Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 45132 del 28 novembre 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 45132 del 28/11/2022
Circolazione Stradale - Artt. 140 e 145 del Codice della Strada - Precedenza - Stop - Obbligo di prudenza - L'obbligo di prudenza all'intersezione ove vige segnale di Stop è soddisfatto solo da quei conducenti che prestano un altissimo grado di attenzione e cautela, giustificato dalla particolare pericolosità della situazione topografica, e la norma obbliga i conducenti a fermarsi in corrispondenza della striscia di arresto prima di immettersi nell'area dell'incrocio, così rendendo ancor più stringente l'obbligo di verificare, da una posizione di quiete del mezzo, la possibilità di impegnare l'incrocio, solo dopo aver accertato che non vi fossero altri veicoli in arrivo ai quali dover concedere la precedenza.


RITENUTO IN FATTO

1. Dopo essere stato assolto in primo grado - all'esito di giudizio abbreviato condizionato alla produzione della sentenza del giudice di pace e delle fotografie dei danni riportati dal veicolo - con sentenza del Tribunale di Aosta del 16/2/2021 con la formula perché il fatto non costituisce reato, sull'appello proposto dal Procuratore della Repubblica di Aosta, con sentenza del 18/2/2022 la Corte di Appello di Torino ha condannato (Soggetto 1), riconosciutagli la circostanza attenuante di cui all'art. 590 bis c.p., comma 7 e con la diminuente del rito, alla pena di quaranta giorni di reclusione, con i doppi benefici di legge e la sospensione della patente di guida per mesi 3 in quanto riconosciutolo colpevole di lesioni personali stradali gravi, risultate guaribili in più di 40 giorni, in danno di (Soggetto 2) poiché, per colpa, consistita in imprudenza, imperizia e negligenza, nonché nella violazione delle norme sulla circolazione stradale (artt. 140 e 145 C.d.S.), per non aver concesso la precedenza al motociclo condotto dalla persona offesa, mentre si trovava alla guida del proprio autoveicolo e si immetteva nella via (Omissis), cagionava la collisione dei due veicoli e la caduta rovinosa a terra della persona offesa, che si procurava frattura della clavicola sinistra e policontusioni, in (Omissis).

2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il (Soggetto 1), deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

Con un primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge penale, senza alcuna ulteriore specificazione, nonché contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, contestando la dinamica dei fatti accertata dal giudice di appello.

Secondo la tesi proposta in ricorso, non vi fu un affiancamento nell'incrocio del motociclo guidato dal (Soggetto 2) alla vettura condotta dal (Soggetto 3), ma un vero e proprio sorpasso, sicchè il (Soggetto 1), che si era fermato allo stop, quando impegnò l'incrocio non ebbe modo di vedere la Vespa condotta dalla persona offesa, che gli venne addosso all'improvviso. Per altro verso, la sentenza impugnata avrebbe implicitamente cassato la decisione del giudice di pace civile di Aosta, divenuta definitiva, che ha deciso sulla contestazione di violazione del codice della strada, così accertando appunto l'insussistenza dell'illecito.

Con un secondo motivo si censura la decisione impugnata nella parte non ha riconosciuto la circostanza attenuante di cui all'art. 62 c.p., comma 1, n. 6 e le circostanze attenuanti generiche.

Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata.

3. Nei termini di legge ha rassegnato le proprie conclusioni scritte per l'udienza senza discussione orale (D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 conv. dalla L. n. 176 del 2020, come prorogato D.L. n. 228 del 2021, ex art. 16 conv. con modif. dalla L. n. 15 del 2022), il P.G., che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.

In data 7/11/2022 veniva avanzata dall'Avv. Da. Sc., difensore del ricorrente istanza di rinvio a data successiva al 31/12/2022, stante la revoca della costituzione della parte civile nel giudizio di appello, istanza che veniva rigettata dalla Corte con ordinanza resa a verbale. Impregiudicata ogni altra questione, sul rilievo che le norme invocate non sono ad oggi efficaci, essendo stata modificata specificatamente dal D.L. 31 ottobre 2022, n. 162, (mediante l'art. 99 bis), l'entrata in vigore del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 al 30/12/2022.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi sopra illustrati appaiono manifestamente infondati e, pertanto, il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.

Le censure del ricorrente, invero, si sostanziano nella proposizione di censure in fatto, senza che vi sia un adeguato confronto critico con le risposte a quelle fornite dai giudici del gravame del merito.

Per contro, l'impianto argomentativo del provvedimento impugnato appare puntuale, coerente, privo di discrasie logiche, del tutto idoneo a rendere intelligibile l'iter logico-giuridico seguito dal giudice e perciò a superare lo scrutinio di legittimità, avendo i giudici di secondo grado preso in esame le deduzioni difensive ed essendo pervenuti alle loro conclusioni attraverso un itinerario logico-giuridico in nessun modo censurabile, sotto il profilo della razionalità, e sulla base di apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in sede di legittimità.

2. Il ricorrente censura la decisione non tanto per una illogicità motivazionale, quanto per un asserito travisamento dei fatti, poiché a suo giudizio dalle parole dei testimoni e dell'imputato emerge un sorpasso e non un affiancamento del motoveicolo rispetto alla vettura che godeva della precedenza, come sostenuto dal giudice di primo grado ed erroneamente negato dalla Corte d'appello.

