Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 10097 del 17 aprile 2023

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 10097 del 17/04/2023
Circolazione Stradale - Art. 201 del Codice della Strada - Omessa contestazione immediata dell'infrazione - Notificazione delle violazioni - Accertatore impegnato a regolare il traffico - Validità della motivazione - L'omessa contestazione immediata dell'infrazione dovuta al fatto di essere l'accertatore "impegnato a regolare il traffico", per cui si trovava nella materiale impossibilità di effettuare la contestazione senza interrompere il servizio, costituisce valida motivazione per la successiva notificazione del verbale poiché per le casistiche diversamente indicate esemplificativamente nel C.d.S. e nel relativo regolamento, è sufficiente che il verbale notificato all'interessato contenga l'indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata.


FATTI DI CAUSA

Ritenuto che:

- con sentenza n. 1222-2018, il Giudice di pace di (Omissis) rigettava il ricorso proposto ex D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, da (Soggetto 1) avverso l'ordinanza del Prefetto di (Omissis) n. (Omissis), con cui, a seguito di verbale n. (Omissis) del PM di (Omissis) (opposto ex art. 203 Codice della Strada), questi veniva sanzionato ex art. 6, comma 4 e 14, Codice della Strada, quale conducente e proprietario della vettura (Omissis) tg. (Omissis), per aver circolato sul piazzale della aerostazione di (Omissis) - (Omissis) su corsia riservata ad altri veicoli, con contestazione in via differita in quanto l'accertatore era "impegnato a regolare il traffico";

- sul gravame interposto dal (Soggetto 1), il Tribunale di (Omissis), con sentenza n. 1041-2019, rigettava l'appello, condannato l'appellante alla rifusione delle spese di lite in favore della Prefettura di (Omissis) e al pagamento della sanzione ex art. 96, comma 3, c.p.c..

Più esattamente, per quanto ancora di rilievo in questa sede, il giudice (Omissis) riteneva pienamente legittima la giustificazione dell'omissione della contestazione immediata al (Soggetto 1) ("accertatore impegnato a regolamentare il traffico") riportata nel verbale di accertamento della violazione al Codice della strada, essendo ben possibile che gli agenti verbalizzanti, pur impegnati in altri compiti d'istituto, erano riusciti ad individuare la violazione commessa dal (Soggetto 1), annotando la targa del suo veicolo, senza però riuscire ad intercettarlo tempestivamente per contestargli l'infrazione nell'immediatezza del fatto, riservandosi perciò la possibilità di effettuare la contestazione nel termine di legge. Allo stesso modo, anche il luogo di commissione dell'infrazione era sufficientemente chiaro dal verbale di contestazione con la dizione "piazzale aerostazione (Omissis) (Omissis)", non essendo per legge indispensabile l'indicazione del numero civico.

Infine, per quanto riguardava le spese di lite, il giudice dell'appello le regolava secondo il criterio della soccombenza, disattendendo la richiesta di riduzione al minimo della sanzione edittale in quanto formulata per la prima volta in appello e ravvisati i presupposti per l'applicazione dell'art. 96, comma 3, c.p.c.;

- avverso la citata sentenza di appello, proponeva ricorso per cassazione il (Soggetto 1), sulla base di quattro motivi;

- la Prefettura di (Omissis), intimata presso la sede distrettuale dell'Avvocatura dello Stato, non svolgeva difese in questa sede.

RAGIONI DELLA DECISIONE

- con il primo motivo parte ricorrente deduce - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 - la violazione degli artt. 101, comma 2, 112, 115, 132, comma 2, n. 4, c.p.c., e art. 2697 c.c. ritenendo che il giudice dell'appello avrebbe motivato incoerentemente la sentenza ivi impugnata, presupponendo "un'ipotetica, illegittima, erronea ed illogica ricostruzione dei fatti (mai allegata dal Prefetto)". Più esattamente, con tale censura il ricorrente afferma che, contrariamente a quanto rilevato d'ufficio dal Tribunale (Omissis), l'organo accertatore non aveva soddisfatto l'onere di dimostrazione della correttezza del metodo di accertamento in riferimento alle eccezioni sollevate dall'opponente (già in primo grado) non dimostrando dunque i fatti costitutivi della contestazione circa il luogo.

