Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 5681 del 21 febbraio 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 5861 del 21/02/2022
Circolazione Stradale - Art. 9-ter del Codice della Strada - Divieto di gareggiare in velocità con veicoli a motore - Sinistro stradale con morte o lesioni - Nesso causale - Perché il sinistro stradale sia ascritto alla partecipazione alla gara di velocità con veicoli a motore, la morte o le lesioni devono essere conseguenti alla partecipazione alla gara e non ad una diversa ed aggiuntiva ma causalmente assorbente violazione di regole per la sicura circolazione stradale. L'evento, quindi, deve determinarsi nel corso della gara e non quando essa sia cessata o sospesa, così da rendere distinta e non correlata una ulteriore violazione del codice della strada come, ad esempio, mantenere una velocità non consentita.


RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Assise di Appello di Milano ha confermato la pronuncia emessa dalla Corte di Assise di Milano nei confronti di P. A. e V. L., ritenuti responsabili del reato di cui all'art. 9-ter C.d.s., aggravato per il V. dalla recidiva infraquinquennale, e condannati alla pena di tre anni di reclusione ciascuno.

Ai predetti è stato ascritto di aver gareggiato tra loro alla guida delle rispettive autovetture e in tal modo di aver cagionato la morte di R. L., che era alla guida di un ulteriore veicolo, nonchè di aver cagionato lesioni personali gravi a Z. S., passeggero del veicolo condotto dal R., e lesioni personali lievi ad B. A., passeggero del veicolo condotto dal P..

All'esito degli accertamenti nei gradi di merito risulta incontroversa la dinamica del sinistro, che si verificò il (OMISSIS), intorno alle ore 4,00, in (OMISSIS), quando l'autovettura BMW 320 condotta dal P. andò a collidere con l'autovettura Fiat Panda condotta dal R. in un tratto caratterizzato dall'intersezione con (OMISSIS), che il R. impegnava omettendo di dare la precedenza. Secondo le corti territoriali la collisione tra i veicoli fu esito della gara che il P. ed il V. avevano intrapreso sorpassandosi più volte ad alta velocità ed eseguendo manovre pericolose sino all'impatto mortale.

2. Il P. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza a mezzo del difensore di fiducia avv. Lu. Pa.

2.1. Con un primo motivo ha censurato il vizio della motivazione perchè la Corte di assise di appello non ha tenuto in debita considerazione le dichiarazioni rese dal teste oculare B., l'assenza di elementi ulteriori e probanti di una competizione su strada tra gli imputati, ed ha ignorato la sussistenza di circostanze di fatto a totale discarico dell'imputato. Ha rilevato che il sorpasso avvenuto nel tunnel di (OMISSIS) non evidenzia alcun intento competitivo, tanto che il veicolo condotto dal coimputato V. consentiva il superamento da parte del P. accostandosi sulla carreggiata destra; che il P. aveva manifestato la volontà di proseguire la marcia azionando i dispositivi abbaglianti. Il Collegio ha individuato un atteggiamento di sfida tra i due senza però fornire motivazione sul punto. Quanto al sorpasso che sarebbe seguito all'altezza della (OMISSIS), le immagini dimostrano che il P. era nella parte posteriore della vettura del signor V. perchè incolonnato dietro altre vetture, mentre il V. medesimo non pose mai in essere una manovra di accelerazione ma, avendo trovato corsia libera, aveva potuto proseguire precedendo il P.. Quanto al terzo sorpasso, la difesa rileva come i due imputati avessero realizzato chiaramente manovre differenti (si allude all'inversione ad U, operata dai due imputati con raggio diverso) e che sul punto la Corte di assise di appello nulla ha argomentato.

La difesa aveva anche rilevato che sono mancati comportamenti o parole di concitazione o l'utilizzo del clacson o ancora manovre di sorpasso pericolose, come il procedere a zig zag; riguardo a ciò l'organo giudicante non ha fornito alcuna spiegazione. Un ulteriore dato rilevante emerso dall'istruttoria dibattimentale è che nel percorso effettuato dai due imputati vi fu una sosta di alcuni minuti presso la discoteca (OMISSIS); osserva il ricorrente che il dato è rilevante perchè interrompe qualsiasi eventuale atteggiamento competitivo tra i due guidatori, i quali ripresero la marcia senza eseguire alcun ulteriore sorpasso sino al momento del sinistro. La Corte territoriale ha ritenuto che il testimone B. abbia espresso opinioni del tutto personali, finalizzate a salvaguardare la posizione processuale degli amici coinvolti nel procedimento penale, ma non ha svolto alcuna motivazione al riguardo delle circostanze oggettive fattuali emerse nel corso dell'esame della difesa, sull'assenza di elementi nella guida che potessero far supporre la consumazione di una gara automobilistica. Rileva il ricorrente che non ogni azione di guida pericolosa ad alta velocità è necessariamente sintomatica di una gara in corso. In conclusione, la Corte di assise di appello ha omesso di indicare le ragioni per le quali ha rigettato le censure proposte alle difese.

