Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione terza, sentenza n. 7898 del 4 marzo 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione III, sentenza numero 7898 del 04/03/2022
Circolazione Stradale - Art. 164 del Codice della Strada e art. 589 C.P. - Sistemazione del carico sul veicolo - Omesso ancoraggio - Colpa con previsione - La perdita del carico trasportato nel cassone dell'autocarro che cagiona la morte di altro conducente configura l'ipotesi della colpa con previsione del conducente professionale che ricorre quando la volontà dell'agente non è diretta verso l'evento ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l'evento illecito, si astiene dall'agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo.


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 22 gennaio 2021 la Corte d'appello di Roma, provvedendo, a seguito del rinvio disposto dalla Quarta Sezione di questa Corte con la sentenza n. 12351 del 2020, limitato alla statuizione relativa alla configurabilità della circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., comma 1, n. 3, sulla impugnazione proposta da D. C. nei confronti della sentenza del 30 gennaio 2014 del Tribunale di Velletri, con la quale, a seguito di giudizio abbreviato, lo stesso D. era stato condannato alla pena di quattro anni di reclusione in relazione al reato di cui all'art. 589 c.p., commi 1 e 2, e art. 61 c.p., comma 1, n. 3, (perché, in qualità di socio, amministratore di fatto e collaboratore della società (OMISSIS), nonché quale conducente dell'autocarro (OMISSIS), veicolo dotato di cassone ribaltabile trilaterale, non provvisto di sponde, trasportando sul medesimo una forca metallica per il braccio meccanico di una gru, senza idoneo ancoraggio, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e violazione delle norme sulla circolazione stradale, causava la morte di F. M., la quale, alla guida di un'autovettura, proveniente dall'opposta corsia di marcia, veniva travolta dal carico dell'autocarro, che fuoriuscendo dalla sezione di sinistra del mezzo si proiettava contro l'auto, colpendola violentemente e penetrando nell'abitacolo, così cagionando lo sfacelo fratturativo del cranio e l'immediato decesso della persona offesa; in Nettuno, il 3/7/2008), ha rigettato l'appello, confermando la sentenza impugnata.

2. Anche avverso tale sentenza l'imputato ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.

2.1. Con un primo motivo ha denunciato la violazione degli art. 627 c.p.p., comma 3 e art. 173 c.p.p., comma 2, disp. att. e un vizio della motivazione, per avere i giudici del rinvio disatteso le indicazioni fornite nella sentenza di annullamento circa l'indagine da compiere nell'accertamento della configurabilità della aggravante della colpa con previsione, in quanto la Corte territoriale aveva ribadito la configurabilità di tale circostanza aggravante esclusivamente in considerazione delle violazioni alle regole di condotta e delle condizioni, sia del mezzo (privo di sponda) sia delle corde sul pianale del veicolo, già considerate nella precedente sentenza di secondo grado e giudicate insufficienti nella sentenza di annullamento, in quanto fattori incidenti sulla astratta prevedibilità dell'evento ma non anche sulla sua prevedibilità in concreto. Il giudice del rinvio aveva, infatti, fondato l'affermazione della configurabilità della colpa con previsione sui medesimi elementi sui quali l'aggravante era stata desunta nella precedente sentenza di merito, costituiti dal mancato ancoraggio del carico, dalla velocità non adeguata e dalle condizioni del mezzo (in quanto privo di parte della sponda laterale), oltre che sulle dichiarazioni rese dall'imputato, omettendo la necessaria indagine sulla rappresentazione dell'evento da parte dell'agente, seppure ritenuto insuscettibile di effettiva realizzazione, pur non essendovi elementi dai quali desumere la prevedibilità in concreto dell'evento da parte del ricorrente, in violazione dei criteri stabiliti nella sentenza di annullamento con rinvio e, dunque, di quanto disposto dall'art. 627 c.p.p..

