Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quarta, sentenza n. 42607 del 10 novembre 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione IV, sentenza numero 42607 del 10/11/2022
Circolazione Stradale - Art. 213 del Codice della Strada e art. 349 c.p. - Misura cautelare del sequestro e sanzione accessoria della confisca amministrativa - Scomparsa del veicolo - Sigilli di sicurezza - Rimozione - Reato - Configurazione - Fare sparire il veicolo sottoposto alla misura cautelare del sequestro amministrativo per la successiva confisca integra la condotta di violazione di sigilli, non essendo affatto necessaria che venga posta in essere una materiale manomissione o distruzione o alterazione ne dei sigilli ne' della cosa.


RITENUTO IN FATTO

1. (Soggetto 1) ricorre per cassazione avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Roma del 12/11/2014, di conferma di quella di primo grado, con la quale il ricorrente veniva condannato ai sensi dell'art. 349 c.p.c., comma 2, per aver rimosso abusivamente, nella qualità di custode del bene, i sigilli di sicurezza apposti sul parabrezza dell'autocarro di sua proprietà, sottoposto a sequestro amministrativo, e poi a confisca, per aver circolato in assenza di assicurazione.

1.1. Con un primo motivo di ricorso deduce violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p., posto che, mentre nel capo di imputazione si contesta una condotta attiva di manomissione dei sigilli apposti sul veicolo, nella motivazione della sentenza si fa riferimento ad una condotta diversa, consistita nell'aver "fatto sparire" il veicolo sequestrato, senza aver esercitato i doverosi doveri di controllo inerenti alla sua qualità di custode del bene e nell'aver non operato con la diligenza propria del custode.

1.2. Con secondo motivo lamenta vizio della motivazione, in quanto la condotta di violazione di sigilli veniva accertata solo dopo che la prefettura di Roma si era recata a confiscare il bene presso il luogo ove veniva custodito, dopo ben quattro anni dalla apposizione dei sigilli, senza averlo ivi rinvenuto, e quindi lamenta l'indeterminatezza del momento consumativo del reato, sul rilievo che non è stata accertata nessuna condotta materiale di manomissione del bene ma una mera condotta di sottrazione del bene; deduce inoltre l'assenza dell'elemento psicologico del dolo, in quanto i giudici contestano in sostanza una condotta negligente, in violazione del dovere di assicurare il veicolo all'Autorità.

1.3. Con terzo motivo deduce violazione delle norme penali in tema di intervenuta prescrizione, posto che il tempus commissi delicti deve essere collocato temporalmente in epoca assai antecedente a quello in cui è avvenuto l'accertamento della violazione (la condotta viene contestata in data (Omissis), allorquando l'Autorità si stava accingendo a confiscare il bene), e in epoca prossima al momento in cui avvenne l'apposizione dei sigilli, ossia in data 15/01/2008. L'accertamento della avvenuta violazione non può affatto coincidere con il momento del consumativo del reato, posto che non vi è alcun elemento che lasci ritenere che la "sparizione" del veicolo sia avvenuta nell'immediatezza dell'esecuzione della confisca, piuttosto che nell'immediatezza del sequestro amministrativo e della apposizione dei sigilli. Pertanto, deduce intervenuta prescrizione, essendo decorsi i termini prescrizionali dalla data del 15/01/2008.

2. Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l'inammissibilità del ricorso.

3. Il ricorrente, con memoria di replica, insiste per l'accoglimento del primo motivo di ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo è manifestamente infondato, in quanto l'aver fatto "sparire" il veicolo integra la condotta di violazione di sigilli, non essendo affatto necessario che venga posta in essere una materiale manomissione o distruzione o alterazione ne dei sigilli ne’ della cosa. La rimozione e la sottrazione della cosa sottoposta al vincolo, in quanto esercizio del potere di disposizione, costituisce condotta tipica di violazione del divieto penale di uso della res. Ne segue pertanto che, sul piano oggettivo, non c'è alcuna violazione dell'art. 521 c.p.p., ne' può assumere rilevanza l'eventuale mutazione dell'elemento soggettivo (dolo o colpa).

2. Anche il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Il giudice afferma che la responsabilità per la "sparizione" del veicolo discenda dalla violazione del dovere di conservazione della cosa al fine di consentirne la disponibilità dell'autorità e, sul piano soggettivo, dal fatto che non risulta che la sparizione del bene "sia avvenuta contro la volontà e all'insaputa del custode", in sostanza ritenendo raggiunta la prova del dolo dall'assenza di indicazione di elementi specifici, da parte del ricorrente, in ordine all'impossibilità di attivarsi e quantomeno avvertire l'autorità. In proposito tuttavia il ricorrente nulla ha dedotto. Costituisce infatti ius receptum che "ai fini della configurazione del reato di violazione di sigilli previsto dall'art. 349 c.p., comma 2, nei confronti di colui che ha in custodia la cosa, la prova della sussistenza del dolo, che differenzia tale ipotesi delittuosa dall'agevolazione colposa sanzionata amministrativamente dall'art. 350 c.p., deve essere fornita dalla pubblica accusa e non può essere desunta dalla negligenza e trascuratezza del custode; tuttavia è onere di quest'ultimo addurre gli elementi specifici che gli hanno impedito di attivarsi, qualora risulti accertato che egli, benché direttamente a conoscenza della effrazione dei sigilli, abbia omesso di avvertire dell'accaduto l'autorità" (Sez. U, 15/07/2010 n. 36551, Carelli, Rv n. 248051; Sez. 3, n. 7371 del 13/07/2016 Ud. (dep. 16/02/2017) Rv. 269192 - 01).

3. Infine, la doglianza concernente il tempus commissi delicti, secondo cui, ad avviso del ricorrente, il momento consumativo del reato deve essere collocato temporalmente in epoca assai antecedente a quello in cui è avvenuto l'accertamento della violazione, è infondata in quanto basata su motivi non dedotti in appello. L'unico motivo d'appello riguardava, infatti, esclusivamente la commissione del fatto, nè il ricorrente ha dedotto in questa sede elementi e circostanze specifiche cui ancorare diversamente la data di sottrazione del veicolo. La doglianza è pertanto inammissibile, a norma dell'art. 606 c.p.p., comma 3.

4. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, all'udienza, il 23 settembre 2022.

Depositato in Cancelleria il 10 novembre 2022.

 

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