Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Penale, Sezione sesta, sentenza n. 10628 del 24 marzo 2022

 

Corte di Cassazione Penale, Sezione VI, sentenza numero 10628 del 24/03/2022
Circolazione Stradale - Artt. 71 e 75 del Codice della Strada - Dispositivo per la riduzione del particolato emesso dai veicoli - Provvedimento di diniego di conformità - L'adozione del provvedimento amministrativo relativo all'omologazione di un dispositivo antiparticolato gode sempre di una consentita, quanto dimostrabile, discrezionalità tecnica dei funzionari della Direzione Generale della Motorizzazione, considerato anche il loro atteggiamento collaborativo ed interlocutorio nei confronti del richiedente nonostante la carenza dell'impegno a programmare ed eseguire le prescritte prove di durabilità.


RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d'appello di Roma, sull'impugnazione agli effetti civili della parte civile D. A. - deceduta - cui sono subentrati come eredi i figli, ha confermato con il provvedimento in epigrafe quella del Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Roma, che aveva assolto gli imputati D. S. V. e V. M. G. dal reato di cui all'art. 110 c.p. e art. 328 c.p., comma 1, "perché il fatto non sussiste".

D. S. e V. erano chiamati a rispondere, quali dirigenti della Direzione Generale Motorizzazione del Ministero per le Infrastrutture e i Trasporti, dell'indebito rifiuto di provvedere tempestivamente sulla domanda presentata fin dal 2008 dalla soc. D. per ottenere l'omologazione di un sistema elettromagnetico per la riduzione del particolato emesso dai veicoli, fino al diniego di conformità emesso solo nel 2015 senza verificarne la effettiva validità, nonché di procedere alla verifica e all'annullamento delle omologazioni concesse ad altri e meno efficaci sistemi di filtro attivo antiparticolato (FAP) delle soc. Pi. e Iv., nonostante l'assenza delle prove di durabilità che, pure a fronte del propedeutico parere favorevole del Centro Prova Autoveicoli di Bari, aveva viceversa giustificato il diniego di omologazione del sistema proposto dalla soc. D. (cui veniva impedito, di fatto, di entrare nel relativo mercato).

Hanno rilevato entrambi i giudici di merito che: - la Direzione Generale Motorizzazione, con nota del 9 dicembre 2009, dato atto dell'incongruenza di alcune prove effettuate presso il CPA di Bari, indicava alla soc. D. "i termini di corretta esecuzione delle stesse" ai fini della richiesta omologazione, con particolare riguardo alle c.d. prove di durabilità; - la stessa Direzione Generale, diffidata a provvedere, reiterava la propria valutazione con nota dell'11 giugno 2010; - il TAR Lazio respingeva i ricorsi della soc. D. confermando la correttezza dell'operato dell'Amministrazione; - a seguito di numerose diffide e denunzie penali, sulla reiterata richiesta di omologazione del dispositivo, la Direzione Generale Motorizzazione negava, allo stato, l'omologazione del dispositivo con provvedimento del 6 novembre 2015, evidenziando una serie di carenze nella validità delle prove propedeutiche eseguite presso il CPA di Bari (carenze confermate a seguito di un'apposita procedura ispettiva del 2011) e invitando tuttavia la società ad impegnarsi ad effettuare le c.d. prove di durabilità in maniera corretta; - il TAR Lazio, con sentenza del 15 luglio 2016 confermata il 17 gennaio 2019 dal Consiglio di Stato (all'esito di una perizia collegiale), rigettava il ricorso della soc. D., sull'assorbente rilievo della piena regolarità delle procedure di omologazione seguite dall'Amministrazione nell'esercizio di una consentita discrezionalità tecnica e dell'atteggiamento collaborativo e interlocutorio dei funzionari, che avevano invitato la società a svolgere le richieste prove integrative e correttive ai fini della omologazione del dispositivo, cui la società s'era mostrata indisponibile; - quanto alla pretesa inidoneità dei filtri antiparticolato (FAP) e alla necessaria attività di controllo che sarebbe stata omessa dai funzionari dell'Amministrazione, gli studi di settore, le consulenze del CNR, dell'ISS e della Commissione Nazionale Emergenza Inquinamento, nonché le conclusioni del collegio peritale nominato dal Consiglio di Stato, ne ribadivano per contro l'utilità e l'elevata efficienza di abbattimento delle nanoparticelle e perciò giustificavano le omologazioni precedentemente concesse ai dispositivi delle concorrenti società Pi. e Iv., che, a differenza della soc. D., s'erano impegnate ad eseguire le prescritte prove di durabilità; - per contro, lo stesso collegio peritale aveva escluso sia il carattere di novità tecnologica del dispositivo D. che il rilievo di effetti significativi sull'abbattimento delle emissioni inquinanti ai fini della richiesta omologazione.

Non erano quindi configurabili, sotto i profili oggettivo e soggettivo, gli elementi costitutivi della fattispecie di indebito rifiuto, nè tantomeno di immotivata inerzia da parte dei due funzionari della Direzione Generale della Motorizzazione.

2. Il difensore e procuratore speciale delle parti civili ha proposto ricorso per cassazione avverso la citata sentenza e ne ha chiesto l'annullamento, denunziando la violazione di legge e il vizio di motivazione anche per travisamento della prova documentale. La ricorrente parte civile sottolinea, per il profilo dell'omissione rilevante, l'arbitrario ritardo nell'adozione del provvedimento amministrativo sulla domanda di omologazione del dispositivo D., emesso dalla competente Direzione Generale solo nel 2015 a fronte di una domanda risalente al 2008; evidenzia, d'altra parte, l'indebito trattamento riservato al dispositivo tecnico della soc. D. e, viceversa, il "dolo di favoreggiamento" verso le società Pi. e Iv., costruttrici dei differenti e pericolosi (per la qualità dell'aria) dispositivi FAP omologati dalla stessa Direzione. Tali condotte avrebbero cagionato alla soc. D. un ingentissimo danno patrimoniale risarcibile, per il mancato guadagno sul mercato nazionale e mondiale conseguente alla negata omologazione del dispositivo.

