Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione quinta, sentenza n. 24888 del 28 giugno 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione V, sentenza numero 24888 del 28/06/2022
Circolazione Stradale - Art. 208 del Codice della Strada - Proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie - La mancata dimostrazione di una disposizione o ordine di servizio rivolto al Corpo di Polizia locale e finalizzato a elevare verbali di infrazione al codice della strada per fronteggiare il deficit dell'amministrazione riportato da un articolo di stampa, se non trova un reale e concreto aggancio fattuale, configura reato.


RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino ha confermato la decisione del Tribunale di Biella che, all'esito del giudizio ordinario, aveva riconosciuto R. E. e L. M. L. colpevoli dei reati a ciascuno rispettivamente ascritto ai capi A) e B), per avere, il primo quale autore di un articolo dal titolo: " C.: almeno 800 multe al mese", pubblicato a pagina 9 del settimanale (OMISSIS) del 04/11/2014, e il secondo quale direttore responsabile dello stesso periodico, offeso la reputazione di C. L., Sindaco del comune di (OMISSIS), attribuendogli la paternità di un ordine di servizio rivolto al Corpo di Polizia locale e finalizzato a elevare verbali di infrazione al codice della strada indiscriminatamente ai danni dei cittadini, onde acquisire maggiori disponibilità economiche per fronteggiare il deficit dell'amministrazione, altresì, indicandolo come "il peggior sindaco di tutti i tempi" e parlando di "amministrazione senza etica e moralità". I ricorrenti sono stati, quindi, condannati alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni risarcitorie equitativamente liquidate in Euro 3000 in favore della costituita parte civile.

2. Hanno proposto ricorso per cassazione entrambi gli imputati, con il ministero del medesimo difensore di fiducia, avvocato Pa. Bu., che, con un unico atto, svolge tre motivi.

2.1. Con il primo, denuncia erronea applicazione degli artt. 51, 595 e 596 bis c.p., L. n. 47 del 1948, art. 13 e correlati vizi della motivazione. Invoca la scriminante di cui all'art. 51 c.p., ricorrendo i presupposti del legittimo esercizio del diritto di critica, del tutto obliterato dalla sentenza impugnata, che si è unicamente concentrata sulla valutazione dell'esimente del diritto di cronaca, con una lettura superficiale dell'articolo di stampa, senza neppure contestualizzare l'articolo finalizzato a censurare il comportamento dell'amministrazione comunale nella persona del Sindaco, all'epoca avente delega alla Polizia Municipale. A sostegno della verità sostanziale della notizia, la Difesa ha richiamato la documentazione (tra cui il documento definito" Obiettivo Miglioramento 2014") prodotta nel giudizio di merito, attestante un cospicuo incremento delle contravvenzioni elevate dal personale di polizia negli anni 2015-2017. D'altro canto, si citano altri periodici locali che avevano trattato l'argomento dell'incremento delle contravvenzioni, pur senza venire querelati. Quanto alla riconducibilità soggettiva dell'iniziativa di incrementare le contravvenzioni, essa è in re ipsa, considerato che il Sindaco aveva la delega alla Polizia Municipale e, dunque, va ricondotta alla amministrazione da lui presieduta l'azione di indirizzo politico finalizzata, nel caso di specie, a "fare cassa".

Ci si duole, inoltre, che mentre il Tribunale ha escluso solo la verità del fatto oggetto dell'articolo, la Corte di appello ha, invece, ritenuto insussistente tanto la verità del fatto che il requisito della continenza.

2.2. Violazione di legge processuale e correlati vizi della motivazione vengono prospettati con il secondo motivo, con riferimento alla richiesta di rinnovazione dell'istruttoria finalizzata alla assunzione della prova testimoniale della parte civile, quale prova decisiva, al fine di valutare la portata diffamatoria dell'articolo e il concreto interesse della parte civile nella vicenda in questione.

2.3. Analoghi vizi vengono denunciati con il terzo motivo, con riferimento al riconoscimento e alla liquidazione del danno, per essere stati disapplicati i parametri legali a cui attenersi per la liquidazione equitativa del danno morale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono infondati in modo manifesto. La Corte di appello si è determinata coerentemente con consolidati orientamenti giurisprudenziali.

1.1. Dal tenore complessivo dell'articolo incriminato emerge come l'accusa rivolta al Sindaco sia quella di avere adottato un ordine di servizio, con il quale si invitava il personale del locale Corpo di polizia municipale a incrementare considerevolmente i verbali di contravvenzione al codice della strada - secondo l'articolo, almeno 800 multe al mese -, ordine che, se fosse stato effettivamente impartito, avrebbe costituito un abuso di potere.

