Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 15215 del 5 aprile 2018

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 15215 del 05/04/2018
Circolazione Stradale - Art. 140, 218 e 222 del Codice della Strada - Art. 589 c.p. - Comportamenti costituenti pericolo o intralcio per la circolazione - Salvaguardata della sicurezza stradale - Sanzioni amministrative accessorie all'accertamento di reati - Sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida - Omicidio colposo - In materia di circolazione stradale può costituire condotta colposa causalmente determinante nella verificazione di un sinistro anche la scelta di porsi alla guida di un veicolo in condizioni psico-fisiche non idonee a garantire il controllo del mezzo come nel caso di chi abbia subito frequenti, ripetuti e comprovati episodi di crisi sincopali, genericamente intese perché di dubbia eziologia, avesse cognizione del fatto che tale perdurante malattia avrebbe potuto condurre nuovamente ad eventi analoghi.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Venezia, con la sentenza indicata in epigrafe, ha parzialmente riformato, dichiarando la prescrizione del reato di cui al capo A (artt. 48 e 479 c.p.) e riducendo la pena in relazione al capo B (art. 589 c.p., commi 1 e 2, art. 61 c.p., n. 3), previa esclusione dell'aggravante prevista dall'art. 61 c.p., n. 3, la pronuncia di condanna emessa in data 9/06/2015 dal Tribunale di Verona nei confronti di Z. G., ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione di norme regolatrici della circolazione stradale ai danni di G. M. B. commesso in (OMISSIS) (decesso in data (OMISSIS)). La Corte di Appello ha revocato le statuizioni civili a seguito di revoca della costituzione delle parti civili.

2. I giudici di merito hanno così ricostruito il fatto: il (OMISSIS) l'imputato procedeva alla guida dell'autoveicolo BMW X3 quando, a causa di un malore, aveva omesso di svoltare a sinistra ed aveva imboccato contromano la via (OMISSIS), percorsa dalla vittima nel corretto senso di marcia a bordo della sua bicicletta, provocandone la morte per essere passato con le due ruote del lato destro dell'autovettura sul corpo della ciclista; i soccorritori avevano trovato l'imputato all'interno dell'abitacolo ancora in stato di coscienza compromesso con crisi convulsive.

2.1. Il Tribunale aveva desunto, dall'essere l'imputato sottoposto a terapia con (OMISSIS), farmaco indicato nel trattamento dell'epilessia ovvero in casi di improvvisa perdita di coscienza per brevi periodi (assenza), ovvero in caso di disturbo bipolare, che Z. G. si fosse posto alla guida sebbene dal 2003 si fossero verificati plurimi episodi di perdita di coscienza, nel 2004 fosse rimasto vittima di un sinistro stradale determinato da perdita di controllo del mezzo conseguente a perdita di coscienza, nell'anno 2006 si fosse manifestato un episodio di afasia transitoria e nell'anno 2008 si fosse manifestato un evento parestesico all'emivolto sinistro. Aveva, dunque, riconosciuto la circostanza aggravante dell'essersi l'imputato posto alla guida del veicolo con la consapevolezza di versare in condizioni di salute che avrebbero dovuto indurlo a desistere (art. 61 c.p., n. 3).

2.2. La Corte di Appello, premesso il rilievo della revoca della costituzione di parte civile, ha, invece, considerato che gli accertamenti diagnostici eseguiti nel corso degli anni dall'imputato, con specifico riferimento ad eventuali disturbi neurologici, avessero dato sempre esito negativo, per cui gli episodi di perdita di coscienza erano stati ascritti a sincope vasovagale recidivante piuttosto che a disturbi neurologici, senza che i curanti avessero avuto modo di perfezionare la diagnosi di "epilessia" e senza che la prescrizione del farmaco "(OMISSIS)" presupponesse tale diagnosi. Le stesse analisi eseguite durante il ricovero dell'imputato dopo l'evento per cui è processo avevano dato esito negativo, confermando la cruciale testimonianza del neurologo curante ed inducendo i giudici di appello ad escludere che Z. G. si fosse posto alla guida della propria autovettura avendo precisa cognizione di essere malato di epilessia, dunque ad escludere la circostanza aggravante prevista dall'art. 61 c.p., n. 3, pur confermando la condanna in quanto la perdita di controllo del veicolo non potesse ritenersi determinata da cause imprevedibili. Era, infatti, ben nota all'imputato la malattia connotata da frequenti crisi sincopali, seppure di incerta eziologia, comunque implicanti improvvise perdite di coscienza.