2.2. Con un secondo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto sussistente il nesso causale tra la condotta del P. e il sinistro stradale; in questo modo essa ha violato l'art. 40 c.p..

Il sinistro, infatti, è stato determinato dal fatto che il P. omise di rallentare in prossimità dell'incrocio semaforico lampeggiante luce gialla e non già dalla partecipazione alla gara. Pertanto la condotta del P. al più integra la violazione dell'art. 141 C.d.S., che gli fu infatti contestata dalla polizia locale. Evocando il precedente rappresentato dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 16610 del 14 gennaio 2016, il ricorrente ha affermato che è con riferimento al momento del sinistro stradale che deve essere accertata la condotta di gara; nel caso che occupa non risulta provata la effettiva sussistenza di una relazione causale tra la gara e la morte del R..

2.3. Con un terzo motivo il ricorrente ha lamentato il vizio della motivazione in ordine all'applicazione del principio di diritto stabilito dalla menzionata sentenza del giudice di legittimità. Il principio in questione vuole che se il sinistro mortale si verifica durante la gara ma è determinato dalla violazione di una qualsiasi altra norma del Codice della strada, non trova applicazione l'art. 9-ter.

Nel caso di specie, il P. si rese responsabile della violazione dell'art. 141. Peraltro la Corte di assise di appello non ha fornito alcuna motivazione sulle ragioni per le quali non ha applicato il menzionato principio e sulla carenza probatoria in merito al nesso causale tra la competizione e l'evento morte, nonostante l'infrazione commessa dal P. sia del tutto corrispondente alla contravvenzione contestata all'imputato nel giudizio che ha dato luogo alla menzionata sentenza del giudice di legittimità.

3. Ha proposto ricorso per la Cassazione della medesima sentenza anche V. L., a mezzo del difensore di fiducia avvocato Da. Pe..

Con un primo motivo ha lamentato la mancanza della motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento materiale del reato di cui all'art. 9-ter. In primo luogo rileva che nè la sentenza di primo grado nè quella di secondo grado hanno fornito un'idonea motivazione in ordine alla sussistenza della responsabilità del V.. La Corte di assise di appello si è limitata a richiamare quanto sostenuto dalla sentenza di primo grado aderendo alla stessa senza fornire un contributo motivazionale a sostegno delle proprie conclusioni. Essa ha operato un acritico copia e incolla delle motivazioni del primo giudice, intervallato da considerazioni inidonee ed insufficienti a superare quelle svolte dalla difesa. La sentenza impugnata, riconducendo la condanna degli imputati alla velocità tenuta dagli stessi nel percorrere la strada nonchè ai sorpassi effettuati, non fornisce alcuna motivazione idonea a contrastare le censure mosse dagli appellanti alla pronuncia di primo grado; essi avevano rimarcato come tali elementi non siano da soli sufficienti a far ritenere consumata l'ipotesi della gara su strada.