1.2. La notizia veicolata con l'articolo in questione, è consistita, dunque, nell'avere attribuito alla persona offesa una condotta che rimandava a un comportamento illecito da parte del massimo esponente dell'amministrazione comunale, notizia che, tuttavia, non è risultata essere vera: nonostante, nell'articolo, si affermi di avere la disponibilità del documento in questione, ovvero dell'ordine di servizio, esso non è stato rinvenuto, con la conseguenza che la verità della notizia, pur dedotta con forza dalla Difesa, non ha trovato effettivo riscontro.

1.3.Va ricordato, preliminarmente, che, secondo incontrastato orientamento di legittimità, in materia di diffamazione, la Corte di cassazione può conoscere e valutare la frase che si assume lesiva della altrui reputazione perché è compito del giudice di legittimità procedere, in primo luogo, a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione dell'imputato (ex plurimis, Sez. 5, n. 832 del 21/06/2005 (dep. 2006) Rv. 233749; Sez. 5, n. 41869 del 14/02/2013, Rv. 256706; Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014 Rv. 261284; Sez. 5 n. 2473 del 10/10/2019 (dep. 2020) Rv. 278145).

2. Si osserva, allora, in primo luogo, che la Corte territoriale non si è sottratta - come erroneamente deduce la Difesa ricorrente - all'onere di verificare la sussistenza dei presupposti per l'esimente del diritto di critica al pari dell'esimente del diritto di cronaca, come si rileva nella pur sintetica annotazione a pagina 5.

2.1. Al riguardo del diritto di critica, è opportuno considerare che esso, rappresentando l'esternazione di un'opinione relativamente a una condotta, ovvero a un’affermazione, altrui, si inserisce nell'ambito della libertà di manifestazione del pensiero, garantita dall'art. 21 della Carta costituzionale e dall'art. 10 della Convenzione EDU. Proprio in ragione della sua natura di diritto di libertà, esso può essere evocato quale scriminate, ai sensi dell'art. 51 c.p., rispetto al reato di diffamazione, purché venga esercitato nel rispetto dei limiti della veridicità dei fatti, della pertinenza degli argomenti e della continenza espressiva. La nozione di "critica", quale espressione della libera manifestazione del pensiero, oramai ammessa senza dubbio dall'elaborazione giurisprudenziale, e che viene in rilievo nella fattispecie scrutinata, rimanda non solo all'area dei rilievi problematici, ma, anche e soprattutto, a quella della disputa e della contrapposizione, oltre che della disapprovazione e del biasimo anche con toni aspri e taglienti, non essendovi limiti astrattamente concepibili all'oggetto della libera manifestazione del pensiero, se non quelli specificamente indicati dal legislatore. I limiti sono rinvenibili, secondo le linee ermeneutiche tracciate dalla giurisprudenza e dalla dottrina, nella difesa dei diritti inviolabili, quale è quello previsto dall'art. 2 Cost., onde non è consentito attribuire ad altri fatti non veri, venendo a mancare, in tale evenienza, la finalizzazione critica dell'espressione, né trasmodare nella invettiva gratuita, salvo che la offesa sia necessaria e funzionale alla costruzione del giudizio critico (Sez. 5 n. 37397 del 24/06/2016, Rv. 267366).

