordinanza numero 29354 del 23/10/2023
Circolazione Stradale - Artt. 5, 79, 85, 87 e 88 del Codice della Strada - Accise sul gasolio commerciale per autotrasporto - Istanze di rimborso - Rigetto del godimento delle agevolazioni fiscali - Classe euro del veicolo - Legittimo il diniego dell'istanza di rimborso delle accise sul gasolio commerciale per autotrasporto per i veicoli Euro 2, anche se dotati di filtri antiparticolato (FAP), in quanto tali esclusi dall'agevolazione ai sensi della normativa nazionale ed alla luce di quella comunitaria che attribuisce agli Stati membri la facoltà di applicare un'aliquota di accisa ridotta nei limiti di quanto dalla stessa previsto e non obbligando lo Stato italiano ad estendere il regime agevolativo indiscriminatamente a tutti i veicoli compresi quelli che, senza un supporto quale il FAP, dovrebbero essere interdetti dalla circolazione proprio in virtù dei principi fissati in materia antinquinamento dalla stessa CE.


RITENUTO IN FATTO

- (Soggetto 1) in persona del legale rappresentante pro tempore, propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva rigettato l'appello proposto nei confronti dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, avverso la sentenza n. 427/03/2019 della Commissione Tributaria provinciale di (Omissis) che aveva rigettato il ricorso della suddetta società avverso il provvedimento n. 30753 con il quale l'Ufficio aveva rigettato le istanze di rimborso, ai sensi del D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 24 ter, di Euro 186.132,27 a titolo di accise sul gasolio commerciale per autotrasporto relativamente al III e IV trimestre 2017 e al I e II trimestre 2018 trattandosi di veicoli Euro 2, dotati di filtri antiparticolato per motori diesel (c.d. FAP), esclusi dall'agevolazione fiscale in questione;

- la CTR - confermando la sentenza di primo grado - in punto di diritto, per quanto di interesse, ha osservato che, come indicato nell'atto di diniego prot. 30753/RU, il rigetto delle istanze di agevolazione fiscale trovava il suo fondamento nella L. n. 208 del 2015 (legge stabilità 2016); il legislatore se aveva consentito la circolazione in termini di rispetto delle norme antinquinamento fissate dalla CE ai mezzi omologati Euro 2, provvisti di FAP (come peraltro indicato anche nella carta di circolazione) non aveva attribuito ai mezzi in questione classi superiori a Euro 2 necessarie per il godimento delle agevolazioni fiscali in questione; in particolare, in considerazione del carattere di stretta interpretazione delle norme agevolative fiscali, la L. n. 208 del 1995 qualora avesse voluto includere anche i mezzi Euro 2 opportunamente modificati ai soli fini antinquinamento, prescindendo dalla omologazione effettiva dei veicoli, avrebbe dovuto esprimersi in modo inequivoco in tal senso, il che non era avvenuto; non si ravvisava alcun contrasto con l'art. 7, par. 2 e 3 della Direttiva 2003/96/CE atteso che lo stesso aveva concesso agli Stati membri la facoltà di applicare un'aliquota di accisa ridotta nei limiti di quanto nella stessa previsto e lo Stato italiano aveva provveduto in tal senso avvalendosi di tale facoltà in forza del D.lgs. n. 26 del 2007; ciò non obbligava lo Stato italiano ad estendere il regime agevolativo a tutti i veicoli compresi quelli che, senza un supporto quale il FAP, dovevano essere interdetti dalla circolazione proprio in virtù dei principi antinquinamento fissati dalla CE;

- l'Agenzia delle Dogane resiste con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

