Normativa codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Circolare Ministero dell'Interno protocollo numero 1392 del 29 gennaio 2025

 

MINISTERO DELL'INTERNO
DIPARTIMENTO PER L’AMMINISTRAZIONE GENERALE, PER LE POLITICHE DEL PERSONALE DELL’AMMINISTRAZIONE CIVILE E PER LE RISORSE STRUMENTALI E FINANZIARIE

Direzione Centrale per l'Amministrazione Generale e le Prefetture-Uffici Territoriali del Governo

 

Prot.: n. 0001392 del 29/01/2025

 

OGGETTO: Articolo 120 del Codice della strada, approvato con decreto legislativo n. 285/1992. Revoca della patente di guida per sopravvenuta carenza dei requisiti morali prescritti per la titolarità dell’abilitazione. Sentenze della Corte Costituzionale n. 22/2018, n. 24/2020 e n. 99/2020. Ordinanza della Corte di Cassazione - Sezioni Unite n. 26391/2020.

(Indirizzi omessi)

 

   Si fa riferimento alle numerose circolari inerenti l’oggetto e, da ultimo, alla n. 8249 del 30 novembre 2021, recante direttive per l’espletamento dell’attività istruttoria che le Prefetture devono curare nell’inoltrare i ricorsi proposti avverso provvedimenti di revoca della patente di guida adottati per sopravvenuta indegnità morale o nel riscontrare le richieste degli elementi informativi e valutativi necessari ai fini della decisione di analoghi gravami presentati direttamente a questo Ministero.

   Le decisioni della Corte Costituzionale riportate in oggetto hanno dichiarato – come è noto - l’illegittimità costituzionale dell’articolo 120, comma 2, del Codice della strada nella parte in cui si dispone che il prefetto provvede – invece del “può provvedere”- alla revoca della patente di chi, rispettivamente, ha riportato condanne per i delitti individuati dal comma 1 o è stato sottoposto a misure di sicurezza personali ovvero a misure di prevenzione.

   Ne è conseguito che i provvedimenti ablativi, non configurandosi come atti ad emanazione dovuta ed a contenuto vincolato, devono essere adottati previa partecipazione dei destinatari degli effetti del decreto finale al relativo procedimento amministrativo e vanno muniti di adeguata motivazione atta ad illustrare la valutazione prefettizia sottesa al provvedimento.

   A mente dell’ordinanza n. 26391/2020 della Corte di Cassazione, siffatta valutazione va condotta secondo “criteri di ragionevolezza, proporzionalità e adeguatezza”, con attenzione “ai risvolti del caso concreto” e tenendo conto, in particolare, di eventuali esigenze personali degli interessati legate all’uso della patente, ove necessaria allo svolgimento dell’attività lavorativa.

   Tanto premesso, deve rilevarsi che, a distanza di anni dalle menzionate pronunce, continuano a pervenire a questa Direzione Centrale ricorsi proposti contro determinazioni emanate in forza dell’articolo 120, comma 2, del Codice della strada non rispondenti agli arresti delle Alte Corti e alle reiterate indicazioni operative partecipate con precedenti circolari ministeriali già indirizzate a codesti Uffici.

   Al di là di situazioni limite, nelle quali viene affermata ancora la natura di atto dovuto del provvedimento, molto spesso la parte motiva delle ordinanze de quibus non riporta – o non riporta in modo esauriente – le imprescindibili considerazioni in ordine all’opportunità di revocare il titolo di guida, in particolare, a fronte della necessità per esigenze lavorative, generalmente invocata dai destinatari dell’atto in sede di partecipazione al procedimento amministrativo.

   Secondo l’ordinanza n. 26391/2020, infatti, la revoca può essere emanata soltanto “in esito al mancato riscontro (...) di esigenze personali legate all’utilizzo della patente per l’inserimento (...) nel circuito lavorativo”.
   La specifica valutazione, in linea di principio, va effettuata, pertanto, anche laddove non siano pervenuti scritti difensivi ovvero tali necessità non siano state addotte in quella sede, a meno di situazioni peculiari di cui dare esplicito conto, quali le condizioni fisiche, l’età e/o lo status di pensionato dell’interessato, ovvero il suo perdurante stato di detenzione.
   Non può dunque in alcun modo prescindersi dall’indicarla nelle premesse dei provvedimenti in argomento.

   Si sottolinea, di contro, che, pur dopo le pronunce di Corte Costituzionale e Corte di Cassazione, non sussiste un “automatismo” in forza del quale la revoca della patente per indegnità morale vada omessa in assoluto a fronte dell’allegazione di esigenze lavorative, tanto più laddove meramente generica o riferita alla pura eventualità di impieghi futuri.