A differenza della cronaca, del resoconto, della mera denunzia, la critica si concretizza nella manifestazione di un'opinione (un giudizio valutativo), la quale presuppone in ogni caso un fatto che è assunto a oggetto o a spunto del discorso critico; è ovvio che il giudizio valutativo, in quanto tale, è diverso dal fatto da cui trae spunto e, a differenza di questo, non può pretendersi che sia "obiettivo" e neppure, in linea astratta, "vero" o "falso". Diversamente opinando, si rischierebbe di sindacare la legittimità stessa del contenuto del pensiero, in palese contrasto con le garanzie costituzionali (Sez. 5, n. 13549 del 20/02/2008, Pavone, Rv. 239825; Sez. 5, n. 13880 del 18/12/2007 - dep. 02/04/2008, Pandolfelli, Rv. 239816; Sez. 5, n. 20474 del 14/02/2002, PG in proc. Trevisan, Rv. 221904; Sez. 5, n. 13264 del 16/03/2005, non massimata; Sez. 5, n. 20474 del 14/02/2002, Rv. 221904; Sez. 5, n. 7499 de 14/02/2000, Rv. 216534). La critica postula, insomma, fatti che la giustifichino e cioè, normalmente, un contenuto di veridicità limitato alla oggettiva esistenza dei dati assunti a base delle opinioni e delle valutazioni espresse (Sez. 5, n. 13264 del 16/03/2005, n. m.; Sez. 5, n. 20474 del 14/02/2002, Rv. 221904; Sez. 5, n. 7499 del 14/02/2000, Rv. 216534), ma non può pretendersi che si esaurisca in essi. In altri termini, come rimarca la giurisprudenza CEDU, la libertà di esprimere giudizi critici, cioè "giudizi di valore", trova il solo, ma invalicabile, limite nella esistenza di un "sufficiente riscontro fattuale" (Corte EdU, sent. del 27.10.2005 caso Wirtshafts-Trend Zeitschriften-Verlags Gmbh c. Austria rie. n 58547/00, nonché sent. del 29.11.2005, caso Rodrigues c. Portogallo, ric. n 75088/01), ma, al fine di valutare la giustificazione di una dichiarazione contestata, è sempre necessario distinguere tra dichiarazioni di fatto e giudizi di valore, perché, se la materialità dei fatti può essere provata, l'esattezza dei secondi non sempre si presta ad essere dimostrata (Corte EDU, sent. del 1.7.1997 caso Oberschlick c/Austria par. 33). Ecco che la critica, a differenza della cronaca, del resoconto, della mera denunzia, concretizzandosi nella manifestazione di un'opinione meramente soggettiva (di un giudizio valutativo), non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva e asettica (cfr. ex multis Sez. 5, n. 25518 del 26/9/2016, Volpe, Rv. 270284; Sez. 5, n. 49570 del 23/9/2014, Natuzzi, Rv. 261340; Sez. 5, n. 4938 del 28/10/2010, Simeoni, Rv. 249239). Ciò, in quanto il giudizio critico è necessariamente influenzato, e non potrebbe essere altrimenti, dal filtro personale con il quale viene percepito il fatto posto a suo fondamento; esso è, per sua natura, parziale, ideologicamente orientato e teso ad evidenziare proprio quegli aspetti o quelle concezioni del soggetto criticato che si reputano deplorevoli e che si intende stigmatizzare e censurare (Sez. 5, n. 19334 del 5/3/2004, Giacalone, non massimata, conf. Sez. 1 -, n. 8801 del 13/11/2018 Rv. 276167).

2.2. Dunque, va ribadito che non può prescindersi dalla verità del fatto, quale necessario presupposto del giudizio valutativo, neppure laddove si invochi il legittimo esercizio del diritto di critica, giacché l'unica flessione in punto di "verità" che può ammettersi è quella che attiene al giudizio valutativo, a quella fase, cioè, che, svincolandosi dal fatto storico, dal resoconto, si trasferisce sul piano della sua interpretazione. Se è vero che l'essenza de ragionamento critico sta, appunto, nell'esternazione di un'opinione soggettiva, è altrettanto imprescindibile - ai fini della configurabilità dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica politica, che trova fondamento nell'interesse all'informazione dell'opinione pubblica e nel controllo democratico nei confronti degli esponenti politici o pubblici amministratori - che l'elaborazione critica non sia avulsa da un nucleo di verità, pur limitato alla oggettiva esistenza dei dati assunti a base delle opinioni e delle valutazioni espresse (Sez. 5 n. 31263 del 14/09/2020 Rv. 27990901). Ciò che non è accaduto nel caso di specie, in cui la notizia riferita nell'articolo di stampa incriminato non ha trovato un reale e concreto aggancio fattuale, dal momento che l'atto che si assume essere stato adottato dalla persona offesa, evocato nell'articolo, non esiste.

Dalla motivazione della sentenza impugnata emerge che la verità della notizia è stata esclusa in termini netti, avendo la Corte territoriale accertato che non è mai stato emanato alcun ordine di servizio del Sindaco di (OMISSIS) teso a imporre ai Vigili urbani almeno 800 multe al mese per ripianare le casse comunali.

2.3. Neppure coglie nel segno l'argomento difensivo della "verità sostanziale", perché, come ha evidenziato la Corte territoriale, nella notizia pubblicata, si legge: "abbiamo la copia dell'ordine di servizio". La circostanza che taluni elementi documentali - di cui, tuttavia, la difesa non prova puntualmente in ricorso l'avvenuta acquisizione al processo di merito, né li allega al ricorso- dimostrerebbero l'esistenza di una previsione di incrementare le multe per divieto di sosta nel 2015, e poi l'effettivo incremento, non equivale a ritenere dimostrata la notizia pubblicata, tenendo conto altresì che il documento "obiettivo miglioramento 2014" che il R. ha esibito in giudizio è stato definito come "un semplice documento word, né sottoscritto né siglato o in qualche modo vidimato, in cui sarebbe riportata una sorta di resoconto numerico dell'intervento della polizia locale di (OMISSIS)".