La censura è inammissibile per una parte ed infondata per il resto.

Sotto il primo profilo va preliminarmente rilevato che il giudice del gravame ha ritenuto irrilevante il richiamo al principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. fatto nell'atto di appello con riferimento al procedimento ex art. 203 C.d.S. svoltosi dinanzi al Prefetto, trattandosi di procedimento non avente natura giurisdizionale (v. pag. 2 della decisione impugnata) e il ricorrente non chiarisce quali sarebbero le eccezioni sollevate già in primo grado cui il giudice di appello non avrebbe dato riscontro, salvo quanto verrà esposto con riferimento ai motivi di seguito esposti.

Il motivo non si confronta con la sentenza impugnata, che ha operato una ragionevole ricostruzione del procedimento amministrativo, senza che sia stata posta alcuna critica sul punto da parte del ricorrente.

Inoltre, la censura tende ad una inammissibile rivalutazione - in fatto - della vicenda. E' noto che la valutazione degli elementi di giudizio costituisce un'attività riservata in via esclusiva all'apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione se non per il vizio consistito, come stabilito dall'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nell'avere del tutto omesso, in sede di accertamento della fattispecie concreta, l'esame di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbiano costituito oggetto di discussione tra le parti e abbiano carattere decisivo, vale a dire che, se esaminati, avrebbero determinato un esito diverso della controversia (Cass., Sez. Un., n. 8053 del 2014).

La valutazione delle risultanze delle prove e la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono, in effetti, apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un'esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti (Cass. n. 42 del 2009; Cass. n. 11511 del 2014; Cass. n. 16467 del 2017). Il compito di questa Corte, del resto, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata nè quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass., Sez. Un., n. 8053-2014 cit.), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all'accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, com'è in effetti accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).

Relativamente all'indicazione della commessa violazione, osserva il Collegio che a norma dell'art. 201 del codice della strada, come ribadito dall'art. 383, comma 1, del relativo regolamento di esecuzione, il verbale di contestazione della infrazione deve contenere gli estremi dettagliati e precisi della violazione, con riguardo al "giorno, ora e località", prescrizioni dirette a garantire l'esercizio del contraddittorio da parte del presunto contravventore, a fronte delle quali, ove sia stata indicata nel verbale la strada, è da ritenere priva di fondamento la doglianza relativa alla mancata indicazione del numero civico, non confortata dalla prova, relativa alle caratteristiche del luogo ed al sito esatto in cui il veicolo si trovava, atta ad escludere che fosse stata commessa l'infrazione (Cass. n. 9974 del 2016; Cass. n. 8939 del 2005; Cass. n. 7993 del 2005).

Nella specie, il verbale di violazione al codice della strada indicava il luogo ove era stata commessa l'infrazione nel piazzale della aerostazione di (Omissis)-(Omissis), su corsia riservata ad altri veicoli. Tanto basta, alla stregua del richiamato principio di diritto, ai fini della validità del verbale;

- con il secondo motivo parte ricorrente lamenta - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione degli artt. 101, comma 2, 112, 115, 116 c.p.c. e dell'art. 2697 c.c., laddove il giudice dell'appello aveva rilevato d'ufficio l'idoneità della dicitura presente nel verbale impugnato relativa al luogo dell'infrazione e relativa alla causa giustificatrice dell'omessa contestazione immediata, nonostante la mancata contestazione del Prefetto di (Omissis) nel giudizio di primo grado delle eccezioni sollevate dall'opposizione del ricorrente.

Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 - la violazione degli artt. 200, 201 C.d.S. e dell'art. 384 reg. att. C.d.S., nella parte in cui il Tribunale (Omissis) asseriva che il verbalizzante giustificava in maniera sufficiente l'omessa contestazione immediata, seppur con la dicitura generica e di stile "accertatore impegnato a regolare il traffico".

