Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione seconda, ordinanza n. 7839 del 10 marzo 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione II, ordinanza numero 7839 del 10/03/2022
Circolazione Stradale - Art. 7 del Codice della Strada - Sosta regolamentata oltre l'orario esposto nel ticket - Pareri ministeriali - Nella casistica riguardante la regolamentazione della sosta previo acquisto ed apposizione del ticket e la protrazione della sosta oltre l'orario indicato, gli eventuali pareri e direttive emanate del Ministero non sono vincolanti per il giudice, non essendo riconducibili alle fonti del diritto.


RITENUTO IN FATTO

Il Tribunale di Pordenone, con sentenza depositata il 31.3.2017, in riforma della pronuncia di primo grado del Giudice di pace di Pordenone, ha rigettato l'opposizione proposta da B. A. avverso il verbale di contestazione per violazione dell'art. 7 C.d.S., comma 15, per avere sostato con la propria autovettura in area di sosta regolamentata oltre l'orario esposto nel ticket.

La Corte di merito ha fatto applicazione dei principi espressi nella sentenza del 3 agosto 2016 n. 16258, secondo cui la sosta dell'automobile nelle strisce blu con il ticket scaduto configura un illecito amministrativo al pari di quanto avviene nel caso in cui l'automobilista non si munisca affatto del biglietto.

Per la cassazione della sentenza del Tribunale, B. A. ha proposto ricorso sulla base di cinque motivi.

L'intimato Comune ha resistito con controricorso.

In prossimità dell'udienza entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'art. 7 C.d.S., comma 1 e art. 15 C.d.S., art. 157 C.d.S., artt. 12 e 14 disp. gen. e degli artt. 23 e 25 Cost., L. n. 689 del 1981, art. 1, commi 6, 8, e 7, comma 15); la ricorrente sostiene che chi paga il ticket ma non integra il versamento per le ore successive non incorrerebbe in alcuna violazione del C.d.S., bensì soltanto in una violazione dell'obbligazione contrattuale sorta nel momento in cui si acquista il ticket, regolata dal codice civile. Il legislatore avrebbe distinto la sosta a pagamento dalla sosta regolamentata prevedendo la potestà sanzionatoria solo in caso di sosta regolamentata, con illegittima estensione analogica della norma sanzionatoria, in violazione del principio di legalità.

Il motivo è infondato.

Il Tribunale di Pordenone si è conformato al costante orientamento di questa Corte (Cass. sez. VI, 21/05/2021, n. 14083; Cass., Sez. II, 3 agosto 2016 n. 16258), secondo cui la sosta a pagamento su suolo pubblico che si protragga oltre l'orario per il quale è stata corrisposta la tariffa non costituisce inadempimento contrattuale ma illecito amministrativo, sanzionato dall'art. 7 C.d.S., comma 15, trattandosi di evasione tariffaria in violazione delle prescrizioni della "sosta regolamentata", introdotte per incentivare la rotazione e la razionalizzazione dell'offerta di sosta.

Come già affermato in precedenti pronunce, (Sez. 2, 25 febbraio 2008, n. 4847; Sez. 2, 4 ottobre 2011, n. 20308) l'art. 157 C.d.S., prevede due distinte condotte: quella di porre in sosta l'autoveicolo senza segnalazione dell'orario di inizio della sosta, laddove essa è prescritta per un tempo limitato, ed il fatto di non attivare il dispositivo di controllo della durata della sosta, nei casi in cui esso è espressamente previsto.

Contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, l'art. 157 C.d.S., comma 8, prevede per la loro violazione la medesima sanzione.

L'espressione "dispositivo di controllo di durata della sosta", utilizzata dell'art. 157 C.d.S., comma 6, vale a comprendere i casi di c.d. parcheggi a pagamento mediante acquisto di apposita scheda, ciò discendendo dal rilievo che tale formula è la medesima di quella usata dalla disposizione del C.d.S. che consente ai Comuni, nell'ambito delle loro competenze in materia di regolamentazione della circolazione nei centri abitati, di stabilire aree di parcheggio a pagamento, anche senza custodia dei veicoli (art. 7, comma 1, lett. f).

La sentenza di questa Sezione 2 settembre 2008, n. 22036, ha affermato che, là dove il sindaco si sia avvalso del potere di stabilire, previa deliberazione della giunta, aree destinate al parcheggio sulle quali la sosta dei veicoli è subordinata al pagamento di una somma da riscuotere mediante dispositivi di controllo di durata della sosta, anche senza custodia del veicolo, fissando le relative condizioni e tariffe, la stessa non si sottrae all'operatività della sanzione amministrativa pecuniaria nei casi di sosta protrattasi in violazione dei limiti o della regolamentazione al cui rispetto essa era subordinata.

