Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione prima, sentenza n. 15928 del 13 luglio 2006

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione I, sentenza numero 15928 del 13/07/2006
Circolazione Stradale - Art. 145 del Codice della Strada - Omessa precedenza all'intersezione - Sinistro stradale - Massima prudenza - Finalità del precetto - La norma che regola il comportamento del conducente all'approssimarsi dell'intersezione ha una finalità puramente preventiva e, per tale motivo, l'illecito amministrativo che si realizza per l'inosservanza del precetto non dipende dal punto dell'incrocio in cui accade l'incidente: anche una collisione verificatasi quando l'area di intersezione stia per essere interamente attraversata può dare la dimostrazione del fatto che il conducente non ha osservato il precetto della massima prudenza impostogli dal codice della strada.


FATTI DI CAUSA

1. - Con ricorso depositato in data 18 gennaio 2001, (Soggetto 1) impugnò il verbale n. 720 di data (Omissis) 2000 con cui la Polizia Municipale di (Omissis) gli aveva contestato la violazione di cui all'art. 145 del codice della strada, comma 1, perché, percorrendo nel territorio di quel Comune, alla guida della sua autovettura Renault targata (Omissis), la via (Omissis), non aveva usato, approssimandosi alla intersezione con la via (Omissis 2), la massima prudenza al fine di evitare l'incidente con l'autovettura FIAT targata (Omissis), condotta da (Soggetto 2).

L'opponente dedusse che l'incidente era da ascriversi non a propria colpa, ma a quella del conducente dell'altra autovettura, il quale, procedendo a velocità elevata, non si era arrestato al crocevia, omettendo di dare la dovuta precedenza.

2. - Con sentenza n. 61 depositata in data 12 settembre 2002, l'adito Giudice di pace di (Omissis) - acquisito il rapporto redatto dalla Polizia municipale e assunta una prova testimoniale - rigettò il ricorso e, per l'effetto, confermò il provvedimento opposto, condannando l'opponente al pagamento della sanzione minima edittale di Euro 62,59 e dichiarando interamente compensate tra le parti le spese di lite.

2.1. - Premesso che l'art. 145 del codice della strada, comma 1, detta il principio della massima prudenza al fine di evitare incidenti, il Giudice di pace rilevava che il ricorrente, per essere esonerato da responsabilità, avrebbe dovuto dare la prova di avere usato un grado elevatissimo di cautela e di avvedutezza per evitare l'impatto, giacché anche il conducente favorito, che beneficia dell'obbligo imposto ad altri di cedere la precedenza, è tenuto a sua volta, approssimandosi al crocevia, a moderare la velocità e, all'occorrenza, a fermarsi, dovendo egli fare in modo di prevenire, per quanto possibile, persino le altrui imprudenze che siano ragionevolmente prevedibili.

Secondo il Giudice di pace, il ricorrente non aveva posto in essere le dovute cautele, atteso che, non essendo l'intersezione servita da alcun segnale ne verticale, ne' orizzontale, egli doveva prevedere il sopraggiungere di altre autovetture che potevano non rispettare l'obbligo di dare la precedenza. Inoltre, l'entità dei danni riportati dai veicoli coinvolti e descritti nel rapporto del Comando della Polizia Municipale di (Omissis) dimostravano che ambedue i veicoli non avevano tenuto una velocità adeguata, sicché anche la condotta del conducente favorito era meritevole di essere sanzionata.

3. - Avverso questa sentenza, con atto notificato il 23 ottobre 2002 ed il 13 novembre 2002 il (Soggetto 1) ha interposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi di censura.

Il Ministero dell'interno e l'Ufficio territoriale del Governo di (Omissis) hanno depositato in data 11 gennaio 2003 un atto di costituzione.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. - Con il primo motivo (violazione, erronea e falsa applicazione di legge), il ricorrente deduce che l'art. 145 del codice della strada, comma 1, riguardando l'ipotesi di chi si avvicina ad una intersezione e deve adottare tutte le cautele necessarie per evitare un incidente, non può essere applicato al caso di specie, giacché il (Soggetto 1), come provato nel corso del giudizio, aveva quasi interamente attraversato l'area di intersezione quando avvenne la collisione.