Si tratta, tuttavia, di una verifica che la Corte non può operare, poiché con riguardo ai limiti del sindacato di legittimità sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per cassazione, delineati dall'art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006, la predetta novella non ha comportato la possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un'indagine sul discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, dovendo il giudice della legittimità limitarsi a verificare l'adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per giustificare il suo convincimento. La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni processuali può, soltanto ora, essere dedotta quale motivo di ricorso qualora comporti il c.d. "travisamento della prova" (consistente nell'utilizzazione di un'informazione inesistente o nell'omissione della valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività nell'ambito dell'apparato motivazionale sottoposto a critica), purché siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte di legittimità, e non ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato. Permane, al contrario, la non deducibilità, nel giudizio di legittimità, del travisamento del fatto, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (cfr. ex multis Sez. 6, n. 25255 del 14/2/2012, Rv. n. 253099).

Vanno, pertanto, immediatamente dichiarate inammissibili, perché non consentite, le doglianze del ricorrente riguardanti presunti "travisamenti del fatto".

3. La Corte territoriale, peraltro, ha compiuto un'attenta disamina delle dichiarazioni rese da tutti i presenti al sinistro evidenziando come lo stesso imputato, nelle dichiarazioni rese alla polizia municipale, descriveva l'accaduto con le medesime modalità ammettendo di essersi immesso nella intersezione senza attendere il completamento della svolta operata dal (Soggetto 3) e che, quando si avvide della presenza del motociclo condotto dalla parte offesa, pose in essere un accelerazione, con la conseguenza che anche la localizzazione del punto di impatto tra la Vespa e l'autoveicolo di (Soggetto 1), in corrispondenza della parte posteriore sinistra di quest'ultimo mezzo, non è affatto dimostrazione che l'immissione nell'incrocio fosse già in fase conclusiva, come ritenuto prima dal giudice di Pace e pedissequamente poi, dal giudice del Tribunale di Aosta, essendo dipesa, all'evidenza, dall'avanzamento repentino effettuato dal conducente al fine di evitare l'impatto.

Da quanto ricostruito, per i giudici di appello, con una pronuncia che appare immune dai denunciati vizi di legittimità, emerge, con chiarezza, che il (Soggetto 1), violando le norme che regolano la circolazione stradale ed in particolare sia il disposto dell'art. 145 sia quello si cui all'art. 140 C.d.S. effettuò l'immissione nella intersezione senza attendere il termine della manovra del (Soggetto 3) e cosi senza adeguatamente controllare che non vi fossero ulteriori veicoli provenienti dalla medesima direzione di marca di quest'ultimo, che stavano impegnando l'incrocio.

Corretto appare il rilievo che l'art. 145 C.d.S., comma 1, impone, a tutti i conducenti che si approssimano ad un crocevia, un obbligo di prudenza massima, che è qualcosa di più di quello di non costituire pericolo per la circolazione, previsto dall'art. 140 C.d.S., comma 1.

L'obbligo di prudenza, in altri termini, è soddisfatto solo dai conducenti che, in zona di crocevia, fanno uso di un altissimo grado di attenzione e cautela, giustificato dalla particolare pericolosità della situazione topografica, e il comma 5 della medesima disposizione obbliga i conducenti a fermarsi in corrispondenza della striscia di arresto prima di immettersi nella intersezione, così rendendo ancor più stringente l'obbligo di verificare, da una posizione di quiete del mezzo, la possibilità di impegnare l'incrocio, solo dopo aver accertato che non vi fossero altri veicoli in arrivo ai quali dover concedere la precedenza.

Coerente con tali premesse, pertanto, è la conclusione che l'imputato, per aderire al precetto imposto, avrebbe dovuto attendere, prima di immettersi, che la vettura condotta dal (Soggetto 3) avesse terminato la sua svolta, così da avere la visuale libera ed avvedersi dell'arrivo del motoveicolo condotto da (Soggetto 2) che godeva della precedenza posto che transitava lungo la via (Omissis).

4. Manifestamente infondata è anche la doglianza difensiva circa un possibile conflitto tra giudicati, poiché l'accertamento del giudice civile non può vincolare quello penale, atteso che, come risulta dalla consultazione della sentenza medesima, questa aveva in realtà ad oggetto solamente la sospensione cautelare della patente di guida, per cui si limita ad escludere "quegli evidenti profili di responsabilità che l'art. 223 C.d.S.. esige per giustificare in capo all'Autorità amministrativa il potere di provvedere in via cautelare all'irrogazione della sanzione accessoria della sospensione della patente"; la stessa decisione precisa che resta impregiudicato l'accertamento della responsabilità nella causazione del sinistro e l'eventuale concorso di colpa dei soggetti nello stesso coinvolti, per cui deve escludersi qualsiasi possibile conflitto tra la decisione civile e quella penale.

5. Quanto, infine, alle circostanze attenuanti delle quali il ricorrente lamenta il mancato riconoscimento, questa Corte non può procedere al relativo giudizio, che implica delle valutazioni incompatibili con il giudizio di legittimità: per giunta, quanto al risarcimento del danno, non è nota la tempistica, l'eventuale integralità e la manifestazione di una concreta e tempestiva volontà riparatoria da parte dell'imputato, che abbia comunque contribuito all'adempimento da parte della compagnia, come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 4, n. 22022 del 22/02/2018, Tupini, Rv. 273587).

6. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell'art. 616 c.p.p., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 9 novembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 novembre 2022.

 

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