Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 27342 del 26 settembre 2023

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 27342 del 26/09/2023
Circolazione Stradale - Art. 7 del Codice della Strada - Circolazione su corsia preferenziale - Ripristino del divieto - comunicazione della riattivazione - In tema di opposizione a verbale di contravvenzione a seguito della cessazione del periodo di sospensione del divieto di circolazione su corsia preferenziale, la dimostrazione dell'esistenza di una situazione di fatto tale da non consentire al conducente di rendersi conto di aver imboccato una corsia preferenziale riattivata grava sull'opponente e non sulla Pubblica Amministrazione.


RITENUTO IN FATTO

1. (Soggetto 1) proponeva ricorso in opposizione, L. 24 novembre 1981, n. 689, ex art. 22, innanzi al Giudice di Pace di (Omissis), avverso n. 8 verbali di accertamento di importo complessivamente pari ad Euro 759,04, emessi tra il (Omissis), elevati dal Comune di (Omissis) in seguito all'accertamento dell'avvenuta circolazione su corsia preferenziale. A sostegno dell'opposizione il ricorrente aveva dedotto che il divieto di circolazione in corsia preferenziale per i veicoli diversi da quelli addetti al servizio di trasporto autorizzato era stato ripristinato - dopo un periodo di sospensione - in data (Omissis) senza che all'utenza fosse stata data adeguata comunicazione della sua riattivazione. In particolare, deduceva il ricorrente: che la corsia preferenziale non appariva visibile, sì che l'automobilista si trovava immediatamente a ridosso di essa senza avere la possibilità di optare per una strada alternativa onde evitare l'infrazione; che la specifica segnaletica nuova, orizzontale e verticale, era stata adeguata solo a partire dalla fine di luglio 2017.

1.1. Costituitasi (Omissis), aveva depositato ampia documentazione, anche fotografica, dell'avvenuta esecuzione delle misure disposte per il ripristino della segnaletica prevista dal C.d.S..

2. Il Giudice di Pace di (Omissis), con sentenza n. 7017/2018, respingeva l'opposizione, ritenendo che il ricorrente non avesse fornito prova di quanto dedotto, a fronte della dimostrazione della legittimità della segnaletica apposta dal Comune di (Omissis). Avverso detta sentenza proponeva appello (Soggetto 1).

3. Con sentenza n. 11098/2019 qui impugnata, il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, respingeva in toto l'appello, ritenendo infondata la questione sollevata dall'appellante, ossia l'esistenza di una situazione di fatto tale da non consentire al conducente di avvedersi del ripristino della corsia preferenziale e della presenza di segnali di divieto di circolazione, orizzontali e verticali.

3.1. Avverso la sentenza del giudice di seconde cure proponeva ricorso per cassazione (Soggetto 1), affidandolo a tre motivi. Resisteva il Comune di (Omissis) depositando controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dell'art. 416 c.p.c., e del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 7, comma 7, in relazione al mancato rilevamento della decadenza in cui è incorsa la parte resistente in occasione della costituzione nel giudizio di primo grado. In particolare, il giudice di seconde cure avrebbe illegittimamente ammesso la documentazione prodotta tardivamente dall'Amministrazione convenuta, senza opportunamente distinguere, in conformità all'orientamento della giurisprudenza di legittimità (tra le ultime: Cass., Sez. 3, n. 15887 del 13.06.2019; Cass., Sez. 2, n. 9545 del 18.04.2018), tra documentazione strettamente connessa alla formazione del processo sanzionatorio, per la quale il termine di costituzione in giudizio può considerarsi ordinatorio; dalla documentazione diversa ed ulteriore (concernente, nel caso di specie, le attività di comunicazione e di tipo preventivo poste in essere dal Comune di (Omissis)) che, al contrario della prima, soggiace al termine perentorio di cui all'art. 416 c.p.c..