L'art. 145 del codice della strada, comma 1, ponendo a carico del conducente favorito l'onere di prevedere e potenzialmente neutralizzare con le dovute cautele le eventuali altrui imprudenze ed inosservanze, si riferisce al caso di chi, avvicinandosi all'incrocio, deve moderare sensibilmente la velocità di guida per scorgere dalle strade laterali il sopraggiungere di altri autoveicoli e conseguentemente arrestare la marcia del proprio veicolo in tempo utile per evitare incidenti.

Viceversa, nel caso di specie, dalla istruttoria orale (teste (Soggetto 3)) sarebbe emerso che il (Soggetto 1), avendo superato la parte centrale dell'intersezione, non era più in grado di scorgere dalle strade laterali il sopraggiungere di altri autoveicoli e così di neutralizzare le altrui probabili imprudenze.

2. - Con il secondo mezzo (omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia), il ricorrente si duole che la sentenza impugnata non abbia dato il dovuto rilievo al fatto che l'opponente aveva in realtà posto essere, sebbene senza successo, l'unica manovra di emergenza possibile, l'arresto dell'autovettura ed il repentino spostamento a destra.

La prova circa il compimento di tali manovre di emergenza è stata fornita tramite le fotografie riproducenti la posizione delle autovetture subito dopo la collisione: posizione confermata dalla planimetria, allegata al rapporto dell'incidente, redatta dagli agenti della polizia municipale intervenuti sul luogo del sinistro, nonché dallo stesso verbalizzante vizzi, sentito nella qualità di teste.

Il Giudice di pace immotivatamente non avrebbe dato peso a tali prove documentali e orali, ritenendo che il (Soggetto 1) non avrebbe dimostrato di aver usato un adeguato grado di cautela. La motivazione della sentenza impugnata sarebbe anche contraddittoria, posto che dalla planimetria redatta dagli stessi vigili verbalizzanti poteva trarsi un diverso convincimento circa l'avvenuto tentativo da parte del (Soggetto 1) di evitare l'impatto. Del tutto inspiegabilmente il Giudice di pace avrebbe argomentato l'assenza di cautele da parte del (Soggetto 1), quando invece dal disegno planimetrico redatto dai vigili urbani emergerebbe che era stato esperito il tentativo, sebbene infruttuoso, di una manovra di emergenza finalizzata ad evitare l'impatto.

Inoltre, il Giudice di pace non avrebbe argomentato sulla richiesta di consulenza tecnica d'ufficio avanzata dalla difesa dell'opponente al fine di ricostruire la dinamica del sinistro e l'obiettiva condotta dei conducenti. Il Giudice di pace si sarebbe limitato a mettere in luce che ambedue i veicoli non avevano tenuto una velocità adeguata: argomentazione - ad avviso del ricorrente - censurabile, atteso che nel rapporto dei vigili è fatta una generica elencazione dai danni riportati dalle autovetture, che potevano essere stati causati anche dall'eccessiva velocità di uno solo di essi. La "prova della responsabilità di cui alla violazione contestata non poteva essere induttivamente fornita, ma doveva discendere da un costrutto logico-giuridico tale da rendere plausibile la fondatezza della violazione contestata".

Infine, il sufficiente grado di cautela ed avvedutezza del conducente favorito ed in transito su di una intersezione doveva essere valutato obiettivamente secondo la comune e logica prudenza, sulla base degli elementi raccolti nel contraddittorio processuale, certamente non ricorrendo riduttivamente alle sole considerazioni dei vigili verbalizzanti nel rapporto d'incidente con riferimento ai danni materiali.

3. - Deve, preliminarmente, dichiararsi inammissibile l'"atto di costituzione" depositato, senza previa notifica, dall'Avvocatura generale dello Stato in rappresentanza degli intimati Ministero dell'interno e Ufficio territoriale del Governo di (Omissis), e non contenente alcuna replica ai motivi del ricorso.

Difatti, la parte contro la quale il ricorso è diretto, se intende contraddirvi, deve farlo mediante controricorso, che deve contenere, oltre all'esposizione sommaria dei fatti della causa, i motivi per i quali essa contrasta l'impugnazione, e deve essere notificato al ricorrente nelle forme e nei termini di cui all'art. 370 cod. proc. civ. In mancanza di tale atto, la parte non può presentare memorie ma soltanto partecipare alla discussione orale (Cass., Sez. 5, 2 giugno 2004, n. 11160).