3. I difensori degli imputati, con memoria depositata il 10 febbraio 2022, hanno replicato al ricorso delle parti civili e ne hanno eccepito la manifesta infondatezza e l'inammissibilità, richiamando altresì le (allegate) argomentazioni svolte innanzi alla Corte d'appello di Roma.

4. Negli stessi termini - con un'analoga conclusione di inammissibilità del ricorso - si è espresso il Procuratore generale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con i due motivi di ricorso - formalmente distinti con riguardo ai profili della violazione di legge e rispettivamente del vizio di motivazione, ma univoci nella sostanza - la difesa delle parti civili non si confronta affatto con le puntuali argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, con riferimento alla documentata e accertata correttezza delle condotte degli imputati, funzionari amministrativi della Direzione Generale Motorizzazione.

In linea di fatto, la tesi accusatoria, già disattesa motivatamente da entrambi i giudici del merito e tuttavia pedissequamente reiterata in questa sede di legittimità, di avere gli imputati indebitamente rifiutato di provvedere sulla domanda presentata fin dal 2008 dalla soc. D. per ottenere l'omologazione di un dispositivo per la riduzione del particolato emesso dai veicoli, fino al provvedimento di diniego di conformità adottato solo nel 2015, nonché di avere omesso di procedere al controllo delle omologazioni concesse ad altri dispositivi antiparticolato (FAP) delle soc. Pi. e Iv., è risultata priva di alcuna base probatoria.

La correttezza dell'operato degli imputati, realizzato nell'esercizio di una consentita discrezionalità tecnica e caratterizzato fin nei primi atti da un atteggiamento collaborativo e interlocutorio nei confronti della soc. D., che chiedeva l'omologazione di un dispositivo antiparticolato nonostante la carenza dell'impegno a programmare ed eseguire le prescritte prove di c.d. durabilità, è stata invero conclamata da una serie di pronunce del giudice amministrativo, tutte reiettive dei numerosi esposti, diffide e ricorsi della società, culminate, da ultimo, nella sentenza in data 17 gennaio 2019 del Consiglio di Stato, confermativa di quella 15 luglio 2016 del TAR Lazio.

Il Consiglio di Stato, alla stregua delle risultanze di una perizia collegiale all'uopo disposta, ha riscontrato l'assoluta regolarità delle procedure di omologazione seguite dall'Amministrazione, dando atto del legittimo esercizio di una consentita discrezionalità tecnica e dell'atteggiamento collaborativo e interlocutorio dei funzionari, che avevano più volte invitato la società a svolgere le richieste prove integrative e correttive ai fini della omologazione del dispositivo, cui la società s'era mostrata indisponibile. Quanto alla pretesa inidoneità dei filtri antiparticolato (FAP) e alla necessaria attività di controllo delle già concesse omologazioni, che sarebbe stata omessa dagli stessi funzionari, il Consiglio di Stato evidenziava che gli studi di settore, le consulenze del CNR, dell'ISS e della Commissione Nazionale Emergenza Inquinamento, nonché le conclusioni del citato collegio peritale, ne avevano riscontrato l'idoneità e l'efficienza nell'abbattimento delle nanoparticelle, così giustificandosi le omologazioni precedentemente concesse ai dispositivi Pi. e Iv., che, a differenza della soc. D., s'erano impegnate ad eseguire le prescritte prove di durabilità. Per contro, lo stesso collegio peritale, in difetto delle programmate e prescritte prove di durabilità, non aveva confermato il carattere tecnologicamente innovativo del dispositivo D. - di cui era richiesta l'omologazione - ne’ il suo significativo rilievo per l'abbattimento delle emissioni inquinanti.

Tanto considerato in fatto, con apparato argomentativo diffuso e logicamente adeguato, perciò insindacabile in sede di scrutinio di legittimità, la Corte territoriale ne ha tratto il lineare corollario, in diritto, dell'insussistenza degli elementi costitutivi, materiale e psicologico, propri della contestata fattispecie criminosa di cui all'art. 110 c.p. e art. 328 c.p., comma 1.

2. Con riguardo alla reiterata, meramente declamata e non verificata accusa mossa dalle parti civili nei confronti dei due imputati di "dolo di favoreggiamento" verso le società Pi. e Iv., costruttrici dei differenti e considerati pericolosi (per la qualità dell'aria) dispositivi FAP, che sarebbero stati illegittimamente omologati dalla Direzione Generale Motorizzazione nonostante la carenza delle medesime prove di durabilità, risulta palese "l'errore prospettico nella lettura della vicenda", secondo la condivisibile espressione del P.G..

Nella insistita confusione concettuale fra il contestato delitto di omissione di atti di ufficio e quello prospettato di abuso di ufficio è evidente, infatti, l'assoluta eccentricità di quest'ultimo rispetto al perimetro della prova e della decisione riguardante esclusivamente il primo reato.

3. Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna delle ricorrenti parti civili al pagamento delle spese processuali e, ciascuna, della somma ritenuta equa di tremila Euro alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 1 marzo 2022.

Depositato in Cancelleria il 24 marzo 2022.

 

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