3. Z. G. propone ricorso per cassazione censurando la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

a) contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per travisamento della prova allorché i giudici di appello hanno affermato che l'imputato fosse perfettamente informato del sospetto diagnostico concernente un principio di relazione fra le ricorrenti crisi sincopali patite e alcuna forma di epilessia nota, mentre gli stessi giudici hanno assolto l'imputato dall'avere falsamente attestato, ai fini del rilascio della patente di guida, di non avere malattie neurologiche proprio perché non era stata mai perfezionata dai medici alcuna diagnosi di epilessia o altra patologia neurologica;

b) inosservanza o erronea applicazione della legge in relazione agli artt. 43 e 589 c.p., art. 192 c.p.p., comma 2, per avere i giudici di appello ritenuto che l'imputato avrebbe dovuto astenersi dal porsi alla guida sulla base di frequenti, ripetuti e comprovati episodi di assenza di coscienza, in realtà verificatisi solamente nei mesi di maggio e di novembre 2004, sette anni prima dell'evento per cui è processo. Dall'esame dibattimentale del dott. M. era, invece, emerso che lo specialista aveva programmato la riduzione completa del farmaco (OMISSIS) ed aveva spiegato le ragioni che lo avevano indotto a prescrivere tale farmaco, ma i giudici di merito hanno trascurato tali dichiarazioni. Gli ulteriori episodi indicati nella sentenza sono stati contraddetti dagli esiti dei due EEG effettuati nelle date del (OMISSIS) e del (OMISSIS) e non si trattava, in ogni caso, di episodi di perdita di coscienza ma di un evento parestesico. Nel ricorso si contesta l'affermazione concernente la condotta dell'imputato, con riferimento all'essersi posto alla guida subito dopo aver avvertito sintomi di malessere, ritenendo tale affermazione contraddetta dalla tempistica degli avvenimenti, e si esaminano gli episodi verificatisi nel periodo 2004-2009 per desumerne l'eziologia cardiologica e l'inconsistenza di una pronuncia di condanna fondata sulla prova che l'imputato soffrisse di epilessia;

c) inosservanza o erronea applicazione della legge in relazione agli artt. 43 e 589 c.p., art. 533 c.p.p. per essere stata pronunciata condanna nonostante fossero rimaste dubbie sia la causa della perdita di coscienza del (OMISSIS) sia la prevedibilità ed evitabilità dell'evento da parte dell'imputato;

d) mancanza della motivazione in relazione al D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 222, posto che la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida è stata irrogata nella misura massima di quattro anni senza alcuna motivazione.

4. Con memoria difensiva depositata il 16 febbraio 2018 il difensore del ricorrente ha svolto nuovi motivi deducendo travisamento della prova in relazione agli asseriti episodi di assenza di coscienza ripetutisi nel tempo.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.

1.1. Giova premettere che il vizio di travisamento della prova, nel caso in cui i giudici delle due fasi di merito siano pervenuti a decisione conforme, può essere dedotto solo nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez.4, n. 5615 del 13/11/2013, dep. 2014, Nicoli, Rv. 25843201) ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forme di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della persistente infedeltà delle motivazioni dettate in entrambe le decisioni di merito (Sez. 4, n. 44765 del 22/10/2013, Buonfine, Rv. 25683701).