Nella specie, l'atto, depositato in (cancelleria ma non previamente notificato al ricorrente, con il quale l'Avvocatura si è "costituita" nel giudizio di Cassazione senza formulare alcuna deduzione difensiva, è, stante la sua totale difformità rispetto al modello disegnato dal legislatore, estraneo al relativo procedimento, nè è qualificabile come controricorso.

A questo rilievo si aggiunga, per quanto potrà valere ai fini della determinazione delle spese di questo giudizio, che l'Avvocatura generale dello Stato non ha svolto altra attività difensiva in questo giudizio.

4. - Il primo motivo di ricorso è infondato.

4.1. - L'art. 145 del nuovo codice della strada, comma 1, approvato con il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, prevede che "i conducenti, approssimandosi ad una intersezione, devono usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti".

4.2. - Occorre premettere che tale disposizione si rivolge a tutti i conducenti, anche al conducente favorito: il diritto di precedenza spettante al conducente del veicolo proveniente da destra non esonera il conducente medesimo dall'obbligo di usare la dovuta attenzione nell'attraversamento di un incrocio, anche in relazione a pericoli derivanti da eventuali comportamenti illeciti o imprudenti di altri utenti della strada che non si attengano alla norma, recata dal comma 2 del medesimo art. 145, che impone di dare la precedenza a chi proviene da destra, salvo diversa segnalazione (cfr. Cass., Sez. 3, 27 giugno 2000, n. 8744; nonché, nel vigore dell'art. 105 del codice della strada previgente, che recava una norma di analogo tenore, Cass., Sez. 3, 8 settembre 1986, n. 5480).

4.3. - Ciò premesso, non sussiste il denunciato vizio di falsa applicazione di legge, prospettato dal ricorrente sul rilievo che l'art. 145 del codice della strada, comma 1, non sarebbe applicabile là dove, come nella specie, il conducente del veicolo favorito abbia "quasi interamente attraversato l'area d'intersezione" al momento della collisione.

Non v'è dubbio che la disciplina stabilita dalla norma di comportamento di cui all'art. 145 del codice della strada, comma 1, presuppone che il veicolo, percorrendo la strada che confluisce nel crocevia, stia per impegnare questo: presuppone, cioè, una fase di avvicinamento all'intersezione, durante la quale anche il conducente del veicolo favorito deve tenere una condotta di guida ed una velocità tali da consentirgli un tempestivo rallentamento, o un'adeguata manovra di emergenza, a fronte dell'avvistamento dell'irregolare sopraggiungere di un altro veicolo, il quale, a sua volta, non rallenti la corsa e violi l'obbligo di dare la precedenza (cfr., nel vigore della corrispondente disposizione contenuta nell'abrogato codice della strada, Cass., Sez. 3, 6 febbraio 1978, n. 552; Cass., Sez. 3, 17 ottobre 1968, n. 3335).

La norma regola il momento dell'approssimarsi all'intersezione perché ha una finalità preventiva, facendo obbligo di usare la massima prudenza al fine di evitare incidenti prima che il pericolo diventi reale e non altrimenti fronteggiabile: ma ciò non significa che la prescrizione rivolta al conducente sia destinata a non operare solo perché la collisione si verifichi, anziché all'ingresso dell'intersezione, in fase di esecuzione e di completamento della manovra di attraversamento del crocevia. In altri termini, l'illecito amministrativo che si realizza per l'inosservanza di quel precetto non dipende dal punto in cui accade l'incidente: anche una collisione verificatasi, come nella specie, quando l'area di intersezione stia per essere interamente attraversata può dare la dimostrazione del fatto che, avvicinandosi all'intersezione, il conducente non ha osservato il precetto della massima prudenza impostogli dal codice della strada.

5. - Il secondo motivo è inammissibile.

5.1. - E' una questione di merito stabilire se il ricorrente, approssimandosi all'intersezione, adottò la prudenza richiesta: la ricostruzione delle modalità dell'incidente e, quindi, del comportamento dei conducenti coinvolti nello stesso, essendo una questione di fatto, rientra nei poteri del giudice di merito e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente motivata.

