Giurisprudenza codice della strada e circolazione stradale
Sezione curata da Palumbo Salvatore e Molteni Claudio

Cassazione Civile, Sezione sesta, ordinanza n. 7704 del 9 marzo 2022

 

Corte di Cassazione Civile, Sezione VI, ordinanza numero 7704 del 09/03/2022
Circolazione Stradale - Artt. 142, 198 e 201 del Codice della Strada - Medesime infrazioni ripetute a distanza di giorni - La circostanza che l'amministrazione abbia notificato ripetute infrazioni attinenti la stessa violazione nella medesima località il cui primo verbale risulta notificato dopo le successive violazioni non può essere motivo di accoglimento dell'opposizione alla luce del fatto che la conoscenza o conoscibilità da parte del trasgressore delle prescrizioni impositive del limite di velocità in base alla segnaletica non dipende dalla notifica delle singole violazioni secondo un ordine cronologico predeterminato ed obbligatorio.


RITENUTO IN FATTO - CONSIDERATO IN DIRITTO

1. S. A. ha proposto opposizione avverso sei distinti verbali, con cui gli era stata contestata la violazione del D.Lgs. n. 285 del 1922, art. 142, commi 7 e 8, per aver transitato in (OMISSIS) di (OMISSIS) superando i limiti di velocità, infrazioni rilevate mediante un'apparecchiatura elettronica e successivamente contestate al trasgressore con distinte notifiche dei verbali.

L'opponente aveva denunciato l'illegittimità della contestazione differita, la mancata segnalazione dell'apparecchiatura di controllo, l'errata classificazione della strada ove erano state consumate le violazioni e la mancata taratura periodica dell'apparecchio.

Il giudice di pace ha respinto l'opposizione e la pronuncia, impugnata dall'opponente, è stata confermata in appello.

Il tribunale ha ritenuto inammissibili i motivi di contestazione riguardanti il posizionamento dei dispositivi di rilevazione delle infrazioni e la pretesa prova di incidentalità, questioni poste per la prima volta nel giudizio di appello.

Nel merito, dato atto che il superamento dei limiti di velocità era circostanza neppure contestata, ha evidenziato che tutti i verbali di accertamento dell'infrazione indicavano il tipo di apparecchiatura utilizzata, i dati identificativi, l'omologazione, gli estremi del decreto prefettizio con il quale era stata autorizzato l'utilizzo dell'impianto e l'avvenuta contestazione differita. I dispostivi erano risultati funzionanti ed erano stati sottoposti a controllo periodico di funzionalità; risultava inoltre rispettato l'obbligo, posto a carico del proprietario della strada, di dare preventiva informazione della presenza degli apparecchi di controllo della velocità.

Infondata era anche la censura con cui il sanzionato aveva lamentato l'eccessiva distanza di tempo tra la commissione dell'infrazione e la notifica dei verbali, dato che le infrazioni erano state notificate al ricorrente nel rispetto del termine di legge. Secondo il tribunale, dalle fotografie prodotte dal Comune emergeva con chiarezza la presenza di plurimi cartelli indicanti il limite di velocità, per cui all'appellante sarebbe stato sufficiente rispettare quel limite per evitare ogni violazione, non potendo invocarsi la "inconsapevolezza dell'automobilista", né tantomeno una condotta illegittima da parte dell'amministrazione per "fare cassa".

Infine, la pronuncia ha ritenuto congrua la sanzione e inapplicabile la disciplina del cumulo giuridico e della continuazione.

La cassazione della sentenza è chiesta da S. A. con ricorso in tre motivi.

Il Comune di Milano resiste con controricorso.

Su proposta del relatore, secondo cui il ricorso poteva esser definito ai sensi dell'art. 380-bis c.p.c., in relazione all'art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5, il Presidente ha fissato l'adunanza in Camera di consiglio.

In prossimità dell'adunanza camerale le parti hanno depositato memorie illustrative.

2. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione degli artt. 201 e 198 C.d.S., degli artt. 24 e 27 Cost., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, lamentando che l'amministrazione aveva notificato contestazioni seriali, procedendo a notificare il primo verbale solo dopo la consumazione delle successive infrazioni, per cui l'interessato non aveva avuto la possibilità di osservare i divieti.

Tale prassi risulterebbe particolarmente lesiva dei diritti di difesa, posto che la rilevazione della velocità avviene mediante accertamenti irripetibili e difficilmente superabili con prova contraria, venendo pregiudicata anche la funzione educativa della sanzione.

Il motivo è infondato.

La tesi del ricorrente, secondo cui le sanzioni andrebbero notificate secondo l'ordine cronologico di consumazione di ciascuna infrazione e comunque con modalità tali da porre il sanzionato in condizione di non commettere ulteriori infrazioni e di conoscere per tempo l'esistenza dei divieti o di norme di comportamento, non può essere in alcun modo condivisa.

Come ha osservato la sentenza, l'ordinamento appresta ampie garanzie di conoscibilità dei divieti e delle norme di comportamento che nulla hanno a che fare con la notificazione delle singole violazioni, la cui unica funzione è quella di porre l'incolpato in condizione di apprestare le eventuali difese contro ciascuna contestazione e di evitare che la soggezione al potere sanzionatorio si protragga sine die.