- con il primo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 645 e del D.Lgs. n. 504 del 1995, 24-ter, per avere la CTR ritenuto legittimo il diniego di rimborso dell'accisa sul gasolio impiegato sui veicoli della contribuente per autotrasporto, avuto riguardo alle caratteristiche tecniche (Euro 2) degli stessi nella fase dell'omologazione considerando irrilevanti le modifiche strutturali e funzionali effettuate, prima del 2016, sui veicoli attraverso l'installazione dei FAP sebbene queste ultime avessero comportato - come risultava dalle carte di circolazione - un inquadramento dei mezzi in una categoria ambientale superiore (Euro 3 o Euro 5 a seconda del veicolo); in particolare, ad avviso della ricorrente, la CTR avrebbe confuso i concetti di "omologazione" e di "categoria Euro" nonostante si trattasse di nozioni giuridiche diverse come emergeva dalle fonti normative Euro-unitarie, essendo l'omologazione di un veicolo (Direttiva n. 2007/46/CE) attribuita, all'esito di una procedura di verifica dei parametri o standard tecnici, inclusi anche quelli ambientali, al momento (storico) della sua immatricolazione e prima immissione in circolazione mentre la nozione di "categoria Euro" da riferire alla classificazione ambientale, quindi al livello di emissioni inquinanti e non altri (Direttive 91/441/CEE e n. 715/2007); la CTR, dunque, nell'escludere in capo alla contribuente le agevolazioni fiscali avrebbe fatto erroneamente riferimento alle caratteristiche tecniche (Euro 2) riscontrate originariamente durante alla procedura di omologazione dei veicoli laddove la L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 645 faceva riferimento alla "categoria Euro" come attuale ed effettiva classe ambientale che tenesse conto anche del successivo processo tecnico di miglioramento dei veicoli ai fini ambientali, come nella specie avvenuto, per effetto della installazione dei FAP che aveva soddisfatto la condizione per la classificazione degli stessi, nei periodi in questione, come Euro 3 o Euro 5 a seconda dei casi; una diversa lettura dell'art. 1, comma 645 cit., ad avviso della ricorrente, oltre che essere in contrasto con la ratio della normativa Europea orientata in favore di una sostanziale crescente riduzione del rilascio di inquinati prodotti dai veicoli, sarebbe irragionevole e lesiva del principio di uguaglianza;

- con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l'omesso esame circa un fatto controverso e decisivo per non avere la CTR considerato come nelle relative carte di circolazione fosse indicata l'attuale categoria (Euro 3 o Euro 5) dei veicoli conseguente all'installazione dei filtri successivamente alla fase dell'omologazione;

- con il terzo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 7, par. 2 e 3 della Direttiva 2003/96/CE in combinato con la L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 645, e il D.Lgs. n. n. 504 del 1995, 24-ter per avere la CTR ritenuto erroneamente non sussistente la violazione dell'art. 7, par. 2 e 3, della detta Direttiva attesa la facoltà degli Stati membri di applicare un'aliquota di accisa ridotta nei limiti di quanto nella stessa previsto e la mancanza di un obbligo dello Stato italiano di estendere detto regime agevolativo indiscriminatamente a tutti i veicoli; diversamente, ad avviso della ricorrente, il legislatore italiano - essendosi avvalso della facoltà di cui all'art. 7, par. 2, della Direttiva di previsione di un'aliquota differenziata per il gasolio commerciale (con il D.Lgs. n. 26 del 2007, art. 6) con la L. n. 208 del 2015, art. 1, comma 645 (e il conforme il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 24ter), non si sarebbe attenuto alla definizione normativa di "gasolio commerciale utilizzato come propellente" (per l'applicazione dell'aliquota differenziata) contenuta nel par. 3 dell'art. 7 della Direttiva restringendo, in contrasto con l'opzione prevista dalla legislazione Europea sovraordinata, la fattispecie astratta con ulteriori elementi quali l'utilizzo di veicoli che non fossero di categoria "Euro 2" o inferiore; in subordine, la ricorrente formula istanza di rimessione alla Corte di giustizia, ai sensi dell'art. 267, comma 2, TFUE, avente ad oggetto il quesito se l'art. 7 della Direttiva 2003/96/2003 possa essere interpretato nel senso che la nozione di "gasolio commerciale utilizzato come propellente" contenuta nell'art. 7 non possa essere modificata dal legislatore nazionale con l'introduzione di altri e diversi requisiti;

- i motivi primo e terzo - da trattare congiuntamente per connessione- sono infondati;

- va preliminarmente riassunto il quadro normativo di riferimento:

- l'art. 5 della direttiva n. 2003/96/CE stabilisce che gli Stati membri possono applicare, sotto controllo fiscale, aliquote d'imposta differenziate a condizione che dette aliquote rispettino i livelli minimi di tassazione stabiliti nella presente direttiva e siano compatibili con il diritto comunitario, in una serie di casi, tra cui i trasporti pubblici locali di passeggeri. Inoltre, il successivo art. 6 consente agli Stati membri di concedere esenzioni o riduzioni, anche sotto forma di credito d'imposta, purché siano rispettati i livelli minimi di tassazione previsti dalla medesima direttiva. A tal fine, è possibile distinguere tra gasolio non commerciale e gasolio commerciale, intendendosi per il secondo quello utilizzato per il trasporto regolare o occasionale di passeggeri, effettuato con un autoveicolo delle categorie M2 o M3 (art. 7 della direttiva n. 2003/96/CEE);