5.2. - Nella specie, la sentenza impugnata, con motivazione immune da censure rilevabili in questa, è pervenuta alla conclusione che il ricorrente, nell'avvicinarsi all'intersezione, non servita da alcun segnale (ne verticale, ne' orizzontale) tra la via (Omissis) e la via (Omissis 2) nel Comune di (OMISSIS), non usò le dovute cautele; ed ha tratto tale convincimento dal fatto che l'entità dei danni riportati dai veicoli coinvolti nell'incidente e descritti nel rapporto del Comando della Polizia municipale di (Omissis) denotava che ambedue i veicoli non avevano tenuto una velocità adeguata.

5.3. - Il motivo di censura si risolve in una inammissibile richiesta di revisione del ragionamento decisorio, ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito alla soluzione della questione esaminata, evidente apparendo come il ricorrente, lungi dal prospettare alcun vizio rilevante della sentenza impugnata sotto il profilo di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, numero 5), si limiti ad invocare - genericamente richiamando, senza il rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, le fotografie riproducenti la posizione delle autovetture subito dopo la collisione, la planimetria dell'incidente allegata al rapporto redatto dalla Polizia municipale e la deposizione di uno degli agenti verbalizzanti - una diversa lettura delle risultanze di fatto si come accertate e ricostruite dal giudice di merito.

La censura omette di considerare che tanto la valutazione delle risultanze probatorie, quanto il giudizio sul contenuto e sulla portata delle quaestiones facti poste dalle singole fattispecie sottoposte al vaglio del giudice di merito - così come la scelta, fra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione - involgono apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito, il quale, nel fondare la propria decisione, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontate e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare ogni e qualsiasi deduzione difensiva.

E' principio di diritto ormai consolidato (cfr., ex multis, Cass., Sez. 3, 28 luglio 2005, n. 15805) quello per cui l'art. 360 c.p.c., comma 1, numero 5), non conferisce in alcun modo e sotto nessun aspetto alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare il merito della causa, consentendole, per converso, il solo controllo, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, delle valutazioni compiute dal giudice del merito, al quale soltanto - va ripetuto - spetta l'individuazione delle fonti del proprio convincimento valutando le prove, controllandone l'attendibilità e la concludenza, scegliendo, tra asse, quelle funzionali alla dimostrazione dei fatti in discussione.

Nella specie il ricorrente, pur denunciando, apparentemente, una deficiente motivazione della sentenza del Giudice di pace, inammissibilmente (perché in contrasto con gli stessi limiti morfologici e funzionali del giudizio di legittimità) sollecita una nuova valutazione delle risultanze del processo ad opera di questa Corte, onde trasformare il processo di cassazione in un giudizio di merito, nel quale ridiscutere analiticamente il contenuto di fatti e vicende del processo, la maggiore o minore attendibilità di questa o di quella risultanza processuale, le opzioni del giudice di merito non gradite e per ciò solo censurate al fine di ottenerne la sostituzione con altre più consone alle aspettative della parte.

E si duole, ancora inammissibilmente, della mancata ammissione di una consulenza tecnica sulla dinamica del sinistro, senza indicare in quale atto del giudizio di merito l'accertamento peritale fu sollecitato (cfr. Cass., Sez. 3, 12 maggio 2000, n. 6115) e senza neppure considerare che quando, come nella specie, il giudice del merito disponga di elementi istruttori e di cognizioni proprie, integrati da presunzioni e da nozioni di comune esperienza, sufficienti a dar conto della decisione adottata, non può essere censurato il mancato esercizio del potere discrezionale di quel giudice di disporre la consulenza tecnica (da ultimo, Cass., Sez. 3, 27 ottobre 2004, n. 20814).

6. - Il ricorso è rigettato.

Nessuna statuizione deve essere emessa sulle spese del giudizio di Cassazione, in assenza di attività difensiva da parte delle Amministrazioni intimate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 giugno 2006.

Depositato in Cancelleria il 13 luglio 2006.

 

DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.


Canale TELEGRAM

   Per essere sempre aggiornati sulle novità e sulle attività di Circolazione Stradale, è possibile iscriversi liberamente al canale pubblico Telegram di Circolazione Stradale attraverso questo link: https://t.me/CircolazioneStradale