Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione terza, sentenza n. 337 del 13 gennaio 2016

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione III, sentenza numero 337 del 13/01/2016
Circolazione Stradale - Art. 145 del Codice della Strada - Omessa precedenza all'intersezione - Sinistro stradale - Massima prudenza - Finalità del precetto - La ratio della norma che prevede la massima prudenza al fine di evitare incidenti si rivolge a tutti i conducenti, anche a quello favorito, il diritto di precedenza spettante al conducente del veicolo proveniente da destra non esonera il conducente medesimo dall'obbligo di usare la dovuta attenzione nell'attraversamento di un incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada che non si attengano alla norma prevista dal comma 2 dello stesso art. 145 di concedere la precedenza a chi proviene da destra.


FATTI DI CAUSA

(Soggetto 1) convenne dinanzi al Tribunale di Firenze sia (Soggetto 2) che la compagnia M. Assicurazioni s.p.a. per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al sinistro stradale avvenuto in (Omissis).

Deduceva in proposito l'attore che, mentre si trovava alla guida della propria auto e stava percorrendo (Omissis), si soffermava all'altezza dell'incrocio con (Omissis) per dare la precedenza alle auto provenienti da detta via, quando accintosi ad imboccare il medesimo incrocio per girare a destra, veniva violentemente investito dall'auto di proprietà e condotta da (Soggetto 2), proveniente da destra a fortissima velocità e tutta spostata sulla corsia di sinistra.

A seguito dello scontro riportava tetraplegia completa, avendo perso ogni funzione dal collo in giù, per cui promuoveva il giudizio domandando la somma di L. 1.899.814.990, oltre accessori, oltre ad ulteriore somma di L. 25-30 milioni annui per assistenza alla sua persona, il tutto al netto di quanto dovuto dagli enti assicurativi.

I convenuti si costituirono e sostennero che la responsabilità nella verificazione del sinistro era esclusivamente dell'attore in quanto proveniente da una via regolata da un cartello che riportava la dicitura "dare la precedenza"; contestavano inoltre che la macchina del convenuto transitasse a velocità elevata e che fosse spostata a sinistra.

Intervenne l'Inail che dedusse di aver erogato a favore dell'attore, in conseguenza dell'infortunio, la somma di L. 425.173.514 per cui chiedeva la condanna dei convenuti a detrarre dalla somme del risarcimento totale a favore dell'attore quanto a questi già liquidato da esso ente con assegnazione di questa somma direttamente all'istituto.

Di seguito intervenivano volontariamente gli stretti congiunti dell'attore chiedendo il risarcimento dei danni da essi subiti in conseguenza delle menomate condizioni del (Soggetto 1).

Si costituì anche l'Inps concludendo per la condanna dei convenuti al pagamento della somma di L. 156.095.810, oltre interessi e rivalutazione.

Il Tribunale, ai fini che ancora interessano per il ricorso, confermò l'ordinanza del G.I. in data 11 aprile 1998 ai sensi dell'art. 186 quater; per l'effetto ritenne che l'attore avrebbe dovuto rispettare il segnale di dare la precedenza e che la responsabilità nella causazione dell'evento era pari al 60% a carico dell'attore, mentre il restante 40% poteva essere addebitato al convenuto il quale, in considerazione della particolarità del quadrivio aveva mantenuto un'eccessiva velocità. Il detto Tribunale ritenne inoltre di confermare l'ordinanza resa dal giudice per quanto riguarda la valutazione dei postumi, a titolo di invalidità permanente, nella misura dell'80%.

Avverso detta sentenza propose appello (Soggetto 1).

La Corte d'appello ha rigettato integralmente il gravame.

Propone ricorso per cassazione (Soggetto 1) con quattro motivi assistiti da memoria.

Resiste con controricorso la M. Assicurazioni.

(Soggetto 2) non svolge attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione dell'art. 105 C.d.S., D.P.R. n. 393 del 1959, vigente ratione temporis".

Il ricorrente, sul riparto della responsabilità e sull'obbligo di dare la precedenza, articola il discorso sul D.P.R. n. 393 del 1959, vecchio art. 105 e sul nuovo testo dell'art. 145 C.d.S. (quest'ultimo non applicabile alla fattispecie de qua) laddove l'art. 145 C.d.S., aggiunge il concetto della intersecazione delle traiettorie.

Il motivo deve essere rigettato.

Il giudice d'appello tiene conto delle suddette disposizioni, ma aggiunge che, anche a voler prescindere dalla categorica indicazione del codice della strada previgente (art. 105) e a voler guardare il comportamento in concreto assunto dal conducente, si giunge alle stesse conclusioni del primo giudice. Dunque, è una questione di merito stabilire se il ricorrente adottò la prudenza richiesta.