2.2. Con il secondo motivo ha lamentato l'inadeguato esame del terzo motivo di appello, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche, che era stato ritenuto assorbito dalla Corte di cassazione dall'accoglimento del secondo motivo (relativo alla circostanza aggravante della colpa con previsione), e che i giudici del rinvio avevano esaminato omettendo di prendere in esame tutti i criteri previsti dall'art. 133 c.p., in particolare le condizioni di vita individuale, familiare e sociale del ricorrente, e la condotta successiva all'evento, allorquando l'imputato aveva prestato soccorso alla vittima, valorizzando i precedenti penali del ricorrente, benché relativi a fatti depenalizzati e risalenti nel tempo.

Ha lamentato anche l'omessa adeguata considerazione delle doglianze in ordine alla misura della pena, che era stata determinata considerando quale base di computo quella di cinque anni di reclusione ed era stata aumentata per la aggravante della colpa con previsione a sei anni, benché all'epoca di realizzazione della condotta, consumata il 3 luglio 2008, la pena per il delitto di cui all'art. 589 c.p., fosse compresa tra due e cinque anni di reclusione.

2.3. Infine, con un terzo motivo, ha lamentato l'omesso esame del quarto motivo d'appello, con il quale era stato chiesto l'annullamento della sentenza allo scopo di consentire all'imputato di poter concordare la pena ai sensi dell'art. 599 bis c.p.p., entrato in vigore il 4 agosto 2017.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.

2. Giova premettere che nella sentenza di annullamento con rinvio (n. 12351 del 2020) la Quarta Sezione di questa Corte ha evidenziato la mancanza, nella prima sentenza di secondo grado, della indicazione degli elementi dai quali era stata desunta la coscienza, in capo all'agente, dell'astratta possibilità della realizzazione del fatto costituente reato, e della sicura fiducia che esso non si sarebbe verificato, non essendo, in particolare, stata approfondita l'indagine in ordine alla sussistenza degli indici della coscienza della previsione concreta del fatto, seppure ritenuto insuscettibile di effettiva realizzazione, in quanto la Corte territoriale aveva desunto la colpa cosciente dalla mera pluralità di violazioni e dalle condizioni del mezzo, privo di sponde di contenimento, ma non aveva chiarito come dalla gravità e pluralità delle violazioni potesse ricavarsi la previsione in concreto dell'evento, dovendo quantomeno individuarsi quell'elemento distintivo tra la mera violazione della regola di condotta e la coscienza della possibile realizzazione del fatto temuto.

Nel giudizio di rinvio la Corte d'appello di Roma, dopo aver riportato gli esiti dell'istruttoria, in particolare di quanto accertato dalla polizia giudiziaria nella immediatezza e dal perito, riguardo alle condizioni dell'autoveicolo condotto dal ricorrente e sul cui cassone era trasportata la pala meccanica la cui fuoriuscita determinò la morte della conducente di un veicolo che sopraggiungeva, ha sottolineato gli elementi ritenuti indicativi della previsione dell'evento da parte dell'agente, costituiti dal fatto che la suddetta pala meccanica (o forca) non era allacciata alle funi presenti sul pianale del cassone del camion (nel quale non furono rinvenute corde, fasce, lacci o legacci ancorati a parti fisse dell'autocarro, ma solo due corde a fascia, una completamente arrotolata e una raccolta disordinatamente, nella parte anteriore del cassone, a confine con la cabina di guida), e dalla mancanza di una sponda del cassone (quella posteriore di sinistra). Sulla base di tali elementi la Corte d'appello ha ritenuto configurabile la previsione dell'evento da parte dell'agente, sottolineando la oggettiva ed eccezionale pericolosità della condotta del conducente, consistita nel collocare sul pianale parzialmente privo di sponda di un autocarro l'appendice di una pala meccanica (o forca), in assenza dell'obbligatorio ancoraggio previsto dall'art. 164 C.d.S., da eseguire con apposite cinghie che non erano presenti nel veicolo, traendone la prova della consapevolezza, per qualunque utente della strada (dunque anche del ricorrente che è un autista professionista), della elevata probabilità di caduta del carico nel corso della circolazione, per effetto di sobbalzi, modifiche della traiettoria, impegno di curve, salite o discese.

