Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione sesta - sottosezione 2, ordinanza n. 7715 del 9 marzo 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione VI - 2, ordinanza numero 7715 del 09/03/2022
Circolazione Stradale - Artt. 38, 39, 40, 41 e 42 del Codice della Strada - Segnaletica stradale - Inesistenza o inadeguatezza della segnaletica - Onere della prova - Quando il ricorrente contesta l'inesistenza della segnaletica orizzontale o verticale, prescrittiva di un determinato comportamento o impositiva di un divieto, l'onere della prova contraria spetta all'Amministrazione mentre quando l'opponente deduca la non adeguatezza della segnaletica, la relativa prova spetta al ricorrente stesso.


RITENUTO IN FATTO

Con ricorso depositato il 16.2.2018 P. A. proponeva opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione con la quale la Prefettura di Roma aveva rigettato il ricorso proposto avverso un verbale di contravvenzione con il quale gli era stata contestata la violazione dell'art. 7 C.d.S., comma 1, per aver lasciato la propria vettura in sosta senza esporre il titolo di pagamento previsto.

Nella resistenza della Prefettura, il Giudice di Pace di Roma, con sentenza n. 20806 del 2018, rigettava l'opposizione.

Interponeva appello avverso detta decisione il P. ed il Tribunale di Roma, con la sentenza impugnata, n. 14806 del 2019, resa nella contumacia della parte appellata, rigettava il gravame.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione P. A., affidandosi a quattro motivi.

La parte intimata non ha svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

In prossimità dell'adunanza camerale la parte ricorrente ha depositato memoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Relatore ha avanzato la seguente proposta ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c.: "PROPOSTA DI DEFINIZIONE EX ART. 380-BIS C.P.C..

INAMMISSIBILITA' del ricorso.

Con la sentenza impugnata il Tribunale di Roma ha rigettato l'appello proposto da P. A. avverso la sentenza del Giudice di Pace di Roma, che aveva a sua volta respinto il ricorso proposto dall'odierno ricorrente avverso una ordinanza ingiunzione emessa dal Prefetto di Roma in esito al ricorso proposto avverso un verbale di accertamento di violazione al codice della strada per sosta senza esposizione del titolo di pagamento. La sentenza impugnata dà atto che il P. aveva proposto appello eccependo la tardività del deposito in atti di prime cure, da parte di Roma Capitale, delegata dalla Prefettura, della documentazione relativa all'infrazione contestata; l'inidoneità della sua convocazione in audizione, perché recapitata a mezzo di posta privata, e quindi la tardività dell'ordinanza opposta, perché emessa dopo il termine di 180 giorni dalla proposizione del ricorso; l'illegittimità della contestazione, perché le aree di sosta tariffate erano collocate all'interno della carreggiata destinata alla marcia dei veicoli e per assenza, nelle vicinanze, di spazi destinati alla sosta non tariffata. Il Tribunale ha rigettato il primo motivo, ritenendo non perentorio il termine di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7; il secondo, considerando corretta la trasmissione al P. dell'avviso di convocazione per l'audizione, da lui ricevuto a mani proprie; il terzo, perché l'appellante non aveva dimostrato la collocazione degli spazi tariffati all'interno della carreggiata, né aveva depositato i provvedimenti dell'ente locale prevedenti l'obbligo, per lo stesso, di destinare alcuni stalli alla sosta libera, siti nelle immediate vicinanze di quelli tariffati.

Il ricorso è articolato in quattro motivi.

Con il primo di essi il ricorrente lamenta la violazione del D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, perché il termine per la produzione degli atti e documenti non avrebbe natura perentoria soltanto in relazione a quelli strettamente relativi all'accertamento contestato, e quindi il verbale di accertamento e gli atti ad esso presupposti, quando l'impugnazione si rivolge contro di esso, e la lettera di convocazione per l'audizione, quando invece l'impugnazione è rivolta avverso l'ordinanza ingiunzione. Ad avviso del ricorrente, infatti, poiché detta convocazione interrompe i termini fissati per la decisione del ricorso, essa va depositata entro il termine perentorio di dieci giorni prima dell'udienza.

Il motivo è inammissibile. Nel giudizio di opposizione a ordinanza ingiunzione, infatti, la produzione di documenti da parte dell'Autorità opposta può intervenire anche nel corso del giudizio, in assenza di un termine espressamente definito come perentorio dall'ordinamento, e ciò indipendentemente dalla costituzione della predetta autorità o dalla comparizione della medesima (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14016 del 27/09/2002, Rv. 557668; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 26362 del 20/12/2016; Rv. 642164; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9385 del 21/05/2020 Rv. 657753).

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta che il Tribunale abbia erroneamente ritenuto provata la trasmissione dell'avviso di convocazione per l'audizione, in assenza di prova, a carico della P.A., circa il fatto che nel plico concretamente recapitato al P. vi fosse contenuto proprio l'avviso di convocazione relativo al procedimento amministrativo oggetto di causa.