La ricostruzione delle modalità dell'incidente e, quindi, del comportamento dei conducenti coinvolti nello stesso, essendo una questione di fatto, rientra nei poteri del giudice di merito e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso in esame, adeguatamente motivata.

E comunque in tema di circolazione stradale anche il nuovo art. 145 C.d.S., comma 1 - nel prevedere che i conducenti, approssimandosi ad una intersezione, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti - si rivolge a tutti i conducenti, anche al conducente favorito, giacchè il diritto di precedenza spettante al conducente del veicolo proveniente da destra non esonera il conducente medesimo dall1obbligo di usare la dovuta attenzione nell'attraversamento di un incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada che non si attengano alla norma, recata del medesimo art. 145, comma 2, che impone di dare la precedenza a chi proviene da destra, salvo diversa segnalazione (Cass., 13 luglio 2006, n. 15928). Ne deriva che anche il conducente "favorito" non può andare esente da colpa per non aver osservato il precetto della massima prudenza impostogli dal codice della strada.

Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia "omesso esame circa un fatto decisivo per il pregiudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti: le risultanze del verbale della polizia municipale e le dichiarazioni confessorie del convenuto".

Sostiene il ricorrente che l'impugnata sentenza ha omesso di esaminare il verbale della Polizia municipale di (Omissis) e le dichiarazioni confessorie di (Soggetto 2): A suo avviso da tali atti non emerge infatti alcuna sua responsabilità, avendo egli mantenuto strettamente la propria destra e non avendo impegnato l'incrocio ad una velocità eccessiva. Ritiene inoltre il ricorrente che l'impugnata sentenza, pur avendo fatto propria in modo acritico la c.t.u., non la ha correttamente interpretata.

Il motivo è infondato.

Costituisce principio del tutto pacifico nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l'accertamento e la graduazione della colpa, l'esistenza o l'esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l'evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (tra le tante, Cass., 10 agosto 2004, n. 15434).

L'impugnata sentenza (pagg. 5 e 6), dopo aver effettuato una accurata disamina del rapporto della polizia municipale e della c.t.u., ha concluso, in merito alla responsabilità del (Soggetto 1), che quest'ultimo non rispettò l'obbligo di dare la precedenza, che lo stesso non si mantenne, nella manovra di svolta a destra, sul proprio margine destro e che tenne una velocità eccessiva, in ogni caso incompatibile con lo stato dei luoghi (incrocio e restringimento della sede stradale, oltre a fondo stradale bagnato, come emerge dal rapporto di polizia municipale).

Nella specie il motivo d'impugnazione tende ad ottenere, in questa sede, un riesame del materiale probatorio al fine di farne derivare una valutazione, circa le modalità del sinistro e il grado di colpa dei protagonisti, diversa da quella compiuta dal giudice di merito.

Con il terzo motivo si denuncia "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti: la domanda di liquidazione del danno esistenziale".

Ritiene il ricorrente che la sentenza impugnata non ha riconosciuto in suo favore il danno esistenziale, all'interno del danno non patrimoniale. Ritiene altresì che l'effettivo danno da lui riportato ha trasformato radicalmente la sua vita di ragazzo giovane (31 anni) pieno di vitalità, dedito a tutte quelle attività lavorative, ricreative, sportive e di relazione tipiche di un ragazzo di quell'età.

Il motivo è infondato.

Emerge dall'impugnata sentenza che il danno esistenziale è stato riconosciuto comprendendolo nel danno non patrimoniale. Infatti il giudice ha precisato che il danno esistenziale non è una voce diversa e autonoma del danno non patrimoniale e lo ha liquidato unitariamente (Cass., Sez. un., 11 novembre 2008, n. 26972).

Con il quarto motivo si lamenta "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: la valutazione scientifica degli esiti sanitari dell'incidente".

Ritiene il ricorrente che sia il giudice di primo grado che il giudice d'appello hanno omesso di esaminare gli elementi scientifici a sostegno della differente valutazione percentualistica del danno e quindi se, su base dell'esame clinico e dato il quadro sanitario riscontrato, sulla base della più attenta letteratura medica, il danno riportato da esso ricorrente potesse essere valutato in termini di percentuale di invalidità nell'ambito del 100% (o, quantomeno, del 90%) anzichè, come riportato dal c.t.u. di primo grado, dell'80%.

Il motivo è infondato.

Con una congrua motivazione l'impugnata sentenza ha ritenuto che il richiamo ad una divergente letteratura scientifica non basta a sminuire le risultanze peritali: non emerge infatti alcun errore, imprecisione, incompletezza, carenza di indagine, da parte del c.t.u. e l'elaborato redatto in primo grado chiarisce le ragioni di tale minore quantificazione poi fatta propria dal primo giudice.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna di parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 ottobre 2015.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2016.

 

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