2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta illogicità e contraddittorietà della motivazione, violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115, 116 c.p.c., dell'art. 2697 c.c., sull'esatta ripartizione dell'onere della prova nell'ambito delle opposizioni avverso sanzioni amministrative, nonché della L. n. 689 del 1981, artt. 3 e 22, del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150, art. 6, comma 11 e art. 7, comma 10 e del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 79 (Codice della Strada, C.d.S.), ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. Secondo il ricorrente, con la normativa richiamata il legislatore ha voluto dare rilevanza alla compiuta percezione e conoscenza del divieto o della prescrizione, con ciò attribuendo all'Amministrazione uno specifico obbligo che essa deve dimostrare di aver assolto, specificando le modalità di apposizione della cartellonistica. Di fronte al giudice si discute, insomma, non dell'atto (la commissione dell'illecito) ma della fattispecie produttiva dell'effetto (la violazione dell'obbligo), perché - come insegna la Suprema Corte (Cass. n. 4898/2015; Cass. n. 5122/2011; Cass. Sez. U., 20930/2009; Cass. n. 27596/2008; Cass. n. 5277/2007; Cass. n. 27143/2007; Cass. n. 2363/2005; Cass. n. 3837/2001) - spetta alla P.A. dimostrare i fatti costitutivi dell'illecito, e all'opponente spetta, invece, comprovare i fatti impeditivi e/o estintivi dell'effetto giuridico del provvedimento sanzionatorio oggetto del giudizio. Questa corretta interpretazione delle norme richiamate deriva dalla lettera dei commi 11, del D.Lgs. n. 150 del 2011, artt. 6 e 10: deve, pertanto, valutarsi come illogica e contraddittoria la motivazione addotta dal Tribunale nell'imporre illegittimamente l'onere probatorio in capo all'opponente, soprattutto in termini di prova dell'esistenza della situazione di fatto (indicazione dei cartelli stradali non conformi): anche perché, non avendoli egli visti al momento dell'infrazione, non poteva neanche essere in grado di indicarli al momento dell'opposizione. Con il chi si spiega anche la reiterazione delle infrazioni rilevate, nessuna delle quali immediatamente contestata, di tal che l'opponente - come altre decine di migliaia di automobilisti sanzionati - si è resa conto di aver commesso l'infrazione solo al momento della notifica del verbale, avvenuta a distanza di circa due mesi. D'altra parte, continua il ricorrente, in sede di merito sono state ampiamente documentate le circostanze di fatto che hanno indotto incolpevolmente il ricorrente al compimento delle infrazioni contestate.

3. I due motivi possono essere trattati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, e sono infondati. La questione giuridica dedotta innanzi al giudice di merito e da questi affrontata nel provvedimento impugnato non attiene all'accertamento dell'infrazione: se così fosse stato, all'Amministrazione il Giudice di seconde cure avrebbe potuto consentire - anche entro termini non perentori - la sola produzione del verbale di accertamento e relativa documentazione ad esso strettamente riferibile, come costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, peraltro richiamata dallo stesso ricorrente (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15887 del 13/06/2019, Rv. 654292 - 01; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9545 del 18/04/2018, Rv. 648048 - 01; Cass. Sez. 6 - 2, Sentenza n. 16853 del 09/08/2016, Rv. 640996 - 01). Essa attiene, invece, alla dimostrazione dell'esistenza di una situazione di fatto tale da non consentire al conducente di rendersi conto di aver imboccato una corsia preferenziale riattivata, e quindi di rendersi conto della presenza - in posizione e quantità adeguata - della segnaletica orizzontale e verticale preposta ad indicarla, ovvero che fosse anche altrimenti portata a conoscenza degli automobilisti la cessazione del periodo di sospensione di tale divieto.

3.1. Così posto il problema, correttamente il giudice di seconde cure ha distribuito gli oneri di prova, come costantemente affermato da questa Corte: in tema di opposizione a verbale di contravvenzione grava infatti sull'opponente, e non sulla Pubblica Amministrazione, l'onere di provare l'inidoneità in concreto, sul piano della percepibilità e della leggibilità, della segnaletica ad assolvere la funzione di avviso della presenza di una corsia preferenziale ovvero, come nel caso di specie, del ripristino del divieto di circolazione sulla stessa (Cass. n. 23566 del 2017). Come rilevato dallo stesso ricorrente, nel giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, una volta formulata l'opposizione dinanzi al giudice, non si discute propriamente dell'atto ma della fattispecie produttiva dell'effetto; nei limiti in cui la parte opponente abbia sollevato le relative contestazioni spetta alla P.A. dimostrare i fatti costitutivi ed all'opponente comprovare i fatti impeditivi, modificativi e/o estintivi dell'effetto giuridico del provvedimento sanzionatorio oggetto del giudizio (v. da ultimo: Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 1921 del 24/01/2019, Rv. 652384 - 02). Nel caso di specie, all'Amministrazione, che viene a rivestire - dal punto di vista sostanziale - la posizione di attrice (ricoprendo, invece, sotto quello formale, il ruolo di convenuta opposta), incombeva l'obbligo di fornire la prova adeguata della fondatezza della sua pretesa; obbligo pacificamente assolto da (Omissis) che, nei termini ordinatori sopra ricordati, ha prodotto - fra l'altro - le delibere che avevano ripristinato il divieto di accesso, nonché i comunicati di avviso all'utenza del ripristino. All'opponente, al contrario, qualora abbia dedotto fatti specifici incidenti sull'esclusione della sua responsabilità relativamente alla commissione dell'illecito, spettava provare le circostanze negative contrapposte a quelle allegate dall'Amministrazione (v., ad es., Cass. n. 3837/2001, n. 3837; Cass. n. 2363/2005; Cass. n. 5277/2007; Cass. n. 12231/2007; Cass. n. 27596/3008; Cass. S.U. n. 20930/2009; Cass. n. 5122/2011 e, da ultimo, Cass. n. 4898/2015), fornendo la prova di quali cartelli, ovvero di quali elementi individuati nei singoli cartelli contestati, avrebbero in concreto inciso sul suo comportamento inducendolo in errore; onere, viceversa, disatteso - a insindacabile giudizio del Tribunale, stante la correttezza del ragionamento logico/giuridico - dal (Soggetto 1) (v. sentenza p. 9).

4. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione e/o falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c., e dell'art. 118 disp. att. c.p.c., per illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) - nonché violazione e/o falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 3, per mancata applicazione dell'errore scusabile o dell'esimente della buona fede (in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3). Si deduce che l'inidoneità e/o insufficienza e/o irregolarità della segnaletica presente in loco si pone in rapporto diretto con le infrazioni reiterate del ricorrente, le quali si sommano ad una moltitudine di infrazioni commesse da altri cittadini. Sulla base di tali fatti assurti a notori, il ricorrente invocava l'esimente dell'errore scusabile e/o della buona fede di cui della L. n. 689 del 1981, art. 3, secondo l'insegnamento della Corte Suprema (Cass., Sez. 6-2, 18471/2014), lamentando l'incoerenza ed erroneità dell'argomentazione del Tribunale, che ha rigettato detta istanza perché non sarebbe emersa la prova della situazione di fatto tale da far ritenere scusabili i comportamenti tenuti dall'allora appellante.

4.1. Il motivo è inammissibile, ex art. 360-bis, n. 1). In disparte l'inconferente riferimento al notorio, posto che il ricorso alle nozioni di comune esperienza (fatto notorio), ex art. 115 c.p.c., comma 2, deve essere riferito ad eventi di carattere generale ed obiettivo che, proprio perché tali (come, ad esempio, la svalutazione monetaria, oppure un evento bellico), non hanno bisogno di essere provati nella loro specificità; sicché, ai fini probatori previsti da detta norma, non è consentito generalizzare situazioni particolari (come quella descritta dall'odierno ricorrente, ossia la moltitudine di infrazioni commesse da altri cittadini) e se, in taluni casi, la considerazione della notorietà può essere limitata ad una cerchia sociale o territoriale ristretta, quale un insieme di persone aventi tra loro una comunanza di interessi, così da far assurgere all'alveo del notorio anche nozioni sicuramente esorbitanti da quella cultura media che rappresenta il naturale parametro della nozione in oggetto, giammai tale comunità ristretta può essere individuata sulla base di un mero carattere territoriale (Sez. 2 -, Ordinanza n. 5530 del 06/03/2017, Rv. 643169 - 01).

4.2. E' costantemente affermato nella giurisprudenza di questa Corte che in tema di violazioni amministrative, ai sensi della L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, per integrare l'elemento soggettivo dell'illecito è sufficiente la semplice colpa, per cui l'errore sulla liceità della relativa condotta, correntemente indicato come "buona fede", può rilevare in termini di esclusione della responsabilità amministrativa, al pari di quanto avviene per la responsabilità penale in materia di contravvenzioni, solo quando esso risulti inevitabile, occorrendo a tal fine un elemento positivo, estraneo all'autore dell'infrazione, idoneo ad ingenerare in lui la convinzione della sopra riferita liceità, oltre alla condizione che da parte dell'autore sia stato fatto tutto il possibile per osservare la legge e che nessun rimprovero possa essergli mosso, così che l'errore sia stato incolpevole, non suscettibile cioè di essere impedito dall'interessato con l'ordinaria diligenza (v. Sez. 2, Ordinanza n. 33441 del 17/12/2019, Rv. 656323 - 01; Cass. Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 19759 del 02/10/2015, Rv. 636814 - 01; Cass. nn. 16320/10, 13610/07, 11012/06, 9862/06, 5426/06 e 11253/04). L'onere della prova degli elementi positivi che riscontrano l'esistenza della buona fede è a carico dell'opponente, e la relativa valutazione costituisce un apprezzamento di fatto di stretta competenza del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non entro i ristretti limiti del vizio di motivazione (Cass., Sez. 2, n. 21280/2015; V. anche Cass. n. 19759/2015; Cass. n. 23019/09).

4.2.1. Nello specifico, la sentenza impugnata rileva come proprio dalla documentazione fotografica prodotta dallo stesso appellante siano ben visibili le apparecchiature del controllo elettronico; inoltre, anche prima degli interventi del luglio 2017 (di potenziamento di tutte le misure di informazione e allerta per gli automobilisti poste in essere dal Comune di (Omissis)) i divieti erano ben visibili se l'utente avesse posto un'adeguata attenzione alla segnaletica (p. 10 della sentenza, 2 e 3 capoverso). Da queste risultanze probatorie, oltreché dalla copiosa documentazione prodotta dall'Amministrazione (di cui si è detto al punto 3.1.), deduce logicamente il giudice di seconde cure il mancato raggiungimento della prova della situazione di fatto tale da far ritenere scusabili i comportamenti tenuti dall'allora appellante.

5. In definitiva, il Collegio rigetta il ricorso, liquida le spese secondo soccombenza come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in Euro 600,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi e agli accessori di legge nella misura del 15%.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013, stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 6 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 26 settembre 2023.

 

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