Con un secondo motivo si lamenta l'erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 40 e 41 c.p. e all'art. 9-ter C.d.S.. Ad avviso dell'esponente la condotta tipica deve necessariamente concretizzarsi in una serie indefinita di manovre, normalmente non consentite nell'ambito della normale circolazione stradale. Manovre che siano sintomatiche della volontà di porre in essere una competizione, anche a prescindere dall'accordo previo dei partecipanti. La difesa rimarcava in sede di appello proprio l'assenza di manovre sintomatiche di una gara su strada. La Corte territoriale ha affermato che la sussistenza di una gara su strada è stata dimostrata dalla modalità e rapidità di svolgimento delle manovre dei due conducenti ma ciò, rileva l'esponente, altro non è che la trascrizione delle motivazioni fornite dalla sentenza di primo grado, rispetto alla quale la Corte d'assise d'appello non ha fornito un proprio contributo esplicativo ulteriore. Il ricorrente rappresenta che la vicenda che qui occupa è del tutto sovrapponibile a quella presa in considerazione dalla Corte di Cassazione con la sentenza numero 16610 del 2016. Nel caso di specie non vi è alcuna prova del fatto che la morte del R. sia conseguenza della gara asseritamente ingaggiata tra gli imputati; in ogni caso, anche laddove dovesse ritenersi posta in essere una condotta di gara vietata, la causa dell'evento mortale sarebbe comunque da rintracciarsi nell'eccessiva velocità con la quale il P. aveva affrontato l'incrocio omettendo di rallentare in prossimità dello stesso, in presenza di indicazione semaforica lampeggiante. Il principio di diritto evocato dalla difesa sta a dimostrare l'erronea sussunzione del fatto nell'ipotesi delittuosa di cui all'art. 9-ter, comma 2, per l'insussistenza del nesso di causalità con la morte del R.. Non appare convincente l'affermazione della Corte di assise di appello secondo la quale il principio formulato dalla Corte di Cassazione non si attaglia al caso di specie; intanto perchè non è vero che al P. fu contestato soltanto di aver gareggiato su strada, essendogli stata invece contestata anche la violazione dell'art. 141 C.d.S.; in secondo luogo, il R. è deceduto in seguito alla diversa e ulteriore violazione da parte del P. dell'obbligo di rallentare all'intersezione semaforica e non per il fatto che pochi istanti prima era stato coinvolto in una gara illecita. La Corte di assise di appello non ha spiegato perchè ha ritenuto sussistente il predetto nesso di causalità.

Dopo aver svolto alcune considerazioni critiche su talune affermazioni incidentali della Corte di assise di appello, il ricorrente osserva che in assenza di prova certa dell'effettiva sussistenza di un gareggiare su strada, dovendosi ritenere causa dell'evento la violazione di altre norme del Codice della strada da parte del P., non si può addossare al V. la responsabilità per la morte del R..

Con un terzo motivo si è lamentata la mancanza della motivazione in relazione alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di cui all'art. 9-ter C.d.S.. Si osserva che la Corte di assise di appello, dopo aver richiamato una serie di precedenti giurisprudenziali concernenti l'elemento psichico in questione, ha concluso osservando che i motivi di doglianza erano da disattendere perchè partivano da un'asserzione smentita dagli atti istruttori. La Corte di assise di appello ha affermato erroneamente che per gli imputati non vi sarebbero state manovre sintomatiche in quanto dagli stessi negate; in realtà non vi sono manovre sintomatiche perchè le condotte degli imputati non rivelano la sussistenza di un intento competitivo e quindi in assenza di simili manovre è impossibile ricostruire l'elemento soggettivo del reato. Pertanto nel caso di specie non vi è prova della coscienza e volontà da parte degli imputati di porre in essere una gara su strada.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. I ricorsi sono inammissibili; essi devono essere esaminati unitariamente per la comunanza delle censure.

4.1. A fronte dei rilievi esposti dai ricorrenti, appare opportuno rammentare che compito di questa Corte non è quello di ripetere l'esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l'incompiutezza strutturale della motivazione della Corte di merito; incompiutezza che derivi dalla presenza di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fatti decisivi, di rilievo dirompente dell'equilibrio della decisione impugnata, oppure dall'aver assunto dati inconciliabili con "atti del processo", specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità cosi da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Cass. Sez. 2, n. 13994 del 23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460; Cass. Sez. 1, n. 20370 del 20/04/2006, Simonetti ed altri, Rv. 233778; Cass. Sez. 2, n. 19584 del 05/05/2006, Capri ed altri, Rv. 233775; Cass. Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006, imp. Moschetti ed altri, Rv. 234989).

Pertanto, il ricorso per cassazione è ammesso per vizi della motivazione riconducibili solo, e tassativamente, alla motivazione totalmente mancante o apparente, manifestamente illogica o contraddittoria intrinsecamente o rispetto ad atti processuali specificamente indicati, nei casi in cui il giudice abbia affermato esistente una prova in realtà mancante o, specularmente, ignorato una prova esistente, nell'uno e nell'altro caso quando tali prove siano in sè determinanti per condurre a decisione diversa da quella adottata. Il giudice di legittimità non può conoscere del contenuto degli atti processuali per verificarne l'adeguatezza dell'apprezzamento probatorio, perchè ciò è estraneo alla sua cognizione: sono pertanto irrilevanti, perchè non possono essere oggetto di alcuna valutazione, tutte le deduzioni che introducano direttamente nel ricorso parti di contenuto probatorio, tanto più se articolate, in concreto ponendo direttamente la Corte di cassazione in contatto con i temi probatori e il materiale loro pertinente al fine di ottenerne un apprezzamento diverso da quello dei giudici del merito e conforme a quello invece prospettato dalla parte ricorrente (in tal senso anche Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015 - dep. 24/03/2015, Miccichè, Rv. 262948).