- a seguito della direttiva, il legislatore ha previsto un credito d'imposta, tra l'altro, anche in favore dei soggetti che svolgono attività di autotrasporto di persone (qual è incontestatamente l'odierna ricorrente), e concernente gli acquisti di gasolio per autotrazione (si vedano i provvedimenti legislativi di cui all'elenco n. 2, allegato alla l. 27 dicembre 2013, n. 147), finché, a far data dal 2016, la l. n. 208 del 2015, art. 1, comma 645, ha ritenuto di non riconoscere più detto credito d'imposta con riferimento ai veicoli catalogati nella categoria Euro 2 o inferiore. E una disposizione dal tenore sostanzialmente analogo è prevista in via generale, a far data dal 03/12/2016, all'art. 24 ter del TUA (inserito dal D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con mod. dalla L. 1 dicembre 2016, n. 225 intitolato "Gasolio commerciale");

- infine, il decreto del Ministero dei trasporti n. 39 del 2008, contenente il "Regolamento recante disposizioni concernenti l'omologazione e l'installazione di sistemi idonei alla riduzione della massa di particolato emesso da motori ad accensione spontanea destinati alla propulsione di autoveicoli", stabilisce che l'installazione di uno di questi sistemi riconosciuto idoneo per un tipo di motore determina, "ai soli fini dell'inquinamento da massa di particolato", l'inquadramento del medesimo tipo di motore nella fascia di appartenenza richiesta nella domanda di omologazione (art. 5). Gli Uffici della motorizzazione civile, a richiesta dell'utenza, procedono alla visita sui singoli autoveicoli per verificare la conformità del sistema installato al tipo omologato (art. 6). "Successivamente all'effettuazione, con esito positivo, della visita di cui all'art. 6", gli Uffici "aggiornano la carta di circolazione dell'autoveicolo mediante l'apposizione sulla stessa di una dicitura recante la seguente annotazione: "Autoveicolo dotato di sistema per la riduzione della massa di particolato, con marchio di omologazione (...) Ai soli fini dell'inquinamento da massa di particolato, è inquadrabile quale Euro " (art. 7);

- così definito il quadro normativo, va subito evidenziato che la normativa interna di riferimento non è affatto incompatibile con quella prevista dalla direttiva comunitaria n. 2003/96/CEE. La menzionata direttiva, "che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità", offre la definizione di "gasolio commerciale utilizzato come propellente" con riguardo alle finalità di utilizzo ("si intende per "gasolio commerciale utilizzato come propellente" il gasolio utilizzato ai fini seguenti": art. 7, S 3) e stabilisce un livello minimo di tassazione in un quadro complessivo che riconosce esplicitamente "flessibilità" (considerando 9), ma non esclude la facoltà di prevedere esenzioni o riduzioni (considerando 8), e la facoltà per gli Stati membri di "introdurre o mantenere diversi tipi di tassazione sui prodotti energetici e sull'elettricità" (considerando 10), lasciando a ciascun Stato membro "la scelta del regime fiscale da applicare in relazione all'attuazione del presente quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità" (considerando 11); Secondo la stessa giurisprudenza unionale, la direttiva si propone di incoraggiare obiettivi di politica ambientale (così, Corte giust. 7 marzo 2018, in causa C31/17, Cristal Union, punto 34 e giurisprudenza ivi citata) e, pertanto, non ha proceduto ad un'armonizzazione totale delle aliquote di accisa sui prodotti energetici e sull'elettricità, ma si è limitata a fissare livelli minimi di tassazione armonizzati e, come si desume dagli artt. 5, 14, 15, 16, 17 e 19, ha previsto la possibilità per gli Stati membri di introdurre aliquote di imposta differenziate, esenzioni dall'imposizione o sgravi fiscali delle accise, lasciando un certo margine di discrezionalità agli Stati membri, purché nel rispetto del principio di parità di trattamento (cfr. Corte di giust. 30 gennaio 2020, in causa C-513/18, Autoservizi Giordano, chiamata a pronunciarsi sulla compatibilità dell'art. 24ter del TUA con l'art. 7, par. 2 e 3 della Direttiva 2003/96 atteso che, secondo il giudice del rinvio, detta disposizione, nel riconoscere il beneficio dell'aliquota di accisa ridotta sul gasolio commerciale usato come carburante solo a talune attività e non ad altre, come l'attività di noleggio autobus con conducente nel settore del trasporto privato di persone, limiterebbe la portata dell'art. 7, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2003/96, che fa riferimento al "trasporto regolare o occasionale di passeggeri");

