Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quinta, sentenza n. 27896 del 19 luglio 2023

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione V, sentenza numero 27896 del 19/07/2021
Circolazione Stradale - Art. 186 del Codice della Strada e art. 688 c.p. - Guida in stato di ebbrezza e manifesta ubriachezza - Differenza e nozione - La differenza tra l'ebbrezza e l'ubriachezza risiede nell'intensità dell'alterazione psicofisica, più grave nella seconda per la presenza di un maggiore tasso alcolemico, nonché nel fatto che mentre l'ebbrezza può non essere manifesta, l'ubriachezza è punibile solo quando lo è. L'ubriachezza, quindi, in se' comprende e assorbe, dal punto di vista clinico, l'ebbrezza, perché ne costituisce uno stato più avanzato.


RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO

Con la sentenza di cui in epigrafe il giudice di pace di (Omissis) condannava (Soggetto 1) alla pena ritenuta di giustizia, in relazione al reato ex art. 691, c.p., in rubrica ascrittogli.

2. Avverso la sentenza de giudice di pace, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, lamentando: 1) violazione di legge in relazione all'art. 195 c.p.p., comma 4, con riferimento alla inutilizzabilità della deposizione testimoniale dell'agente carabiniere (Soggetto 2), inviato nel circolo privato, in risposta ad una chiamata di soccorso, dove sarebbe avvenuta la somministrazione di birra a (Soggetto 3), in stato di manifesta ubriachezza, da parte di (Soggetto 1), posto che il suddetto (Soggetto 2), in violazione del disposto dell'art. 195 c.p.p., comma 4, ha riferito di circostanze apprese dal (Soggetto 3), soggetto assunto a sommarie informazioni testimoniali ex art. 351 c.p.p., in data 3.12.2017, il quale gli aveva rivelato che era stato il ricorrente a servirgli la bevanda alcolica.

Senza tacere che dall'esame del menzionato verbale di s.i.t., acquisito al fascicolo per il dibattimento con il consenso delle parti, non emerge in alcun modo che il (Soggetto 3) abbia fatto riferimento all'imputato, indicandolo come il soggetto che gli aveva effettivamente somministrato le bevande alcoliche, circostanza che contrasta con quanto riferito dal (Soggetto 2); 2) vizio di motivazione, poiché, come si evince dal contenuto dal verbale relativo all'udienza del 2.4.2019, il teste (Soggetto 2) non ha mai affermato, contrariamente a quanto si sostiene nella motivazione della sentenza impugnata, che il (Soggetto 3), al suo arrivo nel circolo, fosse in evidente stato di ebbrezza, ma solo che quest'ultimo "non era completamente ubriaco", anzi era cosciente di sè e ci raccontava di questa aggressione".

Del resto se il (Soggetto 3) si fosse trovato in stato di manifesta ubriachezza, vi sarebbero dubbi sulla attendibilità di quanto da lui dichiarato al teste; inoltre, rileva il ricorrente, nessun ulteriore elemento consente di affermare che sia stato proprio l'imputato a somministrare al (Soggetto 3) la birra, difettando, al tempo stesso, ogni motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento psicologico del reato, con particolare riferimento al profilo della consapevolezza dello stato di manifesta ubriachezza del (Soggetto 3).

Infine il ricorrente deduce l'omessa risposta da parte del giudice di merito alle questioni rappresentate dalla difesa con la memoria depositata in cancelleria in data 8.4.2019; 3) violazione di legge con riferimento alla disposta sanzione accessoria "della sospensione dell'esercizio dell'attività per la durata di mesi sei", che, per come formulata dal giudice di pace, sembra far intendere che la sanzione sia stata applicata non nei confronti dell'imputato, ma dell'intera associazione privata, gestrice del locale dove si è verificata la somministrazione, senza peraltro che in motivazione siano indicate le ragioni per cui è stata ritenuta congrua la durata di sei mesi di sospensione.

3. Con requisitoria scritta del 15.3.2021, depositata sulla base della previsione del D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8, che consente la trattazione orale in udienza solo dei ricorsi per i quali tale modalità di celebrazione è stata specificamente richiesta da una delle parti, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione chiede che il ricorso venga accolto solo con riferimento alla sanzione accessoria e dichiarato inammissibile nel resto.

4. Il ricorso va accolto per le seguenti ragioni.

5. Preliminarmente appare opportuno precisare che non può essere condivisa la censura del ricorrente volta a far valere la inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal teste (Soggetto 2).

Come affermato, infatti, da un orientamento della giurisprudenza di legittimità, condiviso dal Collegio, il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, contenuto nell'art. 195 c.p.p., comma 4, non riguarda i casi in cui la deposizione del teste di polizia giudiziaria non ha valore surrogatorio di quella del teste primario, ancorché non ancora acquisita nel processo, ma è solo illustrativa dello sviluppo dell'indagine e della complessiva coerenza degli elementi di prova raccolti, anche con riferimento all'evidenziazione di eventuali contrasti tra la dichiarazione resa dal teste alla polizia giudiziaria e quella dallo stesso resa in sede dibattimentale (cfr. Cass., Sez. 1, n. 13734 del 25/02/2020, Rv. 278974; Cass., Sez. 1, n. 44219 del 17/09/2014, Rv. 262067).