Le due censure - da trattare unitariamente, vertendo entrambe sulla medesima questione della modalità di elevazione della contestazione - non possono trovare ingresso. Richiamato quanto esposto nel primo motivo con riferimento al luogo, è da osservare, in proposito del momento della elevazione della contestazione, che costituisce ormai principio consolidato in giurisprudenza che la disposizione generale in tema di contestazione delle violazioni amministrative, dettata dall'esaminato L. n. 689 del 1981, art. 14 deve ritenersi derogata dalla regolamentazione speciale prevista in materia di infrazioni derivanti dalla trasgressione delle norme sulla circolazione stradale come dettagliatamente emergenti dagli artt. 200 e 201 del vigente C.d.S.(approvato, in origine, con D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285). Invero il richiamato art. 200, al comma 1 (come modificato dalla L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 35), dispone, in via generale, che la violazione "fuori dei casi di cui all'art. 201, comma 1-bis, quando è possibile, deve essere immediatamente contestata" tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al pagamento della somma dovuta (con obbligo, in ogni caso, di notificazione del verbale ai soggetti solidalmente responsabili, di cui all'art. 196 C.d.S., entro 100 giorni dall'accertamento della violazione). Al comma 2 dello stesso art. 200 (come sostituito dallo stesso art. 35 della L. n. 120 del 2010) è stata prevista la facoltà, per l'organo accertatore, di redigere il verbale di contestazione con l'ausilio di sistemi informatici, sottolineandosi, però, come anche in tal caso il verbale debba contenere la sommaria descrizione del fatto accertato, degli elementi essenziali idonei all'identificazione del trasgressore e della targa del veicolo mediante il quale sia risultata commessa l'infrazione, aggiungendosi che, a tal fine, occorre, comunque, ricollegarsi alle previsioni emergenti dal regolamento dello stesso C.d.S. (già approvato in origine con il D.P.R. n. 495 del 1992).

L'art. 200 C.d.S., prevede, dunque, che la violazione deve essere immediatamente contestata al trasgressore "quando è possibile", dovendo altrimenti procedersi alla notifica del verbale ex art. 201. Il senso della locuzione "quando è possibile" è chiarito dall'art. 384 reg. esec. c.p.c., (D.P.R. n. 495 del 1992), ove si indicano esemplificativamente alcuni casi di materiale impossibilità della contestazione immediata, tipizzandoli, senza, perciò, lasciare, in caso di loro sussistenza, alcun margine di apprezzamento in sede giudiziaria circa la possibilità di contestazione immediata, per cui la loro indicazione nel verbale di contestazione implica di per se’ la giustificazione della mancata contestazione immediata, stante l'affermazione ex lege della sua impossibilità (Cass. 19902 del 2009 e Cass. n. 23222 del 2013). Per le violazioni riconducibili a tutti questi casi, perciò, non è più necessaria la contestazione immediata e, sulla scorta del disposto del nuovo comma 1 ter del medesimo art. 201 (introdotto sempre per effetto del D.L. n. 27 giugno 2003, n. 151, art. 4 conv. nella L. 1 agosto 2003, n. 214, ed integrato ad opera della L. 29 luglio 2010, n. 120, art. 36), si evince che il legislatore non ha inteso imporre nemmeno l'osservanza dell'obbligo dell'esplicitazione dei relativi motivi, da ritenersi insiti - per presunzione di legge - nella natura stessa delle violazioni, risultando sufficiente procedere, nei termini prescritti, alla notificazione degli estremi dell'infrazione in modo preciso e dettagliato e con l'indicazione degli ulteriori elementi contenuti nell'art. 385 reg. esec., comma 1. Più precisamente il citato comma 1 ter, nel primo periodo, recita: "Nei casi diversi da quelli di cui al comma 1 bis nei quali non è avvenuta la contestazione immediata, il verbale notificato agli interessati deve contenere anche l'indicazione dei motivi che hanno reso impossibile la contestazione immediata".

Nella specie, dalla sentenza impugnata risulta che l'omessa contestazione immediata dell'infrazione al (Soggetto 1) è stata dovuta al fatto di essere l'accertatore "impegnato a regolare il traffico", per cui si trovava nella materiale impossibilità di effettuare la contestazione senza interrompere il servizio.