4.2. Va quindi rilevato che, nonostante l'evocazione di vizi per i quali è previsto il ricorso per cassazione, i ricorsi propongono essenzialmente censure in fatto opponendo al giudizio della Corte di Assise di Appello una diversa valutazione dei fatti accertati, quando non addirittura la negazione di circostanze che i giudici di merito hanno ritenuto dimostrati. Sicchè, alla prospettazione di motivi non consentiti si aggiunge la aspecificità dei rilievi che non si confrontano con l'ampio, dettagliato impianto argomentativo della sentenza impugnata.

La Corte distrettuale ha ricostruito la vicenda che occupa nei seguenti termini (consonanti a quelli ritenuti dal primo giudice).

Intorno alle 03:30 del mattino il P. ed il V. lasciavano la discoteca (OMISSIS) per dirigersi l'uno alla propria abitazione e l'altro al luogo di lavoro, secondo quanto affermato dagli stessi imputati con dichiarazione che la Corte ha voluto fare propria in funzione di conferma della complessiva ricostruzione pur sulla premessa prospettata dagli imputati.

I due avevano lasciato l'amico L. F. nella discoteca con l'intesa che questi, che vi era giunto con l'auto del V., avrebbe cercato un passaggio da altri. Il P. era salito sulla propria autovettura con B. A., mentre il V. si era posto alla guida della sua autovettura, rimanendo da solo. Il percorso e le condotte di guida tenute dai due risultano monitorate da videocamere ma solo per alcuni tratti del percorso fatto. Una prima ripresa coglie il loro ingresso nel tunnel (OMISSIS) alle 03:37.13 e poi la manovra di sorpasso fatto dal P., che lo aveva presegnalato con gli abbaglianti; le due vetture fuoriescono dal tunnel alle 03:37.32, percorrendo quindi 300 mt. in circa 19 centesimi di secondo. Dopo essere usciti dal tunnel, i due veicoli non vengono più ripresi sino a quando altra telecamera li avvista all'intersezione (OMISSIS); si è alle 03:38.11. Ma sulla scorta della testimonianza del B. i giudici hanno accertato che era stato eseguito un altro sorpasso, questa volta nella via costeggiante la stazione dopo il semaforo, da parte del V.. Nella citata intersezione la prima auto ad entrare nel raggio della telecamera è la Passat condotta dal V., che inizia una manovra di inversione ad U con un ampio raggio di curva e a velocità non troppo elevata. Qualche secondo dopo nel filmato compare la BMW che effettua la medesima inversione ad U ma con un arco di curvatura molto più stretto e portandosi addirittura sulla carreggiata destinata al senso di marcia contrario, inoltre tagliando la strada al V. per superarlo. L'inversione ad U era funzionale al ritorno presso la discoteca (OMISSIS). Secondo il racconto degli imputati, ciò era stato determinato dalla volontà di sincerarsi che il L. avesse trovato il passaggio per rientrare a casa perchè nel corso di una conversazione telefonica piuttosto disturbata la questione non era risultata chiara.

Ripartendo dalla discoteca (OMISSIS) i due nuovamente percorrevano la medesima strada mantenendo una forte velocità. Alle 03:42.40 le telecamere del tunnel (OMISSIS) ne osservano l'ingresso e poi l'uscita appena 9 centesimi di secondo dopo. La BMW precedeva la Passat di pochi metri circolando dapprima sostanzialmente al centro delle due corsie, tallonata dal V.. Poi la BMW si spostava lievemente verso destra mentre la Passat rimaneva in mezzo alla semicarreggiata a pochi metri di distanza. Nel giro di qualche secondo la BMW si riportava nuovamente a cavallo delle due corsie e la Passat restava ancora indietro. All'uscita del tunnel, quando la strada diventava a quattro corsie, la BMW si portava a sinistra imboccando la terza corsia da destra; questo punto la Passat arrivava praticamente alla sua altezza procedendo sulla seconda corsia da destra. La velocità di entrambe le autovetture era all'incirca di 98 km/h. Un quarto sorpasso, è ancora B. la fonte, avvenne proprio all'uscita del tunnel durante la svolta per immettersi in (OMISSIS). Quella velocità era mantenuta anche nell'approssimarsi all'area di incrocio dove dovevano svoltare a sinistra per immettersi in (OMISSIS). Nell'impostare tale manovra la Passat, che in precedenza si era affiancata alla BMW, restava qualche metro indietro e iniziava la svolta con un raggio di curva più stretto. Pochi metri più avanti il P. andava ad impattare con la Fiat Panda del R..