A sua volta, Sez. 6-2, 9 gennaio 2012, n. 30, ha cassato la sentenza del giudice del merito che aveva escluso "che nell'ipotesi di cui all'art. 7 C.d.S., superata l'ora scatti la medesima violazione come avviene nel caso del sistema previsto per la sosta limitata di cui all'art. 157 C.d.S.", sul rilievo - non condiviso da questa Corte di legittimità - che nel primo caso "scatti soltanto il diritto del Comune di riscuotere la tassa per l'utilizzo del parcheggio a pagamento ed in relazione alla durata stessa della sosta".

Questo orientamento è stato recepito dalla giurisprudenza della Corte dei Conti (Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza 19 settembre 2012, n. 888). Il giudice contabile ha infatti affermato che la mancata contestazione della sanzione pecuniaria da parte dell'ausiliario del traffico (e della società affidataria del servizio) nel momento in cui è stata accertata la sosta del veicolo senza ticket comprovante il pagamento del corrispettivo dovuto oppure con tagliando esposto scaduto per decorso del tempo di sosta pagato (che è pur sempre una fattispecie di mancato pagamento che il C.d.S., senza distinzioni, sanziona), configura una ipotesi di danno erariale per il Comune, rappresentato dal mancato incasso dei proventi che sarebbero derivati dalla applicazione della sanzione per violazione delle norme che disciplinano la sosta in aree a pagamento.

Il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi affermati da questa Corte ed ha ritenuto che, in materia di sosta a pagamento su suolo pubblico, ove la sosta si protragga oltre l'orario per il quale è stata corrisposta la tariffa, si incorre in una violazione delle prescrizioni della sosta regolamentata poiché l'assoggettamento al pagamento della sosta è un atto di regolamentazione della sosta stessa.

Il Tribunale ha quindi ritenuto che la sosta del veicolo della ricorrente, con ticket di pagamento esposto scaduto per decorso del tempo di sosta pagato, aveva natura di illecito amministrativo e di inadempimento contrattuale.

Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'art. 7 C.d.S., comma 1, lett. f), in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, perché l'interpretazione adottata dal giudice di merito sarebbe in contrasto con i pareri del Ministero dell'Interno e del Servizio di Polizia Stradale di Pubblica Sicurezza.

Il motivo non è fondato.

Come correttamente affermato nella sentenza impugnata, i pareri e le direttive del Ministero non sono vincolanti per il giudice, non essendo riconducibili alle fonti del diritto, ai sensi dell'art. 1 disp. gen..

Con il terzo motivo di ricorso, si deduce la violazione dell'art. 7 C.d.S., comma 8, lett. f), in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e dell'art. 2697 c.c., per aver escluso, nell'area in cui è stata contestata la violazione, stalli di sosta libera, senza custodia o senza dispositivi di durata della sosta. Secondo la ricorrente, i provvedimenti che limitano la sosta libera devono essere motivati sulla base di ragioni tecniche, che, nella specie, sarebbero inesistenti in quanto i parcheggi a sosta libera sarebbero lontani di circa un chilometro. Su tale aspetto, il Comune non avrebbe adempiuto all'onere di provare l'esistenza delle condizioni che lo esoneravano dall'obbligo di predisporre spazi liberi di parcheggio nelle vicinanze di quelli a pagamento.

L'art. 7 C.d.S., comma 8, prevede che "qualora il comune assuma l'esercizio diretto del parcheggio con custodia o lo dia in concessione ovvero disponga l'installazione dei dispositivi di controllo di durata della sosta di cui al comma 1, lett. f), su parte della stessa area o su altra parte nelle immediate vicinanze, deve riservare una adeguata area destinata a parcheggio rispettivamente senza custodia o senza dispositivi di controllo di durata della sosta".

Il Tribunale ha valutato la legittimità della Delib. Comunale 19 dicembre 1991, n. 426 (pag. 7-8 della sentenza impugnata) sulla base di accertamenti fattuali insindacabili in sede di legittimità.

Con il quarto motivo di ricorso, si deduce l'errata valutazione del giudice d'appello in punto di carenza di interesse ad impugnare in capo al Comune in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere adottato il c.d Sistema Phonzie, basato sull'integrazione del pagamento in caso di ticket scaduto, in aree urbane diverse.

Con il quinto motivo di ricorso, si deduce l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio costituito dalla diversità di disciplina della sosta a pagamento in altri comuni della stessa Regione, che, in caso di ticket scaduti, richiederebbero solo l'integrazione del pagamento per il periodo di occupazione dello stallo eccedente rispetto a quanto pagato dall'automobilista.

I motivi, che per la loro connessione vanno trattati congiuntamente, sono inammissibili.

Il vizio motivazionale censurabile in sede di legittimità riguarda l'omesso esame di un fatto storico decisivo per il giudizio, che si traduca nell'assenza di motivazione o di motivazione apparenza (Cass. Sez. Unite 8054/2014) mentre le censure attengono a valutazioni di merito estranee al giudizio di legittimità.

Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 23 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 10 marzo 2022.

 

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