- in particolare, nella richiamata sentenza del 30.1.2020, causa C 513/18, la Corte di Giustizia ha, dunque, dichiarato che "l'art. 7, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2003/96/CE del Consiglio, del 27 ottobre 2003, che ristruttura il quadro comunitario per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità, deve essere interpretato nel senso che, da un lato, rientra nel suo ambito di applicazione un'impresa privata che esercita l'attività di trasporto di passeggeri mediante servizi di noleggio autobus con conducente, a condizione che i veicoli noleggiati da tale impresa siano di categoria M2 o M3, quali definite dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio, del 6 febbraio 1970, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'omologazione dei veicoli a motore e dei loro rimorchi, e, dall'altro lato, che esso non osta a una normativa nazionale che prevede un'aliquota di accisa ridotta per il gasolio commerciale utilizzato come propellente per il trasporto regolare di passeggeri, senza tuttavia prevedere siffatta aliquota per quello utilizzato per il trasporto occasionale di passeggeri, a condizione che tale normativa rispetti il principio della parità di trattamento, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare" (v. sul tema, Cass., sez.5, n. 19867 del 2023);

- alla luce di quanto sopra si deve, pertanto, ritenere che l'art. 7, par. 2 e 3 della Direttiva n. 2003/96/CE non osti ad una normativa nazionale qual è la L. n. 138 del 2015, art. 1, comma 645 che ugualmente all'art. 24-ter del TUA - escluda l'applicazione dell'aliquota agevolata dell'accisa sul gasolio utilizzato per autotrazione con riguardo ai veicoli di categoria Euro 2 o inferiore, senza che dal par. 3 dell'art. 7 della detta direttiva possa evincersi - diversamente da quanto prospettato dalla ricorrente - una nozione comunitaria direttamente vincolante per lo Stato italiano di "gasolio commerciale utilizzato come propellente" utilizzato.. b) per il trasporto regolare o occasionale di passeggeri effettuato con autoveicoli delle categorie M2 e M3, quali definite dalla direttiva 70/156/CEE del Consiglio del 6 febbraio 1970"; posto infatti il rispetto della condizione che i veicoli utilizzati per il trasporto di passeggeri siano di categoria M2 o M3 (in base a determinate caratteriste tecniche quali il numero delle ruote, dimensioni, potenza del motore, numero dei posti e carrozzeria) il legislatore italiano, nell'esercizio di un certo margine di discrezionalità in materia di accise - ha limitato- senza con ciò porsi in contrasto con la detta direttiva- l'applicazione dell'aliquota di accisa ridotta escludendovi i veicoli omologati di categoria Euro 2 o inferiori;

- ne deriva quindi la piena compatibilità unionale (e, quindi, la superfluità della questione pregiudiziale proposta dalla ricorrente in via subordinata) di una previsione che riconosca un credito agevolato per il pagamento delle accise sul gasolio per autotrazione a specifiche categorie di autotrasportatori, oggettivamente individuate tra gli autotrasportatori che svolgono attività di trasporto di merci o persone, in modo tale da non ledere il principio di parità di trattamento; in particolare, il credito d'imposta è riconosciuto limitatamente all'utilizzazione, per l'attività di trasporto, di veicoli con classificazione superiore a Euro 2;

- sotto altro profilo, il D.M. n. 39 del 2008 prevede espressamente che la categoria superiore eventualmente attribuita ai veicoli dotati di un dispositivo FAP omologato è valida unicamente ai fini dell'inquinamento da particolato e non già agli ulteriori fini previsti dalle disposizioni fiscali agevolative, sicché deve escludersi che un autotrasportatore possa usufruire del menzionato credito d'imposta con riferimento a veicoli classificati Euro 2, sebbene questi ultimi siano dotati di FAP, dovendo farsi riferimento agli specifici requisiti previsti dalle direttive comunitarie;