1.2. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione dell'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) intenda far valere il vizio di "travisamento della prova" (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica) deve, inoltre, a pena di inammissibilità (Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Damiano, Rv. 249035):
 (a) identificare specificamente l'atto processuale sul quale fonda la doglianza;
 (b) individuare l'elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta asseritamene incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza impugnata;
 (c) dare la prova della verità dell'elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché dell'effettiva esistenza dell'atto processuale su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti nel fascicolo del dibattimento;
 (d) indicare le ragioni per cui l'atto invocato asseritamene inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l'intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale "incompatibilità" all'interno dell'impianto argomentativo del provvedimento impugnato.

1.3. Considerato che la Corte territoriale ha ribadito il giudizio di colpevolezza sul presupposto che, ancorché ne fosse incerta l'eziologia, all'imputato fosse ben noto il sospetto diagnostico di una relazione tra le crisi sincopali osservate e alcuna forma di epilessia per essergli stato indicato dal neurologo curante dott. M. (pag. 9-10), ancorché tale sospetto non avesse trovato conferma negli esami strumentali e non potesse dunque costituire la prova della falsa attestazione contestata al capo A) dell'imputazione, tanto è sufficiente per escludere il vizio dedotto in quanto la censura inerente al vizio di motivazione per travisamento della prova non comporta, in alcun caso, la possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione finalizzata a sovrapporre una propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sottolineare il suo convincimento. La rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali esclude il vizio di motivazione per travisamento della prova.

2. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso possono esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro connessi. Si tratta di motivi inammissibili.

2.1. Nello sviluppo di tali censure sono stati riproposti argomenti difensivi già sottoposti all'esame del giudice di appello e si sono riprodotte censure che tendono a contrastare brani della sentenza di primo grado, omettendo di confrontarsi con il chiaro tenore della sentenza qui impugnata, che ha del tutto chiarito che i dati istruttori avessero evidenziato come, nel corso degli anni, non fosse stato possibile pervenire a diagnosticare l'epilessia a carico di Z. G. per difetto di riscontro neurologico obiettivabile.

2.2. La Corte di Appello, replicando puntualmente alle censure mosse nell'atto di gravame ed in palese dissonanza da quanto asserito nel ricorso, ha ritenuto infondata l'affermazione, contenuta nell'imputazione e recepita nella sentenza di primo grado a fondamento della circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 3, secondo la quale l'imputato avesse realizzato una condotta che si collocava "nel rischio vietato, avendo precisa cognizione di essere malato di epilessia, con ciò violando deliberatamente la norma agendi che impone di farsi carico del pericolo correlato alla descritta diagnosi, nota da anni e fraudolentemente taciuta nel rendere dichiarazione sostitutiva del certificato anamnestico di data 5.5.2008". Partendo, anzi, dall'assunto per cui i dati istruttori avessero escluso che una diagnosi in tal senso fosse mai stata formulata, la Corte di Appello ha tuttavia ritenuto, con motivazione non manifestamente illogica, che chi abbia subito frequenti, ripetuti e comprovati episodi di "crisi sincopali", genericamente intese perché di dubbia eziologia, avesse cognizione del fatto che tale perdurante malattia avrebbe potuto condurre nuovamente ad eventi analoghi.

2.3. Dettagliata analisi è stata svolta dai giudici di secondo grado in merito a quella che è stata definita la "proposizione-chiave dell'appello", ossia l'affermazione, qui pedissequamente riproposta, secondo la quale dal 2004 al 2012 non si sarebbe verificato alcun altro episodio di perdita di coscienza; si è ritenuto che tale affermazione fosse smentita dalle risultanze istruttorie, che rivelavano due episodi nel 2006 e nel 2008 riconducibili a sintomi di origine neurologica, quest'ultimo ritenuto dallo stesso neurologo curante significativo ai fini del sospetto diagnostico tanto da indurre il dott. M. a perseverare nella somministrazione di (OMISSIS) e da rinviare la sospensione del farmaco a decorrere dall'assenza di crisi protratte per un arco di tempo compreso tra i due e i cinque anni.

2.4. A fronte di un così dettagliato esame delle risultanze istruttorie, le argomentazioni svolte nei due motivi di ricorso in esame si rivelano, sostanzialmente, tendenti ad una rivalutazione delle medesime risultanze e non superano, per tale ragione, il vaglio di ammissibilità.