3. Non hanno pregio neppure le doglianze veicolate con il secondo motivo, a confronto di una motivazione della sentenza impugnata che ha congruamente giustificato la mancata assunzione della prova testimoniale della parte civile, richiesta dalla difesa al fine di valutare la portata diffamatoria dell'articolo e il concreto interesse della parte civile nella vicenda in questione. La Corte territoriale l'ha ritenuta - con giudizio di merito insindacabile in questa Sede in quanto immune da palesi illogicità - ininfluente allo scopo richiesto, giacche, in primo luogo, l'eventuale perdita di interesse al processo avrebbe dovuto manifestarsi con la remissione della querela oppure mancando di coltivare la costituzione di parte civile. A tanto deve aggiungersi che la portata diffamatoria degli articoli pubblicati non dipende dalla mera percezione soggettiva dell'offeso, ma, come si è premesso, può essere valutata direttamente dal Giudice di legittimità, secondo parametri dotati oggettivi legati alla coscienza sociale di un dato momento storico.

In assenza del presupposto della verità del fatto storico resta assorbita la questione della continenza dell'articolo.

4. Anche la terza censura attinente alla quantificazione del danno, risulta manifestamente infondata, dal momento che, in tema di risarcimento del danno, la liquidazione dei pregiudizi morali, attesa la loro natura, non può che avvenire in via equitativa, trattandosi di danni che, per definizione, sfuggono a una esatta determinazione, dovendosi ritener assolto l'obbligo motivazionale mediante l'indicazione di fatti materiali tenuti in considerazione e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente in base a quali calcoli è stato determinato l'ammontare del risarcimento (Sez. 4 n. 18099 del 01/04/2015, Rv. 263450; Sez. 6 n. 48086 del 12/09/2018, Rv. 274229). E' stato chiarito, infatti, che la dazione di una somma di danaro così determinata, per tali danni, non è reintegratrice di una diminuzione patrimoniale, ma compensativa di un pregiudizio non economico, con la conseguenza che non si può fare carico al giudice di non avere indicato le ragioni per le quali il danno non può essere provato nel suo preciso ammontare, giacché, in tanto una precisa quantificazione pecuniaria è possibile, in quanto esistano dei parametri normativi fissi di commutazione, in mancanza dei quali il danno non patrimoniale non potrà mai essere provato nel suo ammontare preciso. Fermo restando il dovere del giudice di dare conto, qui sufficientemente assolto, delle circostanze di fatto da lui considerate nel compimento della valutazione equitativa e del percorso logico che lo ha condotto a quel determinato risultato Sez. 3 civile, n. 2228 del 16/02/2012, Rv. 621460; Sez. 3 civile n. 19493 del 21/09/2007, Rv. 599416; Sez. lav. N. 11029 del 13/05/2006, Rv. 589068). In sostanza, la liquidazione del danno non patrimoniale sfugge a una precisa valutazione analitica, restando affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del giudice di merito, che sono censurabili in sede di legittimità sotto il profilo del vizio della motivazione solo se difetti totalmente la giustificazione o essa si discosti macroscopicamente dai dati di comune esperienza o sia radicalmente contraddittoria (Sez. 5 n. 35104 del 22/06/2013, Rv. 257123), mentre l'onere motivazionale è congruamente assolto quando si riscontri la indicazione di congrue, anche se sommarie, ragioni del processo logico adottato (Sez. 5 n. 6018 del 23/01/1997, Rv. 208086; Sez. 3 n. 34209 del 17/06/2010, Rv. 248371).

5.1. Alla luce di tali coordinate, i giudici di merito correttamente si sono pronunciati sulla domanda risarcitoria indicando le ragioni per le quali hanno ritenuto di determinare la somma liquidata a ristoro del danno non patrimoniale, avendo tenuto conto, ai fini della liquidazione, peraltro contenuta, del potenziale bacino di lettori del periodico e della elevata portata diffamatoria dell'articolo che ha messo in cattiva luce il Sindaco e la sua amministrazione comunale.

6. Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge (art. 616 c.p.p.) la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in Euro 3000,00. I ricorrenti devono, inoltre, essere condannati alla rifusione delle spese sostenute nel giudizio dalla costituita parte civile, da liquidarsi come in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, gli imputati alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro 3.500, oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2022.

Depositato in Cancelleria il 28 giugno 2022.

 

DISCLAMER: Il testo della presente sentenza o odinanza non riveste carattere di ufficialità e non sostituisce in alcun modo la versione pubblicata dagli organismi ufficiali. Vietata la riproduzione, anche parziale, del presente contenuto senza la preventiva autorizzazione degli amministratori del portale.


Canale TELEGRAM

   Per essere sempre aggiornati sulle novità e sulle attività di Circolazione Stradale, è possibile iscriversi liberamente al canale pubblico Telegram di Circolazione Stradale attraverso questo link: https://t.me/CircolazioneStradale