La Corte d'appello ha sottolineato anche la piena consapevolezza da parte del ricorrente della presenza della pala sul mezzo, della parziale assenza della sponda e della necessità di ancoraggio del carico, ritenendo che per le concrete modalità del trasporto (oggettivamente pericolose), conosciute e visibili da parte del ricorrente, e per la normale evenienza nel corso della circolazione stradale dell'impegno di una curva (a seguito della quale si verificò la fuoriuscita della pala dal cassone), l'imputato aveva avuto la chiara rappresentazione della violazione della regola cautelare stabilita dall'art. 164 C.d.S. e anche della possibile verificazione dell'evento, pur confidando nella sua mancata realizzazione.

3. Si tratta, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, che ha censurato tale ricostruzione e le conseguenti valutazioni in modo parziale e solo sul piano della valutazione della condotta, di considerazioni logiche e coerenti con le indicazioni fornite ai giudici del rinvio nella sentenza di annullamento, essendo stati evidenziati gli aspetti univocamente dimostrativi non solo della prevedibilità dell'evento (che costituisce requisito generale della colpa), ma anche della sua effettiva previsione da parte dell'agente, pur se accompagnata dal convincimento che l'evento, in considerazione di tutte le circostanze del caso concreto, non si sarebbe verificato.

Attraverso la sottolineatura della omissione di tutte le più elementari, oltre che doverose, cautele, della piena consapevolezza di ciò da parte dell'imputato, della sua veste qualificata di autista professionista, della piena prevedibilità della perdita del carico in quanto privo di qualsiasi assicurazione al veicolo, che era anche privo di una parte della sponda laterale, la Corte d'appello ha spiegato adeguatamente le ragioni della previsione della possibile verificazione dell'evento nel caso, quale quello verificatosi, dell'impegno di una curva a velocità non prudenziale, tale da determinare la fuoriuscita del carico, andato a impattare con il cofano e il parabrezza del veicolo che sopraggiungeva cagionando la morte della conducente. L'entità e la rilevanza delle cautele omesse dal ricorrente, oltre che la violazione di specifiche regole di condotte e di più norme cautelari, non hanno dunque concretato solamente comportamenti negligenti e antidoverosi, caratterizzati dalla piena prevedibilità dell'evento che le cautele omesse avrebbero dovuto evitare, posto che rientra nelle nozioni di comune esperienza, oltre che in quelle tecniche, la possibile perdita di un carico non assicurato da un autocarro privo di una parte della sponda del cassone, ma consentono anche di ritenere che la verificazione dell'evento sia anche stata effettivamente prevista, pur nella convinzione che esso non si sarebbe realizzato, in considerazione della mancanza di tutte le cautele, delle modalità del trasporto, delle caratteristiche del mezzo e di quanto trasportato, e della conseguente piena consapevolezza e previsione della possibile verificazione della perdita del carico, pressoché certa nelle condizioni in cui venne effettuato il trasporto.

A tale ricostruzione, che è logica e conforme agli orientamenti interpretativi richiamati nella sentenza di annullamento con rinvio, costituendo corretta applicazione del criterio per distinguere la colpa generica dalla colpa con previsione (che ricorre quando la volontà dell'agente non è diretta verso l'evento ed egli, pur avendo concretamente presente la connessione causale tra la violazione delle norme cautelari e l'evento illecito, si astiene dall'agire doveroso per trascuratezza, imperizia, insipienza, irragionevolezza o altro biasimevole motivo, cfr. Sez. 4, n. 35585 del 12/05/2017, Schettino, Rv. 270776; nonchè Sez. 4, n. 48081 del 11/07/2017, Baragliu, Rv. 271158; Sez. 4, n. 32221 del 20/06/2018, Carmignani, Rv. 273460; Sez. 4, n. 11527 del 19/12/2019, dep. 2020, Tornei, Rv. 278674; v. anche Sez. U, n. 38343 del 24/04/2014, Espenhahn, Rv. 261104), il ricorrente ha contrapposto una diversa lettura della vicenda, tra l'altro sostenendo che il carico era assicurato con delle funi, contrariamente a quanto accertato dai giudici di merito sulla base di quanto riscontrato dalla polizia giudiziaria nella immediatezza del fatto e tenendo conto delle valutazione del perito, e che la velocità del veicolo era minima, omettendo di considerare i plurimi elementi correttamente ritenuti indicatori della previsione in concreto della verificazione dell'evento, per la estrema pericolosità delle condizioni in cui venne effettuato il trasporto, tali da consentire di ritenere che la verificazione dell'evento era stata oggetto di previsione in concreto da parte dell'agente.