Il motivo è inammissibile. Va sul punto richiamato il principio, affermato pacificamente da questa Corte in tema di costituzione in mora, della presunzione di corrispondenza tra la copia prodotta e la missiva ricevuta dalla controparte, salva la prova, a carico del destinatario, di avere ricevuto una missiva di contenuto diverso o un plico privo di contenuto (Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 24149 del 03/10/2018, Rv. 650504; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10630 del 22/05/2015, Rv. 635447; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 23920 del 22/10/2013, Rv. 628660; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 15762 del 24/06/2013, Rv. 626934). Era quindi il P. a dover dimostrare l'asserita non corrispondenza del contenuto del plico da egli ricevuto con quanto indicato dalla P.A..

Con il terzo motivo il ricorrente attinge il punto della decisione impugnata nel quale il Tribunale ha ritenuto non provata la circostanza che gli spazi di sosta tariffata fossero situati all'interno della carreggiata.

Il motivo è inammissibile. Va richiamato il principio generale per cui, quando il ricorrente contesti l'inesistenza della segnaletica, orizzontale o verticale, prescrittiva di un determinato comportamento o impositiva di un divieto, la prova contraria spetta all'Amministrazione, posto che l'esistenza del segnale di preavviso o di divieto è elemento costitutivo della fattispecie sanzionata mentre quando l'opponente deduca la non adeguatezza della segnaletica, la relativa prova incombe a lui (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6242 del 21/06/1999, Rv. 527745; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9033 del 05/05/2016, Rv. 639939 e Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 23566 del 09/10/2017, Rv. 645584). Nel caso di specie, il P. sostiene che gli spazi per il parcheggio tariffato erano posti all'interno della carreggiata, e dunque afferma che la relativa segnaletica, pur esistente -altrimenti egli non avrebbe potuto neanche percepire l'esistenza di un obbligo di pagamento per la sosta- era collocata in modo non adeguato e non conforme alla normativa; ne consegue che la dimostrazione dell'assunto dedotto spettava a lui.

Con il quarto ed ultimo motivo, il ricorrente lamenta la mancata considerazione, da parte del Tribunale, del fatto che i Comuni siano tenuti a riservare spazi per la sosta non tariffata nelle immediate vicinanze di quelli a pagamento. Ad avviso del P., il giudice di merito avrebbe dovuto applicare il principio iura novit curia, anche in assenza di dimostrazione dell'assunto da parte del ricorrente.

Il motivo è inammissibile. Il Tribunale ha correttamente affermato che, qualora il ricorrente lamenti la violazione di una norma comunale, egli è tenuto alla produzione in giudizio dell'atto che si assume violato, non potendosi estendere il principio dello iura novit curia sino ai regolamenti degli enti locali. In termini, cfr. Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 34158 del 20/12/2019, Rv. 656335, che ha limitato l'efficacia del richiamato principio alle sole fonti di diritto oggettivo, dalle quali ha escluso le convenzioni comunali regolanti i canoni di locazione degli immobili di edilizia abitativa convenzionata; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 18661 del 29/08/2006, Rv. 592048, Cass. Sez. L, Sentenza n. 1893 del 27/01/2009, Rv. 606875 e Cass. Sez. 6-3, Ordinanza n. 1391 del 23/01/2014, Rv. 629725, tutte relative alla violazione di norme contenute in un regolamento comunale o in delibere e decreti dell'ente locale; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 12786 del 29/05/2006, Rv. 590545 e Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19360 del 20/07/2018, Rv. 650046, relative alla violazione di norme contenute in regolamenti ed atti dell'ente locale in materia tributaria; nonché Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6933 del 05/07/1999, Rv. 528288, relativa agli atti e regolamenti interni). Fanno eccezione soltanto i regolamenti edilizi in materia di distanze dai fabbricati, in considerazione della loro natura integrativa delle norme del codice civile, che attribuisce loro valore di norma giuridica, anche se di natura secondaria (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 2661 del 05/02/2020, Rv. 657089; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14446 del 15/06/2010, Rv. 613402)".

Il Collegio condivide la proposta del Relatore.

La memoria depositata dal ricorrente in prossimità dell'adunanza camerale non offre argomenti ulteriori, essendo meramente riproduttiva di quanto dedotto nei motivi di ricorso. Il ricorrente ribadisce, in particolare, l'eccezione di tardività del deposito della copia dell'avviso di convocazione eseguito dalla Prefettura, nel giudizio di primo grado, dopo la scadenza del termine di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, comma 8, con conseguente inutilizzabilità del documento ai fini della decisione. Ad avviso del P., infatti, tale atto non rientrerebbe tra quelli "relativi all'accertamento, nonché alla contestazione o notificazione della violazione" previsti dalla disposizione appena richiamata, e dunque la sua acquisizione al giudizio dovrebbe essere regolata dalla norma generale di cui all'art. 416 c.p.c.. La tesi non è fondata, in quanto il giudizio ha ad oggetto l'opposizione avverso un'ordinanza-ingiunzione: di conseguenza, l'atto di convocazione della parte in audizione, dinanzi il Prefetto, rientra a pieno titolo nel novero degli atti inerenti la contestazione, in quanto l'adempimento è previsto dalle norme che regolano il procedimento amministrativo all'esito del quale il provvedimento impugnato è stato emesso.

In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese, in assenza di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.

Ricorrono i presupposti processuali di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, per il raddoppio del versamento del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile, il 25 febbraio 2022.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2022.

 

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