4.3. Secondo le difese i fatti che dimostrerebbero l'assenza di una gara sono rappresentati dalla dinamica del primo sorpasso, che appare ordinaria, e dal ritorno alla discoteca, che deporrebbe a favore della tesi che non c'era gara in corso.

Si tratta di affermazioni meramente assertive, che non valgono a dimostrare la ricorrenza di vizi del ragionamento e che non considerano il complessivo tessuto argomentativo.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, è configurabile una gara di velocità, vietata dall'art. 9 ter C.d.S., quando due o più conducenti di veicoli, anche senza preventivo accordo e per effetto di una tacita e reciproca volontà di voler competere l'uno con l'altro, pongono in essere una contesa, consistente nel tentativo di superarsi, ingaggiando una competizione da cui deriva un vicendevole condizionamento delle modalità di guida (Sez. 4, n. 52876 del 30/11/2016 - dep. 14/12/2016, Gugliandolo, Rv. 26879401).

Nel caso che occupa i giudici hanno posto in evidenza, quale fondamento del loro convincimento della avvenuta gara, il fatto che vennero eseguiti cinque sorpassi, secondo il computo della Corte distrettuale, svolti in un brevissimo arco di tempo, a velocità sostenuta, con un ripetuto sostituirsi dei veicoli nelle posizioni di marcia, lungo un percorso di circa due chilometri. I giudici hanno puntualmente analizzato il comportamento dei conducenti; quello che seguiva - lo ha scritto già il Tribunale - quando trovava strada libera ne approfittava per superare l'altro mediante manovre spericolate. Proprio le modalità della marcia, in uno alla rapidità delle manovre e dell'intero svolgimento sono stati indicati come fattori che permettono di escludere si sia trattato di semplici, ancorchè plurimi, sorpassi o di mere trasgressioni dei limiti di velocità.

A tali conclusioni sono giunti anche prendendo in considerazione le dichiarazioni del teste B., che hanno analizzato anche in relazione al loro divenire, motivamente ritenendo che quelle rese in prima battuta - recanti elementi a sfavore degli imputati - fossero maggiormente attendibili di quelle successive.

A fronte di un simile impianto argomentativo i ricorrenti ridefiniscono le premesse fattuali ed offrono valutazioni alternative delle stesse. Il che non è consentito in sede di legittimità.

4.4. Quanto al nesso causale del gareggiare con l'evento tipico e al principio posto da questa sezione con la pronuncia n. 16610/16, è certamente da ribadire che, per poter essere ascritte ai sensi dell'art. 9-ter C.d.S., la morte e/o le lesioni devono conseguire alla partecipazione alla gara e non ad una diversa ed aggiuntiva ma causalmente assorbente violazione di regole per la sicura circolazione stradale. Ma nel caso che occupa, i giudici sostengono con motivazione in alcun modo manifestamente illogica che la morte e le lesioni descritte nelle imputazioni sono derivate proprio dalla gara. In effetti, il dato che rileva è che l'evento si è determinato proprio nel corso della gara e non quando essa era cessata o sospesa, così da rendere distinta e non correlata una ulteriore violazione del codice della strada (nel caso, il mantenere una velocità non consentita). Trattando dell'argomento la Corte di appello ha efficacemente rimarcato che nel caso di specie "le infrazioni al Codice della strada compiute sono strumentali alla gara". Affermazione che, nutrita di puntuali riferimenti fattuali, dimostra anche l'infondatezza del rilievo difensivo che imputa alla Corte di appello di aver ritenuto commessa la sola violazione del divieto di gara; si è frainteso il senso di quanto scritto dai giudici territoriali quanto al gareggiare come unico addebito ascritto agli imputati: si intendeva quale condotta avente rilievo causale rispetto all'evento verificatosi.

4.5. Con specifico riferimento alla posizione del V., va in primo luogo osservato che la principale censura investe le modalità della motivazione, di contro legittimamente costruita attraverso l'adesivo richiamo a quanto già esposto dal primo giudice (si ricorderà che trattasi di cd. doppia conforme), senza omettere l'analisi e la replica in merito ai rilievi portati con gli appelli. Quanto ai contenuti, la critica alla motivazione muove in ogni caso dalla negazione dell'assunto principale del giudice impugnato, ovvero la insussistenza di una gara ingaggiata con il P.. Di talchè essa cade con la dimostrazione della incensurabilità della sentenza impugnata sul principale caposaldo.

5. Segue alla declaratoria di inammissibilità del ricorso la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento di tremila Euro ciascuno alla Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila Euro ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2022.

 

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