Ne consegue, in definitiva, l'infondatezza dei rilievi sollevati dal ricorrente con il primo motivo di ricorso, essendo stati adeguatamente e logicamente considerati gli elementi ritenuti indicativi della concreta previsione dell'evento da parte dell'agente, conformemente a quanto disposto con la sentenza di annullamento con rinvio.

4. Il secondo motivo, relativo al diniego delle circostanze attenuanti generiche e alla misura della pena, è manifestamente infondato, essendo volto a censurare la conferma del trattamento sanzionatorio esclusivamente sulla base di diverse valutazioni della personalità del ricorrente e della gravità della condotta, che sono state in realtà adeguatamente valutate dalla Corte d'appello, che ha confermato il diniego delle circostanze attenuanti generiche e la misura della pena in considerazione della valutazione negativa sulla personalità dell'imputato, alla luce dei molteplici e anche gravi precedenti da cui è gravato (tra l'altro per resistenza, falsa dichiarazione a pubblico ufficiale, sottrazione di cose sottoposte a pignoramento, detenzione illegale di armi, ricettazione, evasione e furto aggravato), e della estrema gravità della condotta, caratterizzata dalla violazione di plurime regole cautelari, oltre che della assenza di elementi di positiva considerazione.

Si tratta di motivazione idonea, essendo stati indicati gli indici, tra quelli di cui all'art. 133 c.p., giudicati assorbenti nel giudizio di gravità del fatto e nella valutazione negativa sulla personalità dell'imputato, idonea anche a giustificare la misura della pena, alla luce della sottolineatura della personalità negativa del ricorrente, del grado della sua colpa e della gravità della condotta, argomenti che il ricorrente ha sindacato in modo generico, senza considerare ne la vicenda né quanto esposto nel provvedimento impugnato, ed esclusivamente sul piano delle valutazioni di merito, dunque in modo non consentito nel giudizio di legittimità, con la conseguente inammissibilità di tale motivo di ricorso.

5. Il terzo motivo, mediante il quale è stata lamentata l'omessa considerazione del quarto motivo d'appello, con il quale sarebbe stato chiesto l'annullamento della sentenza onde consentire al ricorrente di poter proporre un concordato di pena in appello ai sensi dell'art. 599 bis c.p.p., è manifestamente infondato, in quanto il ricorrente non ha avanzato alcuna richiesta in tal senso, ne con l'atto d'appello, né nel corso dei due giudizi di secondo grado, come pure avrebbe potuto fare anche nel giudizio di rinvio (non essendo ancora intervenuto il giudicato sulla pena, in quanto non si era ancora determinata alcuna preclusione su tale punto per effetto del rinvio disposto per nuovo giudizio limitatamente alla statuizione sulla circostanza aggravante di cui all'art. 61 c.p., comma 1, n. 3), dunque, in generale, sul trattamento sanzionatorio, essendo stato rigettato il ricorso solamente quanto alla affermazione di responsabilità), cosicché non può ora il ricorrente utilmente dolersi della mancata considerazione di una istanza che ha omesso di proporre nella sede sua propria, e cioè con l'atto d'appello o innanzi al giudice del rinvio, quando ancora avrebbe potuto farlo.

6. In conclusione, il ricorso in esame deve essere rigettato, a cagione della infondatezza del primo motivo e della inammissibilità di quelli residui.

Consegue, ex art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 4 marzo 2022.

 

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