Tale appare la deposizione del (Soggetto 2), il cui contenuto ne evidenzia la natura illustrativa dello sviluppo delle indagini e della coerenza degli elementi di prova raccolti, senza surrogarsi alla deposizione del teste primario (Soggetto 3) (cfr. 2 della sentenza oggetto di ricorso).

Il divieto di testimonianza indiretta degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria, contenuto nell'art. 195 c.p.p., comma 4, non riguarda i casi in cui la deposizione del teste di polizia giudiziaria non ha valore surrogatorio di quella del teste primario, già acquisita nel processo, ma è solo illustrativa di essa, essendo limitata a provare che non vi è contrasto tra la dichiarazione resa dal teste alla polizia giudiziaria e quella fornita dal medesimo nell'esame dibattimentale.

6. Ciò posto va rilevata una mancanza assoluta di motivazione, che si traduce in vizio di violazione di legge, rilevabile anche d'ufficio in sede di legittimità, ai sensi dell'art. 609 c.p.p., comma 2, in esso assorbita ogni ulteriore doglianza, con riferimento alla configurabilità del reato di cui si discute, sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo.

Ai sensi dell'art. 691 c.p., comma 1, è punito con l'arresto da tre mesi a un anno "chiunque somministra bevande alcooliche a una persona in stato di manifesta ubriachezza".

Come è stato correttamente rilevato in dottrina, la finalità di tale previsione normativa consiste nel tutelare la salute del soggetto affetto da ubriachezza, che rappresenta la vittima della somministrazione. La norma in questione, tuttavia, non definisce la nozione di "manifesta ubriachezza", che è compito dell'interprete ricostruire, costituendo elemento costitutivo della fattispecie legale.

In tale opera ricostruttiva soccorre l'elaborazione svolta dalla giurisprudenza di legittimità in sede di interpretazione del testo dell'art. 688, c.p., secondo cui la "manifesta ubriachezza" costituiva di per se’ reato, prima che tale fattispecie venisse trasformata in illecito amministrativo dal D.Lgs. 30 dicembre 1999, n. 507, art. 54.

Per individuare il concetto di manifesta ubriachezza bisogna, pertanto, fare riferimento alla giurisprudenza relativa all'art. 688 c.p., prima che il reato di ubriachezza venisse depenalizzato, in quanto l'intervenuta depenalizzazione del reato in questione, non fa venir meno la rilevanza della nozione di "manifesta ubriachezza", elaborata dalla giurisprudenza di legittimità in passato, con riferimento alla fattispecie di cui all'art. 691 c.p., in cui tale condizione rappresenta uno degli elementi costitutivi del reato.

Si è così affermato che la contravvenzione di ubriachezza punita dall'art. 688 c.p., concorre con la guida in stato di ebbrezza punita dall'art. 186 C.d.S., data la diversità degli interessi giuridici rispettivamente tutelati dalle due norme. Nel codice penale, infatti, l'art. 688 mira alla prevenzione dell'alcolismo e alla tutela dell'ordine pubblico, in quello stradale, invece, l'art. 186 vuole garantire la sicurezza della circolazione sulle strade e l'incolumità di chi vi si trova. La differenza tra l'ebbrezza e l'ubriachezza sta nell'intensità dell'alterazione psicofisica, più grave nella seconda per la presenza di un maggior tasso alcolemico, nonché nel fatto che mentre l'ebbrezza può non essere manifesta, l'ubriachezza è punibile solo quando lo è. L'ubriachezza, quindi, in se’ comprende e assorbe, dal punto di vista clinico, l'ebbrezza, perché ne costituisce uno stato più avanzato: ma, per essere perseguibile, deve essere oltre che in luogo pubblico, anche manifesta (cfr. Cass., Sez, U, n. 1299 del 27/09/1995, Rv. 203633).

Ed ancora: il reato di cui all'art. 688 c.p., deve ritenersi pienamente sussistente laddove il comportamento in pubblico dell'agente denunci inequivocabilmente uno stato di manifesta ubriachezza, tale da essere facilmente percepite da chiunque, come nel caso in cui lo agente presenti un alito fortemente alcoolico, abbia un'andatura barcollante e presenti una pronuncia incerta e balbettante (cfr. Cass., Sez. 4, n. 6336 del 20/12/1985, Rv. 173234).

Ed infine che l'ubriachezza è manifesta quando il grado di intensità sia tale che tutti possano avvedersene. Alla stregua di tale principio, conforme al testo dell'art. 688 c.p., lo stato di ubriachezza in luogo pubblico è oggetto di comune apprezzamento senza bisogno di indagini peritali, non richieste dalla legge (cfr. Cass., Sez. 6, n. 1965 del 26/05/1975, Rv. 132301).

Orbene la consapevolezza di tale tematica risulta del tutto assente nella concisa motivazione della sentenza oggetto di ricorso, in cui il giudice di pace deduce la sussistenza della manifesta ubriachezza del (Soggetto 3), esclusivamente dal suo stato di ebbrezza, che, come si è detto, è condizione diversa dalla manifesta ubriachezza.

7. Sulla base delle svolte considerazioni la sentenza impugnata va annullata con rinvio al giudice di pace di (Omissis) in diversa composizione fisica per nuovo esame sul punto, da svolgere in conformità ai principi di diritto in precedenza enunciati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al giudice di pace di (Omissis) in diversa persona fisica.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 luglio 2021.

 

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