3. Giova sottolineare, in linea di principio, che i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione della normativa concernente la cosiddetta causalità della colpa, per come interpretata nelle sentenze della Corte di Cassazione, che ha ripetutamente riconosciuto la possibilità di ricondurre causalmente l'evento alla condotta colposa dell'imputato anche sulla base del comportamento antecedente la materiale condotta di guida, tale da denotare la violazione di elementari regole di prudenza che devono assistere la stessa scelta di porsi alla guida di un veicolo.

3.1. In materia di circolazione stradale può, infatti, costituire condotta colposa causalmente determinante nella verificazione di un sinistro, come si può desumere dalla attenzione posta dal legislatore alla pericolosità della guida in stato di ebbrezza o sotto l'effetto di sostanze stupefacenti, anche la scelta di porsi alla guida di un veicolo in condizioni psico-fisiche non idonee a garantire il controllo del mezzo (Sez. 4, n. 32931 del 20/05/2004, Oddo, Rv. 22908201). Va, pertanto, ribadito l'orientamento espresso dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sez.4, n. 32931 del 20/05/2004, Oddo, Rv. 22908201; Sez.4, n. 41097 del 30/10/2001, Bonanno, Rv. 22085901) secondo il quale il giudice può disattendere la tesi difensiva del malore improvviso ed incontrollabile, in tema di omicidio colposo determinato dalla perdita di controllo di un autoveicolo, in assenza di elementi concreti capaci di renderla plausibile ed in presenza, peraltro, di elementi idonei a far ritenere che la perdita di controllo del veicolo sia stata determinata da altro fattore non imprevedibile che avrebbe dovuto indurre il conducente a desistere dalla guida.

3.2. A tali considerazioni deve aggiungersi che l'improvviso malore, quale che sia l'inquadramento teorico da seguire (nell'ambito dell'elemento psicologico del reato, quale "caso fortuito", ovvero nello schema di cui all'art. 42 c.p., come ipotesi di compromissione della coscienza, tale da escludere la ricorrenza nella condotta dell'uomo dei caratteri tipici schematizzati della detta disposizione codicistica), presuppone sempre la imprevedibilità dell'evento causa di perdita della coscienza, cui va riferita l'ingovernabilità della condotta, come tale non più addebitabile a soggetto consapevole e responsabile, il quale, in situazione siffatta, non agit sed agitur. Si tratta, in altre parole, di una accidentalità non conoscibile e non eliminabile con l'uso della comune prudenza e diligenza, che opera imprevedibilmente e non può in alcun modo, nemmeno a titolo di colpa, farsi risalire all'attività psichica dell'agente. Premessa tale impostazione teorica, le ulteriori deduzioni difensive si articolano sul giudizio di fatto: sul se, cioè, la perdita di coscienza, cui è stato imputato l'evento mortale, fosse circostanza prevedibile, ancorché colposamente e colpevolmente non prevista, oppure no, come opina il deducente formulando, però, un giudizio di segno opposto a quello espresso, motivatamente e ragionevolmente, dai giudici di merito. Deduzione, quindi, priva di rilevanza persuasiva in sede di giudizio di legittimità, laddove l'accertamento in fatto, ove correttamente motivato, come nel caso di specie, non può essere posto in discussione.

4. Il quarto motivo di ricorso è infondato.

Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di Cassazione che il giudice che irroghi la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, ove non ne fissi la durata nel minimo o in misura assai prossima a questo, deve congruamente motivare l'esercizio del suo potere discrezionale sul punto. Nel caso concreto, la gravità della colpa, evenienza sottolineata dal giudicante nel corpo della motivazione, costituisce chiara spiegazione delle ragioni che hanno indotto i giudici di merito a determinare la durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida in misura pari al massimo edittale.

5. Conclusivamente, il ricorso è infondato; segue, a norma dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2018.

Depositato in Cancelleria il 5 aprile 2018.

 

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