Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione quarta, sentenza n. 39303 del 6 ottobre 2021

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 39303 del 06/10/2021
Circolazione Stradale - Art. 14 del Codice della Strada - Poteri e compiti degli enti proprietari delle strade - Accumulo di neve o ghiaccio sulla strada - Sinistro stradale cagionato - Responsabilità - L'omissione nell'organizzare con diligenza e tempestività l'attività diretta ad evitare la formazione di neve o ghiaccio da parte dell'ente proprietario o della ditta appaltatrice, rendendo in tal modo possibile la formazione di lastre di ghiaccio sul manto stradale ed avvenuta solo dopo il verificarsi del sinistro, costituisce un comportamento imprudente, negligente e imperito in quanto non è stata valutata adeguatamente la necessità di prestare il servizio in tempo utile.


RITENUTO IN FATTO

 1. Il Tribunale di Monza con sentenza in epigrafe, confermava la sentenza pronunciata dal giudice di Pace del 16.01.2019, impugnata dall'imputato H. C., che era stato condannato alla pena della multa di 800,00 euro oltre al risarcimento del danno nei confronti della costituita parte civile S. M. B., in relazione al reato di lesioni colpose patite il 26.02.2013, allorchè viaggiando con la sua auto a velocità moderata, a causa del ghiaccio presente sul manto stradale, andava in testa coda e sbatteva contro un muro.
 2. All'imputato in qualità di legale rappresentante della M. C. E. s.r.l. veniva contestato di non aver ottemperato in maniera corretta al dovere di sgombro della neve e dell'eventuale formazione di ghiaccio sulle strade del Comune di B. e in particolare di aver omesso di organizzare con diligenza e tempestività l'attività diretta ad evitare la formazione del ghiaccio così come previsto dal contratto di servizio di sgombero neve e antigelate sul territorio comunale n. 880/12, rendendo in tal modo possibile la formazione di lastre di ghiaccio sul manto stradale su cui la persona offesa transitava, perdendo il controllo dell'autovettura andando a sbattere, dopo un testacoda, contro un albero e riportando lesioni giudicate guaribili in giorni 15.
 3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione C. H. articolando i seguenti motivi:
 I) violazione di legge in relazione all'art. 43 in quanto la responsabilità colposa era stata dichiarata sulla base di mere supposizioni e cioè che il servizio non era stato improntato a diligenza e prudenza; il Comune non ha mai contestato alcunchè circa la corretta esecuzione del contratto di sgombero neve. Non si comprende quale sia la regola cautelare violata e soprattutto quale doveva essere l'orario corretto in cui doveva essere svolto il servizio. Si è trattato di un'attribuzione oggettiva di responsabilità.
 II) violazione di legge in relazione alla eccessività del trattamento sanzionatorio che ha costituito motivo di appello e che non è stato trattato nella sentenza impugnata.
 4. Il Procuratore generale in sede ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
 4.1. La difesa dell'imputato ha presentato motivi aggiunti e memoria conclusionale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

 1. Il ricorso è inammissibile in quanto i motivi sono generici aspecifici sostanzialmente ripetitivi delle censure di appello.
 1.1. Va ribadito che compito del giudice di legittimità, allo stato della normativa vigente, è quello di accertare la coerenza logica delle argomentazioni poste dal giudice di merito a sostegno della propria decisione, non già quello di stabilire se la stessa proponga la migliore ricostruzione dei fatti. Il giudice di legittimità deve verificare se questa sia coerente con una valutazione di logicità giuridica della fattispecie nell'ambito di una plausibile opinabilità di apprezzamento; ciò in quanto l'art. 606 c. p. p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di Cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali (ex pluribus: Sez. 4 n. 4842 del 2.12.03, Rv 229369), pertanto, non può integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. È stato affermato, in particolare, che la illogicità della motivazione, censurabile a norma dei citato art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile "ictu oculi", dovendo il sindacato demandato alla Corte di Cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata (Cass. SU 24.9.2003, n. 47289 Petrella, Rv. 226074).
 Orbene, alla stregua di tali principi, deve prendersi atto del fatto che la sentenza impugnata non presenta il vizio dedotto, né tanto meno un vizio che afferisce alla violazione di legge sostanziale, atteso che l'articolata valutazione, da parte dei giudici di merito, degli elementi probatori acquisiti, rende ampio conto delle ragioni che hanno indotto gli stessi giudici a ritenere la responsabilità del ricorrente, e le censure proposte finiscono sostanzialmente per riproporre argomenti già esposti in sede di appello, che tuttavia risultano ampiamente vagliati e correttamente disattesi dalla Corte territoriale la quale ha ribadito non solo la rilevanza eziologica della condotta del ricorrente nel determinare i presupposti del sinistro, in ragione di un comportamento imprudente e non adeguato alle condizioni metereologiche.
 1.2. Argomenta la Corte di appello che la criticità della situazione stradale era accertata oltre che dal contenuto delle schede di intervento depositate proprio dalla difesa dell'imputato dalle quali è evidente che in tutti i giorni precedenti il 26 febbraio erano stati adoperati mezzi spargisale per la prevenzione delle gelate, sia durante le ore notturne che del primo mattino, mentre il giorno dell'incidente il servizio era partito solo alle 8,30, dopo il verificarsi dell'incidente medesimo, accaduto alle ore 7,30; con ciò ponendo in esser un comportamento imprudente, negligente e imperito in quanto non è stato valutata adeguatamente la necessità di prestare il servizio in un orario utile a consentire la circolazione stradale, e cioè nelle prime ore del mattino, caratterizzate da un maggiore afflusso del traffico.
 Pertanto del tutto correttamente i Giudici di merito hanno ritenuto di riconoscere la inosservanza da parte dell'imputato di elementari regole di prudenza che ha costituito l'antecedente causale del verificarsi dell'evento.
 La motivazione della sentenza impugnata non palesa pertanto alcuna deviazione dai principi in punto di causalità materiale si presenta logica e congruamente espressa, coerente espressione degli elementi acquisiti nei giudizi di merito e non si presta a censure dinanzi a questo giudice di legittimità, censure che peraltro non si confrontano con la struttura argomentativa ma si limitano a reiterare in maniera generica senza confrontarsi con le puntuali argomentazioni della Corte di Appello.
 1.3. Il secondo motivo è manifestamente infondato. Il Giudice infatti ha ritenuto con giudizio insindacabile l'entità della pena proporzionata alla gravità del fatto.
 Va ricordato che la quantificazione della pena nell'ambito della cornice edittale, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità ove motivata e nell'ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all'obbligo motivazionale di cui all'art. 125, comma terzo, cod. pen., anche ove adoperi solo espressioni come "pena congrua", "pena equa", "congruo aumento" (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 33773 del 29/05/2007, Rv. 237402 - 01), oppure come nel caso di specie" proporzionata alla gravità del fatto", essendo nel richiamo al criterio di adeguatezza della pena impliciti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen. (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 46412 del 05/11/2015, Rv. 265283 - 01).
 2. Va dichiarata la inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, 6 ottobre 2021.

 

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