D'altro canto, nel valutare la legittimità di un verbale con contestazione differita, il giudice, tenuto conto essenzialmente del tipo di infrazione, deve limitarsi a verificare l'indicazione di una plausibile ragione che abbia determinato il differimento (quale, nella specie, si rivela l'accertamento della violazione mentre l'agente era impegnato a regolare il traffico), senza che sussista alcun margine da parte del giudice stesso di apprezzare nel concreto le scelte organizzative compiute dall'amministrazione;

- con la quarta ed ultima censura parte ricorrente afferma - ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, la violazione degli artt. 96 c.p.c., 91 comma 4, c.p.c. e 82, comma 1, c.p.c., nonché dell'art. 2697 c.c., nella parte in cui il giudice dell'appello applicava e liquidava il danno da lite temeraria e le spese legali in misura ritenuta dal ricorrente "maggiore al limite imposto dalla legge".

La censura è destituita di fondamento.

Questa Corte ha reiteratamente affermato che (Cass. n. 3032 del 1978) ai fini della condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. non occorre necessariamente la consapevolezza del proprio torto al momento della proposizione della domanda da parte dell'attore (ipotesi, peraltro, prevista dal citato articolo con l'espresso riferimento alla "mala fede") ma è sufficiente la "colpa grave", la quale si concreta nel mancato doveroso impiego di quella diligenza, che consenta di avvertire facilmente l'ingiustizia della propria domanda. L'accertamento di tale "colpa grave", implicando un apprezzamento di mero fatto, è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

Trattasi di principio ribadito anche di recente da Cass. n. 19298 del 2016 a mente della quale l'accertamento dei requisiti costituiti dall'aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, ovvero dal difetto della normale prudenza, implica un apprezzamento di fatto non censurabile in sede di legittimità, salvo - per i ricorsi proposti avverso sentenze depositate prima dell'11.9.2012 - il controllo di sufficienza della motivazione.

Il Tribunale, con argomentata e logica motivazione, ha evidenziato le ragioni in base alle quali l'appello avverso la sentenza che aveva definito il giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione era da reputarsi idonea a fondare la responsabilità ex art. 96 c.p.c., per essere "assolutamente palese" la sua infondato, denotando un'evidente funzione dilatoria, rispetto alla legittimità della contestazione mossagli. A tale analitica ricostruzione, il ricorrente si limita a contrapporre il proprio personale convincimento, peraltro smentito già dalla disamina dei precedenti motivi, della bontà della propria opposizione, aspirando nella sostanza ad una non consentita rivalutazione del merito.

Quanto, infine alla deduzione secondo cui la somma dovuta a titolo risarcitorio sarebbe stata liquidata senza la prova del danno, valga richiamare il principio secondo cui (Cass. n. 8857 del 1996) l'espressa previsione, da parte dell'art. 96 c.p.c., del potere del giudice di liquidare il danno da responsabilità processuale aggravata si basa sulla considerazione che tale danno non può di norma essere provato nel suo esatto ammontare e quindi deve poter essere liquidato equitativamente dal giudice (conf. Cass. n. 10196 del 2000).

Anche la censura sull'entità del danno liquidata, da parametrarsi alle spese processuali, è da ritenere del tutto infondata per essere le medesime comprese, con riferimento allo stesso scaglione indicato dal ricorrente, fra un minimo di Euro 332,00 ed un massimo di Euro 994,00.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

Nessuna pronuncia è necessaria per regolare le spese del presente giudizio in mancanza di difese svolge dalla Prefettura rimasta intimata.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1-quater del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228-12, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato per il ricorso principale a norma dell'art. 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione Civile, il 24 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2023.

 

DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.


Canale TELEGRAM

   Per essere sempre aggiornati sulle novità e sulle attività di Circolazione Stradale, è possibile iscriversi liberamente al canale pubblico Telegram di Circolazione Stradale attraverso questo link: https://t.me/CircolazioneStradale