   Siffatto “automatismo” renderebbe praticamente inapplicabile l’articolo 120 del Codice della strada, favorendo facili elusioni del suo disposto. Le prospettazioni degli interessati, di conseguenza, vanno esaminate in relazione alle finalità cui risponde la norma, consistenti nel perseguimento dell’interesse pubblico alla tutela della sicurezza pubblica (a maggior ragione, non rilevano ulteriori necessità di carattere personale, familiare o sanitario, del resto non considerate dall’ordinanza della Suprema Corte).

   In caso di documentazione prodotta per asseverare esigenze lavorative, per motivare la revoca della patente potrebbero utilmente soccorrere, ad esempio, dettagliate espresse considerazioni circa la vicinanza del luogo di residenza o di domicilio rispetto a quello di espletamento dell’attività ovvero la possibilità di raggiungere quest’ultimo con i servizi pubblici di trasporto, le mansioni svolte (lavoro in unica sede o con compiti tali da non imporre l’abilitazione alla guida di veicoli, quali quelli di magazziniere o di addetto al servizio ai piani di alberghi), la titolarità di un’impresa atta a consentire spostamenti grazie a collaboratori o fornitori esterni, l’impiego in ditte di carattere familiare con congiunti in grado di garantire l’accompagnamento dell’interessato.

   Le specifiche considerazioni svolte in vista dell’adozione degli atti ablativi, ovviamente, devono essere illustrate nei provvedimenti stessi e non unicamente nelle controdeduzioni richieste da questo Ministero in ordine ai gravami proposti in sede centrale.

   È appena il caso di sottolineare che, nell’eventualità di impugnazione giurisdizionale proposta dal destinatario della revoca della patente, la non rispondenza dell’ordinanza prefettizia ai princìpi individuati da Corte Costituzionale e Corte di Cassazione esporrebbe l’Amministrazione al rischio di condanna alla rifusione delle spese legali e al risarcimento del danno.

   Si ribadisce, altresì, la necessità che i ricorsi presentati alle Prefetture vengano inoltrati a questo Dicastero già muniti di adeguata istruttoria e/o congruo corredo documentale, così come da indicazioni fornite con la circolare n. 8249 del 2021. Si richiama l’attenzione, in particolare, sui controlli preliminari circa la regolarità dei gravami ai sensi della normativa sull’imposta di bollo e sulla loro tempestiva proposizione, a mente del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199/1971.

   In ordine al primo profilo, sarà cura della Prefettura invitare il ricorrente, se del caso, a regolarizzare il gravame giusta le dettagliate indicazioni della circolare, utilizzando (ove ritenuto) il modello ad essa allegato; quanto al secondo aspetto, nella lettera di trasmissione delle controdeduzioni o nel pertinente corredo documentale andranno precisate espressamente le date di notifica dell’atto impugnato e di spedizione del ricorso ad opera dell’interessato.

   Si ribadisce, altresì, quanto osservato nella direttiva del 2021 per l’eventualità che nell’opposizione sia formulata istanza di conoscere gli scritti “difensivi” dell’Amministrazione.

   Vanno, inoltre, inoltrati i certificati del casellario giudiziale dei destinatari dei decreti, che codesti Uffici avranno cura di acquisire ai fini dell’emissione delle revoche, unitamente alle informazioni delle Forze di polizia.

   Con l’occasione, ancorché la questione riguardi la diversa fattispecie del diniego del rilascio di patente, si richiama la recente modifica dell’articolo 120, comma 3, del Codice della strada, operata dall’articolo 8 della legge n. 177/2024, oggetto della dettagliata circolare del Dipartimento della Pubblica Sicurezza n. 300/STRAD/1/0000038625.U/2024 del 20 dicembre 2024.

   La novella ha chiarito il principio in forza del quale il decorso del periodo minimo di tre anni dalla revoca della patente disposta per indegnità morale, stabilito dalla norma ai fini del conseguimento di nuova abilitazione, costituisce condizione aggiuntiva rispetto a quelle previste dal comma 1 - compresa la necessità di riabilitazione della causa ostativa della titolarità del documento - e non sostitutiva. L’integrazione, determinata dall’insorgere, negli anni più recenti, di contrastanti indirizzi giurisprudenziali in ordine alla necessità o meno dell’intervento della riabilitazione nella fattispecie disciplinata dal comma 3, recepisce l’orientamento ermeneutico sostenuto da questo Ministero.

   Si confida sulla consueta collaborazione delle SS. LL. affinché, laddove necessario, gli Uffici si uniformino alle sentenze e alle ministeriali sopra menzionate, consultabili nella Sezione dedicata “Sistema sanzionatorio Amministrativo”, presente nella Intranet di questo Dipartimento.

 

IL VICE CAPO DIPARTIMENTO VICARIO
DIRETTORE CENTRALE
Bellantoni

Firmato digitalmente

 

 

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