- invero, l'omologazione, come definita dall'art. 3 della direttiva n. 2006/46/CE è "la procedura con cui uno Stato membro certifica che un tipo di veicolo, sistema, componente o entità tecnica è conforme alle disposizioni amministrative e alle prescrizioni tecniche pertinenti (...)"; e la classificazione relativa alle emissioni inquinanti dei veicoli a motore rientra nella procedura di omologazione, tanto è vero che gli Stati membri "non possono rifiutare l'omologazione CEE ne’ l'omologazione di portata nazionale di un veicolo" se tale veicolo risponde alle prescrizioni in materia (si vedano l'art. 2 della direttiva n. 70/220/CEE del 20 marzo 1970 e l'art. 2 della direttiva n. 88/77/CEE del 3 dicembre 1987). Le direttive che si sono succedute nel tempo, quanto alla classificazione a fini ambientali, mantengono questo collegamento con l'omologazione del veicolo e intervengono sulle prescrizioni e i requisiti richiesti al fine di adeguare la normativa al progresso scientifico e tecnologico: da un lato, sono mutate nel tempo metodologie e criteri di controllo, in considerazione delle innovazioni intervenute nel settore automobilistico e nelle tecnologie antinquinamento; dall'altro, le misurazioni da effettuare riguardano una ampia gamma di emissioni inquinanti. 3.5.2. Per esempio, la direttiva n. 1999/96/CE, indicata dal D.M. n. 39/2008 quale riferimento per la fascia "Euro 3", immediatamente superiore a quella di appartenenza dei veicoli in questione ("appartengono a tale fascia i motori omologati ai sensi delle direttive da 1999/96/CE a 2001/27/CE, riga A", v. art. 2), oltre ad aver previsto "nuovi cicli di prova per l'omologazione", ha stabilito che "Le emissioni da misurare prodotte dallo scarico del motore includono i componenti gassosi (monossido di carbonio, idrocarburi totali per i motori diesel nella sola prova ESC; idrocarburi diversi dal metano per i motori diesel e a gas nella sola prova ETC; metano per i motori a gas nella sola prova ETC e ossidi di azoto), il particolato (solo motori diesel) e il fumo (motori diesel nella sola prova ELR)" (allegato III, punto 1.3);

- le categorie "Euro" implicano, quindi, verifiche e accertamenti che non si esauriscono nella misurazione dei livelli di emissione di particolato e sono strettamente legate allo stato tecnologico e scientifico del momento della loro introduzione; l'indicazione "veicoli di categoria Euro 2 o inferiore", di cui all'art. 1, comma 645, della l. n. 208 cit., deve riferirsi, quindi, alla categoria attribuita a quel tipo di veicolo in sede di omologazione, rappresentativa della complessiva condizione del mezzo sotto il profilo ambientale, non rilevando, ai fini della sua determinazione, l'installazione di sistemi di riduzione delle emissioni di particolato successivamente all'immatricolazione;

- rafforza questa conclusione, inoltre, il fatto che il predetto art. 1, comma 645, è finalizzato al conseguimento di risparmi da destinare agli interventi di cui ai commi 640, 647, 648, 650, 651, 654, 655 e 866, tra i quali vi è quello di favorire l'acquisto di mezzi di ultima generazione e il rinnovo del parco mezzi destinati al trasporto pubblico locale e regionale (comma 866). Emerge, dunque, la finalità di incentivare il rinnovo del parco automobilistico che verrebbe pregiudicata se si estendesse la sua applicazione anche a mezzi obsoleti ma modificati;

- da ultimo, questa Corte, con sentenza n. 25002 del 2023, ha affermato il seguente condivisibile principio di diritto: "Il credito d'imposta previsto dalla l. n. 208 del 2015, art. 1, comma 645, e, successivamente, dall'art. 24 ter del TUA in favore degli autotrasportatori ivi indicati, riguardante le accise sul gasolio per autotrazione, si applica unicamente con riferimento ai veicoli catalogati nelle categorie Euro specificamente indicate dalla legge, senza che abbia alcun rilievo, ai fini della determinazione della categoria di appartenenza del veicolo, la eventuale installazione sullo stesso di un filtro anti particolato omologato";

- nella sentenza impugnata, il giudice di appello ha fatto buon governo dei principi suddetti nel ritenere legittimo il diniego dell'istanza di rimborso delle accise sul gasolio commerciale per autotrasporto trattandosi di veicoli immatricolati Eur2, dotati di filtri antiparticolato (FAP), in quanto tali esclusi dall'agevolazione ai sensi della l. n. 208 del 2015, art. 1, comma 645; la CTR ha, altresì, correttamente ritenuto che l'art. 7, par. 2, e 3 della Direttiva- il quale attribuisce agli Stati membri la facoltà di applicare un'aliquota di accisa ridotta nei limiti di quanto dalla stessa previsto- "non obbliga lo Stato italiano ad estendere il regime agevolativo indiscriminatamente a tutti i veicoli compresi quelli che, senza un supporto quale il FAP, dovrebbero essere interdetti dalla circolazione proprio in virtù dei principi fissati in materia antinquinamento dalla stessa CE";

- l'applicazione del superiore principio di diritto rende superfluo l'esame del secondo motivo che, pertanto, resta assorbito;

- in conclusione, il ricorso va rigettato;

- le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5.600,00 per compensi oltre spese prenotate a debito.

Dà atto, ai sensi D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2023.

 

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