Né sussistono elementi che ritenere che il ricorrente non fosse in condizione di conoscere i limiti di velocità operanti in zona: tali limiti discendono o da norme primarie o da disposizioni derogatorie adottate con provvedimenti amministrativi dalle autorità locali, assicurando in tal modo la tipicità degli illeciti e la conoscibilità delle regole di condotta degli utenti della strada: il principio di tipicità posto a fondamento della disciplina sulla segnaletica stradale comporta che un determinato obbligo (o divieto) di comportamento è legittimamente imposto solo per effetto della visibile apposizione del corrispondente segnale previsto dalla legge (Cass. n. 3660 del 2009; Cass. n. 3939 del 2016; Cass. n. 36412 del 2021).

Sotto tale profilo è anzi decisivo che il ricorso neppure ponga in dubbio la conoscenza o conoscibilità delle prescrizioni impositive del limite di velocità in base alla segnaletica, conoscenza che non dipendeva comunque dalla notifica delle singole violazioni secondo un ordine cronologico predeterminato ed obbligatorio.

Quanto al fatto che la rilevazione delle velocità mediante apparecchiature elettroniche costituisca un accertamento irripetibile, la questione non è pertinente, poiché - come ha osservato la Corte costituzionale - il bilanciamento tra l'efficacia probatoria privilegiata di tali rilevazioni e il diritto di difesa trova un giusto contemperamento ed un punto di equilibrio nella necessità che l'amministrazione dimostri, mediante le relative certificazioni, il corretto funzionamento e la sottoposizione dell'apparecchiatura alla procedure di controllo, con riferimento alle singole infrazioni contestate (cfr. Corte Cost. n. 113 del 2015).

Non viene in alcun modo considerazione la funzione rieducativa della pena, invocabile per le sanzioni penali, ma non per quelle amministrative in senso stretto (cfr., in motivazione, Corte Cost. n. 133 del 2019; Corte Cost. n. 281 del 2013; Corte Cost. n. 169 del 2013).

3. Il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 198 C.d.S. e della L. n. 689 del 1981, art. 8, lamentando che le infrazioni erano state commesse con lo stesso veicolo, sullo stesso tratto di strada ed erano state rilevate dal medesimo apparecchio automatico entro un ristretto lasso di tempo, configurandosi una condotta unica cui andava applicata un'unica sanzione.

Il motivo è inammissibile poiché, a differenza di quanto sostenuto in ricorso, le infrazioni erano state commesse non già entro un tempo ristretto, ma a distanza di giorni l'una dall'altra (rispettivamente in data (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS)), mancando quel requisito di sostanziale contestualità o comunque il carattere di durata e quindi unitario, delle predette condotte illecite, condizioni indispensabili per giustificare un'unica contestazione (cfr., testualmente, Corte Cost. 26.1.2007, n. 14).

Quanto all'applicabilità del beneficio del concorso formale o della continuazione, la censura è parimenti inammissibile ai sensi dell'art. 360 bis c.p.c., n. 1.

L'istituto del cumulo giuridico tra sanzioni è applicabile alla sola ipotesi di concorso formale (omogeneo o eterogeneo) tra le violazioni contestate - nei soli casi, quindi, di violazioni plurime commesse con un'unica azione od omissione - non essendo per converso invocabile in caso di concorso materiale (violazioni commesse con più azioni od omissioni: Cass. s.u. n. 15669 del 2016), ed è inoltre esclusa la possibilità di invocare l'art. 81 c.p., in tema di continuazione tra reati, sia perché la L. n. 689 del 1981, art. 8, prevede espressamente tale possibilità soltanto per le violazioni in materia di previdenza e assistenza, sia perché la differenza morfologica tra illecito penale ed illecito amministrativo non consente che, attraverso un procedimento di integrazione analogica, le norme di favore previste in materia penale vengano tout court estese alla materia degli illeciti amministrativi (Cass. n. 10890 del 2018; Cass. n. 26434 del 2014).

4. Il terzo motivo denuncia la violazione del D.M. n. 140 del 2014 e del D.M. n. 55 del 2014, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che l'ammontare complessivo delle sanzioni non superava l'importo di Euro 1100,00 sicché, nel liquidare le spese processuali, il tribunale doveva applicare il corrispondente scaglione di valore e non quello superiore.

Il motivo è infondato.

Per stabilire l'ammontare complessivo delle sanzioni e quindi il valore della causa anche ai fini della regolazione delle spese processuali, doveva considerarsi non l'importo della sanzione calcolato in misura ridotta, ma quello concretamente irrogato e che il trasgressore era tenuto a versare, non essendosi avvalso del beneficio previsto dall'art. 202 C.d.S..

Il pagamento in misura ridotta costituisce facoltà riconosciuta al sanzionato che si pone come alternativa all'impugnazione della sanzione e di cui l'interessato deve dichiarare di voler beneficiare, entro un termine prestabilito.

Nella specie l'importo delle sanzioni applicate al ricorrente era pari Euro 1897,00 e di conseguenza, per la liquidazione delle spese, correttamente il tribunale ha applicato gli importi ricadenti nello scaglione tra Euro 1.101, e Euro 5.200,00.

Il ricorso è quindi inammissibile, con aggravio di spese secondo soccombenza.

Si dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, pari ad Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2000,00 per compenso, oltre ad IVA, c.p.a. e rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l'impugnazione ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13.

Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2022.

 

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